Advertisement

Diplomazia pontificia, settimana dal profumo di Europa

Il cardinale Parolin è intervenuto alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa, di cui fa parte anche il Cardinale Hollerich. Entrambi hanno preso parte all’incontro del Partito Popolare Europeo a Roma

Cardinale Parolin, CCEE | Il cardinale Parolin durante la plenaria del CCEE, 24 settembre 2021 | AG  / ACI Group Cardinale Parolin, CCEE | Il cardinale Parolin durante la plenaria del CCEE, 24 settembre 2021 | AG / ACI Group

Settimana dal profumo di Europa, per la diplomazia pontificia. I Cardinali Parolin e Hollerich e l’arcivescovo Gallagher sono intervenuti, lo scorso 22 settembre, alla tre giorni organizzata a Roma dal Partito Popolare Europeo. Il 23 settembre è iniziata invece la plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, e il Cardinale Parolin ha tenuto una relazione seguito da domande e risposte.

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, sta partecipando alla Settimana delle Nazioni Unite, l’assemblea generale che inizia a settembre ogni anno, e in questa settimana ha già tenuto tre interventi abbastanza importanti per comprendere le linee della Santa Sede.

                                                FOCUS EUROPA

Cosa ha detto il Cardinale Pietro Parolin al CCEE

Quella che si tiene a Roma dal 23 al 26 settembre è una assemblea giubilare per il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). Fondata nel 1971, ma nata da una “semplice nota” diffusa dall’allora monsignor Roger Etchegaray nel 1965, il CCEE ha 39 membri (33 presidenti di conferenza episcopale più alcuni rappresentanti di territori che non hanno una loro conferenza episcopale).

Advertisement

Era naturale, dunque, celebrare a Roma, in comunione con il Papa, e lo ha notato anche il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, il quale è intervenuto di fronte ai vescovi il 24 settembre.

Nella sua relazione, il Cardinale Parolin ha ricordato che “l’evangelizzazione è il motore che deve muore la Chiesa ovunque”, e che questo è dimostrato anche ai documenti pontifici degli ultimi decenni.

Il segretario di Stato vaticano ha notato che “la missione del CCEE, a partire dalla sua istituzione ufficiale, è andata sempre più allargandosi, e ora si estende alla quasi totalità di Europa”, cosa che ha permesso “uno scambio fecondo di idee e arricchito il patrimonio di fede europeo” da cui attingere per “affrontare nuove sfide”.

Il cardinale ha notato che la prima finalità del CCEE è quella di “essere un organismo di comunione tra le Conferenze Episcopali di Europa”, e che “comunione ed evangelizzazione sono due fuochi entro i quali si realizza la missione”.

Quindi, il Cardinale ha messo in luce il ruolo dei vescovi, ha chiesto loro di essere “diffusori di gioia e vicini a sacerdoti e religiosi con cuore paterno, esercitando l’arte dell’ascolto”, e ripensando “con serietà e impegno all’educazione e alla formazione dei formatori, in questo tempo in cui è forte il rischio dell’autoformazione, senza più necessario contatto con la comunità ecclesiale, luogo di vera formazione”.

Il Cardinale Parolin si è poi soffermato sulla cooperazione tra le Chiese del nostro continente: ha detto che questa esige “un supporto reciproco” e deve includere il “sostegno alle comunità bisognose e il sostegno alle comunità problematiche”.

More in Mondo

Per il cardinale, un primo tema fondamentale è quello delle politiche familiari. Quindi la questione degli sprechi, cui siamo “diventati insensibili”, soprattutto se lo applichiamo al “Vangelo della vita”, che subisce “la tentazione di scartare ciò che è superfluo”.

Il Segretario di Stato vaticano ha notato che “il relativismo non è la soluzione”, perché “se non ci sono verità oggettive, né principi stabili, non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno. Quando è la cultura che si corrompe, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie”.

