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Preghiera per l’Ucraina, Shevchuk: “Grati al Papa, viviamo questa giornata con profondità"

L’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina parla con ACI Stampa della situazione in Ucraina, del ruolo delle Chiese nella pace, ma anche del lavoro ecumenico

Papa Francesco, Sviatoslav Shevchuk | Papa Francesco e Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, Sviatoslav Shevchuk | Papa Francesco e Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk | Vatican Media / ACI Group

Una giornata di preghiera che “rischiara il buio e porta la speranza della pace a livello universale”. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, è grato al Papa per aver proclamato questa giornata straordinaria di preghiera per la pace in Ucraina. Sottolinea che, se scoppiasse un conflitto in Ucraina, sarebbe una minaccia per tutti, non solo per gli ucraini. Mette in luce la tensione della popolazione. Rimarca l’importanza di portare avanti un dialogo ecumenico.

L’occasione dell’intervista con il Capo e Padre della Chiesa Greco Cattolica Ucraina è la giornata di preghiera che Papa Francesco ha proclamato per la pace in Ucraina e in Europa. L’iniziativa del Papa racconta, ancora una volta, la sollecitudine di Francesco verso l’Ucraina, tanto che nel corso del pontificato ci sono stati viaggi di delegazioni di alto livello della Santa Sede (due volte il Cardinale Parolin, una volta il Cardinale Sandri), una iniziativa di supporto chiamata “Il Papa per l’Ucraina”, una riunione del sinodo e degli arcivescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina nel luglio 2019 in cui, tra l’altro, il Papa arrivò a parlare di una “guerra ibrida”.

Dopo otto anni di conflitto, c’è preoccupazione per l’ammassamento di truppe russe al confine con l’Ucraina. Si teme una aggressione, che ricorderebbe quella che ha portato all’annessione della Crimea, ma che andrebbe ad inasprire anche la difficile situazioni in Donbass e Lugansk.

Se l’escalation è esplosa nell'ultimo mese, è da tempo che in Ucraina si teme un conflitto nel conflitto. Tanto che la giornata di preghiera lanciata dal Papa è, in pratica, l’estensione delle iniziative di preghiera per la pace che già ci sono. Partiamo da qui.

Beatitudine, cosa avete provato alla notizia dell’iniziativa del Papa?

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La proclamazione di una giornata di preghiera per l’Ucraina è stato per noi come la stella di Natale arrivata a rischiarare il buio e portare questa speranza di pace a livello universale. Siamo grati al Papa che ascoltato la nostra voce, e ha riaffermato la gravità della situazione: non solo l’Ucraina, ma tutta l’umanità sarebbe ferita se il conflitto davvero scoppiasse.

Beatitudine, quali sono le iniziative che la Chiesa Greco Cattolica Ucraina ha messo in campo per questa iniziativa di Papa Francesco?

Come primi interessati di questo appello stiamo facendo una catena di preghiera di 12 ore, che è cominciata alle 9 del mattino e finirà alle 9 di sera. Tutte le nostre eparchie, le nostre metropolie, i monasteri di tutto il mondo si uniranno in preghiera con noi in Ucraina. Noi abbiamo un modello già ben rodato. Ogni giorno, alle 8 di sera, preghiamo il Rosario per la pace. La preghiera è trasmessa in diretta dalla nostra tv, seguita da più di 20 mila persone. Facciamo anche catene di digiuno: ogni giorno della settimana c’è una eparchia o un esarcato che fa un digiuno stretto per la pace in Ucraina. E poi c’è la pratica della penitenza, perché le persone si mettono davanti a Dio, riconoscono i loro peccati. Questa giornata proclamata viene vissuta in modo profondo, globale.

Quanto è difficile la situazione in Ucraina?

La gente è molto preoccupata. Alla preoccupazione espressa dalle organizzazioni internazionali si è aggiunta la notizia che alcune ambasciate a Kiev hanno annunciato la evacuazione del loro personale o dei famigliari dei funzionari. Ovviamente, non è la prima volta che si diffonde la paura, viviamo in una situazione di guerra nell'Est del Paese da più di otto anni. Noto anche una forma di adattamento psicologico della gente alla situazione, alcuni vivono come se la guerra non esistesse.

Che impatto ha avuto il conflitto sulle persone?

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Ci sono quasi 2 milioni di profughi e circa 400 mila persone che hanno avuto l’esperienza della guerra, dai combattenti a chi supportava l’esercito o la popolazione locale ai medici che, in prima fila, assistevano tutti senza distinzione.

In Ucraina c’è un Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose in Ucraina, che lei ha presieduto. Quale è il ruolo delle Chiese oggi?

Le Chiese sono sempre state un fulcro, un nucleo di sicurezza, di speranza, di proposte calme e ragionevoli per affrontare le situazioni difficili. Questo appello del Papa è stato sentito fortemente non solo dai cattolici, e Chiese e organizzazioni religiose stanno cooperando per il bene del popolo a tutti i livelli. Aiutano a trovare le persone disperse, negoziano eventualmente la liberazione degli ostaggi, danno assistenza umanitaia a chi ha bisogno. Ma stanno anche pensando a cosa fare in caso di un nuovo attacco. Hanno avuto l’esperienza e analizzano l’esperienza avuta. Si sentono sostenute dai vari appelli importanti e forti che sono giunti in queste ore.

