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Giovanni Paolo II ai giovani musulmani a Casablanca: come è nato l’incontro?

Trentacinque anni fa, il Papa polacco passa dal Marocco durante un lungo viaggio in Africa e parla a 80 mila giovani musulmani. La storia di un incontro storico

Marocco - Santa Sede | Il libro Marocco - Santa Sede | Il libro "Rabat, capitale africana del dialogo interreligioso", a cura della Nunziatura Apostolica in Marocco e della Fondazione Diplomatica | pd

C’erano 80 mila giovani musulmani, a Casablanca, quel 19 agosto 1985. Giovanni Paolo II era arrivato in Marocco, il primo Papa a mettere piede sul suolo marocchino, al termine di uno dei suoi viaggi monstre in Africa, cominciato in Togo, e proseguito in Costa d’Avorio, Camerun, Repubblica Centrafricana, Zaire e Kenya fino, appunto, al Marocco. E lì il programma aveva previsto proprio un incontro con i giovani musulmani, una prima volta assoluta per un Papa, che centrò il suo discorso sui valori comuni della comune fede in Dio.

Il modo in cui è nato quell’incontro così particolare viene ripercorso da un libro, Rabat. Capitale Africaine du Dialogue Interreligieux, un lavoro congiunto della Nunziatura Apostolica in Marocco e della Fondazione Diplomatica, organizzazione che ha sede in Marocco. Il libro nasce dagli sforzi fatti dai due organismi sper presentare alle missioni diplomatiche in Marocco come le religioni del Libro possano svilupparsi nel Paese che ha fatto della tolleranza religiosa la sua bandiera. E infatti, il re del Marocco è chiamato “Comandante dei credenti”, ovvero di tutti i credenti di tutte le fedi in Marocco.

Questi sforzi hanno portato anche ad una serie di incontri per rafforzare il dialogo e la comprensione tra l’Islam e le altre religioni del Libro. Ed è da questi incontri che nasce il volume, che non ne riporta meramente la cronaca, ma piuttosto ripercorre una storia, fatta di tante storie: quella di come il Marocco sia rimasta negli anni una nazione dove le fedi possono convivere, quella di come la Chiesa in Marocco si è sviluppata nel corso degli anni, quella di come Santa Sede e Marocco si sono passo dopo passo avvicinate, fino allo storico viaggio di Giovanni Paolo II nel 1985 e a quello di Papa Francesco nel marzo 2019.

In effetti, quest’anno non si celebra solo il 35esimo del passaggio di Giovanni Paolo II a Casablanca, ma anche il quarantesimo della visita di re Hassan II a Giovanni Paolo II. Era il 2 aprile 1980. Ed è lì che maturò l’idea di un incontro con i giovani musulmani.

Lo raccontò, poi, lo stesso re Hassan II, introducendo l’incontro di Giovanni Paolo II. “Durante la mia memorabile visita a Sua Santità il Papa in Vaticano, lo ho invitato a venire in Marocco. Mi ha sorriso e mi ha gentilmente detto: ‘Cosa farei se venissi in Marocco? Non potrei nemmeno guidare la pubblica preghiera, dato che siete una nazione assolutamente islamica. Quale sarebbe allora l’obiettivo di tale viaggio’?”

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Al che, il re del Marocco rispose che il Papa non aveva solo doveri religiosi, ma aveva anche ruoli nell’area dell’educazione della moralità e che era “persuaso che la maggioranza dei marocchini, specialmente la gioventù del Marocco, apprezzerebbe un discorso di Sua Santità sulla condotta morale di individui, gruppi, popoli e religioni”.

Passarono cinque anni, prima che questo potesse avvenire. Ma l’impatto di quello che successe a Casablanca fu grandissimo.

Giovanni Paolo II, parlando ai giovani musulmani, centrò tutto il discorso su Dio. Perché – disse – “in un mondo che desidera l’unità e la pace e che conosce tuttavia mille tensioni e conflitti, i credenti non dovrebbero favorire l’amicizia e l’unione tra gli uomini ed i popoli che formano sulla terra una sola comunità? Sappiamo che essi hanno una stessa origine e uno stesso ultimo fine: il Dio che li ha fatti e che li attende, perché egli li riunirà”.

Nasce probabilmente lì quella alleanza tra le fedi sui grandi valori che ha portato poi Giovanni Paolo II a chiedere una alleanza tra le religioni sui temi della famiglia e della vita.

Ma Giovanni Paolo II fece anche di più. Arrivò a parlare di libertà religiosa, con delicatezza ma fermezza, pur sapendo che il tema è difficile nei Paesi islamici, dove si preferisce parlare di libertà di culto.

“Questa testimonianza della fede – disse Giovanni Paolo II - che è vitale per noi e che non potrebbe soffrire né infedeltà a Dio né indifferenza alla verità, si fa nel rispetto delle altre tradizioni religiose, perché ogni uomo attende di essere rispettato per quello che egli è, di fatto, e per quello che in coscienza egli crede”.

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Aggiunse il Papa: “Noi desideriamo che tutti accedano alla pienezza della verità divina, ma non possono farlo se non con la libera adesione della loro coscienza, al riparo dalle costrizioni esterne che non sarebbero degne del libero omaggio della ragione e del cuore che caratterizza la dignità dell’uomo. È questo il vero senso della libertà religiosa, che rispetta sia Dio che l’uomo. È da tali adoratori che Dio attende il culto sincero, degli adoratori in spirito e in verità”.

Giovanni Paolo II chiamò poi i giovani alla responsabilità per il mondo di domani, un mondo da costruire secondo la volontà di Dio. Era una chiamata universale, trasversale, che toccò i cuori di molti. Accadde 35 anni fa.

Ed era, in fondo, il culmine di un percorso. La Santa Sede aveva appoggiato i movimenti di indipendenza del Marocco, era rimasta anche nel periodo della marocchizzazione quando molte case religiose chiusero, aveva anche affiancato il Marocco nel suo impegno sullo status di Gerusalemme, questione che fu anche al centro dell’incontro tra Giovanni Paolo II e Hassan II nel 1980 e che fu uno dei punti di convergenza che portarono all’apertura delle relazioni diplomatiche nel 1976.

Dopo 35 anni, c’è stato un altro viaggio di un Papa, Francesco. Re Mohamed VI lo ha voluto accolto con tutti gli onori, insieme hanno siglato una dichiarazione comune su Gerusalemme, hanno ribadito il loro impegno per il dialogo.

Sono questi i risultati visibili dell’ “Islam del giusto mezzo” predicato in Marocco. Un Islam che si è fatto promotore anche di un concetto di cittadinanza non legato alla fede, ma alla nazione – una posizione innovativa nell’Islam, che ha portato nel 2016 alla Dichiarazione di Marrakech del 2016. Da lì, cominciarono una serie di movimenti che portarono all’incontro di Beirut, alla conferenza della pace del Cairo cui ha partecipato il Papa, al pronunciamento di 500 imam in Pakistan che difendeva anche Asia Bibi, e infine alla Conferenza sulla Fraternità ad Abu Dhabi del febbraio 2019.

In fondo, se Rabat è la capitale del dialogo interreligioso, il Marocco resta un punto di riferimento essenziale per portare avanti quel dialogo.