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Diplomazia pontificia, tra Gaza e l’Ucraina

Il prossimo messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace sarà ispirato alle parole di inizio pontificato di Leone XIV. Ma questa pace sembra una utopia

Teofilo e Pizzaballa | Il patriarca ortodosso di Gerusalemme Teofilo III e il Patriarca Latino di Gerusalemme, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa | CEI Teofilo e Pizzaballa | Il patriarca ortodosso di Gerusalemme Teofilo III e il Patriarca Latino di Gerusalemme, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa | CEI

Sarà “La pace sia con voi. Una pace disarmata e disarmante” il tema del messaggio della Giornata Mondiale della Pace del 2026. Sarà il primo messaggio firmato da Leone XIV e prende ispirazione proprio dalle parole del Papa dalla Loggia delle Benedizioni nel primo contatto con il suo popolo. Questa pace “disarmata e disarmante”, però, appare sempre più una utopia. Ci sono due situazioni che, da mesi, impegnano non solo la diplomazia pontificia, ma anche la parte migliore dei suoi sforzi umanitari: la situazione a Gaza, la cui evacuazione da parte di Israele segna un punto di non ritorno denunciato anche dal Patriarca Latino e quello Ortodosso di Gerusalemme; e la situazione in Ucraina, con un aiuto umanitario che si protrae da più di dieci anni e una vicinanza mai sopita della Santa Sede all’Ucraina vittima di una aggressione su larga scala, che Leone XIV ha reso visibile con una lettera personale al presidente Zelenskyi in occasione dell’anniversario della fondazione della Nazione.

Questi due fronti, molto accesi nell’ultima settimana, sembrano mettere in secondo piano le altre attività diplomatiche della Santa Sede. Nel corso di questa settimana, Leone XIV ha incontrato anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, con il quale si sono affrontati vari temi, tra cui quello di una conferenza sull’Italofonia.

                                                           FOCUS GAZA

Evacuazione di Gaza, la denuncia dei Patriarchi

Il 26 agosto, il patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme e il Patriarcato Latino di Gerusalemme hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui danno voce alle grandi preoccupazioni per Gaza e per la situazione in vista dell’annunciato attacco israeliano.

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“Qualche settimana fa – si legge nel comunicato - il governo israeliano ha annunciato la sua decisione di prendere il pieno controllo della città di Gaza. Negli ultimi giorni, i media hanno ripetutamente riferito di una massiccia mobilitazione militare e dei preparativi per un’imminente offensiva. Le stesse notizie indicano che la popolazione della città di Gaza, dove vivono centinaia di migliaia di civili - e dove si trova la nostra comunità cristiana - sarà evacuata e trasferita a sud della Striscia”.

I patriarchi ricordano che, fino al momento in cui la dichiarazione è stata rilasciata, “sono già stati emessi ordini di evacuazione per diversi quartieri della città di Gaza. Continuano ad arrivare notizie di pesanti bombardamenti. Si registrano ulteriori distruzioni e morti in una situazione già drammatica prima dell'inizio dell’operazione”.

Insomma, “sembra che l'annuncio del governo israeliano secondo cui «si apriranno le porte dell'inferno» stia effettivamente assumendo contorni tragici”, perché l’esperienza delle passate campagne a Gaza nonché le informazioni che ricevono “dimostrano che l’operazione non è solo una minaccia, ma una realtà che è già in fase di attuazione”.

A Gaza, c’è sia un complesso greco ortodosso, dedicato a San Porfirio, sia uno cattolico di rito latino, la Chiesa della Sacra Famiglia. Entrambi “sono stati un rifugio per centinaia di civili. Tra loro ci sono anziani, donne e bambini. Nel complesso latino ospitiamo da molti anni persone con disabilità, assistite dalle Suore Missionarie della Carità”.

