Il cardinale Parolin al rapporto ACS
Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, è intervenuto con un discorso ampio alla presentazione del rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre sulla libertà religiosa, che viene pubblicato ogni due anni.
Nella sua presentazione, il Cardinale ha notato che il diritto della libertà religiosa va riconosciuto, altrimenti il prezzo da pagare è lo sfilacciamento del “tessuto etico della società”, e per questo la difesa della libertà religiosa “non riguarda solo i credenti o la Chiesa. Va oltre, coinvolgendo tutta la società, le istituzioni pubbliche internazionali”, in quanto “pietra angolare dell’edificio dei diritti umani contemporanei”.
Il cardinale ha lodato il dossier – arrivato alla 25esima edizione – e ha sottolineato l’importanza della libertà religiosa utilizzando la dichiarazione conciliare Dignitatis Humanaes sul diritto della persona umana e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia di religione, e l’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che sottolinea che “ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”, e tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.
La Dignitatis Humanae compie 60 anni il prossimo 7 dicembre, e il Cardinale Parolin la definisce “una pietra miliare significativa della promozione della libertà religiosa come aspetto fondamentale dell’esistenza umana”, mettendo in luce come il Concilio estenda “un invito alla Chiesa ad abbracciare la libertà religiosa senza mai compromettere la verità”.
Il cardinale Parolin nota che “la libertà di religione, come qualsiasi libertà, ha dei confini pratici”, da individuare secondo “prudenza politica”. Si deve proteggere la libertà religiosa e “garantire che l’esercizio della fede da parte di un gruppo non violi le libertà altrui”, ma anche coltivare la pace pubblica perché “la vera armonia non emerge dall’uniformità, ma da una libertà ordinata, dove le persone vivono insieme nel rispetto reciproco, nella giustizia e nella buona volontà”.
Si deve anche sostenere la morale pubblica, in particolare contrastando pratiche come l’incitamento alla violenza o lo sfruttamento mascherato da espressione religiosa”.
La realizzazione della libertà religiosa non “dovrebbe essere ostacolata da barriere di natura personale, sociale e governativa”, perché va riconosciuto e rispettato “l’innato desiderio umano di ricercare il significato ultimo e la trascendenza”, e per questo “uomini e donne ovunque meritano la libertà da qualsiasi forma di costrizione in materia di fede, che si tratti di sottili pressioni sociali o palesi obblighi statali”, mentre “è dovere dei governi e delle comunità astenersi dall’imporre a chiunque di violare le proprie convinzioni più profonde e impedirne la pratica autentica”.
Il cardinale Parolin si sofferma poi sull’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che rappresenta “un principio cardinale del regime internazionale dei diritti umani, che costituisce un rifiuto collettivo delle ideologie totalitarie che hanno portato all’Olocausto e a molte altre atrocità, in cui la sacralità delle convenzioni individuali è stata immediatamente cancellata”.
L’articolo 18 “sottolinea la dignità intrinseca e l’autonomia dello spirito umano: afferma che la libertà religiosa non è un privilegio contingente ma un diritto inalienabile, indispensabile per la piena realizzazione del potenziale umano”. Un diritto ha concluso con amarezza il porporato, oggi, purtroppo, sistematicamente violato in tante parti del mondo.
Il cardinale Parolin su Gaza e la Nigeria
Parlando a margine della presentazione del Rapporto, il Cardinale Parolin ha espresso “preoccupazione” per le recenti violenze in Medio Oriente dopo la tregua, e ha definito “inaccettabile” l’accanimento verso i cristiani in Cisgiordania, sebbene la Santa Sede si dica “piena di speranza che il Piano di Pace possa funzionare”.
Parlando dei cristiani in Cisgiordania, e in particolare sulle pressioni dei coloni israeliani nel villaggio di Taybeh (oggetto di una dichiarazione delle Chiese cristiane di Terrasanta), il Cardinale ha parlato di un “problema complesso”, ma anche del fatto che non si riesce “a capire come mai questi cristiani che vivono la loro vita normale possano essere oggetto di tanto accanimento nei loro confronti”. Il cardinale non vuole parlare di persecuzione, perché “è problematico”, ma ammette che sono situazioni che “non possiamo accettare”.
