Papa Francesco, nel corso dell'odierna Udienza Generale, si è soffermato sui capitoli 30 e 31 del libro del profeta Geremia, il passo del "Libro della consolazione". Qui - ha spiegato il Pontefice - “la misericordia di Dio si presenta con tutta la sua capacità di confortare e aprire il cuore degli afflitti alla speranza”. “Oggi vogliamo anche noi ascoltare questo messaggio di consolazione: si rivolge agli israeliti che sono stati deportati in terra straniera e preannuncia il ritorno in patria. Questo rientro è segno dell’amore infinito di Dio Padre che non abbandona i suoi figli, ma se ne prende cura e li salva. L’esilio era stata un’esperienza devastante per Israele. La fede aveva vacillato perché in terra straniera, senza il tempio, senza il culto, dopo aver visto il paese distrutto, era difficile continuare a credere alla bontà del Signore”.

“Mi viene il pensiero della vicina Albania - ha aggiunto Francesco parlando a braccio - di come dopo tanta persecuzione e distruzione è riuscita ad alzarsi, nella dignità e nella fede. Così avevano sofferto gli israeliti nell’esilio”.

“Anche noi - ha proseguito Papa Bergoglio - possiamo vivere a volte una sorta di esilio, quando la solitudine, la sofferenza, la morte ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio. Quante volte abbiamo sentito questa parola: Dio si è dimenticato di me, tante volte le persone che soffrono si sentono abbandonate!Quanti nostri fratelli stanno vivendo in questo tempo una reale e drammatica situazione di esilio, lontani dalla loro patria, con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care. In questi casi uno può chiedersi: dov’è Dio? Come è possibile che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne e bambini innocenti? E che anche quando cercano di entrate in un’ altra parte, gli chiudono la porta e sono lì, al confine, perché tante porte e tanti cuori sono chiusi. I migranti di oggi che soffrono, che soffrono all’aria, senza cibo, e non possono entrare. Non sentono l’accoglienza. A me piace tanto sentire quando vedo le nazioni i governanti che aprono il cuore e aprono le porte”.

Al rientro in patria gli Israeliti - ha detto ancora il Papa - hanno ricevuto la consolazione: “è il dono che il Signore vuol fare a ciascuno di noi, con il suo perdono che converte e riconcilia. Questo ritornare a Gerusalemme e ai suoi beni è descritto con un verbo che letteralmente vuol dire affluire, scorrere. Il popolo è visto, in un movimento paradossale, come un fiume in piena che scorre verso l’altura di Sion, risalendo verso la cima del monte. Un’immagine ardita per dire quanto è grande la misericordia del Signore! La terra, che il popolo aveva dovuto abbandonare, era divenuta preda di nemici e desolata, adesso, invece, riprende vita e rifiorisce. E gli esuli stessi saranno come un giardino irrigato, come una terra fertile. Israele, riportato in patria dal suo Signore, assiste alla vittoria della vita sulla morte e della benedizione sulla maledizione. È così che il popolo viene fortificato e consolato da Dio. I rimpatriati ricevono vita da una fonte che gratuitamente li irriga donando loro fecondità. Il profeta Geremia ci ha dato l’annuncio, presentando il ritorno degli esiliati come un grande simbolo della consolazione data al cuore che si converte. Il Signore Gesù, da parte sua, ha portato a compimento questo messaggio del profeta. Il vero e radicale ritorno dall’esilio e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede, si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.