Di fronte agli ordini di evacuazione, anche “i rifugiati che vivono nella struttura dovranno decidere secondo coscienza cosa fare”. Tra coloro che hanno cercato riparo all’interno delle mura dei complessi, molti sono indeboliti e malnutriti a causa delle difficoltà degli ultimi mesi. Lasciare Gaza City e cercare di fuggire verso sud equivarrebbe a una condanna a morte. Per questo motivo, i sacerdoti e le suore hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che si troveranno nei due complessi”.

I patriarchi sottolineano: “Non sappiamo esattamente cosa accadrà sul posto, non solo per la nostra comunità, ma per l'intera popolazione. Possiamo solo ripetere ciò che abbiamo già detto: non può esserci futuro basato sulla prigionia, lo sfollamento dei palestinesi o la vendetta”.

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E concludono: “Non è questa la giusta via. Non vi è alcuna ragione che giustifichi lo sfollamento deliberato e forzato di civili È tempo di porre fine a questa spirale di violenza, di porre fine alla guerra e di dare priorità al bene comune delle persone. C’è stata abbastanza devastazione, nei territori e nella vita delle persone. Non vi è alcuna ragione che giustifichi tenere dei civili prigionieri o ostaggi in condizioni drammatiche. È ora che le famiglie di tutte le parti in causa, che hanno sofferto a lungo, possano avviare percorsi di guarigione”.

I patriarchi fanno poi “appello alla comunità internazionale perché agisca per porre fine a questa guerra insensata e distruttiva, affinché le persone scomparse e gli ostaggi israeliani possano tornare a casa”.

Gaza, Parolin denuncia quello che sta accadendo

Interpellato dai giornalisti a Napoli lo scorso 26 agosto, dove era per inaugurare la 75esima Settimana Liturgica Nazionale, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha sottolineato con forza che si resta “allibiti di fronte a quello che sta succedendo a Gaza e nonostante la condanna del mondo intero”, perché – ha affermato - “c’è una coralità da parte di tutti nel condannare quello che sta succedendo”.

Parolin ha parlato poco dopo la notizia del bombardamento sull’ospedale Nasser di Khan Younis, che ha provocato 20 morti, di cui cinque giornalisti. Per il porporato si tratta di “un non senso”, ma ha anche osservato che “sembra non ci siano spiragli di soluzione” e che “la situazione diventi sempre più complicata e, da un punto di vista umanitario, sempre più precaria, con tutte le conseguenze che vediamo continuamente”.

Il Segretario di Stato vaticano ha anche parlato della situazione in Ucraina. Ha detto che per Kyiv “ci vuole molta politica, perché di soluzioni a livello teorico ce ne sono tante”, e “ci sono tanti percorsi che si possono adire per arrivare alla pace”. Tuttavia, quei percorsi bisogna “volerli mettere in pratica, e per quello “ci vogliono anche della disposizioni dello spirito”. Insomma, si deve sperare contro ogni speranza, dato che “oggi” non ci sono “molti elementi che ci aiutino a sperare soprattutto a livello internazionale”, come si vede “anche in questi giorni” dalla “difficoltà di avviare percorsi di pace nelle situazioni di conflitto", ma “c’è bisogno di non rassegnarsi” e “di continuare a lavorare per la pace e per la riconciliazione”.

Gaza, il sostegno del Santo Sepolcro ai patriarcati greco ortodosso e latino di Gerusalemme

In una comunicazione l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ha fatto sapere di avere accolto “con profonda preoccupazione” la dichiarazione dei patriarcati Greco-Ortodosso e Latino di Gerusalemme.

“Le drammatiche notizie – si legge nella comunicazione - dell’evacuazione di vari quartieri di Gaza, zona dove si trovano anche la Parrocchia della Sacra Famiglia e il Complesso ortodosso di S. Porfirio, generano inquietudine e senso di sgomento”.

L’Ordine si dice “vicino al parroco Padre Gabriel Romanelli, alle Comunità cristiane e a quanti soffrono per la presente situazione”, e sottolinea che il Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine, ha comunicato personalmente a padre Gabriel questi sentimenti di vicinanza.

