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Scuotersi dal torpore interiore. I Domenica di Avvento

Il commento al Vangelo domenicale di S. E. Mons. Francesco Cavina

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La Chiesa inizia con questa domenica il tempo di Avvento. Non si tratta di un semplice conto alla rovescia verso il Natale, ma di un cammino spirituale che ci prepara a celebra l’evento più sorprendente della storia, Dio che si fa uomo. E’ il tempo favorevole per riscoprire la gioia della sua presenza in mezzo a noi. Per questo, nella liturgia della Parola della Santa Messa risuonano tre verbi che diventano come le porte d’ingresso dell’Avvento: “Svegliarsi” (II lettura), “Vegliare” (Vangelo), “andare incontro con gioia al Signore (Salmo responsoriale).

Svegliarsi, innanzitutto. Ma da quale sonno? Non da quello della notte, bensì dalla routine che rende le giornate prive di slancio e di entusiasmo. L’Avvento, ci invita a scuoterci da quel torpore interiore che i grandi maestri di vita spirituale chiamano “accidia”. Si tratta di una stanchezza dell’anima che spegne  il gusto della vita, appesantisce il cuore e trascina verso la rassegnazione. Per questo san Paolo oggi ci scuote:“La salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti”. E’ come se ci dicesse: il Signore è vicino, anzi è già qui. La Sua presenza è un fatto, non è un’idea né un ricordo. Infatti, Cristo con la Sua morte e resurrezione è il Vivente, l’Oggi che non passa, Colui che offre uno sguardo nuovo sulla realtà e sulla vita. E quando lo incontriamo davvero, nulla rimane come prima, tutto cambia: nasce un nuovo modo di guardare le cose, di scegliere, di vivere, di sperare.

Per questo San Paolo esorta: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo”. Dove, come possiamo rivestirci di Cristo? Nella Chiesa, il grembo che ci genera alla fede. Nessuno può disporre di Dio e delle cose di Dio, ma Dio ha voluto affidare alla Chiesa i suoi doni perchè li elargisse al mondo. E’attraverso l’annuncio del Vangelo e la partecipazione ai sacramenti che la Chiesa ci introduce alla vita nuova dei figli di Dio e ci apre alla bellezza di relazioni fraterne illuminate dall’amore, dalla misericordia e dal perdono.

Nel Vangelo, Gesù ci chiama a vegliare, perchè non conosciamo in quale giorno il Signore verrà. Queste parole non vogliono incutere terrore, ma ridestarci dal pericolo della superficialità, che ci fa perdere l’essenziale e affievolisce il desiderio del cielo. La venuta quotidiana del Signore, che consola e sostiene, ci prepara all’incontro definitivo con Lui, quando verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. E anche qui non si veglia da soli: la Chiesa è la sentinella che notte e giorno veglia e ci richiama all’attesa delle realtà eterne.

Ed infine il terzo verbo: “Andiamo con gioia incontro al Signore”. Svegliarsi non basta. Non basta neppure vegliare. L’Avvento ci chiede anche di metterci in cammino, di andare incontro a Cristo che viene. Non siamo spettatori passivi, ma figli che si muovono incontro al Bene che ci salva. E questo cammino è segnato dalla gioia. Non una gioia effimera o ingenua, ma quella che nasce dalla certezza che il Signore è già in mezzo a noi e che ogni passo verso di Lui è un passo verso la vita vera. E anche qui il cammino non è individuale. Il salmo non dice: “Vado con gioia”, ma “Andiamo”: insieme. La Chiesa ci educa a camminare non da soli, ma come popolo, come comunità, perchè nessuno si salva da solo, nessuno attende da solo.

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Come possiamo rendere concreti i tre verbi dell’Avvento? Possiamo “svegliarci” dedicando ogni giorno un momento alla preghiera, ad esempio recitando il Santo Rosario o almeno una sua parte, per ridestare il cuore alla presenza di Dio. Possiamo “vegliare” partecipando alla Messa domenicale con maggiore consapevolezza e devozione. Possiamo infine “andare incontro” al Signore attraverso gesti di carità e riconciliazione: offrire il perdono, visitare una persona sola, oppure avvicinarci con sincerità al sacramento della confessione.

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