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Lo IOR ha un nuovo statuto. Cosa cambia, cosa resta

Poche modifiche, più che altro tecniche, per il nuovo statuto dell’Istituto delle Opere di Religione approvato dal Papa. L’enfasi sulla finanza etica

IOR | La sede dell'Istituto per le Opere di Religione in Vaticano | Archivio CNA IOR | La sede dell'Istituto per le Opere di Religione in Vaticano | Archivio CNA

C’è una particolare enfasi sulla finanza etica nel nuovo statuto dell’Istituto delle Opere di Religione che va a sostituire il chirografo di Giovanni Paolo II del 1990. E poi ci sono migliorie tecniche, dovute al tempo più che ai problemi dell’istituti e frutto della nuova cornice legale sulla finanza che la Santa Sede ha costruito a partire dal 2011.

Dopo 29 anni, lo IOR ha un nuovo statuto, ma non cambia troppo pelle. Mantiene il suo scopo di “provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili ed immobili ad esso trasferiti o affidati da persone fisiche o giuridiche e destinati ad opere di religione o di carità” - come scrive Papa Francesco nel chirografo con cui promulga lo Statuto - ma questi depositi devono essere “di enti e persone della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano”.

Il chirografo è dell'8 agosto, lo Statuto è ad experimentum. Il testo dello Statuto è stata invece approvato dalla commissione cardinalizia nella riunione del 28 giugno. Il testo va oltre la narrativa degli scandali e quella dei processi, che spesso è solo narrativa. In fondo, a leggere i rapporti annuali dell’Istituto si nota che il volume di denaro è modesto e pari a quello di una piccola impresa e a leggere i processi senza pregiudizi si vede che sono soprattutto casi italiani, più che vaticani.

Anche le questioni aperte sono da ridefinire. In fondo, l’Istituto ha anche corretto la narrativa sui processi ai suoi dirigenti, le sentenze sono in appello e alcune operazioni sono da comprendere nella struttura stessa dell’Istituto.

Comincia, con questo statuto, una nuova fase dell’Istituto. Ci sarà un nuovo consiglio di Sovrintendenza, con sette membri invece di cinque, e un presidente che potrebbe essere di nuovo Jean Baptiste de Franssu, ma solo per un altro mandato. Tutti i mandati sono a scadenza quinquennale e rinnovabili per un mandato, tranne quello del direttore, che potrebbe essere a tempo indeterminato. L’allargamento a sette membri era di fatto già avvenuto, dopo che due dei membri, Clemens Boersig e Carlo Salvatori, si erano dimessi a maggio del 2016 in polemica con i risultati di bilancio, ed erano poi stati sostituiti da Scott C. Malpass, Javier Marìn Romano e Georg Freiherr von Boeslager nel dicembre 2016.

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La commissione cardinalizia era rimasta di cinque membri dopo la morte del Cardinale Jean-Louis Tauran. Sarà sempre così, nonostante per un periodo Papa Francesco i membri a sei . Saranno i cardinali a eleggere il loro presidente, così come a scegliere il prelato. Monsignor Giovan Battista Ricca era stato nominato “prelato ad interim”. Ora, ci sarà un prelato in piene funzioni, con un mandato quinquennale.

Parte delle novità dello statuto sono appunto dovute alla nuova cornice legale. Prima, i revisori erano organi dell’Istituto. Ora, non ci sono più, perché c’è un Revisore Generale che fa anche da ufficio anti-corruzione, e che è stato riformato di recente diventando così perfettamente conforme alla Curia Romana.

Gli organi sono Commissione Cardinalizia, Prelato, Consiglio di Sovrintendenza, direzione. Vale la pena di notare che il prelato ha “la funzione di assistere in loco amministratori e dipendenti a governare e operare secondo i principi fondanti dell’etica cattolica ed in coerenza con la missione dell’istituto”.

Il prelato è il raccordo tra la commissione cardinalizia e il Consiglio di Sovrintendenza. Per il quale si prevedono anche riunioni in teleconferenza, anche se solo in casi di necessità, ma che non possono mai avvenire per le riunioni dell’approvazione di bilancio.

Altra novità, la presenza della Funzione Legale dell’Istituto, che fa anche da segretario per conservare e redigere i verbali del Consiglio di Sovrintendenza: prima era un dirigente IOR, che non può più farlo in nessun caso: se manca il segretario unico, il verbale sarà redatto da uno dei consiglieri. Ed è sempre la funzione Affari Legali a tenere il libro dei Verbali.

Se c’è un Revisore Generale vaticano, lo IOR è chiamato anche a sottoporre i bilanci ad una revisione esterna. C’è una revisione esterna dei conti da metà degli Anni Novanta. Lo Statuto richiede che il Consiglio di Sovrintendenza informi la Commissione Cardinalizia della nomina del Revisore esterno e che riferisca alla Commissione Cardinalizia per iscritto delle riunioni e di come va la gestione. È un modo per rafforzare il controllo del “sovrano” attraverso i cardinali da lui scelti.

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Ed è notare anche “l’obbligo di esclusività” di tutti i dipendenti dell’Istituto. Un modo per preservarsi dall’accusa di conflitti di interessi, che sono arrivate nell’era delle consulenze esterne o degli esperti venuti da fuori, e che aveva riguardato anche l’ex presidente del Consiglio di Sovrintendenza Angelo Caloia, che aveva attività nella Fabbrica del Duomo di Milano.

Comincia la nuova era dell’Istituto. Ma in realtà si tratta solo di una messa a punto, con adeguamento alle nuove normative e alla nuova cornice legale. Alla fine, lo IOR già nel 2012 veniva considerato da MONEYVAL come un ente la cui sicurezza andava oltre i requisiti della allora legge di Stato e che aveva già avviato un processo di screening.

Era, tra l’altro, uno IOR in salute, con 80 milioni di utili. Sette anni dopo, con settanta milioni di utili in meno e una particolare enfasi sulla finanza etica, lo IOR è chiamato a ridefinire la sua identità.