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Hans Küng, il teologo antiromano e il "caso " del 1979, la revoca della missio canonica

La rottura con la fedeltà alla dottrina e al magistero ai tempi di Giovanni Paolo II

Hans Küng |  | Wikimedia commons Hans Küng | | Wikimedia commons

Con Joseph Ratzinger al Concilio veniva considerato un “enfant terrible”, Hans Küng, un anno meno del teologo bavarese, svizzero e amante della bella vita diventa sacerdote nel 1954 a Roma dove studia.

Al Concilio Küng è nominato perito da Papa Giovanni, e nei suoi confronti avrà sempre una attenzione speciale pensandolo come il primo Papa davvero ecumenico. Un fatto significativo per lui che proprio nella Università ecumenica di Tubinga troverà rifugio dopo che la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1979 gli tolse il mandato per insegnare a nome della Chiesa Cattolica.

Küng sviluppa da subito un rapporto conflittuale con la Chiesa, e il Magistero. Ratzinger invece rimane fedele. La scelta di Küng è decisamente più mondana, guarda al successo e usa i media con disinvoltura. Una strada facile.

Ma cosa era successo nel 1970 poco dopo la fine del Concilio che aveva creato il “caso Küng”?

Lui stesso racconta di essersi “messo in allarme” dopo la Humanae vitae. Già nel 1967 aveva scritto il libro La Chiesa che era stato messo sotto inchiesta dalla Congregazione per la Dottrina della fede, ma ora, secondo il teologo svizzero, bisogna  “farsi carico di questo incombente e difficile conflitto con le autorità romane”. 

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Inizia così la preparazione di Infallibile?.  A cento anni dalla proclamazione del dogma della infallibilità pontificia il 18 luglio del 1970 il libro va in libreria. 

Ecco subito che Küng gioca sull’equivoco. L’infallibilità decretata non è per il magistero ordinario (come una enciclica) ma per i pronunciamenti ex cathedra, assai rari. Parte subito la macchina mediatica. 

E Küng si atteggia subito a martire dell’ex Sant’ Uffizio. Scrive: “ alla Congregazione preparano in gran segreto un’azione concertata delle istituzioni romane, dei vescovi tedeschi, e dei media per imporre la dottrina ufficiale senza prima verificarne l’esattezza. Un vero e proprio piano di guerra”.

I due libri La Chiesa e Infallibile? Una domanda vengono esaminati attentamente dall’allora prefetto il cardinale Franjo Šeper. 

Nel 1975, il 15 febbraio in una dichiarazione la Congregazione per la Dottrina della Fede ricorda di avere inviato “due diverse lettere, datate rispettivamente 16 maggio 1971 e 12 luglio 1971” e ancora il 4 luglio 1973” per dare al professore la “ possibilità di spiegare le proprie idee mediante un colloquio”. Ma  Küng rifiuta. E le risposte inviate non convincono.

Ecco allora la dichiarazione della Congregazione: 

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“Nelle opere sopradette del Prof. Hans Küng sono contenute alcune opinioni che, in diverso grado, si oppongono alla dottrina della Chiesa cattolica che deve essere professata da tutti i fedeli”. L’elenco degli errori è grave, ma si tratta solo di una ammonizione, perché il teologo promette di studiare per  “armonizzare le proprie opinioni con la dottrina del Magistero autentico della Chiesa”. 

Il Papa chiede a Küng “di non continuare ad insegnare tali opinioni e gli ricorda che l'autorità ecclesiastica gli ha affidato l'incarico di insegnare sacra teologia nello spirito della dottrina della Chiesa e non invece opinioni che demoliscono questa dottrina o la mettono in dubbio”.Una porta rimane aperta anche se è chiaro che non sarà facile far cambiare idea a Küng.

 La sua “antiromanità” è ormai una presa di posizione che gli fa vendere libri. Alla morte di Paolo VI il teologo però riconosce al Papa di non aver preso una linea troppo dura nei sui confronti, perché sarebbe bastato un cenno” per imporre la linea di chi non aveva compreso il suo punto di vista. 

Intanto è evidente che Küng volendo sempre più distanziarsi da Roma “esprime ormai delle certezze di scuola, di partito, non una verità di fede per cui si può vivere e morire” come scrive Elio Guerriero, teologo e direttore della edizione di Communio. La rivista che nasce come antitesi a quel “Concilium” che ormai proprio dal Concilio si era allontanata.

Nel 1979 Küng pubblica una feroce critica a Giovanni Paolo II.  Le foto del nuovo Papa “mi mettono subito in allarme” scrive. Non gli piace che il nuovo Papa sia legato all’ Opus Dei, di cui scrive commenti al limite della diffamazione. Non gli piacciono le foto in preghiera che descrive come costruite e così via. 

Ma decide di mandargli il suo libro “Dio esiste?” del 1978. Rimane deluso perché riceve solo una risposta formale dal segretario. Il 30 marzo del 1979 Küng invia una lettera al Papa per lamentarsi della conferma del celibato per i sacerdoti di rito latino. 

Ma a Giovanni Paolo II questo “profeta del mondo” non interessa.  Küng insiste e mette insieme un gruppo per scrivere un articolo di critica e “bilancio”. Chiama tutti i giornali e lo fa pubblicare. In Italia esce il 29 ottobre del 1979 su Panorama con il titolo: Criticare il papa? Io ci provo. 

 E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Quella che oggi Papa Francesco chiamerebbe “autoreferenzialità” dello studioso svizzero lo destina alla presa di posizione definitiva da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede che in qualche modo aveva sospeso il giudizio. Il 15 dicembre del 1979 viene pubblicata la Dichiarazione circa alcuni punti della dottrina teologica del professore Hans Küng.  “Nessuno - si legge- può fare della teologia se non in stretta unione con quella missione di insegnare la verità, di cui solo la Chiesa è responsabile”. Küng non si è ravveduto e a questo punto non può insegnare teologia a nome della Chiesa. Gli viene ritirata la missio canonica che gli dava la cattedra di teologia cattolica alla università  di Tubinga. Ma si trova un compromesso e passa ad insegnare ricerca ecumenica in modo separato.

 

I giornali tedeschi si schierano con lo svizzero. All’epoca il suo collega Ratzinger spiega che la decisione di Roma è di fatto coerente con le stesse opinioni di Küng. Egli nega ai vescovi il diritto di concedere la missio, e allora perché se la prende tanto ?

 

Ma Küng ormai è su un’altro cammino. É diventato “di moda”, ha il suo successo mondano nel suo libro sul rapporto con i pontefici scriverà a proposito di Giovanni Paolo II: “penso che molto di più che il mio giudizio riguardo al suo modo di guidare la Chiesa è probabilmente l’aver messo in discussione le sue competenze teologiche ad aver punto nel vivo Karol Wojtyła”. 

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Insomma per lo svizzero è chiaro che si va sul personale. La teologia, il magistero, la fede e il governo della Chiesa non centrano più nulla. In primo piano c’ è solo Hans Küng.