Il Cardinale ha poi messo in luce l’importanza di dedicarsi alle giovani generazioni, ha sottolineato che “la pandemia ha reso evidente la tendenza dei governi di fare ognuno per sé”, ha affermato che “come cristiani siamo chiamati a mostrare che l’unità è superiore al conflitto” e che la solidarietà “diventa uno stile di costruzione della storia, dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una unità”.

Il capo della diplomazia vaticana ha anche menzionato il sostegno alla collaborazione ecumenica in Europa, sottolineato l’importanza che il Papa attribuisce alla cultura europea, ribadito che “la salvaguardia del creato” è uno dei temi “più urgenti che l’umanità deve affrontare”, anche perché ci sono anche “migranti che lasciano la loro casa e terra a causa dei cambiamenti climatici”.

Soprattutto, il Cardinale Parolin ha annunciato che l’Europa ha prima di tutto bisogno della pace, e sottolineato il costante impegno della Santa Sede sul tema.

Nelle sessione di domande e risposte che è seguita all’intervento, il Cardinale Parolin ha detto che la priorità delle priorità è la trasmissione della fede alle nuove generazioni. È questo il punto centrale di tutto il nostro lavoro”.

Rispondendo ad una domanda sulla situazione in Ucraina, “spazio di scontro tra due patriarcati” da cui si prevedono passi dolorosi, il Cardinale ha notato che ci sono a livello europo dei frozen conflicts che si stabiliscono senza possibilità di risolverli. “Oltre all’impegno della Santa Sede – ha detto il Cardinale - non c’è maggiore impegno di singole Chiese europee per fare pressione ai rispettivi governi per arrivare ad una soluzione di pace. Anche le conferenze Episcopali esprimono solidarietà a situazioni di guerra e conflitto, ma c’è bisogno di una azione più organizzata, e questo invito può trovare un canale concreto, come organizzazione delle Chiese del continente riusciate a mettere insieme e continuiate ad insistere”.

Il Cardinale ha notato che “la voce della Chiese trova difficoltà ad essere ascoltata”, ha chiesto di dare prima di tutto “testimonianza di una comunità pacificata” e sottolineato che “attraverso l’opera della Chiesa, a poco a poco si costituisce anche l’unità del genere umano”.

Un grande tema – ha detto il segretario di Stato – è quello del disarmo. Poi, si è soffermato anche contro l’individualismo, perché “il fumo del mondo entra anche nella Chiesa attraverso le finestre aperte che sono necessarie”.

Di fronte allo spettro di una “guerra di ideologie”, il Cardinale ha chiesto “di continuare a parlare”, perché “non possiamo tacere e non dobbiamo tacere”.

Il Cardinale Parolin alla riunione del PPE

Lo scorso 22 settembre, il Cardinale Parolin è intervenuto alla riunione del Partito Popolare Europeo. Con lui, altri personaggi di spicco della Chiesa Cattolica: il Cardinale Jean Claude Hollerich, presidente della COMECE, il Cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Advertisement

A margine dell’intervento, il Cardinale Parolin sottolineato che la Santa Sede crede in una “Europa fondata sui quattro valori fondamentali, sui quattro pilastri che sono sempre propugnati anche dai padri fondatori”, ovvero “la centralità della persona, una persona in tutte le sue dimensioni, compresa la dimensione trascendente, quindi l’apertura nei confronti di Dio. La comunità, la persona inserita in una serie di legami. Poi la sussidiarietà e la solidarietà. Sono questi i punti cardini della visione della Santa Sede nei confronti dell’Europa”.

Il Cardinale ha anche guardato più in generale ai temi di attualità internazionale, esprimendo preoccupazione per i possibili sviluppi nell’area indo-pacifica dopo il trattato Aukus, cioè l’alleanza che prevede la fornitura da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna di tecnologie all’Australia, perché possa dotarsi di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare.

Il Cardinale ha ricordato che “la Sana Sede è contraria al riarmo” e che “tutti gli sforzi che si sono fatti e si stanno facendo sono nel senso dell’eliminazione delle armi nucleari, perché non sono la maniera per mantenere la pace e la sicurezza nel mondo, ma creano ancora più pericoli per la pace e ancora più conflittualità. All’interno di questa visione non si può non essere preoccupati”.  

