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Diplomazia pontificia, la risposta a Gaza, Gallagher in Messico, il Papa in Algeria?

La chiesa di Gaza colpita ha rappresentato un segnale. Leone XIV pronto ad andare in Terrasanta. Il viaggio di Gallagher in Messico

Arcivescovo Gallagher in Messico | L'arcivescovo Gallagher durante il discorso alla Festa del Papa presso la nunziatura apostolica di Città del Messico, 25 luglio 2025 | da X Arcivescovo Gallagher in Messico | L'arcivescovo Gallagher durante il discorso alla Festa del Papa presso la nunziatura apostolica di Città del Messico, 25 luglio 2025 | da X

Ripartendo da Castel Gandolfo, Leone XIV ha detto che sarebbe pronto ad andare a Gaza, ma anche in altri posti, e ha spiegato che non è l'unica strada necessaria. Con queste parole, il Papa ha mostrato vicinanza e conoscenza della situazione in Terra Santa, ma ha anche voluto slegare ogni iniziativa diplomatica dalla sua persona. Non è solo un viaggio del Papa che può fare la differenza – è questo il messaggio – quanto piuttosto un’iniziativa diplomatica forte.

Un’iniziativa quanto più necessaria dopo il presunto “incidente” che ha portato al danneggiamento della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, la morte di tre persone e il ferimento di diverse persone, tra cui il parroco, padre Gabriel Romanelli. Continuano, in questo senso, gli atti di solidarietà da parte delle varie Chiese locali.

L’Ucraina si sveglia, al terzo anno di guerra, con proteste in piazza contro le leggi del presidente Zelensky  che mettono nel mirino due organismi anti-corruzione. Successivamente, Zelensky ne ha ristabilito l’indipendenza con una nuova legge, Le proteste non solo dimostrano lo spirito democratico dell’Ucraina, ma sono anche un segnale che il Maidan, per quanto eventualmente appoggiato, non fu un’iniziativa solamente occidentale. Le due agenzie anti-corruzione, infatti, sono organismi che sono strettamente collegati al percorso europeo della nazione.

Il presidente dell'Algeria è stato in visita da Papa Leone XIV il 24 luglio. Non se ne è parlato ovviamente nel comunicato ufficiale dell’incontro, ma pare ci sia, allo studio, un viaggio del Papa nel Paese, magari da collegare direttamente al viaggio che si farà a Nicea. Leone XIV, da agostiniano, vorrebbe che significativamente il suo primo viaggio fosse legato a Sant’Agostino, e quale occasione migliore di tornare a Ippona, nella diocesi che fu retta dal Santo della Civitatis Dei?

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, sarà in Messico dal 24 al 29 luglio per partecipare all’assemblea generale della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche. Diversi gli incontri bilaterali in programma.

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                                                           FOCUS GAZA

Leone XIV, sono pronto ad andare a Gaza

Dopo che la chiesa della Sacra Famiglia di Gaza è stata colpita, Leone XIV ha ricevuto una telefonata dal presidente israeliano Benjamin Netanyahu, che lo ha invitato a visitare la Terra Santa, e ha avuto un colloquio telefonico con il presidente palestinese Abu Mazen. All’Angelus dello scorso 20 luglio, ha parlato in maniera inequivocabile di “continui attacchi militari contro la popolazione civile e i luoghi di culto”, ha sottolineato che sembra trattarsi di una “punizione collettiva” contro una comunità palestinese che non prende le distanze di Hamas, ha condannato “l’uso indiscriminato della forza” e lo “spostamento forzato della popolazione.

Partendo da Castel Gandolfo il 22 luglio, Leone XIV ha poi sottolineato di essere anche disposto ad andare a Gaza, come in “altre parti in conflitto”, invitando però a notare come quella non sia l’unica soluzione. Sempre all’Angelus del 20 luglio, Leone XIV ha chiamato per nome i tre cristiani morti nell’attacco alla parrocchia di Gaza – Saad Issa Kostandi Salameh, Foumia Issa Latif Ayyad, Najwa Ibrahim Latif Abu Daoud – perché nei loro nomi “sono presenti tutte le vittime della tragedia” della Striscia, sottolinea il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, commentando l’intervento del Pontefice.

Situazione in Terrasanta, la conferenza stampa di Pizzaballa

Lo scorso 22 luglio, dopo essere entrato a Gaza e aver portato gli aiuti insieme al Patriarca ortodosso Teofilo III, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa ha tenuto una conferenza stampa al Centro Notre Dame a Gerusalemme per aggiornare della situazione.

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Nella sua dichiarazione introduttiva, il cardinale Pizzaballa ha sottolineato che lui e il Patriarca Teofilo sono “tornati con il cuore spezzato” da Gaza, ma anche incoraggiati dalla testimonianza delle persone incontrate, perché a Gaza si è entrati “in un posto di devastazione, ma anche di meravigliosa umanità”, dove nella polvere delle rovine, i bambini “parlavano e giocavano senza battere ciglio”, già abituati al rumore delle bombe.

E tuttavia “abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di estinguersi. Abbiamo incontrato madri che preparavano cibo per altri, infermiere trattare le ferite con gentilezza, gente di tutte le nazioni che pregavano ancora un Dio che vede e non dimentica mai”.

