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Diplomazia pontificia, Papa Francesco tra Mosca, Kyiv e Nur Sultan

La decisione del Patriarca Kirill di non essere presente in Kazakhstan è un colpo anche diplomatico per la Santa Sede. L’Ucraina convoca il nunzio dopo le parole del Papa sulla Dugina. Le relazioni tra Ungheria e Santa Sede

Papa Francesco | Papa Francesco con la bandiera ucraina proveniente dalla città martire di Bucha
 | Vatican Media Papa Francesco | Papa Francesco con la bandiera ucraina proveniente dalla città martire di Bucha | Vatican Media

Non ci sarà un incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill in Kazakhstan, dove il Papa si recherà dal 13 al 15 settembre per partecipare all’Incontro Mondiale dei Leader Religiosi di Nur-Sultan. Il viaggio del Patriarca di Mosca è stato infatti cancellato, di fatto chiudendo i ponti alla possibilità di incontro. Ma non si tratta di un no. Si tratta piuttosto di un segnale: Mosca non vuole un incontro con il Papa a margine di un evento, vuole un incontro personale e definito.

Il fatto che l’incontro con ci sarà avrebbe potuto in qualche modo permettere di superare la tensione con l’Ucraina. Ma all’udienza generale del 24 agosto, Papa Francesco, nel suo appello per la fine delle ostilità in Ucraina, ha utilizzato termini che non sono piaciuti al ministero degli Esteri ucraino, che è arrivato a convocare il nunzio apostolico per proteste formali.

Tra gli incontri della settimana, Papa Francesco ha ricevuto la presidente ungherese Katalin Novak, che ha poi dettagliato il suo incontro in una ampia intervista con Vatican News sezione ungherese.

FOCUS UCRAINA

Ucraina, il nunzio apostolico convocato

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Lo scorso 25 agosto, il ministero degli Esteri ucraino ha convocato l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, per esprimere il suo disappunto per le parole di Papa Francesco al termine dell’udienza generale del 24 agosto.

Papa Francesco aveva detto: “Rinnovo l’invito a implorare dal Signore la pace per l’amato popolo ucraino che da sei mesi - oggi - patisce l’orrore della guerra. Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia. Porto nel cuore i prigionieri, soprattutto quelli che si trovano in condizioni fragili, e chiedo alle autorità responsabili di adoperarsi per la loro liberazione. Penso ai bambini, tanti morti, poi tanti rifugiati - qui in Italia ce ne sono tanti - tanti feriti, tanti bambini ucraini e bambini russi che sono diventati orfani e l’orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà o la mamma, siano russi siano ucraini. Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: ‘No, io non sono pazzo’. “

“La pazzia della guerra . aveva continuato Papa Francesco - Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca. Gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro: la guerra è una pazzia. E coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità. E noi pensiamo ad altri Paesi che sono in guerra da tempo: più di 10 anni la Siria, pensiamo la guerra nello Yemen, dove tanti bambini patiscono la fame, pensiamo ai Rohingya che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati dalla loro terra. Ma oggi in modo speciale, a sei mesi dall’inizio della guerra, pensiamo all’Ucraina e alla Russia, ambedue i Paesi ho consacrato all’Immacolato Cuore di Maria, che Lei, come Madre, volga lo sguardo su questi due Paesi amati: veda l’Ucraina, veda la Russia e ci porti la pace! Abbiamo bisogno di pace!”

Poco dopo, Andriy Yurash, ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, aveva definito il discorso del Papa deludente in un tweet, e aveva contestato la definizione di “vittima innocente” per Darya Dugina, la figlia di Alexander Dugin, uccisa da un esplosivo posto sotto la sua auto il 20 agosto scorso. Il padre, in particolare, aveva sostenuto la necessità di un intervento armato in Ucraina, per ottenere la cosiddetta “Pace russa”.

Il riferimento alla Dugina è stato anche al centro delle parole del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba al nunzio.

"Abbiamo letto attentamente la citazione integrale di papa Francesco e, prima di tutto, abbiamo deciso di invitare il Nunzio apostolico al ministero degli Esteri per esprimere con queste parole il disappunto dell'Ucraina", ha dichiarato Kuleba. Questi ha anche sottolineato che “il cuore ucraino si sta spezzando per le parole del Papa. È stato ingiusto”.

