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Finanze vaticane, cambio amministrativo tra APSA e Segreteria per l’Economia

Papa Francesco sposta il Centro Elaborazione Dati dalla sezione ordinaria dell’APSA alla Segreteria per l’Economia

Basilica di San Pietro | Vista della cupola della Basilica di San Pietro | Bohumil Petrik / ACI Group Basilica di San Pietro | Vista della cupola della Basilica di San Pietro | Bohumil Petrik / ACI Group

Il database dell’APSA che include cinquanta anni di investimenti e movimenti finanziari diventa di competenza della Segreteria per l’Economia. Con un rescritto breve, di soli tre punti, Papa Francesco dispone lo spostamento del Centro Elaborazione Dati (CED) dell’APSA verso la Segreteria per l’Economia, certificando una sempre maggiore centralità di quest’ultima.

In pratica, la Segreteria per l’Economia rafforza le sue funzioni di “controllo”, con la possibilità anche di guardare retrospettivamente alle operazioni fatte, mentre l’Amministrazione per il Patrimonio della Sede Apostolica mantiene un profilo essenzialmente finanziario, che già si era delineato con la piccola riforma del 2013 in cui i consultori venivano parificati ai membri di un supervisory board.

Nel rescritto di Papa Francesco, si legge che lo spostamento amministrativo avviene “considerata la necessità di provvedere una più razionale organizzazione dell’informazione economica finanziaria della Santa Sede e di informatizzare i modelli e le procedure sottostanti, così da garantire la semplificazione delle attività e l’efficacia dei controlli, in quanto fondamentali per il corretto funzionamento degli organismi della Curia Romana”.

Lo spostamento è avvenuto attraverso un protocollo di intesa firmato dal vescovo Nunzio Galantino, presidente dell’APSA, e da padre Juan Antonio Guerrero Alves, prefetto della Segreteria per l’Economia.

In tre punti secchi, poi, Papa Francesco dispone che la responsabilità del CED sia trasferita dall’APSA alla Segreteria per l’Economia; che, salvo eccezioni di convenienza, tutto il personale del CED passi sotto la responsabilità della Segreteria per l’Economia; che il prefetto della Segreteria per l’Economia garantisca la riorganizzazione del servizio.

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C’è da dire le competenze della CED sono state spostate più volte durante la riforma dell’economia vaticana. Con lo stabilimento della Segreteria per l’Economia, il controllo delle operazioni era passato nel nuovo “ministero delle finanze vaticano”. Nel 2016, però, Papa Francesco, con il motu proprio I beni temporali, aveva ristabilito la separazione tra vigilanza e gestione, superando alcune “anomalie” che erano presenti nello Statuto della Segreteria per l’Economia, come il fatto che la Segreteria doveva fornire “i servizi amministrativi e tecnici necessari per l’attività ordinaria dei dicasteri della Santa Sede”.

Si torna, insomma, grosso modo all’inizio della grande riforma dell’economia vaticana lanciata da Papa Francesco, con ulteriori aggiustamenti che in alcuni casi vanno a ripristinare situazioni che erano state già corrette.

Sullo sfondo, resta anche il dibattito sulla gestione degli investimenti finanziari. Con la costituzione della Segreteria per l’Economia si era pensato di stabilire un Vatican Asset Management, per la gestione centralizzata degli investimenti, per i quali c’era in generale autonomia da parte dei vari dicasteri. Questo progetto non è mai decollato davvero, anche perché rimaneva aperta la questione sulla natura del fondo: doveva essere un fondo “sovrano”, legato all’APSA, e doveva essere un fondo finanziario governato secondo regole di mercato?

Una diatriba che aveva portato anche la Segreteria per l’Economia a firmare un contratto di revisione esterna dei conti con Pricewaterhouse Cooper che poi era stato rinegoziato, anche per chiarire alcune situazioni, come il fatto che per legge, il compito della revisione contabile è affidata all’Ufficio del Revisore Generale, come avviene di regola in ogni Stato sovrano

. Ultimamente, specie con le recenti questioni finanziarie legate all’acquisto di un immobile di pregio a Londra che ha portato poi a perquisizioni e indagini in Segreteria di Stato, è ritornato il tema di una gestione centralizzata degli investimenti. E in questo momento, è la Segreteria dell’Economia guidata dal gesuita Guerrero a godere della fiducia del Papa, e a diventare centrale verso un riassetto della gestione finanziaria che ha l’intenzione, in futuro, di portare non solo a un maggiore controllo, ma anche a generare maggiori profitti.

La decisione del Papa sembra dunque essere parte anche di una generale riorganizzazione degli investimenti della “Banca Centrale Vaticana”.

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A motivo di questa razionalizzazione degli investimenti, sono state chiuse negli scorsi giorni 9 società facenti riferimento all’APSA stabilite in Svizzera. Il patrimonio delle società (40,3 milioni di franchi di attivi e 12,7 milioni di debiti verso terzi) è stato trasferito sotto la più “anziana” delle nove holding, la

Profima Société Immobilière et de Participations di Ginevra, costituita nel 1926 dal banchiere della Comit, Bernardino Nogara, su incarico di Pio XI. Queste società erano state costituite per investire l’indennizzo che lo Stato italiano aveva pagato alla Santa Sede a seguito dei Patti Lateranensi: 750 milioni di lire in contanti e un miliardo in buoni del tesoro al 5 per cento.

Con questa razionalizzazione in Svizzera, l’APSA ha quindi ridotto il numero di consigli di amministrazione, di amministratori delegati, di revisori e conseguentemente di spese. Al momento, l’APSA ha tre holding all’estero: la Profima in Svizzera, la British Grolux Investments per la Gran Bretagna, e Sopridex sa in Francia.

La razionalizzazione serve anche a gestire le perdite di bilancio, che rischiano di essere molto alte quest’anno. Nella riunione dei capi dicastero del 3 maggio scorso si è parlato dell’impatto della crisi coronavirus sulla Curia, e stabilendo tre possibili scenari, dal più pessimista al più ottimista.

Parlando con Vatican News negli scorsi giorni, padre Guerrero, prefetto della Segreteria per l’Economia, ha spiegato che la Santa Sede ha un buco di 50 milioni l’anno, perché ha 320 milioni di spese e 270 milioni di entrate, in buona parte provenienti da donazioni e rendimenti di immobili.