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Il Seminario Romano, il Concilio come inizio di un nuovo modo di essere prete

L'affetto dell'ex alunno Giovanni XXIII e le speranze di Paolo VI

Papa Giovanni XXIII celebra nella antica cappella della Madonna della Fiducia   |  | Seminario Romano
Papa Giovanni XXIII celebra nella antica cappella della Madonna della Fiducia | | Seminario Romano
Paolo VI al Seminario Romano  |  | Seminario Romano
Paolo VI al Seminario Romano | | Seminario Romano

La guerra era finita, la città di Roma profondamente cambiata, il rapporto della gente con il clero segnato da quello che aveva fatto nei momenti più difficili, il Papa viene definito difensore della città.

Al Seminario si guarda avanti, ormai si è negli anni’50 e si prepara il Concilio anche tramite Sursum.

Non solo il rettore pensa a giornate di approfondimento culturale annuali da tenersi a Roccantica, la sede estiva del Seminario alle porte di Roma. Si parla di tutto, teologia, liturgia, apostolato. Quello “moderno” è una vera sfida.

E poi arriva il ’58, un ex studente del Romano diventa Papa: Giovanni XXIII. Il Seminario esulta. E Giovanni XXIII non fa mancare una visita speciale, subito il 27 novembre del 1958 ad appena un mese dalla elezione.

“ Era bene naturale che i primi passi del nuovo Vescovo di Roma, scioltosi appena dalle presentazioni solenni che il suo più alto ministero di Pontefice Universale gli impose, si volgessero al suo Seminario. Non è il Seminario la pupilla oculi e il cor cordis di ogni Vescovo?” Diceva Papa Giovanni nella sua visita.

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Lo stile familiare è subito evidente, il Papa è stato uno di quei ragazzi che ora lo guardano con ammirazione e speranza. “Qui tutto si è cambiato- dice - quanto fu familiare ai miei occhi di giovane alunno. Ma qui tutto mi appare come immutato ciò che mezzo secolo fa mi era giocondità per lo spirito e per il cuore”.

E’ chiaro che dopo l’annuncio della indizione del Concilio il Seminario Romano si sente coinvolto e in prima linea per la preparazione. E il Papa si attende molto dai suoi ragazzi. Il 12 settembre del 1960 a Roccantica dice: “Noi attendiamo dunque da voi una partecipazione spirituale serena  e vibrante alla preparazione del grande  avvenimento che vorremmo seguito da tutti i seminari del mondo”. Una partecipazione  richiesta soprattutto ai “teologi” del Seminario che dovevano essere il tramite per i seminaristi di tutto il mondo. A loro a Roccantica il Papa affida una preghiera speciale quotidiana per il Concilio.

Il Rettore del Seminario sarà anche perito al Vaticano II Sursum diventa un importante mezzo di comunicazione anche grazie agli articoli di un altro ex alunno, Pericle Felici che sarà poi segretario del Concilio.

Il Concilio si chiude nell’anno delle celebrazioni per i 500 anni della fondazione del Seminario.

Sarà Paolo VI ad inaugurare la nuova grande cappella del Seminario incoronando la immagine della Madonna della Fiducia e mette in luce la prossima sfida del Romano, conciliare la tradizione con lel spinte della “modernità”.

Nel 1967 Paolo VI inizia la visita pastorale alla Città di Roma partendo dal Seminario.

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Il primo cambiamento si vede dagli abiti. Nel 1969 il Rettore decide di abbandonare la “paonazza” il lungo abito rosso distintivo dei seminaristi che faceva quasi parte del panorama di Roma.

E’ solo un simbolo, ma molto significativo. Ma come avrebbe dovuto cambiare il Seminario?

L’idea è “educare i nostri chierici a saper giudicare alla luce della fede avvenimenti e circostanze, comprendere i valori umani e soprannaturali, e dell’orientamento di vita loro proposto; formarli e avviarli ( fraternamente guidati) all’iniziativa personale dei singoli e dei gruppi, abituarli ad assumere individualmente o in gruppo un’autentica responsabilità personale e comunitaria” ovviamente alla luce del Concilio. Era quanto si leggeva in Sursum.

Una vero lavoro di cambiamento e non solo di orari ed abitudini.

Proseguono intanto gli incontri periodici con Papa Paolo VI sempre per la Festa della Madonna della Fiducia si parla sempre di sacerdozio. Chi è il sacerdote post conciliare?

Il presbiterato vive una condizione difficile, una crisi che si riflette nei seminari.

Paolo VI vede il problema con realismo e ne parla ai suoi seminaristi del Romano. Il 20 febbraio del 1971 il Papa in un vero colloquio con i ragazzi dice: “Come dobbiamo fare per dare a questo Seminario proprio una atmosfera, uno stile, una capacità pedagogica e sacerdotale da farvi felici e da farvi bravi per il ministero che vi aspetta? Perché è per la strada dell’incertezza che tanta gioventù va vagando e non sa bene dove andare”. Il Papa vede bene i pericoli della società e dice ai ragazzi: “ vorrei che voi vi affrancaste dal mimetismo che è diventato così costringente e così diffuso nel nostro mondo. Anche fra noi, specialmente fra i giovani che si atteggiano a indipendenti ed emancipati. Sono quelli poi che più sono conformisti! Siate voi stessi, pensate che avete raccolto una parola del Signore, ma questa si deve affrancare da tutte queste suggestioni che il mondo moderno proietta sulla gioventù di oggi. Dovete dire: sì, interpreto il mio tempo, vivo anch’io con i miei coetanei, ma con una forza ed una coscienza che mi liberano da questa paralisi collettiva che adesso grava sulla gioventù”.

 

Cresce la presenza dei seminaristi nella vita delle parrocchie, soprattutto i diaconi dal 1972 partecipano alla vita parrocchiale.

Il Seminario apre porte e finestre sulla città e ne diventa parte, la conquista in qualche modo ma ne sente anche difficoltà e paure, inizia un dialogo con la società civile.

Un simbolo di questa epoca è l’ inchiesta organizzata nel ’73 tra i giovani delle parrocchie per capire cosa chiedono e come vedono un prete.

Siamo alle soglie di un altro grande cambiamento, nel 1978 arriverà Papa Giovanni Paolo II con il suo rapporto specialissimo con il Seminario Romano. Una capitolo a parte nella vita dei giovani ma anche di tutta la diocesi di Roma.

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