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"Allo stesso tempo, la decisione di Papa Francesco di menzionare nel contesto della guerra russo-ucraina la morte di un cittadino russo sul territorio della Russia, con la quale l'Ucraina non ha nulla a che fare, provoca incomprensioni", ha affermato il ministero, facendo notare che il Papa non ha mai prestato particolare attenzione a specifiche vittime della guerra, inclusi 376 bambini ucraini morti per mano degli occupanti russi.

C’è da dire che il Papa ha pronunciato almeno 80 appelli per la pace in Ucraina, e che il “ministro degli Esteri” vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, è stato in Ucraina. Si è parlato anche della possibilità di un viaggio di Papa Francesco in Ucraina, ma questo sembra per ora fuori dai piani immediati del Papa.

Ricordando gli interventi del Papa per l’Ucraina, e negando una maggiore vicinanza alla Russia contestata da molti per alcune sue affermazioni (a partire dalla volontà reiterata di andare a Mosca, prima che a Kiev), Andrea Tornielli, direttore editoriale di Vatican News, ha spiegato in una dichiarazione per il portale vaticano in lingua ucraina che “durante questi mesi papa Francesco "non è mai stato 'equidistante': ha condannato con parole nette l'aggressione perpetrata dalla Russia. È stato piuttosto 'equivicino', cioè vicino a tutti coloro che soffrono per le conseguenze della guerra, in primo luogo la popolazione innocente dell'Ucraina che muore sotto le bombe russe".

Tornielli ha spiegato che “Francesco ha parlato della 'pazzia' della guerra russa”, e “proprio riferendosi alla pazzia della guerra, che crea insicurezza per tutti, ha ricordato anche l'ultimo episodio di cronaca accaduto, l'attentato in cui è rimasta uccisa Darya Dugina”.

“Ha parlato di lei – prosegue il direttore editoriale di Vatican News - definendola 'povera ragazza', per riferirsi alle circostanze drammatiche della sua morte, per ribadire che mai niente può giustificare l'uccisione di un essere umano. Il Papa ha parlato con il cuore del pastore, non del politico. Voleva esprimere la pietà cristiana per i morti, per tutti i morti, e non certo ferire i sentimenti della popolazione ucraina, che sperimenta l'orrore della guerra e continua ad avere tante vittime innocenti, e tra queste molti bambini. Bambini per i quali il Papa ha pregato tante volte e continua a pregare".

Dopo vari chiarimenti, il clima è sembrato più disteso. In un tweet del 26 agosto, l’ambasciatore Yurash ha ricordato l’anniversario della visita del Cardinale Pietro Parolin in Ucraina per i trenta anni dell’indipendenza. “È stata – ha scritto l’ambasciatore - la seconda visita del Segretario di Stato vaticano dall'inizio dell'invasione russa nel 2014 che ha mostrato per entrambe le parti quanto siano importanti le relazioni tra Ucraina e Santa Sede".

                                                FOCUS KAZAKHSTAN

Il Patriarca Kirill non sarà a Nur Sultan

Non ci sarà il patriarca Kirill a Nur Sultan, all’Incontro Mondiale dei Leader Religiosi organizzato dalla presidenza kazaka. Salta, dunque, la possibilità di un incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca nella capitale kazaka, ventilato ormai da due anni e che sembrava ormai essere molto concreto all’orizzonte.

L’incontro era molto atteso. Dopo la videoconferenza dello scorso 16 marzo, richiesta dallo stesso Kirill, i contatti erano continuati e il Papa contava nell’incontro per aprire un ponte con Mosca. Certo, i rapporti si erano un po’ raffreddati quando il Papa aveva fatto sapere di aver intimato al Patriarca Kirill di parlargli della popolazione, perché “non siamo chierici di Stato” – una descrizione fatta dal Papa stesso in una intervista che aveva visto una forte reazione da parte del Patriarcato di Mosca.

Tutto, però, lasciava pensare che l’incontro ci sarebbe stato, specialmente dopo la visita resa a Papa Francesco resa lo scorso 5 agosto dal metropolita Antonij, nuovo capo delle Dipartimento delle Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca.

Il 24 agosto, tuttavia, il metropolita Antonij ha concesso una intervista all’agenzia russa Ria Novosti, annunciando che il Patriarca Kirill non avrebbe partecipato al VII Congresso del Leader del Mondo e delle Religioni tradizionali.

