Ci sono tre luoghi simbolo, tre chiese che raccontano la caduta e la rinascita dell’Iraq, la persecuzione dei cristiani, la voglia dei cristiani di ricostruire una nazione in cui ad essere a rischio è prima di tutto la fiducia. Per tornare nel Paese servono le chiese, e le chiese portano con loro una memoria anche dura, difficile da digerire.
Papa Francesco è arrivato alla Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Qaraqosh per l'attesa visita alla Comunità di Qaraqosh. Nell‘agosto del 2014, la cattedrale è stata vandalizzata, profanata e bruciata dalle milizie del sedicente Stato Islamico.
L’incontro tra Papa Francesco il Grande Ayatollah al Sistani non ha portato alla firma di un nuovo documento della Fraternità Universale, come era successo ad Abu Dhabi. Ma ha portato di certo alla proclamazione di una “Giornata Nazionale della Tolleranza e della Coesistenza in Iraq”, annunciato da un tweet nella giornata di ieri dal Primo Ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi. E c’è già un logo per la giornata, disegnato da Chocolate Sarayi, che sarà celebrata dal prossimo anno.
Gesù si reca al tempio di Gerusalemme e trova che è stato trasformato in un “luogo di mercato” e “perde la pazienza”. La ragione profonda di questa ira che si accende nel cuore di Cristo va ricercata nel fatto che Egli riconosce nel tempio la casa del “Padre suo”. Chiamando Dio suo Padre rivela, ancora una volta, la sua identità di Figlio di Dio. Già all’età di dodici anni egli aveva dichiarato a Giuseppe e Maria: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma nessuno, allora, aveva compreso il significato di quelle parole (Lc 2, 49-50).
“Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle”. Lo ha detto Papa Francesco incontrando la comunità cristiana di Hosh-al-Bieaa, a Mosul, uno dei luoghi maggiormente colpiti dalla persecuzione anticristiana dell’ISIS.
Erbil è considerata da alcuni la più antica città del mondo, con insediamenti riconosciuti già 23 secoli fa. Antica è la lingua che parla la comunità cristiana, l’aramaico parlato da Gesù. Antica la storia. Nuovi i problemi. Perché è nella capitale del Kurdistan, che doveva diventare la Dubai della Regione Autonoma, che sono arrivati in massa i cristiani scappati da Mosul e dalla Piana di Ninive. E la città, a soli 300 chilometri dal confine siriano, ha dato accoglienza a tutti.
All’incrocio tra via Merulana e via Labicana, la sosta stazionale di oggi si ferma davanti ad una chiesa che oggi ha un elegante aspetto settecentesco. I corpi dei Santi Marcellino e Pietro, cui la chiesa è dedicata, non sono mai stati qui, ma sono custoditi nelle catacombe che portano il loro nome.
Secondo giorno del viaggio apostolico di Francesco in Iraq e per la prima volta, un Papa, celebra una Messa in rito caldeo. Succede proprio oggi pomeriggio, nella cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad, una delle 11 presenti nel Paese.
Papa Francesco è in Iraq per un viaggio particolarmente difficile. Ma quale è lo stato delle relazioni diplomatiche tra Iraq e Santa Sede?
Era il grande sogno per il Giubileo del 2000 per Giovanni Paolo II. Un pellegrinaggio nei luoghi della storia della salvezza a partire da Ur, la città di Abramo, e poi il Sinai, dove Dio diede a Mosè i comandamenti e strinse la sua alleanza con l’umanità, sul monte Nebo, dal quale lo stesso Mosè vide la terra promessa, e in Terra santa: Nazareth, Betlemme e Gerusalemme.
Papa Francesco non la visiterà, non c’è tempo. Ma, in occasione del viaggio, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha destinato 150 borse di studio. Perché è attraverso la cultura che si sta ricostruendo un popolo, un tessuto sociale messo a rischio dall’arrivo di tanti rifugiati. Ed è attraverso la cultura che Erbil, che doveva essere la “Dubai del Kurdistan”, sta cercando di ricostruire una identità ferita, specialmente nei quartieri cattolici. Succede all’Università Cattolica della capitale del Kurdistan iracheno.