Allo stesso modo, il Cardinale non vuol parlare di persecuzione contro i cristiani in Nigeria. Secondo il Segretario di Stato vaticano, quello in Nigeria “non è un conflitto religioso, è più un conflitto di tipo sociale, per esempio tra gli allevatori e gli agricoltori”, che fa delle vittime anche tra i musulmani, perché ci si trova di fronte a “gruppi estremisti che non fanno distinzione per portare avanti il loro scopo, i loro obiettivi”, e che “usano la violenza nei confronti di tutti quelli che li ritengono oppositori”.
La situazione in Nigeria
Le parole di Parolin hanno ovviamente generato controversia. Il conflitto in Nigeria, secondo un rapporto dell'Osservatorio sulla Libertà Religiosa in Africa (ORFA), ha causato la morte di 30.880 civili nel Paese tra il 2019 e il 2023. Oltre la metà erano cristiani (16.769), mentre 6.235 erano musulmani.
La Nigeria, il Paese più popoloso dell'Africa, è per il 53% musulmana e per circa il 46% cristiana, con il nord prevalentemente musulmano e il sud prevalentemente cristiano che riflettono questa divisione. Secondo il rapporto annuale 2025 della Commissione statunitense sulla libertà religiosa internazionale, 30.000 banditi Fulani, membri di una comunità di pastori seminomadi, operano nel nord-ovest della Nigeria. Questi militanti Fulani hanno compiuto massacri su larga scala nella regione del "Middle Belt" nigeriano, uccidendo agricoltori cristiani, bruciando le loro case e impossessandosi delle loro terre. Negli ultimi 10 anni, 145 sacerdoti cattolici sono stati rapiti nella regione.
I leader di gruppi cristiani e umanitari hanno firmato una lettera del 15 ottobre indirizzata al presidente Trump, chiedendogli di riclassificare la Nigeria come Paese di particolare preoccupazione (CPC) a causa dell'incapacità del governo di proteggere le vittime della violenza o di punire i responsabili.
“Negli ultimi anni si è assistito a una recrudescenza di attacchi violenti, specificamente mirati contro i cristiani nelle zone rurali della regione centrale del Paese, mentre il governo di Abuja non fa quasi nulla per proteggerli”, si legge nella lettera.
Negli ultimi mesi, diversi prelati e membri del clero cattolico in Nigeria hanno dichiarato pubblicamente che la situazione è complessa, tra cui un importante vescovo che ha esortato gli Stati Uniti a non imporre sanzioni al governo nigeriano.
Il mese scorso, il senatore USA Ted Cruz ha presentato una proposta di legge che chiedeva all'amministrazione Trump di riclassificare la Nigeria come "Paese di particolare preoccupazione" per le sue violazioni della libertà religiosa. Cruz ha accusato il governo nigeriano di "ignorare e persino facilitare l'omicidio di massa di cristiani da parte di jihadisti islamici", provocando una smentita da parte del governo nigeriano.
Il Dipartimento di Stato designa i Paesi come "Paesi di particolare preoccupazione" (CPC) per gravi violazioni della libertà religiosa, in conformità con l'International Religious Freedom Act (IRFA) del 1998. Tale designazione viene utilizzata per orientare la politica estera statunitense, comprese le sanzioni contro i Paesi inclusi in questa lista. La Nigeria è stata designata come CPC durante la prima amministrazione di Trump, ma il presidente Joe Biden ha rimosso il Paese dalla lista di sorveglianza nel 2021.
Diversi vescovi cattolici nigeriani hanno definito la violenza nel loro Paese come di natura settaria.
Testimoniando davanti alla Commissione Affari Esteri della Camera degli Stati Uniti all'inizio di quest'anno, il vescovo Wilfred Chikpa Anagbe della Diocesi di Makurdi ha citato l'omicidio di cristiani nella sua città natale come prova di violenza di matrice religiosa.
"L'esperienza dei cristiani nigeriani oggi può essere riassunta come quella di una Chiesa sottoposta a sterminio islamista... la persecuzione dei cristiani in generale e dei cattolici in Nigeria è frutto di un programma islamico per conquistare il territorio e trasformarlo in uno stato islamico nell'Africa occidentale", ha detto il Vescovo Anagbe al panel.
Tuttavia, negli ultimi giorni, diversi leader cattolici nigeriani hanno rilasciato dichiarazioni sottolineando che il conflitto è complesso e non necessariamente motivato da ragioni religiose.
Il vescovo Matthew Hassan Kukah della diocesi di Sokoto, in occasione della pubblicazione martedì del rapporto di ACS, ha affermato che la violenza che sta devastando la regione non è interamente motivata dalla religione. Nel suo intervento, ha affermato che designare la Nigeria come PCC e imporre sanzioni non farebbe altro che "aumentare le tensioni".