“Tutti – continua la comunicazione - siamo chiamati a non mancare a tale impegno. Il parroco e i religiosi/e di Gaza hanno deciso di rimanere al loro posto con coraggio e generosità. L’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme si unisce all’appello di pace e riconciliazione espresso dai menzionati Patriarcati, perché solo ciò può generare vera dignità e retta convivenza dei nobili popoli di Israele e Palestina”.

La situazione a Gaza, la denuncia di Caritas Internationalis

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Il 25 agosto, Caritas Internationalis, la Confederazione ombrello per 162 organizzazioni della Caritas in tutto il mondo, ha rilasciato una forte dichiarazione sulla situazione a Gaza, denunciando che quello che avviene nella Striscia “non è guerra, ma annientamento”.

“La carestia qui – si legge nel documento diramato dalla confederazione - non è un disastro naturale, ma il risultato di una strategia deliberata”.

Da quando le Nazioni Unite hanno confermato il 22 agosto che la fame a Gaza è un fenomeno volontario e indotto dal blocco degli aiuti umanitari, almeno 273 persone inclusi 112 bambini sono morti di inedia.

Non si tratta – nota Caritas Internationalis – “di una tragica fatalità, ma il risultato di scelte deliberate e calcolate. Un intero popolo, privato di ogni sostentamento, viene lasciato morire di fronte al mondo intero”. Si tratta “non di guerra” – denuncia ancora l’organizzazione – ma di “distruzione sistematica di vite civili”.

Caritas Internationalis sottolinea che “l'assedio di Gaza è diventato una macchina di annientamento, sostenuta dall'impunità e dal silenzio, o dalla complicità, delle nazioni più potenti. La carestia qui non è un disastro naturale, ma il risultato di una strategia deliberata”.

La confederazione, da sempre presente sul territorio, denuncia di essere “testimone” dell’orrore per cui i civili, “per lo più bambini e donne, vengono affamati, bombardati e annientati”, e la colpa è anche di “governi influenti, aziende multinazionali” che “hanno reso possibile questa catastrofe attraverso il supporto militare, gli aiuti finanziari e la copertura diplomatica. Il loro silenzio non è neutralità, è approvazione”.

Caritas Internationalis nota che quello che avviene a Gaza è “un deliberato attacco alla dignità umana e il collasso di qualsiasi ordine morale”, perché “ciò che sta avvenendo è contrario non solo ai valori e principi fondamentali dell’umanità, ma avviene in violazione del diritto internazionale e umanitario, inclusa la Convenzione per la prevenzione e repressione del genocidio”.

La Caritas chiede un immediato e permanente cessate il fuoco, l’accesso incondizionato di aiuti umanitari, il rilascio di tutti gli ostaggi e il dispiegamento di una forza di mantenimento della pace a guida Onu, nonché un’azione penale internazionale per chi si sia macchiato di crimini e la fine della presenza illegale di Israele nei territori palestinesi occupati.

                                                           FOCUS UCRAINA

Leone XIV sostiene la preghiera per l’Ucraina

Dopo la giornata di digiuno e di preghiera per la pace il 22 agosto, Leone XIV ha anche sostenuto il 24 agosto la “Preghiera mondiale per l’Ucraina”, lanciata dai cittadini ucraini per donare la pace al loro Paese sofferente”.

L’iniziativa era stata proposta dal comitato organizzatore della “Colazione di Preghiera Nazionale dell’Ucraina”, ed era sostenuta dal Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni religiose. La richiesta era che il 24 agosto, o un giorno il più vicino possibile a quella data, si tenesse una preghiera speciale per l’Ucraina e il popolo ucraino in luoghi di preghiera appropriati alla tradizione religiosa, chiedendo ai propri fedeli di avere solidarietà per coloro che soffrono.