Il cardinale Pizzaballa sottolinea che “Cristo non è assente a Gaza”, e che lui e il Patriarca Teofilo non sono “andati come politici o diplomatici, ma come pastori”, e che la missione dei cristiani “non è solo per un gruppo specifico, ma per tutti. I nostri ospedali, rifugi, scuole parrocchie – San Porfirio, la Sacra Famiglia, l’Ospedale Al-Alhi, la Caritas – sono luoghi di incontro e di condivisione per tutti: cristiani, musulmani, credenti, dubbiosi, rifugiati, bambini”.

Il cardinale ha sottolineato che “l’aiuto umanitario non è solo necessario: è questione di vita o di morte. Rifiutarlo non è un ritardo, ma una sentenza. Ogni ora senza cibo, acqua, medicine e tetto causa dolore profondo”.

Il Patriarca Latino di Gerusalemme annuncia il supporto degli “attori umanitari” di ogni parte che “stanno rischiando tutto per portare vita a questo mare di devastazione umana”, e afferma che “è tempo di porre fine a questo non senso, porre fine alla guerra e mettere il bene comune della popolazione come la priorità principale”.

I due Patriarchi chiedono il rilascio di quanti sono prigionieri, il ritorno dei dispersi e degli ostaggi, e pregano per la guarigione delle famiglie, e ricordano che “quando questa guerra sarà finita, avremo un lungo percorso davanti a noi per cominciare il processo di guarigione e riconciliazione tra il popolo palestinese e il popolo israeliano, dalle troppe ferite che questa guerra ha causato nelle ferite di troppi. Una genuina, dolorosa e coraggiosa riconciliazione. Non dimenticare, ma perdonare. Non cancellare le ferite, ma trasformare in saggezza. Solo questo percorso può rendere la pace possibile, non solo politicamente, ma anche umanamente”.

Nel corso della conferenza stampa, i due patriarchi hanno confermato alcuni colloqui diplomatici. In particolare, Teofilo III ha parlato di una “interlocuzione interessante con l’ambasciatore americano Huckabee”.

Pizzaballa ha sottolineato: “Ciò che accade a Gaza è moralmente inaccettabile e ingiustificato. Occorre proteggere i civili, impedire punizioni collettive e lo spostamento forzato della popolazione. Si applichi la legge umanitaria. Si ponga fine a questa guerra”.

I due patriarchi hanno anche sottolineato che la visita è stata possibile anche grazie al sostegno di molti israeliani, sottolineando che la Chiesa insiste a fare la distinzione che non è il popolo ad essere colpevole, ma la politica ad “essere inaccettabile”.

Capitolo Cisgiordania. Il patriarca ha ricordato l’incendio minaccioso appiccato dai coloni all’antico cimitero cristiano di Taybeh, unico villaggio interamente cristiano della Palestina, solo due settimane fa. “Anche lì regna una terra senza legge”, ha detto. E se le istituzioni tacciono, la voce della Chiesa si fa carico del dolore dei popoli, senza parzialità né indifferenza”.

Nella scorsa settimana, la Knesset ha votato una risoluzione a favore dell’annessione della Cisgiordania, considerata come parte del territorio di Eretz Israel. È una mossa che potrebbe avere forti conseguenze diplomatiche. Israele sostiene il diritto all’esistenza sulla base della risoluzione 181 delle Nazioni Unite, che non include la Cisgiordania tra i territori. Se il governo dovesse accettare la risoluzione, questo renderebbe la risoluzione 181 non più conforme alla realtà, mettendo a rischio non solo una serie di accordi regionali (inclusi gli accordi di Abramo) che su quella risoluzione si basano, ma anche l’esistenza stessa di Israele. Sarebbe un paradosso.

Il Consiglio delle Chiese di Estonia fa una dichiarazione riguardo gli attacchi a Gaza

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In un comunicato, il Consiglio delle Chiese di Estonia ha condannato la situazione a Gaza, sottolineando come gli attacchi abbiano causato diversi civili feriti.

La comunicazione è stata diffusa il 21 luglio 2025, e si esprime prima di tutto profonda sofferenza e preoccupazione riguarda “i recenti attacchi alla chiesa della Sacra Famiglia di Gaza”, ricordando che un anno e mezzo fa era stata attaccata la chiesa di San Porfirio, l’unica chiesa ortodossa di Gaza, e anche in quel caso ci furono vittime civili, almeno 18.

“Ogni chiesa a Gaza – sottolinea il Consiglio delle Chiese  di Estonia– è un posto di rifugio e speranza per molte persone, dove sono protette dalla violenza e dall’azione militare. Piangiamo la morte dei civili innocenti ed esprimiamo le nostre condoglianze ai cristiani a Gaza e a quanti sono stati colpiti dalla tragedia”.

Il vescovo di Tallinn Philippe Jourdan, che è vicepresidente del Consiglio delle Chiese di Estonia, ha sottolineato che, secondo dati ufficiali, più di 500 chiese in Ucraina sono state danneggiate o completamente distrutte dalla guerra, e ha chiesto “rispetto per i luoghi di culto, che non sono mai legittimi obiettivi militari”, nonché di proteggere “vite innocenti, senza considerare la loro fede o nazionalità”.