"Non abbiamo a che fare con persone che vanno in giro a colpi di machete per uccidermi perché sono cristiano", ha affermato, secondo un servizio giornalistico di Vanguard.
"I nigeriani stanno morendo in modo inaccettabile in tutto il Paese, non solo per via della loro religione, ma anche per via della loro etnia. Siamo sull'orlo di uno Stato debole, con una chiara incapacità di arrestare la discesa verso l'anarchia", ha detto Kukah.
Il vescovo Gerald Mamman Musa, della diocesi cattolica nigeriana di Katsina, ha dichiarato, in modo analogo a quanto comunicato da ACI Africa, il servizio di informazione africano di EWTN, che le cause della violenza in corso nel Paese sono molteplici, ma includono anche la persecuzione religiosa.
"Molte persone sono state vittime di aggressioni, rapimenti e uccisioni in Nigeria negli ultimi anni", ha dichiarato il vescovo Musa durante l'intervista del 19 ottobre. Ha aggiunto: "Questi incidenti possono essere interpretati in molti modi, ma siamo consapevoli che la violenza in Nigeria ha molteplici cause.”
Ha continuato: "Alcune sono causate da criminalità, banditismo o dispute territoriali, ma sarebbe sbagliato negare che alcune delle uccisioni siano basate su motivazioni religiose".
FOCUS VATICANO
Moglie e figlia dell’attivista cattolico Jimmy Lai da Leone XIV
Lo scorso 15 ottobre, Teresa e Claire Lai, moglie e figlia dell’attivista democratico di Hong Kong Jimmy Lai, hanno potuto incontrare Leone XIV al termine dell’udienza generale, venendo inserite tra le personalità cui il Papa concede il baciamano.
Lai, 77 anni, è da anni in prigione ad Hong Kong sulla base di accuse che i suoi avvocati definiscono “politiche”, e che sono quelle di frode e di partecipazione in proteste non autorizzate.
Lai si è convertito al cattolicesimo nel 1997. Fu arrestato la prima volta nell’agosto 2020, con accusa riguardanti l’allora nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, e il suo processo è cominciato nel dicembre 2023, mentre lo scorso agosto si è arrivati all’arringa finale.
Tuttavia, secondo il figlio Sebastian Lai – che il 25 ottobre riceverà un premio nell’ambito della Giornata della Bussola Quotidiana – ha detto in tempi non sospetti che “la sentenza non sarà emessa se non prima della fine di quest’anno o dell’inizio dell’anno nuovo”.
Anche il presidente USA, Donald Trump, si è espresso sull’imprigionamento di Lai, sottolineando che avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l’attivista.
FOCUS EUROPA
Andorra, le pressioni per una legge sull'aborto
Il 23 ottobre, il Capo del Governo di Andorra, Xavier Espot, e il Ministro delle Relazioni Istituzionali, Ladislau Baró, insieme all'Ambasciatore presso la Santa Sede, Carles Àlvarez, hanno incontrato in Vaticano il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.
L'incontro, secondo un comunicato del governo di Andorra, si inserisce "nell'ambito del dialogo istituzionale che le due parti stanno portando avanti per affrontare il processo di depenalizzazione dell'aborto in Andorra".
"Nel corso dell'incontro - si legge ancora nel comunicato - le due delegazioni hanno ribadito il loro impegno comune a continuare a lavorare in modo costruttivo con l'obiettivo di presentare una proposta di testo legislativo nei prossimi mesi".
"Le parti hanno convenuto che si tratta di una questione di grande complessità giuridica, istituzionale e sociale, che richiede un attento sviluppo tecnico", aggiunge il comunicato.
E conclude: "Il Governo di Andorra e la Santa Sede mantengono la volontà di trovare una soluzione che consenta di rendere compatibili il mantenimento della struttura istituzionale del Paese e i progressi significativi nel riconoscimento dei diritti delle donne".
Non c'è stato un comunicato della Santa Sede sul tema, ed è problematico, perché il comunicato del governo di Andorra lascia pensare che il Vaticano possa accettare una depenalizzazione dell'aborto in alcuni casi specifici.
Evangelizzata nel Medioevo, Andorra ha mantenuto da sempre una relazione speciale con la Chiesa cattolica.
