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L’addio di Aupetit a Parigi. “Mi sono perso per l’amore di Dio”

L’arcivescovo di Parigi, ormai emerito, saluta l’arcidiocesi con una liturgia nella chiesa di St. Sulpice, la seconda più grande di Parigi. L’abbraccio del suo popolo. La situazione della Chiesa in Francia

Messa arcivescovo Aupetit | La messa di Messa arcivescovo Aupetit | La messa di "azione di grazia" dell'arcivescovo Aupetit, che si congeda da Parigi dopo le sue dimissioni, 10 dicembre 2021 | Youtube / KTO

C’erano circa 2 mila fedeli a riempire lo scorso 10 dicembre la chiesa di St. Sulpice, la seconda più grande di Parigi dopo la cattedrale di Notre-Dame. Tanti fedeli per una occasione speciale, che si è trasformato nel grande abbraccio del popolo dell’arcidiocesi al suo arcivescovo, Michel Aupetit, travolto da varie accuse a mezzo stampa, le cui dimissioni sono state accettate da Papa Francesco “sull’altare dell’ipocrisia”, come lo stesso pontefice ha detto in aereo di ritorno dalla Grecia.

Di un colpo, sembrano scomparse le accuse di autoritarismo, quelle di un rapporto improprio con una donna, che l’arcivescovo ha sempre negato fosse sfociato in qualcosa di reale e carnale, e addirittura quelle di un’altra relazione di Aupetit, illazione negata dall’arcivescovo con forza al punto che potrebbe fare causa per diffamazione. I giornali francesi, da Le Point a Paris Match, hanno seguito la pista dell’arcivescovo colto in fallo. Anzi, come ha scritto Paris Match, dell’arcivescovo che ha perso se stesso per amore.

“È vero – ha detto l’arcivescovo Aupetit nella sua Messa d’addio alla diocesi – ma la giornalista ha dimenticato la fine della frase. La frase completa è: l’arcivescovo di Parigi ha perso se stesso per amore di Cristo”.

In una sentita omelia, Aupetit non si è riferito in alcun modo al gossip che lo ha travolto, non ha usato una tribuna di chiesa per rispondere agli attacchi ideologici. Si è limitato a sottolineare che la sua preoccupazione è prima di tutto l’unità della Chiesa, e ha raccontato come lui, medico dalla vocazione tardiva, abbia davvero deciso di perdere tutto per Cristo.

“Ieri – ha detto – ho perso la mia vita per amore di Cristo, quando sono entrato in seminario. Oggi, ho perso la mia vita per amore di Cristo. Domani, perderò di nuovo la mia vita per amore di Cristo. Ricordo le parole del Signore: Chiunque perde la sua vita per me, la salverà”.

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L’arcivescovo ormai emerito di Parigi ha poi voluto rimarcare la differenza tra la necessità di raccogliere consenso tra la gente e la libertà di Cristo, che “non è un politico”, e dunque non ha legami secolari. Cristo è libero al punto di poter amare, e così “correre dei rischi”, come ha fatto “mangiando con i peccatori o permettendo ad una donna dalla dubbia reputazione di farsi lavare i piedi”. E lo ha fatto “per salvare quelle persone”, perché “l’amore è un ischio permanente” e “se rimaniamo barricati in principi di precauzioni spirituali, la domanda sarà se amiamo veramente, se amiamo ancora”. L’arcivescovo ha poi concluso l’omelia delineando l’alfabeto divino, che è l’alfabeto dell’amore, in cui considera la Z come “l’amare i propri nemici”.

Una omelia in cui si racchiude spiritualmente la vicenda umana dell’arcivescovo alla guida di Parigi dal 2018, che ha dovuto affrontare l’incendio di Notre-Dame de Paris, ma anche il difficile dibattito sulla legge della bioetica in Francia in cui lui, da ex medico, è sempre stato in prima linea, per finire con la pubblicazione del rapporto CIASE sugli abusi in Francia. Rapporto su cui non ha mai fatto grandi dichiarazioni – e questo è stato notato – proprio perché riteneva che la metodologia dello stesso rapporto dovesse essere contestualizzata.

E lo riteneva anche Karine Dalle, che era stata sua portavoce prima di essere chiamata dalla Conferenza Episcopale Francese a fare da portavoce dei vescovi e sottosegretario proprio in vista della pubblicazione del rapporto, e licenziata dopo due mesi e mezzo in maniera abrupta, con la spiegazione legale che non avesse superato il periodo di prova, ma con il chiaro sospetto che quelle posizioni dubbiose sul rapporto CIASE, con la richiesta comunque di contestualizzare e la puntualizzazione che non ci fossero controprovo alle denunce, avessero in qualche modo pesato.

Così, nell’arco di un mese, i due protagonisti del cattolicesimo parigino che era salito alla ribalta dell’opinione pubblica per modi e capacità di stare dentro il dibattito sono usciti di scena.