Inoltre, si chiede alla comunità cristiana in Estonia di “pregare per i nostri credenti nella regione, che hanno vissuto in questa regione per secoli, sofferto la fede di Cristo, e predicato la buona novella per la pace”.

Sacra Famiglia colpita a Gaza, quali gli esiti del rapporto?

I risultati dell’inchiesta promessa da Israele riguardo “l’incidente” che ha coinvolto la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, che ha provocato tre morti e dieci feriti, sono stati piuttosto rapidi.

Secondo un rapporto dell’Israeli Defence Force (IDF), diffuso dal Jerusalem Post, il colpo sparato contro la chiesa non solo non sarebbe stato intenzionale, ma neanche causato umano. Si è trattato, secondo il rapporto, di un malfunzionamento del proiettile o del meccanismo del pezzo di artiglieria che lo ha lanciato.

Per questo, dice il rapporto, non si può attribuire responsabilità individuale. Vale la pena ricordare che nei passati 22 mesi di guerra in nessun altro episodio simile — come quelli che hanno riguardato l’uccisione di volontari umanitari e soccorritori stranieri, operanti per conto di Ong o sotto le bandiere dell’Onu — alcuna responsabilità è stata mai accertata  e nessun soldato punito.

Destano perplessità anche i risultati dell’inchiesta condotta dalla polizia israeliana circa l’incendio appiccato nei pressi della chiesa di san Giorgio nel villaggio di Taibeh, l’unico interamente cristiano della Palestina. 

Taybeh era stata nelle ultime settimane costantemente minacciato dalle provocazioni e violenze dei coloni di un insediamento ebraico vicino.

Il 14 luglio, un nutrito gruppo di diplomatici, insieme ai patriarchi Teofilo III e cardinale Pizzaballa, si era recato a Taibeh per esprimere solidarietà agli abitanti della cittadina. Ora un rapporto della polizia smentisce la versione fornita dal clero e dagli abitanti di Taibeh, assolvendo i settlers ebraici, che secondo le autorità israeliane non solo sarebbero totalmente estranei all’accaduto, ma addirittura avrebbero aiutato a spegnere il fuoco.  Il rapporto della polizia non chiarisce però chi sarebbe stato ad appiccare il fuoco.  

L’Ordine del Santo Sepolcro, e l’impegno per la Terrasanta

Leonardo Visconti di Modrone, governatore generale dell’Ordine del Santo Sepolcro, ha ricordato in una lettera l’impegno e la mobilitazione dell’Ordine – composto da 30 mila membri diffusi in più di 40 Paesi nel mondo – per aiutare il Patriarcato Latino di Gerusalemme e altre

Istituzioni caritative in Terra Santa.

L’obiettivo è di “fornire un sostegno umanitario alle popolazioni, con particolare riguardo alle emergenze di Gaza e della Cisgiordania, ma senza trascurare altre situazioni difficili nel territorio del Patriarcato Latino di Gerusalemme che comprende Israele, Palestina, Giordania e Cipro”.

Ricorda Visconti che “con le loro donazioni volontarie e continuative, i Cavalieri e le Dame dell’Ordine del Santo Sepolcro hanno permesso al Gran Magistero dell’Ordine a Roma di inviare settimanalmente contributi in Terra Santa per un totale di oltre 16 milioni nel corso del 2024”.

Era una media di 4 milioni a trimestre, superata nel 2025 “a causa dell’esigenza in corso che ha chiaramente suscitato una maggiore generosità da parte dei nostri Membri”.

I contributi vengono destinati in gran maggioranza al Patriarcato Latino di Gerusalemme. Questo “attraverso le sue parrocchie ed istituzioni è impegnato in iniziative umanitarie, fra le quali l’invio di cibo, acqua, medicinali e carburante a Gaza (circa 1,5 milioni già nel 2024 e che continuano a crescere nel 2025), oltre che a realizzare progetti in Cisgiordania per creare opportunità di lavoro per coloro che lo hanno perduto, assistere chi ha subito violenze o espropriazioni e mantenere viva la formazione nelle scuole, frequentate da oltre 19 mila studenti, in larga parte cristiani”.

                                               FOCUS AMERICA LATINA

L’arcivescovo Gallagher in Messico

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha cominciato il 24 luglio un viaggio in Messico che durerà fino al 29 luglio.

Si è trattato di un programma particolarmente denso. Il 24 luglio, Gallagher ha incontrato il vescovo Ramón Castro Castro, presidente della Conferenza Episcopale messicana, e monsignor Héctor Mario Pérez Villareal.

Nello stesso giorno, il “ministro degli Esteri” vaticano ha incontrato il suo omologo messicano, il Cancelliere Juan Ramón de la Fuente. In un comunicato del ministero degli Esteri messicano, si sottolinea che “entrambi hanno affrontato temi riguardanti i diritti umani dei migranti, il multilateralismo, l’educazione superiore e la causa della pace”.

