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Cardinale Parolin, il mandato del dialogo per il nuovo nunzio in Pakistan

Cardinale Pietro Parolin, monsignor el Kassis | Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, consacra vescovo monsignor Christophe el Kassis, nominato nunzio in Libano, Basilica di San Pietro, 19 gennaio 2019 | Vatican Media / You Tube Cardinale Pietro Parolin, monsignor el Kassis | Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, consacra vescovo monsignor Christophe el Kassis, nominato nunzio in Libano, Basilica di San Pietro, 19 gennaio 2019 | Vatican Media / You Tube

Portare vicinanza alla minoranza cristiana, sostenerla e incoraggiarla, aiutarla a reagire pacatamente alle accuse sapendo illustrare con efficacia la loro scelta di vita. Ed essere “luminoso esempio di dialogo”, promuovendo e intensificando canali di conoscenza. Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, dà questo mandato a Christophe el Kassis, nominato da Papa Francesco nunzio in Pakistan.

Il Cardinale Parolin presiede la Messa di ordinazione episcopale di monsignor el Kassis, che – dopo le esperienze in nunziatura in Indonesia, Turchia e Sudan – è stato per anni nella seconda sezione della Segreteria di Stato. Lo ricorda, il Cardinale Parolin, come ricorda le origini libanesi di monsignor el Kassis, lo mette sotto la protezione della Vergine di Harissa, di San Marone e di San Charbel, e ne esalta il motto episcopale, Sciis Domine, quia amo te – tu lo sai Signore che ti amo.

È una omelia tutta centrata sull’amore di Dio, e sullo Spirito Santo che è il motore che permette al vescovo di “compiere con autorità ed efficacia la missione”, che “interiorizza il messaggio del Vangelo e lo rende nuovo”.

Il Segretario di Stato vaticano nota che “a fronte delle tante infedeltà umane, Dio rimane perennemente fedele al suo eterno disegno di salvezza, e lo stupore si trasforma in adorazione, nel riconoscere che egli sempre scende in mezzo a noi, ci costituisce come Chiesa perché possa diffondersi e consacra i suoi eletti”.

Il Cardinale Parolin mette poi in luce che, alle funzioni del vescovo che “ha potestà di governare e santificare la porzione di fedeli che gli è affidata”, il nunzio affianca quella di “rappresentare il Papa presso gli Stati e le Chiese alle quali viene inviato, di promuovere e cementare la comunione tra Chiesa apostolica e Chiese particolari, di manifestare il pensiero del Papa e far percepire la sua sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e la pace”.

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Ed è l’amore di Dio il motore dell’azione “prudente e coraggiosa” del nunzio, perché “amare Gesù nostro Salvatore e avere sempre dinanzi la sua croce e risurrezione è il perno del ministero del vescovo e del rappresentante pontificio, e questo amore disinteressato e profondo che rende possibile affrontare il cammino, e questo amore la pura sorgente da cui scaturiscono le iniziative, la capacità di gioire per la grazie del Signore e la capacità di affrontare le difficoltà”.

L’amore per il Signore – aggiunge il Cardinale Parolin – è anche “la chiave capace di rendere l’eletto all’episcopato irreprensibile”, perché esso solo “ci predispone ad essere umili, accoglienti, accoglienti della grazia, disposti a modellare il nostro carattere a migliorarci a riconoscere ed emendare i nostri sbagli e i nostri errori”.

È in questo amore che il Cardinale Parolin radica il mandato dato al nuovo nunzio in Pakistan. E si legge in controluce il lavoro diplomatico che la Chiesa deve fare sul posto, il luogo della legge sulla blasfemia che aveva condannato Asia Bibi.

“Nel Paese in cui sei inviato – ricorda il Cardinale Parolin - troverai una popolazione musulmana, con la presenza di minoranze cristiane, tra cui i cattolici, divisi in 7 circoscrizioni ecclesiastiche”.

Lì, monsignor el Kassis è “chiamato a mostrare particolare vicinanza a questi nostri fratelli e sorelle nella fede, a sostenerli a incoraggiarli, perché crescano nella comunione della Chiesa e in mezzo alla difficoltà sappiano rendere testimonianza alla speranza che è in loro, senza aggressività, reagendo pacatamente anche alle accuse, sapendo illustrare con efficacia la loro scelta di fede e di vita” e ad essere “luminoso esempio di testimonianza, modello di dialogo”.

Ed è il dialogo che deve esprimere l’impegno di pastore e diplomatico di monsignor el Kassis, cui è richiesto anche di “promuovere e intensificare canali di conoscenza, incontro e dialogo tra le varie componenti della società, tra differenti credo religiosi per accrescere il rispetto e la comprensione e fare delle diversità le occasioni di reciproco ascolto e mutua stima, affinché prevalgano i valori religiosi e siano sconfitti i fondamentalismi”, che sono “portatori di violenza” e generatori di mancanza “intellettuale morale e materiale”.

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