Leone XIV scrive al presidente Zelensky

In occasione dell’anniversario di fondazione dell’Ucraina, ma anche a seguito del vertice USA – Russia in Alaska dove si è parlato di iniziative di pace per l’Ucraina, Leone XIV ha inviato una lettera personale al presidente Volodymir Zelensky.

Nella lettera, il Papa si congratulava con il popolo ucraino per la sua festa nazionale e assicurava le sue preghiere, in particolare per quanti hanno perso i propri cari o coloro che sono rimasti senza casa.

Leone XIV scrive: "Con il cuore addolorato per la violenza che devasta la vostra terra, mi rivolgo a voi in questo giorno della vostra festa nazionale". Quindi, il Papa assicura che pregherà "per il popolo ucraino, che soffre a causa della guerra, in particolare per tutti i feriti, per coloro che hanno perso i propri cari e per coloro che sono rimasti senza casa. Dio stesso li conforti, rinforzi i feriti e doni il riposo eterno ai defunti”.

Inoltre, Leone XIV ha implorato il Signore di “toccare il cuore degli uomini di buona volontà, affinché il fragore delle armi taccia e ceda il passo al dialogo, aprendo la via della pace per il bene di tutti”.

Il presidente ucraino Zelensky ha risposto al Papa con un post sui suoi profili social. "Sono – ha scritto il presidente ucraino - sinceramente grato a Sua Santità per le sue profonde parole, le sue preghiere e la sua attenzione al popolo ucraino durante la devastante guerra. Tutte le nostre speranze e i nostri sforzi sono volti a garantire che il nostro Paese ottenga la pace tanto attesa. Che la bontà, la verità e la giustizia prevalgano".

Festa nazionale ucraina, il saluto dell’arcivescovo maggiore Shevchuk

In occasione del 34esimo anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina, anche l’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, ha fatto sentire la sua voce. “Questo giorno – ha detto in un video messaggio – non è solo una festa nazionale per noi. È un giorno in cui il passato, il presente e il futuro del nostro popolo si incontrano in unico momento”.

Sua Beatitudine ha ricordato le “generazioni di coloro che hanno combattuto per uno Stato ucraino indipendente e hanno sacrificato la loro vita”, e ha sottolineato che “oggi stiamo costruendo un’Ucraina forte, libera e democratica, in grado di resistere alle sfide del momento storico moderno”. Difendiamo la nostra patria a costo della nostra vita e insieme beviamo il calice della sofferenza del nostro popolo oggi”.

Il padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina ha ricordato che gli ucraini “hanno ottenuto l’indipendenza nella lotta contro il passato sovietico, e ora stanno combattendo contro i colonialisti moderni che cercano di privarci del diritto di essere un popolo con una propria lingua, cultura, storia e Chiesa”.

Ma non basta – aggiunge Sua Beatitudine – liberarsi dal male, perché “essere indipendenti significa essere capaci di qualcosa. Essere liberi di creare, di costruire, di svilupparsi, di essere”.

Lo stato ucraino indipendente – ha aggiunto Sua Beatitudine – “è una condizione necessaria per preservare la nostra identità. Dobbiamo sviluppare tutti questi tesori (le lingue, le culture, la Chiesa, persino la capacità stessa di creare) e portarli al terzo millennio”.

Shevchuk ha rimarcato che i cristiani in Ucraina devono garantire che lo Stato sia costruito sui principi cristiani, in cui ogni persona sia rispettata, la sua iniziativa privata sia sostenuta e sviluppata e l'intera società collabori per il bene comune.

Ucraina, una Messa a Santa Sofia a Roma per ricordare l’indipendenza

Il 24 agosto, si è svolta nella pro-cattedrale della Chiesa  Greco-Cattolica Ucraina di Santa Sofia a Roma una liturgia per celebrare il giorno dell’indipendenza dell’Ucraina. La liturgia è stata presieduta da padre Marco Semehen, rettore della Cattedrale, e vi ha partecipato anche monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.

