Sono già tremila i volontari al lavoro per la marcia- pellegrinaggio che ogni anno porta i fedeli da Macerata al santuario mariano di Loreto.Tra i numerosi pullman già iscritti, pronto uno da Lugano, in Svizzera Oltre un centinaio i pullman già iscritti al prossimo Pellegrinaggio
Si avvicina la visita che il 1° febbraio Papa Francesco ha annunciato con sorpresa di molti, quella a Sarajevo. Lo scopo è, per il Papa, “incoraggiare i fedeli cattolici” e contribuire “al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell'amicizia”. Sarà una visita molto mediatica di una sola giornata. E forse alcuni di coloro che saranno sul volo papale hanno ancora negli occhi l’immagine spietata e commovente di Giovanni Paolo II, già malato, che trema per il freddo durante la messa in quella città. Era aprile del 1997, il Papa polacco aveva aspettato a lungo per poter essere nella città martire della guerra dei Balcani. La guerra era finita nel 1995 con gli accordi di Dayton, ma al Papa avevano vietato il viaggio. Troppo pericoloso per i cecchini ancora in giro. E il Papa aveva accettato di aspettare non per la propria sicurezza, ma per quella dei tanti fedeli che sarebbero arrivati.
Canti in latino e polacco e una emozione comune nel ricordo di San Giovanni Paolo II. A pochi passi dalla sua tomba, nella Basilica di San Pietro, un gruppo di fedeli di Cracovia si è trovato per celebrare il primo anniversario della canonizzazione del Papa polacco. Ha celebrato la Messa il Cardinal Angelo Sodano, decano del Collegio dei Cardinali, a lungo collaboratore di Wojtyla. Ma l’omelia è stata pronunciata dal Cardinal Stanislao Dziwisz, praticamente per una vita segretario particolare di San Giovanni Paolo II e oggi arcivescovo di Cracovia. Il quale ha messo in luce il concetto che la santità “non è un privilegio per pochi, ma la vocazione universale del popolo di Dio.”
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, un anno dopo. L’immagine della Basilica di San Pietro con appesi gli arazzi dei due Papi Santi è ancora viva nella memoria. Era il 27 aprile 2014, esattamente un anno fa. Ancora oggi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II parlano ai fedeli di tutto il mondo. Sono stati Papi che hanno buttato giù muri, l’uno in continuità con l’altro. Ma sono stati soprattutto vescovi di Roma.
“Siamo coscienti che negli ultimi venti anni sono avvenuti molti cambiamenti nella nostra cultura europea, e non sempre per il meglio, per cui la vita umana è sempre più compromessa.” Parole di Marek Jędraszewski, Arcivescovo di Lodz e Presidente della Commissione CCEE “Catechesi, Scuola, Università” che nel suo intervento al Congresso sulla Pastorale universitaria in Europa. Prendendo spunto dal ventesimo anniversario dell’Enciclica di Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae l’arcivescovo ha spiegato che “deve crescere sia la consapevolezza della Chiesa in quanto ‘popolo della vita’ sia la sua responsabilità, affinché in virtù della sua testimonianza cresca ‘un popolo per la vita’ – ‘un popolo pro life’ nel mondo, ma soprattutto in Europa.”
Quando lo vedevamo negli ultimi anni della sua vita, nei corridoi della Radio Vaticana dove era stato fin dagli anni ’70 come direttore, e poi come organizzatore dei viaggi papali, Padre Tucci sembrava sempre un po’ burbero. Le sue ampie sopracciglia nascondevano lo sguardo, ma se si guardava il sorriso si capiva la sua grande umanità. Ci ha lasciati ieri sera a 94 anni. Roberto Tucci, classe 1921, gesuita, peritus del Concilio Vaticano II, è stato direttore de La Civiltà Cattolica dal 1959 al 1967, poi ha ricoperto diversi incarichi nella Compagni di Gesù. Direttore Generale della Radio Vaticana dal 1973 al 1985, è stato organizzatore, dal 1982 al 2001, dei viaggi di Giovanni Paolo II che nel 2001 lo ha creato cardinale. Tucci però non ha voluto essere ordinato vescovo, per la ritrosia tipica dei gesuiti. Lo chiamavano tutti “Padre” e la sua sola insegna era la croce e l’anello.
Sono passati dieci anni e sembra ieri che Giovanni Paolo II ci ha lasciati. Ma in molti cuori il Papa polacco è ancora vivo. Soprattutto per chi ha lavorato e vissuto con lui per creare una Chiesa che sapesse affrontare le sfide del post Concilio. Sono stati anni di grande creatività, di continuo confronto culturale, di cambiamenti epocali e storici in tutto il mondo, di grandi aspirazioni religiose. Per rileggere insieme quelle pagine ho deciso di andare a trovare uno dei “cardinali di Wojtyła” Paul Poupard nel suo appartamento carico di libri e ricordi nel grande complesso di San Calisto a Trastevere. Francese, cresciuto in Curia con Giovanni XXIII e Paolo VI, raffinato uomo di cultura il cardinale è stato uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II e insieme al Papa polacco ha creato il Pontificio Consiglio per la Cultura. Classe 1930, nato in un paesino Bouzillé, nella Francia del Nord ovest, Poupard ha studiato alla Sorbona e lavorato in Segreteria di Stato. Poi inizia il pontificato di Giovanni Paolo II e inizia una grande avventura.
Da dieci anni Giovanni Paolo II è affacciato alla finestra della casa del Padre. E dieci anni dopo Karol Wojtyla è diventato San Giovanni Paolo II.
La visita di Papa Francesco a Napoli è la quarta di un papa dell’era moderna. Prima di lui, Benedetto XVI, si recò in visita pastorale nella città partenopea il 21 ottobre 2007. Nell’occasione, in privato, volle andare nella cappella del tesoro dedicata al patrono e lì baciò il sangue del vescovo martire San Gennaro. Inoltre, partecipò al meeting internazionale sul tema “Per un mondo senza violenza. Religioni e culture in dialogo”.
Papa Francesco è il terzo Papa a giungere a Pompei. L’ultimo era stato Benedetto XVI, pellegrino in preghiera alla Vergine del Rosario il 19 ottobre 2008. La prima volta di un Papa nella città mariana, invece, risale al 21 ottobre 1979, con la visita di Giovanni Paolo II, che ritornerà poi una seconda volta il 16 ottobre del 2002.