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Si tratta di n annullamento, perché il Patriarca aveva confermato che avrebbe partecipato all’evento in un incontro con l’ambasciatore del Kazakhstan a Mosca lo scorso 1 maggio, e successivamente in molti avevano riportato la notizia della presenza del Patriarca a Nur Sultan.

La Sala Stampa della Santa Sede aveva confermato il viaggio del Papa in Kazakhstan per il Congresso, e il 2 agosto, nel programma della visita, c’era un riferimento generale a “incontri privati con diversi leader religiosi”.

Nell’intervista con Ria Novosti, il metropolita Antonij ha anche fatto riferimento al fatto che si pensava ad un incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill a Gerusalemme il 14 giugno 2022, incontro che poi è stato cancellato per ragioni di opportunità.

“Prima di tutto – ha detto il metropolita – vorrei notare che, piuttosto recentemente, ci si stava preparando ad un secondo incontro tra Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus’ e Papa Francesco. Il primo di questi incontri ha avuto luogo, come noto, nel febbraio 2016 all’Avana, a Cuba. Tuttavia, questa primavera, con nostra profonda sorpresa, il Vaticano ha unilateralmente e pubblicamente annunciato che le preparazioni per l’incontro era stato sospese e che lo stesso incontro non avrebbe avuto luogo”.

Nelle parole del metropolita si legge un certo risentimento per la decisione vaticana. L’incontro si sarebbe collegato ad un viaggio del Papa in Libano, ma alla fine la cancellazione dell’incontro era dovuto anche a ragioni di opportunità, per via della posizione che il Patriarcato di Mosca aveva preso sulla guerra in Ucraina. Papa Francesco aveva annunciato in una intervista con il quotidiano argentino La Nacion del 22 aprile che non avrebbe incontrato il Patriarca Kirill, e l’allora capo del Dipartimento di Reazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Hilarion, aveva spiegato che “gli eventi degli ultimi due mesi ci hanno forzato a fare modifiche ai piani e posporre l’incontro. Troppe difficoltà verrebbero fuori oggi, nella sua preparazione. Questo riguarda la sicurezza, la logistica e la copertura pubblica dell’incontro. Aspetteremo per un tempo più favorevole”.

La risposta di Antonij, tuttavia, sottolinea che la decisione di Papa Francesco era unilaterale e forse la cancellazione della partecipazione di Kirill all’evento di Nur Sultan è una risposta a quella decisione.

Il Patriarcato, tra l’altro, sembra voglia un incontro personale, e non un “a margine” di un convegno organizzato da leader esterni, e anche questo può aver pesato dalla decisione.

Non si sa se di questo il metropolita Antonij abbia discusso nel suo incontro con l’arcivescovo Giovanni D’Aniello, nunzio apostolico a Mosca. L’incontro è avvenuto lo scorso 24 agosto, e un comunicato del Patriarcato di Mosca spiega solo che “le parti hanno discusso questioni di reciproco interesse”.

Si trattava comunque del primo incontro tra il nunzio e il nuovo capo del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. Lo scorso 5 agosto, dopo l’incontro con Papa Francesco, il metropolita Antonij era stato ricevuto anche dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.

                                                FOCUS EUROPA

La presidente di Ungheria dal Papa, i temi dell’incontro

Lo scorso 25 agosto, Katalin Novak, presidente di Ungheria, è stata in udienza da Papa Francesco. Una udienza attesa, per la nuova presidente, che partecipa a Frascati anche ad un incontro dell’International Catholic Legislators Network, di cui è parte da diversi anni.

Dopo l’incontro con Papa Francesco, Novak ha reso una dichiarazione su twitter in cui sottolineava che “durante la mia udienza il Santo Padre si è particolarmente interessato alla politica della famiglia ungherese. Ha accolto con favore il fatto che il numero dei matrimoni sia raddoppiato e che gli aborti si siano dimezzati in Ungheria. Il Santo Padre ci ha ringraziato per aver difeso le famiglie tradizionali e i cristiani perseguitati. Abbiamo concordato con Sua Santità Papa Francesco che è nostro obiettivo comune avere la pace in Ucraina il prima possibile”.