Alle celebrazioni hanno partecipato anche l'Ambasciatore dell'Ucraina nella Capitale Apostolica e del Sovrano Ordine di Malta in Italia, Andriy Yurash, e l'Ambasciatore dell'Ucraina nella Repubblica Italiana, Yaroslav Melnyk, l'Ambasciatore della Gran Bretagna in Italia, Edward Llewelyn, nonché numerosi diplomatici provenienti da diversi Paesi riuniti nella Capitale Apostolica.

Nella sua omelia, padre Semehen ha affermato che “la guerra è un'azione diabolica. Pertanto, la guerra, non importa quanto giusta o ingiusta possa essere, è sempre opera delle mani del diavolo", e che “oggi dobbiamo chiedere a Dio che l’uomo, che ha distrutto l’immagine e la somiglianza di Dio in se stesso cooperando con il diavolo, si converta, si penta e comprenda che sta sprecando la figliolanza di Dio”, ricordando però che “perdonare non significa dimenticare, bensì preservare e custodire la memoria storica”.

                                                           FOCUS ITALIA

Il ministro degli Esteri italiano Tajani in udienza da Leone XIV

Lo scorso 25 agosto, Antonio Tajani, vice primo ministro e ministro degli Esteri italiano, è stato in udienza da Leone XIV. Come di consueto, non c’è stato un comunicato della Sala Stampa della Santa sui temi dell’incontro. In compenso, la Farnesina e lo stesso ministro degli Esteri hanno fornito una descrizione dettagliata dei temi affrontati.

Nel comunicato stampa della Farnesina, si legge che “Il cordiale colloquio, che testimonia l’importanza delle consolidate relazioni bilaterali tra Italia e Santa Sede, ha consentito di registrare la piena convergenza su molteplici temi di rilievo politico, sociale e internazionale.

L’incontro, infatti, è stato un’occasione per ribadire l’eccellente rapporto tra Stato italiano e Santa Sede, improntato alla sintonia e alla collaborazione, come dimostrato anche durante il Giubileo, e sottolineare l’importanza dell’italiano come radice linguistica comune in grado di costruire ponti tra le comunità nel mondo”.

Proprio con rispetto all’italiano come costruttore di pace, il ministro Tajani “ha informato il Santo Padre del Vertice sull’Italofonia a Roma del 19 novembre prossimo. Il Pontefice, nel mostrare interesse per l’iniziativa, ha incoraggiato la nascita di una comunità linguistica e soprattutto di valori condivisi nel mondo attorno all’italiano, lingua ufficiale della Santa Sede”.

Inoltre, si legge nel comunicato, “l’incontro ha offerto l’occasione per un approfondito scambio sulle principali questioni internazionali legate alla mediazione e agli impegni umanitari condivisi da Italia e Santa Sede. Tra queste, la crisi in Ucraina e il sostegno agli sforzi di pace e umanitari (incluso il ritorno dei bambini in Ucraina) e la situazione in Medio Oriente, con particolare riguardo alla tutela delle comunità cristiane”.

Infine, “Tajani e il Santo Padre hanno quindi discusso dell’importanza delle iniziative congiunte nel sostegno ai bambini gravemente malati, in particolare tramite il Protocollo d’Intesa tra il MAECI e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”.

In dichiarazioni rilasciate successivamente alla stampa, Tajani ha affermato che quello con Leone XIV è stato “un incontro privato in cui abbiamo parlato di pace” e “io ho parlato del nostro impegno a difesa delle minoranze cristiane, a Gaza e in Cisgiordania”. Si è parlato – ha detto il ministro degli Esteri italiano – delle minoranze cristiane in Medio Oriente “non perché valga di più la loro vita piuttosto che quella di altri cittadini palestinesi, ma perché i cristiani sono elementi di stabilità e di pace in Medio Oriente”.

