La liturgia di questa quarta domenica di Avvento si apre con la profezia di Isaia al re Achaz: “Ecco la Vergine concepirà e partorirà un Figlio, che chiamerà Emanuele”, ossia Dio con noi. Il brano di Vangelo ci porta, invece, al tempo del compimento delle parole del profeta. In esso ci viene presentata la figura di san Giuseppe, colui che il Signore chiama a divenire lo sposo della Vergine Maria e il padre putativo del Figlio di Dio. Egli, poiché non sa come comportarsi di fronte alla ‘mirabile’ maternità di Maria, vuole sottrarsi al progetto che Dio ha su di lui. Tuttavia, le sue resistenze vengono vinte dalle parole dell’Angelo che gli apparve in sogno: “Non temere”. Questo invito ci porta a riconoscere la natura della fede.

Credere non significa accogliere parole che vengono da noi, dalle nostre paure o dalle nostre riflessioni, ma quelle che vengono da Dio e metterle in pratica. Proprio come ha fatto san Giuseppe il quale, pur dovendosi confrontare con un evento imprevedibile e nient’affatto a misura della sua ragione umana, “fece come gli aveva  ordinato l’Angelo del Signore” e ha accolto nella sua vita Maria e il dono che lei portava nel suo grembo. Dio continua ancora oggi a parlare attraverso la sua Parola alla quale, essendo una parola divina e non umana, è dovuta l’obbedienza della fede, che si esprime in concreto nel mettere in pratica quanto ci viene chiesto, anche se dobbiamo percorrere vie a noi sconosciute. Nell’obbedienza a Dio noi troviamo la nostra pace, ossia l’autentica realizzazione dell’umano.

Le letture della Messa di questa domenica ci introducono, dunque, nel cuore del santo Natale. Il mistero del Natale è questo: Dio, in Gesù Cristo, si è fatto uomo. Da “Dio altissimo e onnipotente” è diventato un Dio vicino, un Dio per noi. E’ entrato di persona nel mondo: si è fatto uno di noi per parlarci, per salvarci dal di dentro della nostra situazione e della nostra storia .

Tutto il cristianesimo, non dimentichiamolo, si radica nell’Incarnazione del Figlio di Dio. Il Bambino che nasce a Betlemme è vero Dio e vero uomo, perfetto in divinità e perfetto in umanità. Questo è il vero mistero cristiano che a Natale dobbiamo riaffermare con chiarezza. Se Cristo fosse solo uomo, ma non fosse Dio non sarebbe il Signore del mondo e della storia. Non potrebbe salvarci dal peccato e dalla morte e il cielo per noi sarebbe ancora chiuso. Se fosse solo Dio sarebbe lontano, irraggiungibile, inconoscibile e dunque non avrebbe alcuna relazione con l’uomo. Un Cristo deformato nella sua identità, perde di credibilità e, di conseguenza, anche di interesse. Non ha più alcuna attrazione. Soprattutto non sarebbe il Dio con noi e per noi che si rende presente nell’Eucarestia, per nutrirci di Lui e renderci partecipi della sua vita divina. Quando si perde l’ identità di Cristo si cade nella trappola mortale di considerare che tutte le religioni si equivalgono. Purtroppo questo equivoco acquista ogni giorno sempre più credito e forza anche tra tanti cattolici. Mi piace confutare questa ambiguità con la splendida dichiarazione di Chesterton: “La Chiesa cattolica è il luogo in cui tutte le verità si danno appuntamento”. Verità, come insegna san Newman, che sono trasformate in preghiera dal santo rosario. Afferma: “La grande forza del Rosario sta proprio in questo: esso trasforma il Credo in preghiera” (in Maria, pagine scelte, Paoline, 1999, 175).