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Diplomazia pontificia, il Papa a Malta con lo sguardo all'Ucraina

È cominciato oggi il viaggio di Papa Francesco a Malta. Ancora sulla guerra in Ucraina. Quaranta anni di relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Santa Sede

Nunziatura di Malta | La nunziatura della Santa Sede a Malta | Wikimedia Commons Nunziatura di Malta | La nunziatura della Santa Sede a Malta | Wikimedia Commons

È un viaggio caratterizzato dal tema dell’accoglienza dei migranti, quello che Papa Francesco ha iniziato nell’isola di Malta questa mattina: lo sottolinea anche il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una intervista con Vatican News.

Nel corso della settimana, il Regno Unito ha festeggiato 40 anni di relazioni diplomatiche con la Santa Sede, in una celebrazione fortemente caratterizzata dalla vicinanza all’Ucraina. E si torna a parlare di una mediazione della Santa Sede nel conflitto, mentre l’ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede rilancia la possibilità di un secondo incontro tra Papa Francesco e Kirill nel corso di quest’anno.

                                                FOCUS MALTA

Malta e Santa Sede, le relazioni diplomatiche

L’isola di Malta conquista l’indipendenza dal Regno Unito nel 1964, e già nel 1965 Paolo VI, con il breve Studio Christianae, stabilisce la nunziaura apostolica nel Paese. Da allora, si sono succeduti 14 nunzi nel Paese, anche se dal 1978 al 1985 non è stato nominato un nunzio nel Paese. L’attuale nunzio, l’arcivescovo Alessandro D’Errico, ha praticamente terminato la carriera diplomatico.

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Le relazioni tra Santa Sede e Malta sono state rafforzate con una serie di accordi. Nel 1988, fu siglato un accordo sulla restituzione della Facoltà di Teologia all’Università di Malta; nel 1989, uno che garantiva una istruzione regolare nella dottrina catttolica e la consulenza religiosa nelle scuole Statali; un altro nel 1991 che permetteva il trasferimento allo Stato, dietro pagamento di compensazioni, di proprietà della Chiesa che non erano necessarie per gli scopi pastorali.

Sempre nel 1991, si siglò quello che fu definito un “accordo definitivo” sulle scuole della Chiesa perché potessero fornire educazione gratuita grazie all’assistenza finanziaria del governo, mentre veniva ristabilita una certa autonomia nel regime delle assunzioni e della politica educativa.

Nel 1993, è stato definito l’accordo per emendare il Marriage Act, introdotto nel 1975, che definiva il matrimonio civile come l’unica forma legalmente riconosciuta di matrimonio. Questo accordo è stato poi implementato nel 1995.

Il Cardinale Parolin sul viaggio di Papa Francesco a Malta

Nella consueta intervista che precede ogni viaggio apostolico, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha messo in luce quali saranno i temi di questo 36esimo viaggio apostolico di Papa Francesco.

In particolare, il Cardinale Pietro Parolin ricorda che il viaggio avviene in un contesto di guerra, e che dunque è possibile che il Papa ribadirà “il suo appello perché si fermino i combattimenti, tacciano le armi e si continui a dialogare. In effetti, sono in corso dei negoziai, anche se non sembrano essere arrivati a nessun risultato concreto”.

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Il tema dei migranti è centrale in questo viaggio, sin dal motto scelto, che è un passo degli Atti degli Apostoli (“Ci trattarono con rara umanità”).

Il Cardinale Parolin non può non ricordare quello che si sta facendo oggi per i profughi arrivati dall’Ucraina, e auspica che “questa tragica esperienza possa davvero anche aiutare a far crescere, ad aumentare la sensibilità anche nei confronti dell’altra migrazione, quella che viene da Sud, e mi pare che a questo riguardo non ci siano alternative ad una collaborazione e ad una condivisione delle responsabilità dei pesi, chiamiamoli così, tra tutti i Paesi europei, soprattutto tra quelli di primo arrivo, e poi di transito e destinazione”.

La priorità – ha aggiunto il Segretario di Stato vaticano – è “salvare vite, e questo si può fare aumentando i percorsi disponibili per una migrazione regolare”, ma anche lavorare più a monte “perché nessuno sia costretto a lasciare la sua patria a causa di situazioni di conflitto, di situazioni di insicurezza o di sottosviluppo”.

Il Cardinale considera anche “significativo che in questo decimo anno di pontificato ci sia questo viaggio a Malta, perché Malta è legata alla figura di San Paolo che è l’evangelizzatore per eccellenza, e se c’è una nota che con insistenza ha caratterizzato il pontificato di Francesco è stata proprio quella del richiamo, dell’invito alla Chiesa di diventare sempre più missionaria”.

