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Papa Francesco, appelli per l’ex Congo Belga e per il Pakistan

Angelus di Papa Francesco | Papa Francesco durante un Angelus | L'Osservatore Romano / ACI Group Angelus di Papa Francesco | Papa Francesco durante un Angelus | L'Osservatore Romano / ACI Group

Le violenze nelle Repubblica Democratica nel Congo, i recenti attentati in Pakistan sono oggetto del pensiero di Papa Francesco al termine dell’Angelus. Un Angelus dedicato al comandamento dell’amore, proposto da Gesù come reazione al male.

La Repubblica Democratica del Congo sta sperimentando varie situazioni di violenza nella regione del Kasai centrale, e negli scorsi giorni è stato diffuso un video che accusava l’esercito di un massacro. Un portavoce del governo ha sottolineato che il video era un falso, ma che c’erano stati degli eccessi. Nella regione, da agosto, c’è un sollevamento, e gli scontri più recenti hanno causato, secondo alcune fonti, più di 100 vittime.

Papa Francesco ha sottolineato che “continuano purtroppo a giungere notizie di scontri violenti e brutali nella regione del Kasai Centrale della Repubblica Democratica del Congo”; ha detto di “sentire forte il dolore per le vittime, specialmente per tanti bambini strappati alle famiglie e alla scuola per essere usati come soldati” e "questa è una tragedia: i bambini soldato!"; ha assicurato preghiera e vicinanza anche per il personale “religioso e umanitario che opera in quella difficile regione”; e infine ha rinnovato “un accorato appello alla coscienza e alla responsabilità delle Autorità nazionali e della Comunità internazionale, affinché si prendano decisioni adeguate e tempestive per soccorrere questi nostri fratelli e sorelle”.

Il Papa prega per loro, per le popolazioni del continente africano che soffrono a causa di violenza e guerra e poi per tutto il mondo, con un pensiero particolare per il “caro popolo pachistano, colpito da crudeli atti terroristici nei giorni scorsi”. Il Papa si riferisce all’attacco terroristico al santuario sufi di Lal Shahbaz Oalandar a Sehwan, rivendicato dall’autoproclamato Stato Islamico, che ha causato 70 morti e oltre 150 feriti. Dopo l’attentato, l’esercito ha eseguito raid in tutto il Paese, uccidendo – secondo le fonti – almeno 39 terroristi.

“Preghiamo – ha detto il Papa - per le vittime, per i feriti e i familiari. Preghiamo ardentemente che ogni cuore indurito dall’odio si converta alla pace, secondo la volontà di Dio.” E chiede un momento di silenzio, e guida la preghiera dell'Ave Maria. 

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Nel commento al Vangelo del giorno, che come di consueto precede la preghiera dell’Angelus, Papa Francesco ha spiegato che Gesù supera la legge del taglione (una antica legge che imponeva di infliggere ai trasgressori pene equivalenti ai danni arrecati) non chiedendo ai discepoli di “subire il male”, ma di reagire con il bene, perché “solo così si spezza la catena del male, e cambiano veramente le cose”. 

E’ questo il senso della “rivoluzione cristiana”, perché il male è “un vuoto di bene” che può essere “riempito solo con un pieno, cioè il bene”, mentre la rappresaglia “non porta mai alla risoluzione dei conflitti” - "tu me l'hai fatto, io te lo farò: questo mai risolve un conflitto! Neppure è cristiano!"

Rinunciare alla violenza, per Gesù, significa anche “rinunciare a un diritto” (come porgere l'altra guancia, cedere un vestito, accettare sacrifici), ma questo “non vuol dire che le esigenze della giustizia vengano ignorate o contraddette; al contrario, l’amore cristiano, che si manifesta in modo speciale nella misericordia, rappresenta una realizzazione superiore della giustizia”.

Gesù, dice il Papa, ci insegna “la netta distinzione tra giustizia e vendetta”, perché la prima può essere richiesta ed è nostro dovere praticarla, ma la seconda è proibita, “in quanto espressione dell’odio e della violenza”.

Con il suo insegnamento – ammonisce Papa Francesco – “Gesù non vuole proporre un nuovo ordinamento civile, ma piuttosto il comandamento dell’amore del prossimo, che comprende anche l’amore per i nemici”, e "non è facile". Questa non è “approvazione del male compiuto dal nemico, ma come invito a una prospettiva superiore, magnanima, simile a quella del Padre celeste”.

Il nemico infatti  – nota il Papa – è “una persona umana, creata ad immagine di Dio”, e non è così diversa e lontana da noi, perché “parliamo anche di noi stessi, che possiamo entrare in conflitto con il nostro prossimo, a volte con i nostri familiari. Quanto! Pensiamo a questo! Nemici sono coloro che parlano male di noi, che ci calunniano e ci fanno dei torti. E non è facile digerire questo!”.

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“A tutti costoro – conclude il Papa - siamo chiamati a rispondere con il bene, che ha anch’esso le sue strategie, ispirate dall’amore”.