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Papa Francesco: “Nel Padre Nostro manca la parola ‘io’, perché si prega con il noi”

Papa Francesco, Udienza Generale |  | Daniel Ibanez, ACI group Papa Francesco, Udienza Generale | | Daniel Ibanez, ACI group

“Padre di tutti noi”. Si concentra su queste parole la meditazione odierna di Papa Francesco durante l’Udienza Generale, in Aula Paolo VI. Riprendendo la catechesi sulla “preghiera che Gesù stesso ci ha insegnato”, il Papa sottolinea: “La vera preghiera è quella che si compie nel segreto della coscienza, del cuore: imperscrutabile, visibile solo a Dio. Essa rifugge dalla falsità: con Dio è impossibile fingere”.

“Alla sua radice c’è un dialogo silenzioso – commenta Papa Francesco - come l’incrocio di sguardi tra due persone che si amano: l’uomo e Dio. Nel segreto della coscienza, il cristiano non lascia il mondo fuori dalla porta della sua camera, ma porta nel cuore le persone e le situazioni”. “Lasciarsi guardare da Dio e guardare Dio, questa è la vera preghiera”.

Il Papa fa notare come ci sia un’assenza impressionante nel testo della preghiera: “Manca una parola che ai nostri tempi, ma forse sempre, tutti tengono in grande considerazione: manca la parola io. Gesù insegna a pregare avendo sulle labbra anzitutto il Tu, perché la preghiera cristiana è dialogo”.

Papa Francesco evidenzia poi che tutta la seconda parte del Padre nostro è declinata alla prima persona plurale noi: dacci il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal male.

“Nella preghiera cristiana, nessuno chiede il pane per sé: lo supplica per tutti i poveri del mondo. Non c’è spazio per l’individualismo nel dialogo con Dio”, commenta Papa Francesco.

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“Se uno non si accorge che attorno a sé c’è tanta gente che soffre – osserva ancora il Pontefice - se non si impietosisce per le lacrime dei poveri, se è assuefatto a tutto, allora significa che il suo cuore è di pietra. In questo caso è bene supplicare il Signore che ci tocchi con il suo Spirito e intenerisca il nostro cuore”.

Il Papa invita tutti a una riflessione finale: “Quando prego, mi apro al grido di tante persone vicine e lontane? Oppure penso alla preghiera come a una specie di anestesia, per poter stare più tranquillo? In questo caso sarei vittima di un terribile equivoco. Impariamo da Dio che è sempre buono con tutti, al contrario di noi che riusciamo ad essere buoni solo con qualcuno”.

 

 

 

 

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