La Chiesa a Malta, ha detto il Cardinale Parolin, vive “le problematiche che deve affrontare un po’ la Chiesa in tutti i Paesi occidentali”, e c’è una grande “tradizione religiosa e di prossimità, di vicinanza alla gente e alle sue necessità, basti pensare alle tantissime opere che esistono a Malta per quanto riguarda la carità, l’attenzione agli ultimi, l’attenzione ai malati, ai disabili, e poi tutta l’educazione, il tema stesso dell’emigrazione”.

L’auspicio, dunque, è che “Malta si lasci confermare nella fede, e che questa fede si traduca in testimonianza”.

                                                FOCUS UCRAINA

Ucraina, il patriarcato di Mosca protesta contro le nuove leggi

Due disegni di legge sono stati presentati al Parlamento ucraino, che hanno suscitato la forte protesta del Patriarcato di Mosca. Il primo, del 22 marzo, riguarda la “proibizione del Patriarcato di Mosca sul territorio dell’Ucraina”. Il secondo, del 26 marzo, propone di modificare la legge “Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose” in modo da vietare le attività di quelle organizzazioni religiose il cui centro si trova “al di fuori dell’Ucraina” e “in uno Stato riconosciuto dalla legge come aggressore militare contro l’Ucraina.

La Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca, guidata dal metropolita Onufry, ha rilasciato un durissimo comunicato per condannare i due disegni di legge, sottolineando che “nonostante l’appello del presidente Zelensky a non incitare all’odio religioso durante la guerra, i parlamentari ucraini hanno deciso attraverso iniziative legislative di vietare sfacciatamente e cinicamente le attività della Chiesa ortodossa ucraina e di privare milioni di ucraini del diritto alla libertà di religione”.

Ancora, il comunicato nota che “sebbene le forze dell’ordine non abbiano presentato denunce alla Chiesa ortodossa ucraina in merito alla violazione della sicurezza nazionale, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, i deputati, nella loro nota esplicativa al disegno di legge, fanno deliberatamente false accuse contro la Chiesa ortodossa ucraina nel tentativo di fuorviare i parlamentari ucraini”.

Inoltre, “vietare alle persone di appartenere alla Chiesa ortodossa ucraina viola il loro diritto alla libertà di religione, che è contrario alla Convenzione europea sui diritti umani e alla Costituzione dell’Ucraina”.

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Il comunicato nota anche la posizione del primate Onufry, metropolita di Kiev, che aveva invitato tutti i fedeli a “difendere il nostro Stato e la sua integrità territoriale e sovranità”. Una posizione anche lodata da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, in un suo recente intervento in collegamento al Pontificio Istituto Orientale.

Anche l’ambasciata russa per la Santa Sede ha definito le proposte di legge “una violazione del diritto della libertà di religione. Da parte sua, Vladimir Legoyda, presidente del dipartimento sinodale per i rapporti tra Chiesa, società e media del Patriarcato di Mosca ha affermato che “l’adozione di progetti di legge volti all’eliminazione” della presenza del Patriarcato di Mosca in Ucraina “comporterebbe un aggravamento della crisi e provocherebbe un nuovo sconto civile”.

Il patriarcato di Mosca serra i ranghi

Il Patriarcato di Mosca ha già preso l’iniziativa di consolidare il controllo delle diocesi sotto la sua giurisdizione nei Paesi dell’antico blocco sovietico. La scorsa settimana, la riunione del Santo Sinodo ha infatti stabilito un nuovo dipartimento ad hoc per l’amministrazione delle eparchie nei Paesi “stranieri vicini”, una espressione tipica del periodo sovietico per indicare i Paesi in orbita URSS, caduto in disuso dopo la caduta del Muro di Berlino.

A capo del nuovo parlamento, l’ex metropolita di Bielorussia Pavel Ponomarev, che fu trasferito da Minsk alla sede di Krutisky e Kolomna nel mezzo delle proteste anti-Lukashenko dell’agosto 2020. Nella competenza del suo ufficio, la Chiesa Ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, ma anche la Chiesa ortodossa di Bielorussia e quelle nei Paesi baltici, nonché le sedi metropolitane di Kazakistan e Asia Centrale e l’eparchia di Azerbaijan.

Verso un incontro Papa Francesco – Kirill?

La Chiesa Ortodossa Russa mantiene i contatti anche all’esterno. L’ambasciata russa presso la Santa Sede, in un tweet, ha sottolineato come la Chiesa Ortodossa Russa auspichi “un incontro di persona tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco quest’anno”.

Il tweet dell’ambasciata rilanciava un articolo dell’agenzia russa Ria Novosti, che a sua volta riferiva affermazioni in questo senso del metropolita Hilarion, responsabile delle relazioni internazionali del Patriarcato di Mosca.