Nel 1993, il Principato si è dotato di una Costituzione che mantiene in vita il sistema del Co-Principato, risalente al 1278, al tempo del Pontificato Martino IV che confermò il "pareatge" (accordo o patto). I Coprincipi - che sono il Vescovo di Urgell ed il Presidente della Repubblica francese, il quale ha preso le funzioni dei conti di Foix - svolgono in modo congiunto ed indivisibile le funzioni del Capo dello Stato. Si tratta dell’unico Stato al mondo in cui due funzionari stranieri agiscono congiuntamente come capo di Stato.
Le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Andorra sono state stabilite nel 1995, e il nunzio ad Andorra è anche nunzio in Spagna ed ha sede a Madrid. Nel 2008. Santa Sede e Principato di Andorra hanno firmato un accordo diviso in sei parti, in cui in 16 articoli si definiscono il ruolo del vescovo di Urgell, lo statuto giuridico della Chiesa cattolica in Andorra, il matrimonio canonico, l’insegnamento della religione nella scuola, il sistema economico della Chiesa Cattolica in Andorra.
Questo sistema, ereditato dal XIII secolo, conferisce al vescovo un ruolo sia spirituale che politico, rendendolo una figura chiave nel governo andorrano. Il vescovo Josep-Lluis Serrano Pentinat, nominato vescovo coadiutore di Urgell nel luglio 2024, è succeduto al vescovo Joan-Enric Vives il 31 maggio 2025. Il suo arrivo coincide con un acceso dibattito sulla riforma legislativa dell’aborto, che ad Andorra è vietato e punito con il carcere in ogni caso, eccetto in caso di pericolo di vita per la madre.
La proposta di legge dovrebbe modificare il codice penale del Paese, elimando le sanzioni penali per le donne che abortiscono e le sanzioni professionali per i medici ed operatori sanitari coinvolti. Si tratta di un compromesso, perché non si andrebbe a legalizzare l'aborto, ma si mira solo ad eliminare le sanzioni. Si parla anche di un progetto di legge complementare che mantenga il divieto di aborto in Andorra, consentendo al contempo il finanziamento dei viaggi all’estero – in Francia o Spagna – per le donne che desiderano sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza.
Sotto Papa Francesco, questo compromesso era stato discusso a lungo tra autorità e Santa Sede. Ma oggi, c'è un nuovo Papa e una nuova direzione. Resta da comprendere se il vescovo Serrano, in qualità di co-principe di Andorra, firmerà questa legge, qualora ricevesse la maggioranza dei voti.
L’incaricato tedesco per la libertà religiosa in visita in Vaticano
Il 22 ottobre, l’Incaricato del Governo Federale per la libertà di religione e di credo e Deputato del Bundestag, Thomas Rachel, è stato in visita in Vaticano.
Rachel ha avuto diversi colloqui con vari interlocutori. Tra i vari incontri vi sono stati quelli con il Segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede, l'Arcivescovo Gallagher, con il Prefetto del Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani, il Cardinale Koch, Suor Roxanne Schares, Direttrice esecutiva della Unione Internazionale Superiori Generali, e l'Abate primate dell'Abbazia benedettina di Sant'Anselmo, Jeremias Schröder, OSB.
Rachel ha preso anche parte all'Udienza generale con il Santo Padre e ha potuto incontrare brevemente Leone; con l'occasione gli ha riferito che "anche noi come Governo tedesco vogliamo approfondire" il tema della libertà di religione "perché guardiamo con preoccupazione alla persecuzione delle minoranze religiose. E anche i cristiani ne sono colpiti".
Naturalmente vi è stato anche tempo per uno scambio con l'Ambasciatore Kahl presso la residenza dell’ambasciata a Roma.
In un’intervista a domradio.de del 23 ottobre, Rachel ha detto che “la voce della Germania ha peso in Vaticano” e ha sottolineato di aver parlato con Leone XIV di libertà religiosa e persecuzione dei credenti, in un momento che lui stesso ha definito “molto toccante”, di fronte a un Papa che “prende la questione molto seriamente”.
Parlando dell’incontro con l’arcivescovo Gallagher, Rachel ha detto che il “ministro degli Esteri” vaticano ha “un modo molto sfumato di guardare ai problemi”, e che si è parlato di varie crisi internazionali, "dalla guerra di aggressione contro l'Ucraina, che viola il diritto internazionale, alla Striscia di Gaza e ad altri conflitti nel mondo".
Rachel ha sottolineato che la Germania è percepita come un partner affidabile in materia di diritti umani e libertà religiosa. "Naturalmente, anche la Chiesa cattolica, in quanto Chiesa universale, deve impegnarsi su questo tema e proteggere coloro la cui libertà religiosa è minacciata.”
