Anche quest’anno la Delegazione in Italia del Governo della Catalogna torna a celebrare la festa di Sant Jordi,
Il 23 aprile, giorno della festa di Sant Jordi (San Giorgio), dopo il notevole successo riscontrato lo scorso anno nelle librerie di Roma, la Delegazione in Italia del Governo della Catalogna ripropone l’iniziativa culturale di promozione della letteratura catalana, sulla scorta di quanto avviene a Barcellona e nel resto della Catalogna. Con due novità: l’allargamento dell’iniziativa ad altre 10 città italiane e la presenza di una scrittrice catalana.
Oggi 19 marzo parte un ciclo di presentazioni di libri organizzato dalla Biblioteca statale del Monumento nazionale di Santa Scolastica, a Subiaco. A moderare gli incontri c'è il direttore della Biblioteca, don Fabrizio Messina Cicchetti.
Dopo l'idea del caffè sospeso, c'è quella del libro sospeso. Dopo il successo riscosso a Brescia, Napoli, Udine, Lodi, Novara e Palermo, questa iniziativa arriva anche nella Libreria Paoline di Messina condivisa insieme alla Caritas dell’Arcidiocesi di Messina, all’associazione D’arteventi e ai Cappellani della casa circondariale di Messina e di Barcellona Pozzo di Gotto.
Il 23 aprile in Catalogna è festa grande. Si celebra San Giorgio , Sant Jordi che dal 1456 patrono della Catalogna. La tradizione vuole che si donino libri e rose, che rappresentano la celebrazione della cultura e dell’amore.
Si entra e, in un primo momento, la sensazione è di trovarsi in una libreria come quelle che ormai sono in via di estinzione. Piccola, raccolta, ordinata, certo nulla a che vedere con le librerie delle grandi catene a cui ormai siamo assuefatti, ma piuttosto capace di resuscitare il ricordo di quei straordinariluoghi in cui si passavano molte felici ore della nostra adolescenza.
La vita di Gesù letta, interpretata e raccontata attraverso una serie di incredibili avventure, incredibili ma reali, tanto reali da riflettersi nella vita di tutti coloro che vogliono aprire la porta e fare entrare il Signore. Ecco l'ultima, e tale rimarrà purtroppo, fatica letteraria di Jean Mercier, giornalista e scrittore francese scomparso l'anno scorso.
Il corpo marmoreo è adagiato sotto una grande riproduzione della Sindone, illuminato da una tipedia luce.
Giorni fa, passeggiando in una via del centro di Padova, ci si poteva imbattere in una vetrina particolare di una piccola, elegante libreria. La vetrina era a tema, dedicata alla Provenza, presentando una serie di libri fotografici, con le immagini che hanno immortalato quella regione felice: campi di lavanda, bianche città, valli e boschi.
E' notte fonda, una notte in cui le stelle si vedono lontane, come se le si osservare dal fondo di un baratro. Una corda ella fatta di pezzi di lenzuola strappate scivola giù, senza far rumore, dalla finestrella stretta del convento, massiccio come una fortezza. Un uomo piccolo, esile, si cala lentamente.
La meraviglia è dietro l'angolo, non occorre peregrinare in paesi esotici per provare emozioni forti, per provare che la vita è una sfida continua all'avvio e al banale, purché non le si resista, purché non si pretenda di incasellarla in schemi e formule.
E' conosciuto come il Santo senza nome, tra i padovani e milioni di altre persone al mondo. Nel senso che è talmente familiare, vicino al cuore e alla vita dei suoi devoti, intrinseco alla storia stessa della città di Padova, che ci si rivolge così, chiamandolo semplicemente il Santo.
Cristo irrompe, con la sua luce tagliente, in una bettola del Seicento a Roma. Giunge in un'oscurita' fitta, dove gli uomini bevono, giocano a carte, contano il denaro, urlano e a volte, litigando, finiscono per darsi coltellate e persino a uccidersi. Nel buio del peccato Gesù viene a chiamare gli uomini per farne suoi apostoli, suoi discepoli.
Un mondo alla deriva, immerso in nuove, pesanti tenebre: quelle di una dilagante e inarrestabile scristianizzazione.
Due vite intrecciate, due vite vissute intensamente e unite: una fede in due.
Il vecchio orafo ebreo Melchisedec vive da sempre nel Ghetto di Venezia, dove, per editto della Serenissima, si deve abitare in spazi ridotti, in case strette e buie, senza poter vedere il mare e il cielo.
Per la prima volta, nella sua breve e tragica esistenza, qualcuno le offre la possibilità di indossare un abito, una semplice tunica, è vero, ma che subito le restituisce la dignità del proprio corpo.
Vivere con gli ultimi della terra, vivere con loro, vivere attraverso loro e il loro dolore. Forse si potrebbe riassumere con queste parole la straordinaria esistenza di Gregoire Ahongbonom.
"Camminando nasce il cammino", scrive il poeta Antonio Machado. Camminare è l'atto primigenio della vita, o meglio della capacità di diventare individuo, dotato di una propria volontà. "Passeggiava il Signore Dio nel giardino alla brezza del giorno", si legge nel libro della Genesi. Camminare, esistere, dunque. Atto di creazione.
Sono nati intorno agli anni '60-'80 dell'Ottocento. Anni diversi, in luoghi diversi, con vite e destini diversi: chi proviene da famiglie agiate, che hanno permesso loro di studiare e viaggiare.