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Diplomazia pontificia, un nuovo consigliere diplomatico in Bielorussia

L'arcivescovo Antonio Mennini è comparso come consigliere della nunziatura di Minsk, in attesa dell'arrivo del nunzio. Parolin incontra un alto rappresentante di Ucraina. La Santa Sede parla all'ONU

Arcivescovo Mennini, Metropolita Venjamin | l'incontro dell'arcivescovo Mennini con il metropolita Venjiamin a Minsk | catholic.by Arcivescovo Mennini, Metropolita Venjamin | l'incontro dell'arcivescovo Mennini con il metropolita Venjiamin a Minsk | catholic.by

La presenza dell’arcivescovo Antonio Mennini come consigliere della nunziatura di Minsk è stata resa nota per la prima volta in un articolo sul portale della Chiesa cattolica bielorussa, in cui si raccontava della visita dei membri della nunziatura al nuovo metropolita ortodosso.

Sono molti i fronti aperti della diplomazia pontificia in questa settimana. Ci sono stati diversi interventi all’assemblea generale delle Nazioni Unite, e un intervento al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra. La discussione sulla libertà religiosa ha incluso anche alcuni contributi di estremo interesse al Consiglio dei diritti umani.

                                                FOCUS AREE DI CRISI

Bielorussia, l’incontro della nunziatura con il nuovo metropolita ortodosso

Dopo il viaggio dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, la nunziatura di Minsk ha un consigliere speciale: è l’arcivescovo Antonio Mennini, già nunzio a Mosca e a Londra, che era poi tornato in Segreteria di Stato come arcivescovo a disposizione della Seconda Sezione.

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La nomina dell’arcivescovo Mennini non è stata ufficialmente comunicata, e anche il clero bielorusso lo ha saputo informalmente. Il nunzio guida la transizione in vista dell’arrivo dell’arcivescovo Ante Jozic, che il Papa ha nominato nunzio in Bielorussia, durante una difficile situazione che vede l’arcivescovo di Minsk Tadeusz Kondrusiewicz ancora in esilio.

L’arcivescovo Kondrusiewicz non manca tuttavia di far sentire la sua voce ai cattolici del posto, inviando continui messaggi alle manifestazioni, e in particolare alle tappe della peregrinazione di San Michele Arcangelo, da lui stesso organizzata prima che gli fosse impedito di rientrare nel Paese dopo aver partecipato ad una celebrazione mariana in Polonia.

Mentre continuano le manifestazioni, sebbene soprattutto di domenica, e i manifestanti minacciano attacchi hacker nei confronti del ministero delle Finanze bielorusso, il 6 ottobre l’arcivescovo Mennini, insieme a padre Maher Shammas, incaricato di affari della Santa Sede in Bielorussia, si sono incontrati con il metropolita ortodosso Venjamin.

Il metropolita è stato nominato da Mosca in sostituzione del metropolita Pawel, che avrebbe ufficialmente chiesto di cambiare sede.

L’incontro con Venjiamin ha visto anche la partecipazione di Sergej Aleinik, vice ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Bielorussia, e dell’arciprete Nikolai Korzhich, presidente del dipartimento sinodale della Chiesa ortodossa bielorussa per le relazioni Chiesa – Società. Secondo il sito della Chiesa cattolica bielorussa, la conversazione è stata cordiale, e l’arcivescovo Mennini ha trasmesso gli auguri del Papa a Venjamin per la sua nomina, e questi ha ringraziato.

Entrambi hanno convenuto che Chiesa Cattolica e Chiesa ortodossa in Bielorussia devono continuare la collaborazione, specialmente per trasmettere valori evangelici alle giovani generazioni, e hanno notato che in Bielorussia c’è una peculiare situazione di armonia tra le diverse confessioni religiose.

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La Nunziatura Apostolica ha fatto sapere di auspicare che l’atmosfera di consenso e di pace giunga solo quando sarà permesso all’arcivescovo Kondrusiewicz di ritornare nella sua diocesi.

Frattanto, è ufficiale la data di arrivo del nuovo nunzio: l’arcivescovo Ante Jozic arriverà a Minsk l’11 ottobre. Uno dei suoi primi compiti, oltre a gestire la crisi, sarà anche quello di valutare la successione all’arcivescovo Kondrusiewicz alla guida dell’arcidiocesi di Minsk – Mogilev. Il prossimo 3 gennaio, infatti, l’arcivescovo Kondrusiewicz compirà 75 anni, l’età cui tutti i vescovi devono presentare le dimissioni.