Il Cardinale Hollerich all’inconttro del PPE: “Siamo lievito per ravvivare la coscienza di Europa”

Nel suo intervento, il Cardinale Jean Claude Hollerich, presidente della COMECE, ha sottolineato che “come cristiani e membri della Chiesa, ciascuno di noi, secondo la propria specifica missione e chiamata, deve servire da lievito per ravvivare la coscienza dell’Europa, e generare processi che portino al futuro che sogniamo per il nostro continente”.

Riferendosi ai “sogni per l’Europa” che Papa Francesco aveva espresso nella sua lettera per i 40 anni della COMECE, il Cardinale ha detto che il tema dei sogni è “potente”, perché ha “a che fare con il futuro”, ed sognare “è diverso dall’avere un’illusione o, peggio, un delirio; un vero sogno ci indirizza verso un futuro migliore e ci dà energia e orientamento per realizzarlo”.

E il sogno del Papa – ha detto – è quello di una Europa “amica di tutti e rispettosa della dignità intrinseca d iogni persona umana,” che sia “famiglia e comunità, capace di vivere nell’unità e fare tesoro delle differenze”, e che sia una Europa “inclusiva e generosa, accogliente e ospitale, fedele alla virtù della carità e al principio di solidarietà”, e segnata da una sana laicità”.

                                                FOCUS MULTILATERALE

Assemblea ONU, la Santa Sede a 20 anni dalla Dichiarazione di Durban

Il 22 settembre, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, è intervenuto nell’ambio della 76ma assemblea generale delle Nazioni Unite alla Riunione di Alto Livello dedicato al 20esimo anniversario della Dichiarazione di Durban e del Piano di Azione incentrato su “Riparazioni, giustizia razziale e uguaglianza per le persone di origine africana”.

In particolare, l’arcivescovo Gallagher ha notato che la Santa Sede “è impegnata a combattere ogni forma di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza ad essi collegata”. Il “ministro degli Esteri” vaticano ha notato che “molte persone di origine africana nel mondo sono migranti o rifugiati che, dopo aver lasciato la loro casa – o essere stati costretti a lasciarla -, nei paesi di destinazione trovano razzismo e xenofobia, discriminazione e intolleranza invece che il sostegno di cui hanno bisogno”.

L’arcivescovo Gallagher ha quindi sottolineato che “i diritti umani universali sono indivisibili e interdipendenti e pertanto non possono esistere in opposizione”, e che per questo “le leggi e le norme che cercano di sradicare la discriminazione e l’intolleranza devono dunque rispettare il diritto alla libertà di opinione, pensiero, religione e coscienza”.

Insomma, ha aggiunto, “monitorare, indagare e perseguire i casi di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza ad essi collegata per gli Stati non dovrebbe mai diventare una giustificazione per la violazione di diritti umani di minoranze o la censura di opinioni minoritarie”.

L’arcivescovo ha sottolineato che “il razzismo può e deve essere sconfitto attraverso una cultura d’incontro, fraternità e solidarietà” , e ha ricordato che “la Dichiarazione di Durban giustamente esprime preoccupazione per l’intolleranza, gli atti ostili e la violenza nei confronti di gruppi religiosi”.

L’arcivescovo ha spiegato che “l’intolleranza sulla base della religione o della fede porta a limitazioni del diritto di praticare liberamente la religione di propria scelta e, nelle forme più estreme, può causare ostilità, violenza e crimini atroci”.

Quindi, il presule ha denunciato che “la mancanza di rispetto per il diritto alla libertà di religione e di fede porta alla violazione di altri diritti umani”, e ha messo in luce che “negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento generale della persecuzione religiosa da parte di attori statali e non-statali”, tanto che “singoli individui e intere popolazioni vengono discriminati a causa della loro fede, mentre i responsabili godono spesso di impunità”. Addirittura, “in certe regioni rischiano di estinguersi alcune minoranze religiose, tra cui anche cristiani, che costituiscono il gruppo più perseguitato a livello globale”.

