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Non sarà un Natale come gli altri: testimonianza dalla gente terremotata

Il presepe di Tolentino, uno dei paesi colpiti dal terremoto |  | Fb dei gruppi di quartiere Vittorio Veneto e Foro Boario di Tolentino
Il presepe di Tolentino, uno dei paesi colpiti dal terremoto | Fb dei gruppi di quartiere Vittorio Veneto e Foro Boario di Tolentino
Il presepe di Tolentino, uno dei paesi colpiti dal terremoto |  | Fb dei gruppi di quartiere Vittorio Veneto e Foro Boario di Tolentino
Il presepe di Tolentino, uno dei paesi colpiti dal terremoto | Fb dei gruppi di quartiere Vittorio Veneto e Foro Boario di Tolentino
Il presepe di Tolentino, uno dei paesi colpiti dal terremoto |  | Fb dei gruppi di quartiere Vittorio Veneto e Foro Boario di Tolentino
Il presepe di Tolentino, uno dei paesi colpiti dal terremoto | Fb dei gruppi di quartiere Vittorio Veneto e Foro Boario di Tolentino

Questo anno il presepe della Camera dei deputati è stato ‘costruito’ da Tolentino, uno dei molti centri del Centro Italia colpiti dal terremoto, ad opera di tre artigiani locali: Alberto Taborro, Enzo Grassettini e Sandro Brillarelli, su invito della presidente della Camera, on. Laura Boldrini.

Inoltre in città si possono segnalare altri due presepi che mettono al centro quello che la gente ha vissuto in questi mesi, cosicché nel quartiere più ‘massacrato’ dalla scossa del terremoto del 30 ottobre scorso Gesù bambino diventa ‘terremonato’, come si legge nella grande scritta nel sottotetto della palazzina sventrata, simbolo dei danni del sisma che ha reso inagibile gran parte del quartiere di viale Vittorio Veneto. E ora è lo scenario del presepe, voluto dal quartiere e montato dai vigili del fuoco.

C’è la sacra famiglia, il cartellone a grandi lettere e un faretto che lo illumina. La natività tra le macerie non è l’unico presepe ispirato al sisma: anche nel presepe del quartiere Foro Boario ci sono le chiese san Nicola, san Francesco e san Catervo, tutte inagibili, che nelle figurine in miniatura, realizzate dai residenti del quartiere, fanno bella mostra con la natività, come ha spiegato la presidente del comitato di quartiere, Michela Cesari: “Dopo il terremoto non sentivamo più le campane delle chiese, tutte chiuse, e abbiamo pensato a questo presepe per far rivivere la città. La natività è ospitata nel torrione che è simbolo del nostro quartiere”.

Questi episodi raccontati sono alcuni esempi della forza della rinascita di una popolazione colpita dal terremoto: natività con lo sfondo del terremoto sono state create anche ad Ussita, Visso, Castelsantangelo sul Nera, Camerino, Accumoli, Arquata del Tronto ed altri piccoli centri comunali sommersi dalle macerie, ma non annientati, come ha affermato nel messaggio l’arcivescovo dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche, mons. Francesco Brugnaro: “Il cristiano vive in pienezza la sua umanità, senza steccati e senza recinzioni di sorta perché è proprio nel rapporto con la realtà che si gioca la sua fede.

La perdita della realtà rimane, oggi come ieri, uno dei problemi più gravi dell’uomo, in particolare di noi contemporanei. La pretesa di manipolarla a piacere, di evadere da essa o di inventare dei surrogati ci toglie la vita. Dio si è fatto uomo: la sua scelta di abitare la nostra storia ci restituisce a noi stessi e ci svela il mistero delle cose e della realtà qual era nel disegno divino. Troppo spesso la nostra vita trascorre nell’insignificanza e nella superficialità… Ma le cose stanno proprio al contrario. Il mondo, lasciato a se stesso, è davvero un enigma e non sa illuminarci sulle domande che contano, sulla nostra origine e la nostra méta, sul significato dei nostri giorni. In questo contesto, va inserita anche l’esperienza che stiamo vivendo dal 24 agosto scorso.

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Quanti perché, quanta sofferenza, quanti danni, quanta paura, quanta insicurezza ravvivata da una serie innumerevole di scosse, senza tempo, quanta solidarietà…! Dio è sì mistero inaccessibile, ma nel senso di una realtà così luminosa e profonda che avvolge tutto l’esistente e abbaglia i nostri deboli occhi… ‘Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi…!’ (Gv 4,35a). Questo ci permette di passare dal dramma della nostra presente situazione di terremotati e di sfollati, a quella di credenti perché, quando alziamo lo sguardo, ci lasciamo attrarre e possiamo vedere il mondo dalla prospettiva di Gesù Bambino: Dio è fedele al nostro futuro!.. A cambiare non è tanto il mondo, ma la prospettiva del nostro sguardo.