Tajani ha anche detto di aver ribadito al Papa l’impegno dell’Italia a favore della pace, che sia la pace in Medio Oriente, ma anche in Ucraina. Si è parlato anche della situazione in Sudan, delle tante guerre che ci sono nel mondo e dell’importanza che deve avere per ognuno di noi un impegno a favore della pace”.

Il ministro ha anche detto di avere “grande fiducia” in Leone XIV, e di aver ribadito il loro impegno “sia per quanto riguarda l’Occidente che deve continuare a spingere Putin a trovare un accordo con l’Ucraina per il cessate il fuoco, una pace duratura”, e lo stesso in Medio Oriente.

Inoltre – in dichiarazioni che sono comunque state pronunciate appena dopo la tragica morte di cinque giornalisti a Gaza il 26 agosto nell’attacco ad un ospedale – Tajani ha affermato che “è giusto garantire l’incolumità dei giornalisti e garantire la libertà di stampa anche nella Striscia di Gaza”.

Tajani ha parlato di un rapporto “eccellente” con il Vaticano. Dai tempi in cui ministro degli Esteri era Paolo Gentiloni, tra l’altro, c’è un bilaterale periodico a livello di ministri degli Esteri tra Italia e Santa Sede.

Leone XIV riceve il ministro dei Trasporti italiano Matteo Salvini

Il 29 agosto, Leone XIV ha ricevuto il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che negli scorsi anni aveva più volte provato a varcare le soglie del Palazzo Apostolico per incontrare Papa Francesco, senza successo.

In un post su X, il ministro ha detto: “Con grande emozione e commozione ho incontrato Papa Leone XIV. Le sue parole di pace sono un’esortazione che tutti i leader mondiali devono ascoltare e perseguire. Per quanto mi compete, farò di tutto per offrire il mio contributo affinché prevalga il dialogo sulle armi.

Secondo fonti della Lega, Salvini ha parlato con il Papa di opere pubbliche, trasporti e infrastrutture con particolare riferimento al Giubileo.

                                               FOCUS LIBERTÁ RELIGIOSA

Meeting di Rimini, appello perché tutti i governi si dotino di un inviato per la libertà religiosa

Il 25 agosto, al Meeting di Rimini, durante l’incontro “Costruttori di dialogo, libertà religiosa e pace”, i partecipanti al panel hanno lanciato un forte appello perché l’Unione Europea nomini un nuovo inviato speciale per la libertà religiosa.

L’intervento è stato promosso dalla Consulta Italiana per la Libertà Religiosa di Credo, che ha riunito esperti, rappresentanti delle istituzioni e realtà della società civile impegnate nella tutela di questo diritto fondamentale.

Daniela Canclini, vicepresidente della Consulta, ha notato che è importante che “tutti i governi si dotino di un inviato speciale per la libertà religiosa, capace di mantenere alta l’attenzione su questo diritto e garantirne la centralità nelle scelte politiche”, inclusa “l’Unione Europea, che non ha ancora nominato un nuovo inviato speciale, nonostante la scadenza del mandato precedente risalga a diversi mesi fa”.

L’urgenza è stata ribadita anche da Davide Dionisi, inviato speciale del governo italiano per la promozione della libertà religiosa e per la tutela delle minoranze religiose nel mondo. Dionisi ha delineato il lavoro fatto in due anni di nomina, con diverse conferenze e un attivismo che si auspica “abbia fatto da apripista e rappresenti anche una base per una figura istituzionale europea che, almeno da quello che abbiamo verificato fino ad oggi, stenta a decollare”, perché “la libertà di religione e di convinzione è, e rimane, la base per la pace”.