L’arcivescovo Gallagher ha segnalato anche “l’insidiosa pratica dell’eugenetica” tra le forme di discriminazione, e denunciato che “spesso dietro alle tecniche di procreazione assistita e ai lati oscuri della diagnostica pre-natale si cela una mentalità eugenetica, dove l’idea che vi siano esseri umani di minor valore a causa di disabilità, sesso o altre caratteristiche molte volte porta alla negazione del loro diritto alla vita”, mentalità che “racchiude principi di discriminazione in netto contrasto con la Dichiarazione di Durban e non può essere ignorata”.

Assemblea ONU, la Santa Sede contro gli sprechi alimentari

Il 24 settembre, si è tenuto il vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, il primo in assoluto sul tema. La Santa Sede è stata rappresentata dall’arcivescovo Gallagher, il quale ha messo in luce “l’urgente bisogno di intensificare l’azione internazionale per la trasformazione dei sistemi alimentari e la lotta alla insicurezza alimentare e alla malnutrizione”.

La Santa Sede chiede di “passare dalle dichiarazioni e dalla formulazione di strategie all’azione effettiva e urgente”, ricorda che “l’accesso al cibo è un diritto umano fondamentale ed è essenziale per una vita dignitosa” e che “il cibo per tutti è un dovere morale”.

Ma – ammonisce – “dare da mangiare agli affamati, però, non è sufficiente. Dobbiamo anche fornire ai poveri e a quanti si trovano in situazioni di vulnerabilità le risorse necessarie per mantenere se stessi e le loro famiglie nel lungo termine”.

La Santa Sede chiede dunque di “offrire loro maggiori opportunità di utilizzo e di possesso della terra, risorse finanziarie e formazione”, ricorda che “i sistemi alimentari sostenibili dovrebbero fornire cibo nutriente per tutti, sostenere un’esistenza equa e giusta e promuovere modelli di produzione e di consumo circolari”.

Per questo, l’obiettivo è di sostituire “la cultura dello scarto” con una “cultura della cura”, secondo un approccio “guidato da principi etici volti a promuovere lo sviluppo umano integrale e a perseguire il bene comune”, implementando “una visione dei sistemi universali che integri le componenti umana, economica, ambientale e tecnologica”.

Assemblea ONU, la Santa Sede sulla questione dell’energia

L’Assemblea delle Nazioni Unite ha dedicato, lo scorso 24 settembre, un Dialogo di Alto Livello sull’Energia. A nome della Santa Sede, l’arcivescovo Gallagher ha notato che “come auspicato dall'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, al fine di eliminare povertà e fame dobbiamo assicurare che ogni famiglia e nucleo familiare abbia accesso sufficiente a energia abbordabile e affidabile”.

La proposta è di “promuovere sistemi energetici e microgrid per i ‘consumatori finali’ a livello locale e fornire alle comunità strutture energetiche durature. Instillare rispetto per le culture locali e assicurare che siano capaci di gestire e mantenere le proprie risorse energetiche, in linea con il principio di sussidiarietà, è vitale e eviterà dipendenze sfruttatrici da grandi reti energetiche e burocrazie”.

Per l’arcivescovo Gallagher, l’accesso all’energia deve essere favorito da “una determinazione di prezzi ragionevole, pratiche commerciali etiche e sussidi per i più poveri”.

Certo, si deve anche tenere conto “dell’impatto sull’ambiente”, perché “l'estrazione, la trasformazione, il trasporto e il consumo di carburanti fossili e di energia sporca danneggiano aria, acqua, suolo, ecosistemi e clima”. In fondo, così come non è distribuito equamente l'accesso all'energia, non lo sono nemmeno gli effetti negativi della produzione energetica”.

La Santa Sede enfatizza anche il problema del cambiamento climatico che “sconvolge il settore agricolo, esaspera l'insicurezza e la scarsità dell'acqua e aumenta l'esposizione a eventi atmosferici estremi, distruggendo mezzi di sostentamento e costringendo molti a lasciare la propria casa e a migrare”.