Quando a Vida Hanna, 27 anni, è stato detto dall'arcivescovo di Erbil, Bashar Warda che Papa Francesco sarebbe venuto in Iraq, ha pensato che fosse solo una voce.
“Questo luogo benedetto ci riporta alle origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni. Qui, dove visse Abramo nostro padre, ci sembra di tornare a casa. Qui egli sentì la chiamata di Dio, da qui partì per un viaggio che avrebbe cambiato la storia. Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio”. Lo ha detto Papa Francesco aprendo il suo discorso durante l’incontro interreligioso presso la Piana di Ur.
Ci avviciniamo alla Festa di San Giuseppe. Quest’anno la festività acquista una valenza particolare. Papa Francesco, infatti, nel 150mo anniversario della dichiarazione di San Giuseppe a Patrono della Chiesa Cattolica fatta Pio IX, l’8 dicembre 1870, ha scritto una Lettera Apostolica dal titolo “Patris Corde” con la quale ha indetto un Anno Speciale fino all’8 dicembre 2021 «nel quale ogni fedele sul suo esempio possa rafforzare quotidianamente la propria vita di fede nel pieno compimento della volontà di Dio».
Si è trattato di un incontro a porte chiuse, un colloquio cui non erano ammessi media, immortalato solo nella foto ufficiale al termine della conversazione. Eppure, l’incontro tra Papa Francesco e il Grande Ayatollah Alì al Sistani a Najaf ha un peso storico molto importante, sia a due anni dalla Dichiarazione sulla Fraternità Umana firmata ad Abu Dhabi, sia perché, incontrando un leader che ha sempre sostenuto la separazione tra fede e Stato e negando l’idea di teocrazia si dà un segnale preciso al mondo musulmano. Un segnale che già il Papa ha dato al mondo diplomatico di Iraq, chiedendo alle istituzioni di dare a tutte le comunità religiose eguale trattamento ed eguale nazionalità.
"Alla vigilia della partenza per il viaggio apostolico in Iraq, il 4 marzo, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza P. Amedeo Cencini, FdCC, Delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis per la Comunità monastica di Bose, con il Priore della medesima, Fr. Luciano Manicardi". Lo si legge in un comunicato dalla Sala Stampa della Santa Sede diffuso nel pomerigggio di oggi.
Occasioni che si uniscono intorno ad un unico nome: quello di Elena Bono, una delle scrittrici italiane più significative della seconda metà del XX secolo. Ma, fatalmente, anche una delle meno conosciute. Classe 1921, è nata il 29 ottobre a Sonnino, antico paese laziale, e morta nel 2014, il 26 febbraio, presso l’ospedale genovese di Lavagna. Cristiana, scrittrice, intensa, coerente, fino all’ultimo istante della sua vita.
A vederla ora sembra quasi una chiesa sotterranea. San Vitale è molto al di sotto del piano stradale, ma una volta Roma era lì. Una tradizione racconta che chiesa sia stata costruita con la vendita dei gioielli donati dalla matrona Vestina il primo nome del “Titolo” in onore dei Ss. Martiri Gervasio e Protasio, di cui S. Ambrogio aveva trovato i resti a Milano suscitando tanta devozione anche a Roma.
“Le difficoltà fanno parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni. Negli ultimi decenni, voi e i vostri concittadini avete dovuto affrontare gli effetti della guerra e delle persecuzioni, la fragilità delle infrastrutture di base e la continua lotta per la sicurezza economica e personale, che spesso ha portato a sfollamenti interni e alla migrazione di molti, anche tra i cristiani, in altre parti del mondo”.
Arrivato in un Iraq scosso dagli attacchi terroristici – e però almeno un gruppo sciita ha dichiarato che le operazioni saranno sospese durante il viaggio – e ancora in via di ricostruzione dopo anni di guerre intestine culminate con l’invasione dell’ISIS, Papa Francesco pronuncia il primo discorso del suo viaggio in Iraq a diplomatici e autorità civili, e chiede a tutti loro di costruire un Paese unito, nel nome della fraternità e della solidarietà. E fa un appello: “Tacciano le armi! Cessino gli interessi di parte! Si dia voce ai costruttori della pace!”