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Papa Francesco in Lituania, all’ufficio KGB che tenne prigioniero il Beato Matulionis

Beato Teofilo Matulionis | Un ritratto del beato Teofilo Matulionis | PD Beato Teofilo Matulionis | Un ritratto del beato Teofilo Matulionis | PD

Per crucem, ad astra”, attraverso la croce verso le stelle: il motto del Beato Teofilius Matulionis, martire del comunismo beatificato esattamente un anno fa, rappresenta forse la più perfetta sintesi della vita del Beato. E Papa Francesco in una particolare occasione durante il suo viaggio in Lituania del 22-23 settembre prossimi.

Il viaggio in Lituania è parte di un più ampio viaggio di Papa Francesco negli Stati del Baltico, che lo porterà a toccare anche Lettonia ed Estonia. Ma nei due giorni in Lituania, tra la capital Vilnius e la vecchia capital Kaunas, ci sarà anche un momento di preghiera all’edificio che fu il quartier generale del KGB nel centro di Vilnius. Il seminterrato di quell’edificio è stato anche luogo di internamento del Beato Matulionis.

Pregando di fronte all’edificio, Papa Francesco renderà omaggio non solo al Beato Matulionis, ma ai tanti martiri del comunismo della nazione che è stata chiamata “territorio del sangue”. Tra le nazioni che più hanno pagato un tributo di sangue al regime sovietico, la Lituania è stata anche la prima delle Repubbliche sovietiche a riprendersi l’indipendenza.

Il Beato Matulionis è un simbolo di questa terra del sangue. Tanto più che morì martire ”propter aerumnas carceris,  a causa delle sofferenze del carcere”, dopo che era stato imprigionato nel 1923, nel 1929 e infine nel 1946, per poi morire nel 1958, dopo aver trascorso dieci anni tra carcere ed esilio e aver subito, tre giorni prima della morte, la perquisizione severa della sua casa.

“La beatificazione di Teofilo Matulionis – spiega l’arcivescovo Gintaras Grusas – rappresenta il riconoscimento internazionale non solo di lui, ma anche, con la sua persona, della storia dolorosa della Lituania”.

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In una delle lettere che il Beato Matulionis aveva scritto in carcere, si trova anche il ringraziamento a Dio per essere “così buono nel consentire che vescovi e preti fossero mandate in prigione, lavori forzati, campi di concentramento ed esilio, perché il quell modo ‘dove sono le pecore, sono anche i pastori’.”

Il Beato Matulionis aveva trascorso 16 anni in prigione, e dedicò il suo sacrificio alla Gloria di Dio, convinto che l’odio era il risposto meno appropriato al male: lui perdonò sempre i suoi oppressori.

Sottolinea l’arcivescovado di Vilnius che “la figura dell’arcivesovo Matulionis è particolarmente rilevante per la sua vocazione missionaria, perché niente lo poteva fermare dal suo lavoro missionario in Russia – né le minacce o il trattamento brutale dei bolscevichi, né l’offerta di una vita in America più pacifica e sicura”.

Durante il periodo sovietico, tutti i vescovi lituani agirono deliberatamente per evitare di essere strumenti nelle mani delle autorità, e per queste ragioni subirono oppressioni. I vescovi non solo rifiutarono di collaborare, ma protestarono attivamente per difendere I diritti dei credenti, scrivendo lettere di protesta, ed esortando i preti a non smettere di insegnare il catechism ai bambini, a non scappare e a non nascondersi, per stare con i fedeli e servirli sempre.

Furono moltissime le note di dissenso che il beato Matulionis spedì alle autorità sovietiche tra il 1944 e il 1946, per protestare contro la chiusura di Chiese, l’arresto dei preti e le persecuzioni dei cristiani, fin quando non fu arrestato nel 1946.

Nel 1962, Giovanni XXIII diede al vescovo Matulionis il titolo di arcivescovo per la sua speciale lealtà alla Chiesa, e lo invitò a prendere parte al Concilio Vaticano II. Ma in quell’anno l’arcivescovo fu avvelenato con una sostanza non definita e morì in pochi giorni.

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Tra i molti meriti dell’arcivescovo Matulionis, quello di aver dato inizio alla prima Adorazione perpetua dell’Eucarestia in Lituania.