C‘è una casa, modesta, nel paese di Pescina, in Abruzzo, tutta in pietra, squadrata, che racconta una storia di grandezza e di dolore, che in fondo rispecchia la stessa storia di questa terra bellissima, schiva e feconda.
Educazione e fratellanza: sono parole che Papa Francesco vuole rimettere al centro della riflessione, del dibattito, dell’esperienza. Anche in questi duri tempi dominati dalla paura del contagio, della malattia. Anzi, oggi più che mai.
"Mamma, devo mettere subito la mascherina?"No aspetta, prima ti devi pulire le mani con il detergente. "Uffa, non voglio, voglio andare a salutare gli altri!" No, ti ho detto, non farmi urlare, metti la mascherina". Otto del mattino, bambini accompagnati da genitori trepidanti davanti all’ingresso di una scuola elementare (veramente oggi si dovrebbe chiamare plesso scolastico). Non è il primo giorno di scuola come tanti altri. E’ il primo giorno di scuola nell’era Covid, dopo lunghi mesi di chiusura forzata, di convivenza con il "nemico invisibile", con la paura di non poter riprendere mai più la vita com’era “prima” del virus.
"Sine dominico non possumus". Senza domenica non possiamo vivere. Questa è la risposta di alcuni martiri ai loro persecutori che ci arriva dalle profondità della storia. Nell’Africa del IV secolo ad Abitene, cittadina dell’attuale Tunisia, si vivono i tempi molto duri della ennesima caccia ai cristiani, scatenata dall’imperatore Diocleziano. Viene proibito di celebrare la messa domenicale, minacciando di morte i trasgressori.
1630, a Milano, nel pieno della pestilenza che sta decimando la popolazione. Renzo Tramaglino vaga per la città stretta dal terrore e dalla morte, assiste con il cuore dolente a scene colme di pietas, come quando incontra la giovane madre che porta in braccio la figlioletta morta nel carro degli orridi monatti.
“Ricordati che devi morire!” “Mò me lo segno”.
Dio è la fonte principale del senso dell’umorismo ma noi non lo capiamo più. E’ partito da questa convinzione l’arcivescovo statunitense Fulton John Sheen nello scrivere il libro "I sette sacramenti" proprio per aiutare a riscoprire la profonda vena umoristica del Creatore, ormai misconosciuta «perché gli uomini vivono in un mondo che è diventato decisamente troppo serio».
Nove agosto 1945: un silenzio irreale avvolge Nagasaki, dopo che un aereo ha sorvolato la città, lasciando cadere un ordigno. Non uno dei soliti. Per qualche momento un enorme boato scuote e riempie l’aria e ilcuore di tutti. Poi, il silenzio. E in quel silenzio si va strada la convinzione che qualcosa di orribile, di impensabile, sia accaduto. Così sarà, e questo segnerà per sempre le sorti dell’intera umanità.
E’ stato un importante vescovo, faceva parte di un gruppo di inquisitori, aveva avuto una grande esperienza diplomatica. Ma Rainaldo da Concorezzo era soprattutto un uomo di fede, preoccupato di dare testimonianza della presenza di Dio in mezzo agli uomini e della sua misericordia.
Dalla Palestina scossa da ribellioni e attese messianiche, ai fasti di una Roma crudele e in procinto di veder rovinare il suo millenario splendore, a far da scenario alle tormentate vicende delle prime comunità cristiane. Fino alla Francia del Trecento e al profondo Medioevo delle terre del Nord.
. Così comincia uno dei romanzi più straordinari del Novecento, nel capitolo intitolato . Più che un romanzo una saga e più ancora un classico senza tempo. Così inizia di J.R.R. Tolkien. In realtà, prima del capitolo citato, ci sono altre memorabili pagine in cui l’autore descrive il popolo degli Hobbit, la loro storia, la loro lingua, la storia della Terra di Mezzo e accenna agli altri Regni e le vicende che affondano nella notte più buia e fonda del tempo. Tutto in una forma chiara, dettagliata, fondata, da dare l’impressione che tutto sia reale, concreto. Ma al tempo stesso favoloso, fulminante, esaltante. Una promessa di grandi avventure e di grandi sconvolgimenti. Eppure tutto comincia con una festa di compleanno…
Siamo nei giorni di inizio estate e proprio in questi giorni ricorre la celebrazione di Benedetto da Norcia, uno dei più grandi santi della Chiesa e una delle poche, autentiche personalità capaci di incidere la storia, ditrasformarla. Nel suo tempo e fino ai nostri giorni.
Un uomo di nome di Gesù, che per lunghi giorni ha calamitato le folle della Palestina con i suoi discorsi tanto diversi e con i suoi comportamenti straordinari, viene catturato come un bandito nel cuore della notte a Gerusalemme, trascinato davanti ad un tribunale di romani, umiliato, sconfessato, tradito, flagellato, messo a morte, e morte infamante, quella in croce.
Uno sguardo verso l’alto, che colma la distanza tra noi e l’infinito. La montagna offre questo spazio aperto al Mistero e insieme ritempra l’anima e lo spirito con pochi, semplici gesti: camminare, respirare, fermarsi a contemplare, parlare con la gente che vive con ritmi diversi, che sa misurare il tempo con un’ampiezza sconosciuta.
11 aprile 2020. Sabato Santo, il giorno prima di Pasqua, una Pasqua difficile, immersa nella paura e nel silenzio, nell’isolamento, in cui il messaggio di speranza, Dio è risorto, risuona più forte in un mondo attonito, stremato. Le messe si celebrano via streaming, il Papa compie gesti simbolici forti, capaci di commuovere milioni di persone.
Un lungo momento di sospensione, di silenzio, di paura: è quel che abbiamo vissuto,e in parte continuiamo a vivere, nel periodo di chiusura imposto per frenare la pandemia provocata dal coronavirus.
San Giorgio è un cavaliere senza macchia e senza paura che libera una povera, tremante principessa che sta per essere divorata da un drago vorace e sbuffante.
“Torniamo amici !” Con voce commossa papa Paolo VI nella Cappella Sistina nel 1964 si rivolge agli artisti presenti, da lui invitati con calore a questo incontro, che poi si rivela storico per molti aspetti, per colmare, anche fisicamente, la distanza che sembra essersi aperta tra la Chiesa e l’arte.
Rue du Bac. Una via stretta, scavata nel cuore di Parigi. Al numero 140 si trova una cappella, in cui un continuo via vai di persone testimonia come questo sia un luogo amato e venerato, meta di pellegrinaggi, forse meno vistosi e più raccolti, animati da persone provenienti da tutto il mondo.
Sessantadue colpi di pistola. Esplosi per martoriare quel corpo accasciato sulla strada, in pochi, terribili secondi.