Alla riunione hanno partecipato anche l’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio in Messico, il responsabile del desk dell’America del Nord della Segreteria di Stato vaticana, monsignor Stephen Kelly, la sottosegretaria delle relazioni esterne messicana Maria Teresa Mercado e il direttore generale per l’Europa Octavip Tripp.

Sempre il 24 luglio, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato anche il ministro dell’Interno, Rosa Icela Rodríguez Velázquez, insieme alla segretaria degli Affari religiosi, Clara Luz Flores. Quest’incontro ha avuto luogo nella nunziatura apostolica di Città del Messico. Icela Rodriguez ha partecipato a nome della presidente Claudia Shinbaun, e ha sottolineato che “l’incontro aveva l’obiettivo di rafforzare i legami tra il governo messicano e il Vaticano”, portando l’invito del governo del Messico al Papa Leone XIV perché questi visiti il Paese.

In una conferenza stampa il 25 luglio, la presidente del Messico Claudia Sheinbaum Pardo ha detto che non c’è una data definita per una possibile visita del Papa in Messico, ma solo è stato presentato un invito ufficiale.

Il 25 luglio, si è tenuta alla nunziatura apostolica la Festa del Papa alla presenza del Corpo Diplomatico e dei rappresentanti religiosi e laici. Nel suo discorso, Gallagher ha fatto sapere che Messico e Santa Sede condividono l’impegno per la pace.

Il 27 luglio, l’arcivescovo Gallagher celebrerà messa al Santuario di Nostra Signora di Guadalupe. Il 28 luglio, terrà una conferenza sulla diplomazia accademica.

                                                           FOCUS EUROPA

Il metropolita Antonij da Leone XIV

Nel primo passaggio in Italia dall’elezione di Leone XIV, il metropolita Antonij, capo del Dipartimento di Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, non ha incontrato il Papa. Da quando il cardinale Kurt Koch aveva definito come “eresia” la pretesa di una guerra santa, il Patriarcato di Mosca aveva raffreddato i contatti con il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ma non con Papa Francesco, che incontrava informalmente a Santa Marta, fuori dai canali ufficiali.

Leone XIV vuole invece un dialogo istituzionale, e questo ha avuto luogo il 26 luglio, quando il metropolita Antonij è stato annunciato in visita da Leone XIV.

Si è trattato della prima udienza di Leone al responsabile delle relazioni esterne della Chiesa russa, che era presente, in rappresentanza di Kirill, al funerale di papa Francesco. Leone intende riannodare il filo del dialogo anche con il Patriarcato di Mosca dopo le inevitabili tensioni dovute all'invasione russa dell'Ucraina. 

Secondo un comunicato del Patriarcato di Mosca, "nel corso dell'incontro, il metropolita Antonio ha trasmesso al Pontefice i saluti di Sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus', e le congratulazioni per la sua elezione a Primate della Chiesa cattolica romana". 

Sempre il patriarcato fa sapere che "Papa Leone XIV ha espresso gratitudine a Sua Santità il Patriarca Kirill per i suoi buoni auspici e ha sottolineato l'importanza di sviluppare le relazioni con la Chiesa ortodossa russa".

Inoltre, "nel corso della conversazione sono state sollevate numerose questioni riguardanti lo stato del dialogo tra ortodossi e cattolici, nonché i conflitti in atto nel mondo, tra cui quelli in Ucraina e in Medio Oriente", e "in particolare, il metropolita Antonij ha raccontato a papa Leone XIV della persecuzione a cui è sottoposta oggi la Chiesa ortodossa ucraina". 

Al momento di questa pubblicazione, non ci sono ancora state comunicazioni vaticane sull'incontro. 

Ucraina, la metropolia di Kyiv viene sottoposta a sanzioni

La guerra in Ucraina colpisce anche le organizzazioni religiose. Dopo che la Rada lo scorso anno ha approvato una legge che mette fuorilegge tutte le organizzazioni religiose che hanno affiliazioni straniere – un provvedimento che alla fine sembra colpire soprattutto la Chiesa Ortodossa Ucraina della Metropolia di Kyiv, che è legata al Patriarcato di Mosca – la scorsa settimana è stato annunciato che “sulla base dei risultati dello studio condotto sulla presenza di segnali di affiliazione della metropolia di Kyiv della Chiesa Ortodossa Ucraina a un’organizzazione religiosa straniera le cui attività sono vietate sul territorio dell’Ucraina, alla Metropolia di Kyiv della Chiesa ortodossa ucraina è stata emessa un’ordinanza per eliminare le violazioni della legislazione sulla libertà di coscienza e sulle organizzazioni religiose”.

Secondo la normativa, la Metropolia di Kyiv è tenuta a eliminare le violazioni individuate entro il 18 agosto 2025.

Il 9 maggio il Consiglio dei ministri ha approvato la procedura per l'esecuzione di uno studio sulla presenza di segni di affiliazione di un'organizzazione religiosa a un'organizzazione religiosa straniera, le cui attività sono vietate in Ucraina, nonché la procedura per l'esame della questione della conferma dei fatti relativi all'utilizzo di un'organizzazione religiosa per la propaganda dell'ideologia del "mondo russo".

La Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca ha presentato ricorso in tribunale contro la risoluzione del governo che approvava la procedura per l'esecuzione di uno studio sulla questione se vi siano segni di affiliazione di un'organizzazione religiosa con un'organizzazione religiosa straniera, le cui attività sono proibite in Ucraina.

Il 9 luglio, il Comitato statale per la politica nazionale ha annunciato di aver scoperto segnali di affiliazione della Chiesa ortodossa ucraina (UOC-MP) alla Chiesa ortodossa russa (ROC), le cui attività sono vietate in Ucraina.

Slovacchia – Santa Sede, le relazioni nelle parole del ministro degli Esteri Blanár

Lo scorso 16 giugno, Juraj Blánar, ministro degli Esteri di Slovacchia, era stato in Vaticano dove aveva anche avuto un bilaterale con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Parlando con ACI Stampa, Blánar ha spiegato i temi della visita e la posizione slovacca sui temi della pace.

“Durante il mio incontro con l'Arcivescovo Paul Richard Gallagher – ha detto il ministro degli Esteri slovacco - è emerso chiaramente che la Slovacchia e la Santa Sede condividono opinioni convergenti su diverse questioni internazionali urgenti. Tra queste, la guerra in Ucraina, la situazione instabile nella Striscia di Gaza e nella più ampia regione del Medio Oriente, nonché le crescenti tensioni legate all'Iran e le attività di gruppi militanti come Hamas e Hezbollah”.

Inoltre, “abbiamo anche discusso degli sviluppi in Siria e in alcune parti dell'Africa, dove persistono complesse sfide umanitarie e di sicurezza. Ho anche avuto l'opportunità di informare l'Arcivescovo Gallagher degli emendamenti costituzionali proposti dal governo slovacco riguardanti valori culturali ed etici fondamentali. Tra questi, la definizione di due sessi - maschile e femminile -, l'adeguamento delle condizioni per l'adozione di minori e l'obbligo che il programma educativo statale sia conforme alla Costituzione. Sosteniamo inoltre la parità di retribuzione tra uomini e donne. Queste misure sono concepite per proteggere dalla diffusione di ideologie insensate. In questi ambiti, il diritto slovacco avrà la precedenza sul diritto dell'UE e l'Arcivescovo Gallagher ha espresso il suo sostegno a queste iniziative”.

Blánar ha sottolineato che la sua visita in Vaticano “ha riaffermato il solido fondamento di valori condivisi che unisce la Slovacchia e la Santa Sede. La nostra cooperazione è da tempo produttiva e improntata al reciproco rispetto, e ci impegniamo ad approfondirla negli anni a venire”.

Parlando della pace in Ucraina, Blánar ha sottolineato che “sin da quando ha cominciato il suo mandato, il governo slovacco ha consistentemente ribadito la sua posizione sulla guerra in Ucraina, sottolineando che il conflitto non ha soluzione militare e deve essere risolto attraverso mezzi diplomatici e pacifici al tavolo negoziale, con la partecipazione di tutte le parti coinvolte. È una posizione che è stata condivisa da Papa Francesco e viene portata avanti da Leone XIV”.

Blánar ha ricordato che il conflitto in Ucraina dura da dieci anni, e questo dimostra che “la soluzione militare non porta risultati”, e dunque la comunità internazionale “si deve reimpegnare nei principi di legge internazionale”, motivo per cui la Slovacchia “supporta tutte le iniziative di pace proposte da Cina, Brasile e la Santa Sede”, ed esprime “pieno supporto per la nuova amministrazione USA sotto il presidente Donald Trump che è riuscita per la seconda volta a riportare entrambe le parti sul tavolo negoziale” – un segno di progresso sebbene non ci siano stati accordi per il cessate il fuoco.

Tra i temi sul tavolo, anche quello dell’intelligenza artificiale. Sul tema, la Santa Sede chiede una autorità mondiale con competenze universali, mentre la Slovacchia “supporta la cooperazione internazionale focalizzata sulla costruzione di una intelligenza artificiale degna di fiducia”, e per questo si è unita alla Convenzione Quadro del Consiglio d’Europa sull’Intelligenza artificiale, ma ha anche supportato il Patto per il Futuro adottato al Summit per il Futuro delle Nazioni Unite, che include anche un capitolo dedicato dall’intelligenza artificiale. Inoltre, a novembre Bratislava ospiterà il GPAI 2025 Summit, diventando “un centro di sforzo globale per promuovere una governance dell’Intelligenza artificiale pratica e responsabile”.

Come la Santa Sede, la Slovacchia – dice Blánar – ritiene che “l’intelligenza artificiale si debba sviluppare in linea con principi etici radicati nella dignità umana, nella trasparenza e nel bene comune”, e apprezza l’appello della Santa Sede per una autorità globale sul tema.

Blánar si è anche soffermato sul tema della libertà religiosa o di credo, considerata “una delle priorità chiave del ministero degli Affari Esteri ed Europei della Repubblica Slovacca nel contesto di proteggere i diritti umani e i valori democratici”. La Slovacchia – ha detto – “rifiuta fermamente ogni forma di persecuzione contro i cristiani” e “sostiene con forza la protezione delle comunità cristiane, particolarmente in Siria, a seguito della formazione di un nuovo governo, dove percepiamo il serio rischio di discriminazione contro le comunità cristiane”.