Secondo l’arcivescovo Gallagher, “una transizione energetica giusta dovrebbe perseguire una produzione, una gestione e un consumo energetici più intelligenti, efficaci e pacifici, specialmente negli ambiti dove lo spreco di energia è più probabile”. L’arcivescovo denuncia come “cultura dello scarto”, anche la “produzione di beni usa e getta, le merci di bassa qualità, gli oggetti monouso e altre strategie commerciali che deliberatamente sprecano energia sono tutti sintomi di una "cultura dello scarto".

Conclude il “ministro degli Esteri” vaticano: “La transizione verso un'energia accessibile e pulita è un dovere che abbiamo nei confronti di milioni di nostri fratelli e sorelle nel mondo, specialmente i poveri, comprese le generazioni ancora a venire”.

                                                FOCUS AMBASCIATORI

Papa Francesco riceve le credenziali dell’ambasciatore della Repubblica Dominicana

Il 23 settembre, Papa Francesco ha ricevuto Luis Emilio Montalvo Arzeno, ambasciatore della Repubblica Dominicana. Classe 1943, Montalvo Arzeno ha un curriculum di studi in psicologia e psichiatria che lo ha portato a studiare a Chicago, nella Repubblica Dominicana e a Santo Domingo, nonché a Madrid, e ha lavorato in Inghilterra e negli Stati Uniti,

Dal 1985, i primi incarichi diplomatici: ambasciatore delegato supplente UNESCO dal 1985 al 1987, direttore delle Risorse Umane e vice-presidente Esecutivo della Banca Dominicana del Progresso dal 1987 al 1989. Dopo aver ricoperto dal 1987 al 2003 l’incarico di professore della Scuola di Medicina Intec, è stato nominato dal 2003 al 2005 ambasciatore in Argentina. Tornato alla professione medica, è stato ora nominato ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede.

                                                FOCUS NUNZIATURE

L’arcivescovo Spiteri, “in Libano, le crisi sono svolte sociali da comprendere”

Non è un mistero che Papa Francesco voglia andare in Libano. Non riuscirà probabilmente entro l’anno, nonostante sia stato finalmente formato un governo dopo 13 mesi di impasse. La Santa Sede, però, continua a guardare al Paese dei Cedri con interessi. E l’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio del Papa a Beirut, parlando il 15 settembre ad educatori e dirigenti scolastici del Libano ha dato anche una idea di come la Santa Sede guardi al Libano.

Il nunzio ha ricordato che il tema dell’incontro è quello di “un nuovo slancio della Scuola Cattolica verso le periferie”, e questo è uno slancia che “possiamo contemplare in diversi periodi della storia della Chiesa”, come è successo con molti fondatori religiosi educatori, come Giovanni Battista de la Salle, i fondatori dei Fratelli Maristi, Vincenzo de’ Paoli.

Sono educatori che – ha detto il nunzio – hanno in comune il fatto di “aver sempre avuto a cuore le periferie”, e che per questo oggi siamo chiamati a capire “chi sono gli impoveriti, la nuova categoria sociale nata in Libano a causa della crisi”

L’arcivescovo Spiteri ha affermato che “le scuole cattoliche devono prima convertirsi, non aver paura di mettere in discussione la loro missione”, sebbene “una delle tentazioni più insidiose e ricorrenti nella storia della Chiesa sia legata alla perdita dell'ardore originario della vocazione, della nostra vocazione. Invece di rinnovare lo spirito dei fondatori, ci trasformiamo (con buone intenzioni, ovviamente) in curatori dei carismi. Forse stiamo costruendo scuole moderne, capolavori architettonici, con le ultime novità in fatto di tecnologia. Ma dove rimane lo spirito che ispira la vera saggezza? "

Il nunzio ha quindi invitato la Chiesa cattolica del Libano a mostrarsi “avventurosa” e ad impegnarsi risolutamente nei modi che esprimeranno la sua “vicinanza”. 