Hilarion ha detto che “si sta lavorando” all’incontro, e ha aggiunto che “a causa dello sviluppo degli eventi in Ucraina il Papa e il Patriarca hanno avuto bisogno di comunicare prima”, e da qui la video chiamata dal 16 marzo.

Verso una mediazione vaticana sull’Ucraina?

La Santa Sede ha dato più volte la sua disponibilità a fungere da mediatore nella crisi ucraina, e lo stesso presidente ucraino Volodymir Zelensky ha caldeggiato un aiuto della Santa Sede. C’è stata ora, significativamente, una apertura da parte russa, come suggerito dalle dichiarazioni del portavoce del Cremlino Dmirij Peskov e con gli accenni proprio all’incontro tra Papa Francesco e Kirill.

Difficile, al momento, che ci sia una vera e propria mediazione pontificia. Le pressioni, però, sembrano indirizzati a stabilire un dialogo con la Santa Sede, specialmente in un momento di isolamento del Patriarcato di Mosca, il cui atteggiamento nei confronti della guerra in corso è stato condannato anche da sue affiliazioni ortodosse.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

Il cardinale Rai appoggia un documento sul futuro dei cristiani in Medio Oriente

Il Cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca dei maroniti, ha dato pieno sostegno al documento sul presente e futuro dei cristiani in Medio Oriente redatto dall’équipe ecumenica Nakhtar al Hayat.

Il patriarca ha detto che il documento è “assunto da lui” e proposto “come compagno di strada”. Nakhtar el Hayat è un gruppo composto da 11 teologi, teologhe e studiosi.

Tra questi, la professoressa Souraya Bechealany, già segretaria generale del Consiglio sulle Chiese del Medio Oriente, il teologo libanese greco-melchita Gabriel Hachem, membro della Commissione Teologica Internazionale e il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Libano.
Il documento di cui si parla è “Cristiani in Medio Oriente: per un rinnovamento delle scelte teologiche, sociali e politiche”. Composto di 100 paragrafi, è un tentativo di analizzare a fondo la condizione e le prospettive delle comunità cristiane nel contesto arabo-mediorientale, che è stato presentato il 30 marzo presso la sede patriarcale maronita di Bkerké. È in quella circostanza che il Cardinale Rai ha manifestato il suo appoggio.

“Questo documento- ha detto tra l’altro il Patriarca maronita - offre una rotta per noi in tutte le vicende della nostra vita. Il soggetto è la presenza di Cristo stesso in Medio Oriente. E a partire da questo, il documento si offre anche come una piattaforma per guardare alle emergenze e ai problemi che riguardano la famiglia, la Chiesa, lo Stato e la società”.

                                                FOCUS EUROPA

Chi sarà il nuovo ambasciatore di Francia presso la Santa Sede?

Per la seconda volta consecutiva, una donna rappresenterà la Francia presso la Santa Sede. L’Eliseo ha infatti scelto Florence Mangin per sostituire Elizabeth Beton-Delegue come ambasciatore presso la Santa Sede, una nomina ufficializzata lo scorso 28 marzo.

Diplomatica di carriera, classe 1958, Mangin ha cominciato la carriera diplomatica nel 1983 come capo dell’ufficio per l’Africa Meridionale presso la Direzione degli Affari Africani e Malgasci presso il Ministero degli Affari Esteri nel 1983.

Dal 1986 al 1988 ha servito come prima segretaria presso l’Ambasciata di Francia in Costa d’Avorio, mentre dal 1993 al 1996 è stata responsabile delle politiche comunitarie presso la Direzione della Cooperazione Europea del Ministero degli Affari Esteri.

Nel 1996 è stata membro della Rappresentanza Permanente di Francia presso l’Unione Europea a Bruxelles, dal 1997 al 2002 è stata consulente tecnico per gli affari europei del primo ministro Lionel Jospin, e dal 2002 al 2004 ha lavorato come vicedirettore incaricato della missione sul futuro istituzione dell’Unione Europea presso il Ministero degli Affari Esteri.

Dal 2004 al 2008 è stata consigliere presso l’ambasciata di Francia in Italia. Nel 2009, il primo incarico da ambasciatore, come rappresentante permanente della Francia presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali a Vienna.

Dopo un ritorno a Parigi con altri incarichi, dal 2019 era ambasciatore di Francia presso il Portogallo. A marzo 2022, è stata proposta come ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. La Santa Sede ha rapidamente dato l’agreament alla nomina.

