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Liberazione di Auschwitz, il messaggio del Papa, l’impegno della Santa Sede

Ci sarà un messaggio di Papa Francesco per il 75esimo anniversario della liberazione del lager di Auschwitz. Il Cardinale Koch rappresenterà il Papa allo Yad Vashem. E alle Nazioni Unite…

Papa Francesco ad Auschwitz | Papa Francesco ad Auschwitz, 29 luglio 2016 | Alan Holdren / ACI Group Papa Francesco ad Auschwitz | Papa Francesco ad Auschwitz, 29 luglio 2016 | Alan Holdren / ACI Group

Quando Papa Francesco è stato ad Auschwitz nel 2016, volle sedere in silenzio, a pregare. E poi, il parroco di Markowa Stanislaw Ruszala aveva letto il De Profundis in polacco. Ricordando, indirettamente, una delle tante storie di “giusti” cattolici. Perché Markowa era il Paese da dove veniva la famiglia Ulma, martire per aver salvato due famiglie di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.

Chissà se queste storie si intrecceranno nel messaggio che Papa Francesco invierà in occasione del 75esimo di Auschwitz, alle celebrazioni che si terranno il prossimo 27 gennaio. Di certo, ci sarà un inviato speciale, il Cardinale Zenon Grocholewski, ad un evento che si terrà proprio nel campo di concentramento più famoso, sotto un tendone allestito all’ingresso del campo. Ci saranno anche rappresentanti di alto livello delle potenze vincitrici della seconda Guerra Mondiale.

Al momento, è stata confermata la presenza di 21 delegazioni ufficiali, e ci saranno anche i reali di Spagna e Olanda, il granduca di Lussemburgo, la principessa Victoria di Svezia. Ma non solo. Ci saranno anche circa 200 ex prigionieri sopravvissuti all’Olocausto provenienti da Stati Uniti, Canada, Israele, Australia e altri Paesi europei.

Oltre ai discorsi, ci sarà anche una Preghiera Ecumenica per le Vittime a seguito delle cerimonie ufficiali.

Ma non sarà il solo evento a ricordare l’Olocausto. Qualche giorno prima, il 23 gennaio si terrà il Quinto Forum Mondiale dell’Olocausto alla Piazza del Ghetto di Varsavia alla Yad Vashem di Gerusalemme. La delegazione della Santa Sede sarà guidata dal Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, all’interno del quale c’è la Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo.

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All’evento allo Yad Vashem prenderanno parte più di quaranta presidenti, primi ministri e famiglie reali provenienti da Europa, Nord America a Australia. Il Forum è organizzato dalla World Holocaust Forum Foundation in collaborazione con Yad Vashem. Il programma prevede interventi del presidente israeliano Reuven Rivlin, del presidente francese Emmanuel Macron, del principe Carlo di Inghilterra, del presidente russo Vladimir Putin, del rabbino Israel Meir Lau.

Non solo. Il 27 gennaio prossimo, per la prima volta,  l'Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite organizza un evento di commemorazione che analizza il ruolo della Santa Sede e della Chiesa cattolica nella salvezza di vite umane durante la Shoah.

Sarà una conferenza internazionale che vedrà la partecipazione di Gary Krupp (Presidente della Pave the Way Foundation di New York), Edouard Husson (Università di Piccardia ed ex prorettore della Sorbona), Limore Yagil (Università di Parigi, La Sorbona), Michael Hesemann (Gustav-Siewerth Akademie in Bierbronnen), Ronald Rychlak (University of Mississipi School of Law), Marc Riebling (ex Direttore editoriale del Manhattan Institute), Mattero Luigi Napolitano (Università del Molise e Pontificio Comitato delle Scienze Storiche) e Johan Ickx (Direttore dell'Archivio Storico della Sezione Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana). 

Vale la pena ricordare che da quest’anno verranno aperti gli archivi vaticani relativi al pontificato del 2020. L’apertura avverrà il 2 marzo 2020, a un anno esatto di distanza dall’ottantesimo anniversario dell’elezione al Soglio di Pietro di Pio XII.

La decisione di Papa Francesco punta anche a chiudere la “leggenda nera” sul silenzio di Pio XII. Fino ad ora, gli archivi consultabili arrivavano a febbraio 1939, alla fine del pontificato di Pio XI. Come prassi, l’apertura degli archivi avvien per pontificati. Fu Benedetto XVI nel 2006 a iniziare il lavoro per la “inventariazione e preparazione della corposa documentazione prodotta durante il Pontificato di Pio XII, parte della quale fu già resa consultabile dai miei venerati Predecessori San Paolo VI e San Giovanni Paolo II”.

L’ex Archivio Segreto Vaticano – ridenominato da Papa Francesco Archivio Apostolico Vaticano - è aperto a studiosi qualificati come ogni archivio statale.

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I 600 fondi archivistici dell’ Archivio segreto vaticano si estendono per 85 km lineari di scaffalature, collocate, fra l’altro, nel Bunker, un locale su due piani, ricavato nel sottosuolo del Cortile della Pigna dei Musei Vaticani.
Fu Leone XIII, nel 1881 il primo Papa ad aprirlo agli studiosi. Dal 1924, è consuetudine che il Papa concede il libero accesso ai documenti “per pontificati”.

In deroga a questa abitudine Paolo VI, fin dalla chiusura dei lavori conciliari nel 1965, rese accessibile agli studiosi l’Archivio del Concilio Vaticano II (1962-1965); Giovanni Paolo II ha aperto alla consultazione il fondo Ufficio Informazioni Vaticano, Prigionieri di Guerra (1939-1947), e, da ultimo sono stati messi a disposizione dei ricercatori il fondo Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia (1924-1989) e il fondo Censimento degli Archivi Ecclesiastici d’Italia (1942).

Sono molte le storie che si intrecciano. Pio XII aprì i conventi, e ci furono famiglie che aprirono le loro case. Non c’è solo la famiglia Ulma. Elzbieta Raczy e Ogot Witowicz, ricercatori, hanno pubblicato nel 2011 il rapporto “I polacchi che hanno salvato gli ebrei”. E nel rapporto contano in un numero tra i mille e i 5 mila i polacchi che sono stati uccisi per aver nascosto gli Ebrei.

Ci furono anche quelli che denunciarono gli ebrei. E, dopo la guerra, fu attuato un difficile percorso di riconciliazione ebrea-polacca, ad opera del Cardinale Boleslaw Kominek.