Città del Vaticano , giovedì, 25. dicembre, 2025 10:41 (ACI Stampa).
La “fragile tenda” del Verbo, che è poi come le tende di Gaza, dei senzatetto, delle persone inermi. La necessità di superare i monologhi, di entrare in dialogo con la carne dell’altro, per comprendere l’insensatezza dei conflitti. La rimotivazione di una Chiesa missionaria. Perché “ci sarà pace quando i nostri monologhi si interromperanno e, fecondati dall’ascolto, cadremo in ginocchio davanti alla nuda carne altrui”. Leone XIV celebra la Messa del giorno di Natale nella Basilica di San Pietro, come non avveniva dal 1996. E nella sua omelia ribadisce il rovesciamento delle prospettive già delineato nella Messa della notte di Natale, dando anche linee programmatiche di ciò che sarà il suo pontificato.
Il Papa che ha scelto la notte di Natale per portare per la prima volta la fascia con il suo stemma mostra anche, alla vigilia del passaggio dalla fine dell’Anno Santo (oggi si chiude la Porta Santa di Santa Maria Maggiore) al concistoro che marcherà il nuovo inizio del suo pontificato, che deve essere il volto della sua Chiesa. Una Chiesa di pace, una Chiesa missionaria, rimotivata nella missione proprio dalla presenza di Cristo tra gli uomini. Una Chiesa cristocentrica e dedita agli altri.
“La pace esiste ed è già in mezzo a noi”, sottolinea Leone XIV, riferendosi proprio all’arrivo di Cristo, per cui gioire, considerando che il prologo del Vangelo di Giovanni è un inno che ha al centro il logos, il verbo, Parola di Dio che “non è mai effetto, ma agisce”.
Eppure, Dio, che è Parola, diventa bambino, appare e non sa parlare, e lascia parlare solo la sua “fragile presenza”, la carne che “è la radicale nudità cui a Betlemme e sul Calvario manca anche la parola”, come “parola non hanno tanti fratelli e sorelle spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio”.
Nota Leone XIV: “La carne umana chiede cura, invoca accoglienza e riconoscimento, cerca mani capaci di tenerezza e menti disposte all’attenzione, desidera parole buone”. Ed è così che la pace è fra noi “in modo paradossale”, perché “il dono di Dio è coinvolgente, cerca accoglienza e attiva la dedizione”, e “ci sorprende perché si espone al rifiuto, ci incanta perché ci strappa all’indifferenza”.