Il rappresentante della Santa Sede ha precisato inoltre che quanto vale per le scuole cristiane vale per tutti i settori in cui la Chiesa è presente e operante, ad esempio negli ospedali. Sensibile alla rivolta popolare del 17 ottobre 2019, ha voluto che la Chiesa ascoltasse le legittime aspirazioni che vi si manifestavano e "accompagnasse questa rivoluzione con una riflessione sui valori".

Bielorussia, il nunzio Jozic sul rilascio dei prigionieri

L’arcivescovo Ante Jozic, nunzio in Bielorussia, ha accolto con favore la decisione delle autorità bielorusse di rilasciare 13 prigionieri, e li ha invitati ad accelerare il processo. Il nunzio ha parlato durante le celebrazioni dedicate al 260mo anniversario dell'incoronazione dell'icona della Madre di Dio di Bialynichy con le corone papali e al 30mo anniversario del restauro delle strutture della Chiesa cattolica in Bielorussia.

L’arcivescovo Jozic, ha detto nell’omelia di essere “grato alle autorità che hanno deciso di dichiarare un'amnistia nella Giornata dell'Unità Nazionale, rilasciando 13 persone dal carcere”, e ha chiesto che questo processo fosse “accelerato per consentire alle famiglie di riunirsi e tornare al lavoro e ai loro santuari. Indubbiamente, questo andrà solo a beneficio del processo di riconciliazione nazionale nel Paese per il bene comune”.

Germnia, il nunzio Eterovic chiede ai vescovi di lavorare per l’unità della Chiesa

Il 21 settembre, l’arcivescovo Nikola Eterovic, nunzio apostolico in Germania, si è rivolto all’assemblea plenaria autunnale dei vescovi di Germania, riunita a Fulda nel corso di questa settimana.

Nel suo saluto, il nunzio ha rivolto un appello urgente ai vescovi tedeschi a preservare l'unità della Chiesa e a seguire le indicazioni del Papa. Lo stesso Papa Francesco – ha ricordato il nunzio, ha detto nella sua intervista alla COPE che “non è stata una cattiva volontà a muovere molti vescovi tedeschi”, ma “una esigenza pastorale”, che però “non tiene conto” di alcune indicazioni del Papa. Papa Francesco ha formulato queste istruzioni il 29 giugno 2019 nella lettera “al popolo di Dio pellegrino in Germania”.

L’arcivescovo Eterovic ha ricordato che il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin aveva già ripetuto alcuni passaggi di questa lettera nel suo discorso a Berlino tre mesi fa, riferendosi "all'importanza dell'unità nella Chiesa cattolica". Parolin citava il Papa dicendo: "Ogni volta che una comunità ecclesiale cercava di uscire dai suoi problemi da sola, e confidava solo nelle proprie forze, nei propri metodi e nella propria intelligenza, finiva nei mali che si dovevano superare desiderati ancora moltiplicarsi e mantenersi”.

Il nunzio ha citato diffusamente la lettera di Papa Francesco, e ha ricordato anche che Paolo VI aveva messo in luce, già nel 1968, di vedere “anche cattolici che si lasciano afferrare da una sorta di desiderio di cambiamento e di rinnovamento. La Chiesa, certo, ha sempre il dovere di sforzarsi costantemente di penetrare più a fondo negli insondabili misteri di Dio (. .. ) e di esporre questi misteri in modo che si adatti sempre meglio alla comprensione delle persone che lo seguono altrimenti ciò significherebbe, come purtroppo dobbiamo percepirlo oggi, causare confusione e costernazione in molte anime credenti”.

L'Ambasciatore del Papa ha concluso il suo intervento con l'augurio che "queste riflessioni ci ricordino che le parole del Signore Gesù ci hanno posto (...) sul cammino della comunità ecclesiale, della fede cattolica, sotto le sfide urgenti vecchie e nuove , sia ecclesiale che sociale e grido alla santità dei nostri giorni: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non la potranno vincere”.