A Parigi va come amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis l’arcivescovo George Pontier, che fu colui che, da presidente della Conferenza Episcopale Francese, commissionò a Jean-Marc Sauvé, vicepresidente onorario del Consiglio di Stato, il rapporto CIASE.

Era previsto in questa settimana un incontro tra Papa Francesco e Sauvé in Vaticano, ma questo è stato annullato, e la notizia dell’annullamento è venuta fuori proprio nei giorni in cui Le Point pubblicava l’articolo che avrebbe portato alle dimissioni di Aupetit.

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Il rapporto Sauvé cercava di stimare quanti abusi fossero stati commessi nelle strutture religiose di Francia tra il 1950 e il 2020, e si arrivava ad una cifra di 330 mila vittime. Erano numeri che andavano contestualizzati, perché si trattava di una stima, basata su autodenunce.

Ed è questa la linea che ha preso Papa Francesco, il quale nella conferenza stampa in aereo in cui ha risposto sulle dimissioni di Aupetit, ha anche chiesto di leggere il rapporto con la giusta ermeneutica, vale a dire l’ermeneutica dell’epoca.

Non si sa se alla nuova linea di Papa Francesco, che inizialmente aveva mostrato tutta la sua contrizione per gli abusi, abbia contribuito anche la posizione di otto accademici cattolici di Francia, che avevano denunciato in primo luogo la copertura mediatica del rapporto, e poi la sua metodologia. Ad esempio – avevano fatto notare - 2.738 testimonianze ricevute portano a una proiezione statistica di 330 mila vittime dell’IFOP, mentre la Scuola Pratica di Studi Superiori fa una proiezione di 27.808 persone. La forbice, insomma, era troppo ampia per dare totale credibilità al rapporto.

Per questo, gli accademici avevano fatto notare che la CIASE non era stata guidata da rigore scientifico, e che anzi “la valutazione sproporzionata di questa piaga alimenta il discorso di carattere sistemico e pone le basi per proposte di abbattimento della Chiesa istituzione”.

Non solo. Gli accademici avevano sottolineato che il rapporto Sauvé esige anche “cambiamenti pastorali e dottrinali della Chiesa cattolica”, senza però nemmeno considerare il Catechismo della Chiesa cattolica, rivelando “un’ecclesiologia imperfetta, un’esegesi debole, una teologia morale superata”.

E ancora, gli accademici avevano messo in luce che tra il 1950 – 1970 c’era anche un contesto favorevole alla pedofilia (la famosa ermeneutica dell’epoca, di cui parla Papa Francesco), e che anche questo ha influito sulle responsabilità di alcuni membri della Chiesa Cattolica, che deve però tener conto di un contesto psicologico, filosofico e teologico”, ricordando però che una contestualizzazione “nulla toglie all’orrore dei delitti commessi”.

Insomma, concludevano, il rapporto CIASE sembra voler trascinare l’istituzione Chiesa al centro dello scandalo, mentre “la Chiesa non è una persona giuridica. La responsabilità invece coinvolge una persona responsabile alla quale il danno può essere attribuito”.

Papa Francesco sembra aver adottato questo punto di vista, e ha detto di attendere spiegazioni dal presidente della Conferenza Episcopale Francese l'arcivescovo Moulins de Beaufort, e da una delegazione della Conferenza Episcopale che riceve oggi in udienza. Nel frattempo, però, ha preso atto delle eventuali difficoltà di governo che avrebbe avuto Aupetit a Parigi, come già fece per il Cardinale Barbarin a Lione, che pure eravamo finito assolto al termine di un lungo processo per coperture. Si è trattato, dunque, di una scelta per proteggere i pastori?

Di certo, c’è bisogno di protezione, per la Chiesa in Francia, dove il sentimento anticattolico monta da anni. Quando fu ucciso padre Jacques Hamel, nel 2016, erano mesi che venivano contati attacchi anti-cattolici in Francia. Cinque anni dopo, mentre Aupetit dava l’addio all’arcidiocesi e la Chiesa di Francia si riscopriva improvvisamente più debole, si viene a sapere che l’8 dicembre una processione dell’Assunta a Nanterre era stata attaccata, a più ripresa, ed era dovuta essere scortata dalla polizia.

Non c’è dunque pace, per la Chiesa in Francia, che solo nel 2018 aveva registrato (dati del Criminal Intelligence Service) 877 attacchi contro le Chiese, e dove nel 2020 si arrivava a quantificare, dati alla mano, un incremento del 300 per cento degli attacchi contro i cristiani negli ultimi dieci anni.

In tutto questo, mentre nuovi attacchi mediatici potrebbero essere in vista, sorprende l’affetto di un popolo per il proprio arcivescovo. Aupetit sarà stato sacrificato sull’altare dell’ipocrisia, ma ha saputo uscirne a testa alta e con grande fede in Dio.