Particolarmente importante è invece la lunga intervista concessa alla sezione ungherese di Vatican News.

Si scoprono così dei dettagli interessanti. Il primo è che la presidente non ha usato interpreti, perché ha deciso di parlare con il Papa in spagnolo, che conosce, pur non essendo la sua lingua più forte (conosce perfettamente inglese, francese e tedesco). È stato “un rischio” decidere di parlare spagnolo, ma “anche una buona decisione, il Santo Padre la ha molto apprezzata”, e questo ha permesso anche di avere un incontro di 40 minuti senza alcun tipo di filtro.

Di cosa hanno parlato il Papa e la presidente di Ungheria?

Prima di tutto, dell’opportunità che ci sia una leader donna a capo dell’Ungheria anche a ragione della guerra in Ucraina, e il Papa ha detto di apprezzare i leader femminili, avendo “convinzione ed esperienza personale che quando ci sono problemi, quando ci sono conflitti nel mondo, quando c'è bisogno dell'intuizione femminile, della delicatezza femminile, delle donne dobbiamo alla loro capacità di mediare tra le parti in conflitto, oppure possiamo trarre molto da ciò che abbiamo imparato nell'educazione dei figli”.

Anche Novak sente che l’approccio femminile può aiutare a mettere da parte il conflitto radicato e fare qualche progresso nei negoziati.

La presidente è madre di tre figli, e il più grande ha 18 anni, e se ci fosse stata una guerra sarebbe stato arruolato. Pertanto, spiega, “come madre, posso sentire profondamente com'è essere la madre di un adulto e di un figlio quasi adulto, e com'è ora per quelle madri ungheresi transcarpatiche che conoscono i loro figli al fronte e non sanno se non li vedranno mai più. Com'è per quelle madri in Transcarpazia, in Ucraina o persino in Russia, che devono dire addio ai loro mariti, fratelli e figli, e com'è mandare i nostri figli al fronte in guerra? E com'è per i ragazzi dire addio alle loro famiglie? Non vogliamo questo, vogliamo che noi ungheresi - questa generazione e quella dopo di loro - non sappiamo cosa hanno vissuto i nostri bisnonni e bisnonni quando si trovavano in una situazione del genere e hanno dovuto mandare i loro figli militari per la loro strada”.

È un tema affrontato anche con Papa Francesco. Ed è un tema che ha portato naturalmente a parlare di “famiglie, di aiuto alle famiglie tradizionali”, sottolineando l’enorme significato dell’amore tra un uomo e una donna e l’amore per i figli, che danno un senso nuovo alla vita.

Con Papa Francesco – ha detto Novak – “abbiamo parlato anche di questo e di quanto sia triste e dannoso che i giovani di oggi, d'altra parte, incontrino spesso l'approccio che il bambino è un peso, che il bambino - per le dimensioni della sua impronta ecologica - è una minaccia alla sopravvivenza della Terra, che avere figli è solo un peccato, che non vale la pena e, in certi casi, può ostacolare la realizzazione professionale, oppure può essere un ostacolo, quindi per me personalmente”.

Novak ha anche detto di aver consegnato personalmente a Papa Francesco una lettera di invito perché visiti l’Ungheria il prossimo anno, per una visita più lunga di quella che lo ha portato solo al Congresso Eucaristico Internazionale . Il Papa stesso aveva espresso questo desiderio, e ha risposto a Novak che “i suoi piani includono una visita in Ungheria per il prossimo anno e che potrebbe essere realizzata nella prima metà dell'anno”.

La presidente ha stata per otto anni la responsabile del governo di Ungheria per le politiche famigliari, e lei ricorda di aver lavorato per “per rendere più facile concepire e crescere bambini in Ungheria” e per “per rimuovere gli ostacoli ai giovani che si frappongono all'avere figli e alla creazione di una famiglia, dal momento che i giovani fondamentalmente - soprattutto in Ungheria - vogliono figli, vogliono vivere in una famiglia, ma questa è una tale questione di principio. La loro idea è che un giorno avranno un figlio, ma poi, in qualche modo, nel tempo, nel corso degli anni, questo desiderio svanirà e poi alla fine non avranno un figlio”.