L’incontro, moderato da Andrea Avveduto, responsabile della comunicazione dell’Associazione pro Terra Sancta e membro della Consulta per la libertà religiosa, ha voluto sottolineare come la libertà religiosa sia non solo un diritto umano fondamentale, ma anche uno strumento di pace e coesione sociale. In questo senso, il cardinale Jean-Marc Vesco, arcivescovo di Algeri, ha sottolineato che “oggi la libertà di coscienza e quindi la libertà religiosa sono dei valori che devono essere affermati e difesi”, ma per farlo dobbiamo “considerare la loro complessità”.

Massimiliano Tubani, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, ha posto l’accento sulla necessità di vigilare anche in ambito occidentale: “La libertà religiosa resta un indicatore decisivo della tutela della dignità umana. È necessario interrogarsi criticamente sul rispetto di questo diritto anche all’interno delle nostre società”.

Nel suo intervento, Mauro Giacomazzi, focal point per l’educazione della Fondazione Avsi, ha ricordato il ruolo cruciale dell’educazione nella costruzione della pace: “La convivenza pacifica nasce quando ci si scopre parte di una stessa umanità. L’educazione non è solo trasmissione di competenze, ma è soprattutto un incontro che cambia lo sguardo, permettendo di riscoprire il proprio valore e, di conseguenza, il valore infinito dell’altro”.

A concludere i lavori è stato Michele Brignone, direttore della Fondazione internazionale Oasis e membro della Consulta per la libertà religiosa. “La libertà religiosa – ha affermato – va promossa con intelligenza e realismo, a partire dai legami costruiti sul terreno e deve andare di pari passo con la promozione del dialogo interreligioso ed una tessitura paziente dei rapporti a livello locale”.

                                                           FOCUS PACIFICO

Il nunzio Pintér alla Conferenza dei Vescovi Cattolici del Pacifico

L’arcivescovo Gábor Pintér, nunzio apostolico in Nuova Zelanda e Oceania, ha tenuto un discorso all’assemblea generale della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Pacifico (CEPAC), che si è tenuta dal 5 all’11 agosto nella capitale delle Samoa Americane, Pago Pago.

L’arcivescovo Pintér ha parlato il 9 agosto, incoraggiando i vescovi della regione a rafforzare le loro relazioni fraterne, a ricercare nuovi metodi di evangelizzazione e preparare un piano di pastorale comune.

Secondo il nunzio, la CEPAC “è più di un organo amministrativo di vescovi o di un raggruppamento geografico di diocesi che si estende su uno splendido oceano”, ma è piuttosto “una testimonianza vivente della nostra fede cattolica” e una “comunità dinamica di vescovi”, che “insieme cercano di vivere e diffondere la potenza trasformatrice di Cristo e le ricche e durature tradizioni della Chiesa tra i suoi popoli diversi e multiculturali”.

Pintér ha chiesto di immergersi “nel contesto del Pacifico”, regione di “straordinaria bellissima bellezza naturale”, ma con sfide significative da affrontare, dal cambiamento climatico alle disuguaglianze economiche alle ingiustizie sociali alla necessità di responsabilizzare i giovani.

Per il nunzio, si tratta di una missione che “è un invito all’azione concreta, intimamente connesso alla vita reale e alle aspirazioni del nostro popolo”, perché al centro della visione della CEPAC c’è “il profondo desiderio di essere una Chiesa autenticamente ‘pacifica’, che “riconosce con coraggio, rispetta e integra senza sforzo il ricco patrimonio culturale, l’antica saggezza e i valori comunitari delle nostre nazioni insulari nella propria vita, nel culto e nel ministero”.

                                                           FOCUS AMBASCIATORI

Presenta le credenziali il nuovo ambasciatore del Senegal presso la Santa Sede

Il 28 agosto, Isidor Marcel Sene, nuovo ambasciatore del Senegal presso la Santa Sede, ha presentato le lettere credenziali a Leone XIV. Classe 1976, dottorato in Geografia, ha lavorato come docente prima di entrare nei ranghi del Ministero degli Esteri di Dakar, per il quale ha servito anche nelle ambasciate presso le Nazioni Unite e degli Stati Uniti.