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Processo Palazzo di Londra, tutto parzialmente da rifare

Il presidente del Tribunale Pignatone dispone che siano depositati tutti gli atti ancora non depositati. Alcuni fascicoli ritornano al Promotore. La richiesta di definire la posizione di monsignor Perlasca al processo

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La richiesta di definire la posizione di monsignor Albero Perlasca. L’ordine di depositare tutti gli atti, incluse le intercttazioni. La parziale restituzione degli atti all’Ufficio del Promotore di Giustizia perché vengano rifatte le indagini, come richiesto dallo stesso promotore. Nella terza udienza sul processo della gestione dei fondi della Santa Sede, il presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, decide di fare una parziale marcia indietro. Non c’è dichiarazione di nullità per la citazione in giudizio, come richiesto ieri dagli avvocati, né c’è un “reset” totale con restituzione degli atti all’accusa, come chiesto dal promotore di Giustizia. Ma c’è la considerazione della fondatezza di alcune eccezioni presentate dagli avvocati, con la decisione di ricominciare da zero per sanare eventuali posizioni.

Quello che probabilmente colpisce di più è la richiesta di definire la posizione di Monsignor Alberto Perlasca. La richiesta dell’audio video del suo interrogatorio è stata al centro delle eccezioni degli avvocati, considerando che monsignor Perlasca era prima indagato e poi è diventato una sorta di super-testimone, con dichiarazioni spontanee i cui verbali non erano stati supervisionati da un avvocato.

Il presidente Pignatone ha notato che il promotore di Giustizia vaticano aveva, nell’udienza del 27 luglio, inizialmente acconsentito a fornire la registrazione, sottolineando che era stata fatta con il consenso di tutti. Solo il 9 agosto, per rispondere ad una ordinanza del tribunale, il promotore Diddi aveva rifiutato il deposito del materiale, opponendo, tra le altre cose, ragioni di privacy delle persone coinvolte.

Il Tribunale non solo ha reiterato la consegna dei video, e di tutti gli atti ancora non depositati, ma ha anche chiesto “che il Promotore di Giustizia comunichi se monsignor Alberto Perlasca sia imputato in questi o altri procedimenti, e per quali reati, onde poterne apprezzare la veste processuale in future attività istruttorie”.

La richiesta è un colpo durissimo all’accusa e all’impianto del processo. Così come una analisi delle posizioni stralciate mette in discussione anche le stesse indagini, tra l’altro già contestate lo scorso marzo da un giudice inglese revocando un provvedimento richiesto dal Promotore di Giustizia vaticano contro Gianluigi Torzi.

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Perché se la posizione di Perlasca è da chiarire, devono tornare al promotore anche alcuni atti delle indagini sul Cardinale Angelo Becciu, in particolare per il reato di subornazione (era accusato di aver fatto pressioni a monsignore Perlasca per ritrattare). Da rifare anche il procedimento per le accuse di peculato, e in particolare per la destinazione dei fondi alla coop S.P.E.S. e alla Caritas di Ozieri.

Tornano al promotore di giustizia tutti i fascicoli di don Mauro Carlino, all’epoca dei fatti segretario del sostituto Peña Parra, anche quelli del broker Raffaele Mincione, il primo ad occuparsi dell’affare del Palazzo di Londra, quelli dell’avvocato Squillace, e quelli di Fabrizio Tirabassi, officiale dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Si riparte dunque da zero, con nuovi interrogatori, in una situazione completamente diversa.

Il fascicolo di Enrico Crasso, gestore dei fondi della Segreteria di Stato, è rimandato al promotore di giustizia per le accuse di reati di peculato, di truffa (una riguardante anche il fondo Centurion, poi dismesso dalla Segreteria di Stato), e corruzione. Da rifare anche i procedimento per le accuse di peculato a Logsic e il procedimento per truffa a tre società riconducibili a Crasso.

Per Tommaso Di Ruzza, ex direttore dell’AIF, vengono rimandati al promotore gli atti riguardanti il presunto reato di peculato. Un dato che colpisce, perché l’accusa di peculato era quella utilizzata per fare breccia nell’impianto accusatorio. Il fatto che Pignatone abbia deciso di rimandarla agli atti è un segnale da non sottovalutare.

Ora tutto è rinviato al 17 novembre, mentre il presidente del Tribunale ha ordinato che entro il 3 novembre il promotore depositi tutti gli atti, incluse le registrazioni audio e video degli interrogatori, a partire da quelli di monsignor Perlasca, e anche le intercettazioni. Non solo. Pignatone ha anche disposto che le parti che ne facciano richiesta possano prendere visione del materiale sequestrato, anche quello informatico, lì dove si trova adesso, e di richiederne copia.