Il governo tedesco si considera parte di un'alleanza internazionale di politici, chiese e società civile. "In definitiva, abbiamo bisogno di tre gruppi che lavorino insieme: le chiese e gli attori religiosi, i rappresentanti degli stati e dei governi, e anche i rappresentanti della società civile.”
Rachel è commissario federale per la libertà religiosa dal 2025. Il sessantatreenne politologo è originario di Düren ed è membro del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania.
Nel 2021 è diventato portavoce per la politica religiosa del gruppo parlamentare CDU/CSU al Bundestag ed è attivo nel Circolo Stephanus del gruppo parlamentare CDU/CSU. È inoltre membro della Commissione Affari Esteri e della Commissione Sviluppo. L'Ufficio del Commissario per la libertà di religione e di credo è stato inizialmente istituito presso il Ministero federale per la cooperazione e lo sviluppo economico nel 2018 e, quest'anno, trasferito al Ministero federale degli esteri. Il suo compito principale è presentare un rapporto sullo stato della libertà religiosa nel mondo.
FOCUS MULTILATERALE
Monsignor Daniel Pacho alla Conferenza Ministeriale delll’UNCTAD
Il 21 ottobre, monsignor Daniel Pacho, sottosegretario della Santa Sede per il settore multilaterale, ha preso la parola a Ginevra alla XVI Conferenza Ministeriale dell’UNCTAD, l’agenzia ONU che si occupa di commercio e sviluppo, sul tema “Dare forma al futuro: guidare la trasformazione economica per uno sviluppo equo, inclusivo e sostenibile”:
Nel suo intervento, Pacho ha notato che “nell’attuale crisi che vive questo settore multilaterale, è necessaria una risposta di speranza”, e ha parlato prima di tutto del futuro, che “non è qualcosa da aspettare, ma è qualcosa da costruire adesso, con visione e persistenza risoluta”.
Quindi, il sottosegretario vaticano ha parlato di “trasformazione”, perché si deve compiere ogni sforzo per “superare le ineguaglianze globali che creano profondi divari tra continenti, nazioni e società”, con disparità che “mettono a rischio il futuro”.
Per questo, è necessario compiere “azioni decisive, guidate dalla giustizia e rafforzate dalla solidarietà”.
Il terzo tema è quello della “trasformazione”, perché deve essere compiuto ogni sforzo per “superare le ineguaglianze globali che creano profondi divari tra continenti, nazioni e società”, poiché sono disparità che “mettono a rischio il futuro”.
Infine, il tema dello sviluppo, perché “mentre c’è una preoccupazione generale riguardo la direzione che sta prendendo il mondo, è vitale mantenere la speranza e continuare ad impegnarsi per un’autentica fioritura e sviluppo umano che non sia solo economico, ma davvero integrale”.
La Santa Sede chiede di non ridurre lo sviluppo a “meri dati o indicatori”, perché riguarda “prima di tutto le persone, specialmente quelle che vivono in povertà e in difficile bisogno”.
Infatti, “quando lo sviluppo perde di vista la persona umana, discende inevitabilmente in una crisi”, che la comunità internazionale sta “vivendo esattamente in questo momento”, in cui si sperimenta “crescita senza equità, progresso senza inclusione e abbondanza senza vera prosperità”.
La Santa Sede sottolinea anche che “una condizione importante per lo sviluppo umano integrale è la libertà religiosa”, perché “sebbene l’estremismo religioso possa a volte mettere a rischio l’esercizio del diritto alla libertà religiosa, diffondendo intenzionalmente indifferenza religiosa o ateismo pratico”, questo crea “ostacoli al vero sviluppo umano”.
È il motivo, nota monsignor Pacho,per cui “la crisi dello sviluppo va in profondità, colpendo anche le strutture che intendono promuovere lo sviluppo, includendo l’architettura finanziaria internazionale esistente”.
Il sottosegretario della Santa Sede nota che le difficoltà a raggiungere lo sviluppo sostenibile “possono anche collegarsi alla crisi del debito”, perché è oggi inaccettabile che “il pagamento degli interessi stia sorpassando la spesa pubblica”, portando 3,4 miliardi di persone a vivere in nazioni che spendono più nel servire il debito che su salute o educazione”.