Santa Sede e Regno Unito, 40 anni di relazioni diplomatiche

Il 29 marzo, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha presieduto nella Basilica di San Pietro fuori le Mura una Messa in occasione del 40esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Santa Sede.

Il primo ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede fu sir Mark Evelyn Heath, il quale presento a Giovanni Paolo II le lettere credenziali l’1 aprile 1982. Ma – ha detto il Cardinale Parolin nell’omelia – i contatti tra Santa Sede e Gran Bretagna “non sono certo di origine recente”, ma coprono piuttosto “un periodo di quattordici secoli”, risalendo ai giorni in cui Agostino di Canterbury fu inviato da Gregorio Magno a portare il Vangelo agli Angli.

La scelta di San Paolo Fuori le Mura per la celebrazione è significativa, perché dall’Alto Medioevo i re inglesi hanno esercitato la funzione di protettori della basilica paolina, mentre la Regina Elisabetta ha compiuto diverse visite ai pontefici già prima del pieno stabilimento delle relazioni diplomatiche.

Il Cardinale Parolin ha poi sottolineato che il 1982 rimarrà un anno «da ricordare non solo per l’instaurazione delle relazioni tra la Santa Sede e la Gran Bretagna», ma anche per il viaggio apostolico di San Giovanni Paolo II in Gran Bretagna, “la prima volta nella storia, un Vescovo di Roma ha messo piede sul suolo inglese”.

Hanno concelebrato, tra gli altri, i cardinali Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster, Seán Baptist Brady, arcivescovo emerito di Armagh, l’arciprete della Basilica, il cardinale James Michael Harvey; l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Insieme all’ambasciatore di Gran Bretagna presso la Santa Sede, John Christopher Trott, e al Corpo diplomatico, era presente l’assessore, monsignor Luigi Roberto Cona.

Nel suo discorso, l’ambasciatore Trott ha ripercorso la storia delle relazioni tra Santa Sede e Gran Bretagna, notando che, dopo una sorta di congelamento nel XIX secolo, mentre l’Europa si ricostruiva a seguito delle guerre napoleoniche, il Regno Unite re-istituì la sua legazione presso la Santa Sede solo nel 1914, fino all’accordo del 1982 che portò alle piene relazioni diplomatiche.

“La nostra collaborazione oggi – ha detto l’ambasciatore – è ancora più importante in questo mondo interconnesso, quando è necessario lavorare insieme per promuovere la pace, difendere i diritti umani, affrontare problemi globali come il cambiamento climatico, la schiavitù moderna e tutte le forme di traffico, e per realizzare le nostre ambizioni condivise sugli obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Tra i piani di collaborazione, anche l’appello “Fede e Scienza: Verso il COP26”, siglato da Papa Francesco insieme a leader religiosi di tutto il mondo, in una iniziativa congiunta della ambasciate di Italia e Regno Unito presso la Santa Sede, che ha avuto un impatto grande, “influenzando i leader del COP 26 – ha detto l’ambasciatore – ma anche creando un grande impegno per proteggere l’ambiente da parte degli stessi leader religiosi”.

L’ambasciatore ha anche annunciato che l’ambasciata si sposterà più vicina al Vaticano, cosa che permetterà una “sempre migliore cooperazione e collaborazione dei nostri valori e interessi condivisi”.

In conclusione, l’ambasciatore Trott ha notato che “l’invasione russa dell’Ucraina, e la guerra e la sofferenza umana che ne sono conseguite e che non erano state viste in Europa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ci mostra che “i nostri obiettivi comuni sono ancora più importanti oggi”.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede all’OSCE di Vienna, sulle violazioni della legge umanitaria

Il 29 marzo, monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa, è intervenuto alla sessione conclusiva del primo Incontro Supplementare sulla Dimensione Umana che aveva come tema “Cooperazione Internazionale per affrontare le violazioni della legge umanitaria internazionale e la legge internazionale dei diritti umani”.

Nel suo intervento, monsignor Urbanczyk ha sottolineato che la questione principale è cosa si possa fare, come membri della comunità internazionale, per ridurre i rischi di violazioni dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale durante un conflitto.

Il problema è principale è che la guerra è, per sé, una “profonda rottura dell’ordine internazionale”.

Monsignor Urbanczyk ha notato che “la Santa Sede è sempre stata convinta che sicurezza e pace sono “delineati da sforzi diretti giorno per giorno verso lo stabilimento di un universo ordinato desiderato da Dio, con una giustizia ancora più perfetta tra gli uomini”, e che “quell’ordine e giustizia non sono basati sulla forza del potere miliare, ma sul rispetto sincero per la difesa e promozione dei diritti umani internazionali e le libertà fondamentali, la cui violazioni non possono mai smettere di turbare la nostra coscienza”.