Lo scenario da umano, pur con le incertezze e i rischi del terremoto, si fa divino già su questa terra. Con la nascita di Gesù non riceviamo solo un aiuto o qualcosa di materiale, ma Lui stesso. Ora, sappiamo che, comunque vadano le cose, nel mondo e nella nostra vita, Egli è al nostro fianco, né più ci abbandona perché questo Natale, che avviene ancora una volta in un certo tempo e luogo, vale per sempre. E’ stato l’inizio di una Presenza che non finirà”. Anche il vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole ha invitato la popolazione a vivere Natale con speranza: “Gesù viene a stare con noi, e la terra che trema non è più soltanto ‘valle di lacrime’, ma luogo dell’incontro e della solidarietà di Dio con gli uomini, radice e sostegno della nostra speranza.

E’ inutile nasconderlo, quest’anno per noi non sarà un Natale come gli altri. Celebreremo la nascita di Gesù in condizioni di difficoltà e di paura e forse anche di dolore. Le chiese sono inagibili, molte case ugualmente, tanta gente fuori della loro terra negli alberghi della costa. Tutto non parla della gioia natalizia, specialmente per chi sotto le macerie ha perso i propri cari e per gli sfollati, evacuati a forza dalle case e dai loro luoghi di famiglia. Tutto questo però non è la fine del mondo. Gesù nasce anche fra le macerie materiali e soprattutto umane. La Sua nascita fa rifiorire nel cuore di chi si fida di Lui una nuova speranza, perché quanto abbiamo vissuto non vada perduto e possiamo ricostruire, portando insieme ciò che abbiamo alle nostre spalle, le strutture danneggiate, riparare quello che è stato rovinato, riunire quanti sono stati divisi e riportare a casa tutti gli sfollati.

Del resto, lo stesso Gesù non è nato lontano dalla propria città di origine e lontano dalla propria casa? Egli stesso ha dovuto fuggire in Egitto, per poi fare ritorno? Il Natale di Cristo richiama al nostro spirito che il Signore viene sempre a visitarci, anche nei momenti bui e difficili da accettare e il suo avvento è vero incontro con il suo amore a distanza ravvicinata. Egli entra e incarna il suo amore per tutti nella vita, attraverso la quale ci incoraggia a non accettare passivamente quanto succede, ma piuttosto a coglierne e assaporarne appieno il senso a livello personale e comunitario”. Ed ha ricordato che il terremoto è stato occasione di sperimentare nuove solidarietà giunte dall’Italia e dal mondo: “Ricordo qui, ad esempio, l’aiuto economico che ci è giunto dal martoriato Irak, frutto del sacrifico di profughi oppressi dalla guerra.

Non possono non dire grazie a tutti gli sforzi e gli aiuti che ci sono giunti dal governo e da tante altre istituzioni di volontariato italiano, dalla Caritas e da innumerevoli cittadini del nostro bel Paese, dimostrandoci spirito di comprensione, di amicizia e di solidarietà. Il nostro Natale è meno faticoso grazie alla loro amicizia, e la nostra fatica è più sopportabile grazie al loro sostegno. Buon Natale a tutti! L’angelo della notte di Natale assicura i pastori di non temere e comunica loro un grande annuncio.

Non dobbiamo aver paura del presente e del futuro!” Comunque anche se questo Natale ha per molti un ‘carattere particolare’ il vescovo della diocesi di Macerata-Tolentino-Cingoli-Recanati-Treia, mons. Nazzareno Marconi, che celebrando la messa natalizia di mezzanotte riaprirà la chiesa del monastero cistercense dell’Abbadia di Fiastra a due mesi dalla sua chiusura, invita a scorgere la festa, nonostante la sofferenza: “Buon Natale allora vuol dire soprattutto: ‘Buona Nascita’. Chiediamo a Dio di far nascere di nuovo in noi il desiderio del bene e la luce della speranza. Guardando al bambino nella capanna di Betlemme, anche Lui ‘sfollato in un rifugio di fortuna con la sua famiglia’, ci stringiamo con affetto profondo a tutti quelli che vivono un po’ ‘al freddo ed al gelo’, come canta un inno di Natale. So che non è facile essere accoglienti. L’ospite, dopo qualche giorno, ci chiede una generosità più grande e spesso almeno altrettanto pazienza di quanta lui ne ha con noi”.

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