La Santa Sede mette in luce anche il problema del debito ecologico, che deriva da “squilibri commerciali che degradano l’ambiente, così come dallo sproporzionato uso delle risorse naturali”, mentre la rapida crescita della Intelligenza Artificiale “rivela un’altra frontiera dell’attuale crisi di sviluppo”, perché può, sì, “sviluppare lo sviluppo sostenibile, ma ha bisogno di “responsabilità, discernimento, gestione etica e cornice regolatoria centrata sulla persona umana”.
La Santa Sede a New York, le armi nucleari
Il 21 ottobre, si è tenuta alle Nazioni Unite di New York una discussione tematica sulle armi nucleari. L’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha messo in guardia dalla recente retorica e dagli sforzi di espandere arsenali, che rivela “la fallacia pericolosa della deterrenza nucleare”, perché “la pace non può risiedere nella distruzione di massa, una strategia che è sia moralmente indifendibile e strategicamente insostenibile”.
La Santa Sede ha messo in luce anche la preoccupazione riguardo i pericoli posti dall’integrare l’intelligenza artificiale e i sistemi autonomi nei comandi nucleari e sistemi di controllo. Caccia ha sottolineato che la vera sicurezza non risiede nelle armi, ma nella protezione della vita e della dignità. Per questo, la Santa Sede chiede agli Stati di rafforzare il dialogo e supportare i trattati che sostengono la non proliferazione e il disarmo.
La Santa Sede a New York, gli effetti delle radiazioni atomiche
Il 22 ottobre, l’arcivescovo Gabriele Caccia è intervenuto sul dibattito sugli effetti delle Radiazioni Atomiche, un tema sottoposto allo studio del Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche (UNSCEAR), stabilito già nel 1955.
La Santa Sede ha notato che gli effetti delle radiazioni atomiche “restano un tema di profonda preoccupazione”, e chiede che le tecnologie mediche, vitali per la diagnosi e il trattamento, siano “usate responsabilmente e con la massima cura per evitare rischi”, considerando che l’UNSCEAR “continua a documentare le conseguenze a lungo termine della contaminazione ambientale che deriva dai test di armi nucleari, gli incidenti nucleari e la gestione inadeguata dei rifiuti nucleari”.
Sono conseguenze che colpiscono in maniera non proporzionata “donne, bambini, indigeni e quanti già vivono in condizione di marginalizzazione e povertà”.
La Santa Sede apprezza anche il lavoro dell’UNSCEAR nell’esaminare l’impatto delle radiazioni su sistemi biologici cruciali, e si dice “particolarmente preoccupata” riguardo i rischi “posti dagli impianti nucleari in zone di conflitto”, in particolare sulla questione di Zaporizhzhia in Ucraina, riguardo la quale l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha ripetutamente messo in guardia.
La Santa Sede chiede di mettere in pratica “misure preventive urgenti” per garantire la sicurezza dei civili. La delegazione vaticana chiede anche agli Stati in possesso di armi nucleari di soddisfare gli obblighi previsti dall’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione e di impegnarsi in negoziati in buona fede, chiedendo anche una ratifica universale e piena implementazione dei trattati di Non Proliferazione, di Proibizione di Armi Nucleari e di Bando Globale dei Test Nucleari – trattati che “accorpano la convinzione che la pace e la sicurezza non possono mai essere costruite nella minaccia di una distruzione di massa”.
Il tema, conclude l’arcivescovo Caccia, non è solo tecnico, ma morale, perché “proteggere l’umanità dai dannosi effetti delle radiazioni ionizzanti, assicurare assistenza per le vittime e la cura per il nostro ambiente ferito sono parte di questa responsabilità morale”.
La Santa Sede a New York, le armi convenzionali
Il 24 ottobre 2025, presso la sede delle Nazioni Unite a New York, l’arcivescovo Caccia ha parlato alla Discussione Tematica sulle Armi Convenzionali in seno alla Prima Commissione dell'80ª Sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Avvertendo che la diffusione incontrollata delle armi convenzionali mina la pace, alimenta la sfiducia e distoglie risorse vitali dallo sviluppo umano, l'Arcivescovo Caccia ha sottolineato che la sicurezza non deve mai essere ridotta alla logica degli armamenti.
Oltre ad esprimere preoccupazione per il drammatico aumento delle spese militari globali e per i recenti ritiri dalla Convenzione di Ottawa che vieta le mine antiuomo, ha esortato gli Stati ad astenersi dallo sviluppo di armi autonome letali e a sostenere un divieto giuridicamente vincolante entro il prossimo anno. Ha concluso con un appello a costruire una pace fondata sul dialogo, sulla giustizia e sulla protezione della vita umana.