A quali appelli si riferisce?

Prima di tutto, all’appello del Consiglio delle Conferernze Episcopali di Europa. È stato qualcosa di liberatorio, ha detto chiaramente, in linguaggio ecclesiastico, che ci si tova di fronte al pericolo di una avanzata militare, un rischio diventato concreto quando si è sentito che i negoziati diplomatici non hanno ancora portato ad un accordo di de-escalation.

Poi, penso all’appello congiunto che abbiamo fatto come vescovi di Ucraina e Polonia, un appello importantte, in cui abbiamo rivelato che la natura della Chiesa è quello di “sacramento della pace”, e abbiamo ribadito, in modo sintetico, ma opportuno, la Dotttrina Sociale della Chiesa.

Quale è il messaggio che si vuole dare con questi appelli?

Che si deve far valere la forza del diritto, non il diritto del forte, che è invece quello che stiamo sperimentando. L’Ucraina non è una minaccia per la Russia. Ma quello che sta accadendo non è solo una minaccia per la pace in Ucraina, ma per tutta l’Europa. Questa presunta guerra, per ora solo temuta, mette a rischio tutte le conquiste della società europea dopo la Seconda Guerra Mondiale.

In che modo il dialogo ecumenico nel Paese può essere una "diplomazia di secondo binario" (track two diplomacy) in aiuto delle diplomazie ufficiali nel trovare una soluzione diplomatica? 

Il Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose in Ucraina sta preparando proprio in questi giorni una dichiarazione. La dichiarazione si svilupperà su tre dimensioni. La prima dimensione è quella dei fedeli, da sempre nostro primo interlocutore. Intendiamo prevenire il loro panico, perché in questa guerra ibrida il panico è il peggiore nemico. A causa del panico i supermercati sono vuoti, le persone ritirano denaro dal sistema bancario, e via dicendo, con una serie di iniziative che possono portare la società al collasso. Come Chiese dobbiamo rispondere alle paure delle persone che soffrono anche psicologicamente perché non sanno cosa succederà domani. Vivere con il timore che domani si perda tutto è una delle torture più grandi per le persone.

A chi altri si rivolgono le Chiese di Ucraina?

In secondo luogo, agli organismi dello Stato e del mondo politico dello Stato. Celebrando gli scorsi giorni l’Unità del Paese, abbiamo colto l’occasione per appellarci di nuovo ai politici perché cerchino il bene comune e l'unità di intenti. Infine, ci rivolgiamo ai nostri interlocutori della società internazionale. Ci stiamo incontrando con ambasciatori di tanti Paesi.

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La Chiesa Greco Cattolica Ucraina è una Chiesa globale, con eparchie in quattro continenti. Che impatto può avere?

Ci sono molti esempi. Il nostro arcieparca Koubetch di Curitiba ha fatto un appello alla Chiesa cattolica in Brasile, invitando a pregare per la pace in Ucraina prendeno coscienza che non si tratta di un problema solo europeo. L’appello ha avuto una eco impressionante in Brasile.

Anche i vescovi greco – cattolici di Canada e USA hanno fatto questo appello, e lo hanno fatto non come membri della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ma anche come membri della Conferenza Episcopale dei loro Paesi. Abbiamo appreso che anche il Consiglio Mondiale delle Chiese ha fatto un appello per la preghiera per l'Ucraina.

Ora si attende solo un viaggio del Papa in Ucraina. È possibile?

Sarà il Santo Padre a decidere. Ma noi lo aspettiamo e faremo di tutto affinché il Papa possa vedere l’Ucraina, possa incontrare personalmente il popolo per cui prega personalmente ogni giorno, come il Papa stesso ha confessato.

L’Ucraina è anche territorio di scontro ecumenico, perché la creazione di una Chiesa Ortodossa Ucraina ha creato una rottura tra Costantinopoli e Mosca. Si parla insistentemente di un incontro trar Papa Francesco e il Patriarca Kirill. Come pensa sarà affrontata, o dovrebbe essere affrontata, la questione ucraina?

Guardiamo con speranza a un possibile incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill. Con grande dolore assistiamo il conflitto crescente nel mondo ortodosso, perciò il ruolo del Santo Padre può essere providenziale. Papa Francesco incontra spesso il Patriarca ecumenico Bartolomeo, in incontri che sono ormai parte dei loro bellissimi rapporti da fratelli, ma anche una routine del servizio di ambedue. Speriamo che questa routine arrivi anche con il Patriarca Kirill e questo renderà anche le cose più chiare per noi in Ucraina.

Ma come giudica l’eventuale incontro?

Questi incontri hanno una dimensione profetica ed educativa. Dimostrano la volontà di portare avanti una cultura dell’incontro e del dialogo. Se l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill avrà luogo, potrà aprire la strada ad altri incontri simili a livello locale, anche in Ucraina.