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Che sguardo aveva Magellano? La geopolitica di Papa Francesco

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Un paio di anni fa Papa Francesco decise di farsi intervistare da Carcova news, la rivista delle Villas Miserias, e tra le molte cose disse: “L’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa”. Magellano per il Papa era il prototipo dell’uomo che cambia prospettiva e impara qualcosa di nuovo.

Un anno fa di questa prospettiva parlò approfonditamente Padre Antonio Spadaro su Civiltà Cattolica, ripercorrendo la “geopolitica” di Papa Francesco. E da lì ieri sera nella sede prestigiosa dell’ Ambasciata d’ Italia presso la Santa Sede si inizia di nuovo “con lo sguardo di Magellano” a parlare della politica internazionale del Papa.

Occasione il numero 4000 della Civiltà Cattolica, ospiti politici e diplomatici, relatori il cardinale Segretario di Stato Parolin e il presidente del Consiglio Italiano Paolo Gentiloni.

A fare gli onori di casa l’ambasciatore Daniele Mancini che ha ricordato la grande sintonia tra Italia e Santa Sede “su tutti i grandi dossier”, insomma sui temi principali sul tavolo internazionale.

La parola centrale è stata: periferia. Quella che il Papa ama, quella da cui il Papa proviene, ma che diventa centro se conosciuta. La realtà è diversa se vista dalla periferia? Padre Spadaro ricorda che il Papa ha chiesto alla Civiltà cattolica uno sguardo aperto inclusivo ed estremo, il cardinale Parolin parla di “restare in mare aperto” come fece appunto Magellano, e come fece l’uomo che prese il suo posto alla sua morte: Antonio Pigafetta. Al centro c’è l’uomo con la tutela cui ha diritto. Una tutela che diventa “slancio di mediazioni multilaterali” in termini diplomatici. Con tre questioni al centro: pace, disarmi nucleare e tutela dell’ambiente.

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Il Papa, dice Parolin, cerca nuovi percorsi di comunicazione tra sistemi giuridici di pensiero spesso distanti tra loro, e il dialogo diventa un approccio inclusivo, la globolalizzazione solidale e partecipativa per lottare contro la povertà, edificare la pace e costruire ponti. Per farlo occorre appunto come Magellano e Pigafetta, abbandonare le proprie certezze e prendere il mare aperto. Duc in altum, scriveva del resto Papa Giovanni Paolo II nel 2001 dopo il Giubileo del 2000. E Papa Francesco deve averlo capito bene se nel 2003 in un evento dedicato alla Novo Millennio Ineunte l’allora arcivescovo di Buenos Aires fece di quel testo una lettura sociale.

La stessa lettura che oggi Francesco propone al mondo. “ Si sente nella brezza marina- diceva allora Bergoglio- la promessa di una pesca abbondante. Dall'inizio del suo pontificato, il Papa operaio ci invita ad entrare là dove la vita sociale dell'uomo si gioca a forza di remi, a forza di lanciare le reti una volta ancora: nel mondo del lavoro e della solidarietà”.

Il presidente Gentiloni ha ricordato che la Santa Sede è un attore globale con lo sguardo dalla fine del mondo come Magellano e, parlando dell’ Italia, ha detto che solidarietà e dialogo sono necesari per costruire parternariato con interessi strategici fondamentali.

Oggi serve una risposta ai limiti della globalizzazione non dalla elite senza terra,  ma da uno sguardo di Magellano per guardare all’ apertura del mondo nel suo insieme.

Ricco il parterre di presenze, da Pierferdinando Casini a Mario Monti e dal cardinale Baldisseri a Vincenzo Paglia.