È un tema “di profonda preoccupazione per la Slovacchia”, e per questo “ci impegniamo a supportare tutte le iniziative che intendono prevenire e combattere la persecuzione dei cristiani nel mondo”.

Blánar ha anche ricordato che “Slovacchia e Santa Sede hanno una partnership di lungo termine costruita su valori condivisi e un profondo impegno mutuo per la pace, la solidarietà e la cooperazione multilaterale”, specialmente in un mondo in cui si sta testimoniando “una significativa erosione della legge internazionale”.

Secondo il ministro degli Esteri slovacco, “il ritorno a questa legge, il ritorno al rispetto delle norme legali e la prevenzione di dispute e conflitti armati attraverso negoziazioni pacifiche e diplomatiche” è ciò che “ci unisce fortemente alla Santa Sede”.

La cooperazione tra Bratislava e la Santa Sede, ha aggiunto, è “particolarmente rilevante in regioni come l’Ucraina e la Santa Sede”, perché entrambe sostengono la via negoziale, e sono unite nel “condividere una responsabilità morale nel supportare le comunità vulnerabili, impegnarsi in sforzi di peacebuilding e contribuire alla risoluzione dei conflitti attraverso la diplomazia”.

Quella tra Slovacchia e Santa Sede, ha concluso Blánar, sono “più che legami diplomatici moderni”, perché c’è una connessione che risale al nono secolo, quando i Santi Cirillo e Metodio portarono i loro libri liturgici in Antico Slavonico a Roma, e Adriano II “in un gesto di grande significato, pose questi libri sull’altare della Basilica di Santa Maria Maggiore, ufficialmente riconoscendo lo Slavonico come la quarta lingua liturgica della Chiesa”.

Da lì in poi, si è creata “una lunga tradizione di mutuo rispetto e dialogo tra il mondo slavo e la Santa Sede”, e questa eredità “dà forma alle nostre relazioni”. In particolare, la Repubblica Slovacca ha “siglato l’Accordo di Base con la Santa Sede, che definisce i termini della nostra cooperazione bilaterale, e del quale si festeggia quest’anno il 25esimo anniversario”.

Infine, Blánar ha sottolineato: “Guardando al futuro, una delle sfide chiave per entrambi i nostri sforzi diplomatici sarà trovare un equilibrio tra leadership morale e soluzioni pratiche. In un mondo sempre più complesso, ci troviamo di fronte a numerose sfide; per questo credo che la nostra partnership, radicata in secoli di valori condivisi e fondata sulla fiducia reciproca, sulla comprensione e sull'apertura, abbia la forza di contribuire in modo significativo a una pace duratura, alla prosperità e a un giusto ordine internazionale”.

                                               FOCUS ASIA

Taiwan, il nuovo ambasciatore parla di Leone XIV, di Taiwan, della Cina

In una lunga intervista ad Asia News, Anthony C.Y. Ho, ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede, ha affrontato una lunga serie di argomenti, a partire dal suo colloquio con Leone XIV alla presentazione delle sue credenziali, lo scorso 3 luglio. Per Taiwan, la Santa Sede è un partner importantissimo, l’unico Stato europeo che mantiene ancora piene relazioni con Taipei. Non si può, dunque, non guardare con preoccupazione all’avvicinamento tra Cina e Santa Sede negli ultimi anni.

L’ambasciatore Ho ha definito la conversazione con il Papa “calda e piacevole”, durante la quale ha riportato prima di tutto i saluti del presidente di Taiwan Lai Ching-te, e di molti alti funzionari del governo, nonché delle preghiere della comunità cattolica di Taiwan, riferendo poi al Papa che Taiwan è una “democrazia vivace, che offre una base solida per la libertà religiosa e il dialogo interreligioso”.

Da parte sua, il Papa – ha spiegato Ho – ha detto che pregherà per Taiwan e ha apprezzato tutti i saluti che gli ho trasmesso. Ho detto al Papa che il popolo di Taiwan è ricco di amore e solidarietà. Da decenni, ogni volta che c’è stato un disastro naturale o un conflitto nel mondo, i taiwanesi hanno sempre teso la mano a chi aveva bisogno di aiuto. Per esempio, abbiamo inviato aiuti dopo i terremoti in Giappone, Cina e Turchia. Durante la guerra in Ucraina abbiamo dato il nostro sostegno al popolo ucraino. Durante gli anni del Covid-19 abbiamo aiutato molte persone in tutto il mondo. E abbiamo avuto occasione di incontrare il Papa - allora vescovo Robert Francis Prevost - durante il suo servizio in Perù. In quell’occasione, abbiamo donato alla sua diocesi forniture mediche provenienti dalla contea di Pingtung”.

Il fatto che il Papa abbia conosciuto Taiwan è considerato, dall’ambasciatore Ho, “un simbolo del futuro: Taiwan e la Santa Sede condividono gli stessi valori di libertà, pace, giustizia, verità e diritti umani. Li abbiamo condivisi nel passato, nel presente e li condivideremo nel futuro. Taiwan e la Santa Sede saranno sempre vicine e buone partner nel mondo”.

