Roma è "la città in cui sono sepolti gli apostoli Pietro e Paolo. Entrambi sono, per tutti i cristiani, punti di riferimento essenziali: sono come colonne della Chiesa. A Roma si trova la comunità ebraica più antica dell’Europa occidentale, le cui origini risalgono all’epoca dei Maccabei. Cristiani ed ebrei vivono dunque a Roma, insieme, da quasi duemila anni, sebbene le loro relazioni nel corso della storia non siano state prive di tensioni". Lo ha detto il Papa, stamane, ricevendo in udienza i partecipanti al Convegno internazionale promosso dall’International Council of Christians and Jews che si sta svolgendo a Roma.

A partire dal Concilio Vaticano II - ha sottolineato Francesco - si è sviluppato un "vero dialogo fraterno" che ha il suo culmine nella Dichiarazione Nostra aetate, un testo che "rappresenta infatti il sì definitivo alle radici ebraiche del cristianesimo ed il no irrevocabile all’antisemitismo". Dalla pubblicazione della dichiarazione il dialogo non è venuto meno, "la nostra umana frammentarietà, la nostra diffidenza e il nostro orgoglio sono stati superati grazie allo Spirito di Dio onnipotente, così che tra noi sono andate crescendo sempre più la fiducia e la fratellanza. Non siamo più estranei, ma amici e fratelli. Dio Creatore, nella sua infinita bontà e sapienza, benedice sempre il nostro impegno di dialogo".

Il Pontefice, dopo aver ribadito che "tutti i cristiani hanno radici ebraiche", ha spiegato che "i cristiani si rivolgono a Cristo quale fonte di vita nuova, gli ebrei all’insegnamento della Torah. Questo tipo di riflessione teologica sul rapporto tra ebraismo e cristianesimo prende le mosse proprio dalla Nostra aetate e, su tale solido fondamento, può essere e deve essere ulteriormente sviluppata".