Dato che le ragioni sono spesso economiche, l’obiettivo è che in Ungheria le questioni economiche non siano “ostacolo alla creazione di una famiglia o all’avere un altro figlio”, cosa che portato l’Ungheria ha investire il 6 per cento del PIL in politiche famigliari, introducendo anche il sostegno al bambino, l'aiuto per la costruzione di case o che abbiamo costruito asili nido, il congedo parentale anche per i nonni. La presidente afferma che ”Ne vediamo i risultati - e ne abbiamo parlato con il Santo Padre - poiché il numero dei matrimoni è raddoppiato. Se consideriamo che dieci anni fa in Ungheria c'erano solo 35.000 matrimoni, ora ha già superato i 72.000 l'anno scorso...”

Il Papa “è rimasto molto sorpreso, perché da un lato parlava proprio di questo ed esprimeva tristemente come il matrimonio sia ‘passato di moda’, ad esempio in Italia, o in tutta Europa, in modo significativo parte del mondo sviluppato, il matrimonio viene abbandonato”.

Novak ha anche sottolineato che si è dimezzato anche il numero degli aborti, cosa che non è disgiunta dal sostegno alla famiglia. La presidente nota che in Ungheria la famiglia è considerata nel senso allargato, e “ciò significa che la famiglia è importante per le persone in Ungheria e dobbiamo solo abbracciarla, dobbiamo aiutarla e dove vediamo un ostacolo, dobbiamo aiutarci ad abbatterlo. Non possiamo abbattere tutti gli ostacoli, ma possiamo aiutare in questo, e possiamo e dobbiamo dirlo, di questo ne abbiamo parlato anche con il Santo Padre - che dobbiamo respingere la dannosa guerra ideologica che mira a disgregare le famiglie tradizionali”.

                                                FOCUS CENTRO AMERICA

Nicaragua, le parole del clero di Estelì

Il governo del presidente Daniel Ortega ha chiuso nel corso della settimana Radio Stereo Santa Fe, della diocesi di Estelì, che era in servizio da 28 anni. Della diocesi di Estelí fanno parte le parrocchie di Estelí, Madriz e Nueva Segovia.

L'emittente ha reso noto il testo con il quale Servizio di Telecomunicazioni, TELCOR, ha intimato al direttore di Radio Stereo Fe, Álvaro José Toledo Amador, di chiudere immediatamente le trasmissioni perché con la morte nel 2021 dell’ex direttore padre Francisco Valdivia sarebbe scaduta la licenza concessa. La decisione di chiudere Radio Stereo Fe è arrivata all’indomani di una trasmissione durante la quale era stato letto il comunicato del clero della diocesi di Estelí nel quale si illustrava la situazione che sta vivendo la Chiesa nicaraguense. Nel testo si denunciava apertamente l’azione del governo con la decisione di porre agli arresti domiciliari per 15 giorni nella Curia arcivescovile di Matagalpa il vescovo locale e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, monsignor Álvarez, poi arrestato insieme ad altre 9 persone, tra sacerdoti e laici, e condotti a Managua. Il comunicato della diocesi di Estelì ricordava anche tutte le azioni intraprese dal governo contro la Chiesa dal 2018, come l’ingiusta detenzione di sacerdoti e vescovi, con false accuse a loro carico.

Tra le azioni del governo, c'è anche l'espulsione ingiustificata delle suore della Congregazione di Santa Teresa di Calcutta, l'espulsione del Nunzio Apostolico, la cancellazione dello status giuridico della Cáritas di Estelí, la chiusura di università e media cattolici.

La lettera denunciava l’incitamento all’odio portato avanti da Ortega già il 19 luglio 2018, quando “accusò pubblicamente alcuni vescovi di essere golpisti e terroristi”, sottolineava che si accusano i sacerdoti silenti, quand “sapete bene che quello che abbiamo fatto è stato un lavoro di mediazione evitando morte non necessarie”.

“La nostra missione – scriveva il clero della diocesi – è naturalmente evangelizzatrice, pastorale, pacifica e siamo amanti della pace, una pace fondata su verità, giustizia, libertà amore”.

La lettera chiedeva al governo di rispettare la Costituzione, metteva in luce che le azioni contro il loro vescovo erano fatte direttamente a loro e annunciavano che avrebbero continuato a “pregare perché il Signore conceda la grazia dello Spirito Santo e possano correggere tutte le barbarità che stanno compiendo contro la nostra Chiesa Nicaraguense”.