Ha proseguito poi Ho: “Ho anche detto al Santo Padre che i nostri progetti concreti con la Santa Sede si basano sulla speranza. Questo è l’Anno del Giubileo della speranza. E la parola inglese HOPE sarà il quadro entro il quale lavorerò con la Santa Sede. Ogni lettera di HOPE rappresenta una parole chiave: Humanity (Umanità), Opportunity (Opportunità), Partnership (Partenariato), Encounter (Incontro). Il messaggio è che, in partenariato con la Santa Sede, vogliamo creare incontri più significativi con le persone nel mondo”.

Da parte sua, il Papa – ha continuato l’ambasciatore Ho – ha detto che è un’idea molto buona e ha espresso parole di apprezzamento che mi hanno molto incoraggiato e onorato. Porterò avanti anche il progetto del nostro Ministro degli Esteri, il dott. Lin Chia-Lung, che lavora con gli alleati diplomatici in quello che chiamiamo il ‘Progetto prosperità per gli alleati diplomatici’. Investiremo più risorse e impegno nelle infrastrutture dei nostri alleati, in particolare in quattro aree: mondo digitale, sanità, protezione ambientale e agricoltura intelligente”.

Ho ha detto di pensare di poter “collaborare con la Santa Sede in Paesi e regioni che necessitano di maggiori risorse sanitarie”.

Da cattolico, l’ambasciatore Ho ha sottolineato che “attraverso la collaborazione tra Taiwan e la Santa Sede, spero che più persone nel mondo possano comprendere che Dio è amore. Spero anche che Taiwan e la Santa Sede diventino l’una per l’altra dei veri VIP, dove VIP significa “Valuable and Indispensable Partners” (partner preziosi e indispensabili)”.

Parlando dell’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi, Ho ha detto che l’ambasciata ha “seguito con attenzione gli sviluppi” dell’accordo, considerando che a Taiwan interessa “che il governo della Repubblica popolare cinese permetta davvero più libertà alle persone e alla comunità cattolica in Cina. In particolare, osserviamo se i cattolici potranno godere pienamente della libertà e della normale vita religiosa che la Santa Sede si aspetta”.

L’ambasciatore Ho ha rimarcato che “la Chiesa cattolica ha dato grandi contributi a Taiwan, in ambito sanitario, sociale ed educativo. Da anni, il governo e il popolo di Taiwan lavorano a stretto contatto con la Chiesa cattolica”. E ha aggiunto: “Il presidente Lai Ching-te è stato in passato sindaco di Tainan. In quella città, un missionario americano dei Maryknoll, padre Brendan O’Connell, fondò un centro per la prima infanzia (la Bethlehem Foundation). Quando padre O’Connell incontrò difficoltà, il sindaco Lai lo aiutò con procedure amministrative e fondi. Alcuni dei bambini che assistevano avevano disabilità o autismo. Padre O’Connell, che è morto nel 2020, insisteva sul fatto che tutti i bambini, con o senza disabilità, dovessero crescere e imparare insieme. Prima di venire a Roma, ho visitato quel centro. Gli insegnanti hanno chiesto ai bambini di disegnare Gesù e la Vergine Maria. Quattro disegni mi sono stati donati e li ho portati come regalo al Papa durante il nostro incontro”.

L’ambasciatore poi ha raccontato di aver partecipato al funerale di suor Elena Pia (Giusebbiana) Frongia, una religiosa italiana che ha trascorso 65 anni a Taiwan, nella zona rurale della contea di Hsinchu. “Suor Frongia – ha detto - aveva fondato un asilo, una scuola elementare e ha educato migliaia di persone in quella regione. Negli ultimi anni, ha affrontato alcune difficoltà economiche. La Tzu Chi Foundation (una famosa organizzazione caritativa buddista fondata dalla monaca Cheng Yen nel 1966) l’ha sostenuta. Quando ha espresso la sua gratitudine, le persone della Fondazione le hanno detto: ‘Mumu (che nella lingua atayal locale significa ‘mamma’) non devi ringraziarci, perché anche tu, quando hai aiutato la nostra gente, non hai mai chiesto se fossero cattolici o no’. Suor Frongia apparteneva all’Ordine del Sacro Costato, era conosciuta come la ‘Madre Teresa di Taiwan’ ed era considerata una santa vivente da molti. È deceduta nel maggio 2025 all’età di 93 anni”.
Ha aggiunto l’ambasciatore che “questa collaborazione tra credenti di religioni diverse può servire da modello non solo per l’area Asia-Pacifico, ma anche per il mondo intero. Ecco perché dico che Taiwan può svolgere un ruolo più importante nell’evangelizzazione e nella promozione della pace e dell’armonia nel mondo”.

Parlando delle tensioni nello stretto di Taiwan, l’ambasciatore Ho ha ricordato che Taiwan ama la pace e “non rappresenta una minaccia per nessun Paese nel mondo”, e ha detto di condividere la posizione del presidente, che sin dal suo insediamento e in molte altre occasioni ha espresso proposte di dialogo verso le autorità della Repubblica popolare cinese”. Ma – ha aggiunto – “la risposta da parte loro non è stata quella che speravamo. Continueremo comunque a proporre occasioni di dialogo e pace. Continueremo senza dubbio a camminare sulla via della pace.
Il Santo Padre, nel suo primo discorso al corpo diplomatico, ha detto che la missione della Chiesa del futuro sarà pace, giustizia e verità. Questi sono anche i nostri valori. Taiwan e la Santa Sede camminano insieme sulla strada della pace, della giustizia e della verità. Continueremo a creare più occasioni di dialogo e speriamo che dall’altra parte possa arrivare una risposta positiva”.

Infine, l’ambasciatore ha ricordato come “a Taiwan godiamo pienamente della libertà, compresa la libertà religiosa, e siamo un modello di cooperazione interreligiosa. Sono certo che possiamo essere un faro e una guida per il popolo cinese. Questo vale anche per la Chiesa cattolica, che in Cina è ancora sotto pressione e minacce. La Chiesa cattolica a Taiwan continuerà a svolgere il suo ruolo e faremo in modo che il mondo continui a sapere che Taiwan è davvero un Paese libero e democratico, che non risparmia sforzi nella promozione della pace”.

                                               FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede all’ONU di New York, il dibattito all’ECOSOC

L’ECOSOC è il comitato economico sociale delle Nazioni Unite, e si è riunito il 22 luglio in quello che viene definito “Forum Politico di Alto Livello”. L’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha sottolineato nel suo intervento che “le Nazioni Unite sono state fondate sui principi di promuovere la pace e la sicurezza, sviluppare la cooperazione internazionale, proteggere i diritti umani e fare avanzare il progresso sociale ed economico per tutte le nazioni”, principi che “sono vitali oggi come lo erano ottanta anni fa”.

Da parte sua, la Santa Sede enfatizza che “lo sviluppo deve essere ancorato in questi ideali fondamentali, assicurando che ogni azione sostenga la dignità da Dio della persona umana e sviluppi la solidarietà tra le nazioni”.

Parlando dell’agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, l’arcivescovo Caccia nota che “un decennio dopo la sua adozione, milioni di persone vivono ancora in estrema povertà, soffrono la fame e mancano di accesso all’educazione e alla sanità”, e sottolinea che è imperativo che “tutte le attività diano priorità allo sviluppo umano integrale, che include il benessere spirituale, sociale e materiale di ogni persona”, perché lo sviluppo “non è solo questione di crescita economica”, ma è anche una chiamata a “creare condizioni in cui ciascuno può fiorire, dando speciale attenzione a quanti hanno bisogno: i bambini, i vecchi, i poveri e quelli che sono in situazioni vulnerabili”.

La Santa Sede nota la necessità di una rinnovata cooperazione multilaterale “radicata nei principi fondanti delle Nazioni Unite per un cambiamento trasformativo”, perché “il dialogo, il rispetto e l’impegno devono guidare l’impegno condiviso di raggiungere il bene comune”.

La Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani, sulla Tratta delle persone

Il 23 luglio, l’Organizzazione degli Stati Americani ha organizzato una Sessione del Consiglio permanente in cui si considera la commemorazione della Giornata Mondiale contro la Tratta delle persone, che si tiene il 30 luglio.

Monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione degli Stati Americani, ha sottolineato nel suo intervento che la Santa Sede apprezza l’inclusione nell’agenda della sessione del Consiglio della commemorazione della Giornata Mondiale contro la Tratta delle persone, che “dà visibilità ad una delle più gravi e persistenti violazioni della dignità umana nel nostro tempo”.

Serrano Cruz ha notato che la tratta delle persone “costituisce una ferita profonda nell’umanità di oggi”, perché è un “crimine che nega la dignità e la libertà degli esseri umani, e riduce le persone a oggetti che possono essere utilizzati e sfruttati”.

Insomma, la tratta “in tutte le sue forme”, rappresenta “una vergogna per l’umanità che la politica internazionale non dovrebbe continuare a tollerare”, in quanto “suppone una negazione radicale della dignità inalienabile che hanno tutte le persone”.

La Santa Sede sostiene che “è imprescindibile una azione coordinata e multidimensionale che integri la prevenzione e la protezione delle vittime, l’incriminazione efficace dei responsabili e la promozione dello sviluppo umano integrale”.

La Santa Sede approva anche l’opportunità di mettere in luce che “anche attraverso le organizzazioni internazionali, si continua a rafforzare la cooperazione transnazionale, specialmente nella lotta contro le reti criminali organizzate”, in quanto “combattere questo crimine richiede anche una trasformazione delle strutture economiche e sociali che generano esclusione”.

Infatti, nota Serrano Cruz, la “tratta delle persone non si sradicherà fino in fondo se non si fa alle radici del fenomeno”, ovvero “la disuguaglianza, la corruzione, l’indifferenza e la cultura dello scarto.

Per questo, la Santa Sede riafferma il suo “impegno inestricabile per la promozione di politiche integrali che garantiscano libertà, giustizia e dignità per tutti”.