Ucraina, un delegato del governo dal Cardinale Pietro Parolin

Non è passata né dall’ambasciata di Ucraina presso la Santa Sede, né attraverso il ministero degli Esteri ucraino, l’organizzazione della visita in Vaticano di Andriy Yermak, capo ufficio della presidenza ucraina. Yermak ha incontrato il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lo scorso 5 ottobre. Yermak era parte di una delegazione ufficiale della presidenza ucraina in visita in Italia per degli incontri bilaterali con la Farnesina.

L’incontro è stato organizzato dall’arcivescovo Claudio Gugerotti, fino a quest’anno nunzio in Ucraina e destinato alla nunziatura del Regno Unito. Attualmente, l’arcivescovo Gugerotti è in autoisolamento in Vaticano per aver contratto il coronavirus.

Il Cardinale Parolin e Yermak, secondo il sito ZN.ua, avrebbero scambiato opinioni e valutazioni sul possibile nuovo ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede. L’incarico è vacante luglio 2019, quando la presidenza Zelenskyi decise, nell’ambito di un normale avvicendamento di congedare dall’incarico l’ambasciatore Tatyana Izhevska, che guidava l’ambasciata vaticana dal 2007.

Il segretario di Stato vaticano e Yermak hanno anche parlato del conflitto in Ucraina, e in particolare della situazione nel Donbass. Papa Francesco, a luglio 2019, aveva convocato un incontro interdicasteriale con la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, e in quell’occasione non aveva mancato di definire “guerra” la situazione che si era creata. La speranza ucraina è che il Papa faccia direttamente appello al presidente russo Vladimir Putin perché si sblocchi e faciliti lo scambio di ostaggi nel Donbass.

                                                FOCUS DIALOGO

G20 delle religioni, per la Santa Sede partecipa il Cardinale Ayuso

È il cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il rappresentante della Santa Sede al Foro Interreligioso del G20. Il Forum si trasmette virtualmente da Riad, in Arabia Saudita, e convoglierà dal 13 al 17 ottobre circa 500 leader religiosi da tutto il mondo. Tra gli organizzatori dell’evento il KAICIID, il centro internazionale del dialogo sponsorizzato dall’Arabia Saudita di cui la Santa Sede è Paese osservatore. Altri organizzatori, l’Alleanza delle Civiltà delle Nazioni Unite e il Comitato Nazionale per il Dialogo Interreligioso e Interculturale del Regno dell’Arabia Saudita.

Tra i temi dell’incontro, la crisi del coronavirus, il cambiamento climatico, la riduzione del rischio di catastrofi naturali, l’incitamento all’odio e il razzismo.

Si tratta della settima edizione dell’incontro.

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Tra i leader religiosi, oltre al Cardinale Ayuso, ci sarà anche il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, il segretario generale della Lega Musulmana Mondiale Mohammad al Issa; il rabbino Capo della Conferenza dei Rabbini Europei, Pinchas Goldschmidt; il Gran Muftì di Egitto Shawki Ibrahim Allam.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra: il programma dei rifugiati

Il 6 ottobre, la Santa Sede ha partecipato al 71esimo comitato esecutivo del Programma dell’Alto Commissario ONU per i rifugiati a Ginevra. Capo delegazione era Francesca Di Giovanni, sottosegretario per il settore Multilaterale.

Nel suo intervento, Di Giovanni ha notato che “in questo tempo di incertezza e angoscia, non abbiamo solo notato aggravate ineguaglianze tra gli Stati e negli Stati, ma anche straordinari esempi di solidarietà”.

La Santa Sede ha voluto dunque sottolineare quanto sia importante la “visione” dell’Accordo Globale sui rifugiati, in particolare nelle sue richieste di una rafforzata cooperazione e solidarietà internazionale con i rifugiati e le comunità ospiti.

“Non possiamo – ha detto Di Giovanni – permettere che la prossimità geografica di uno Stato in situazioni di crisi sia il solo fattore nel determinare la nostra responsabilità condivisa per la protezione”.

Di Giovanni ha chiesto anche di non dimenticare che i rifugiati possono essere “una risorsa”, e che molti lavoratori essenziali sono proprio migranti, le cui abilità devono essere “riconosciute”, perché “i rifugiati possono e devono essere parte della soluzione”.

La Santa Sede ha anche messo in luce il contributo dei lavoratori umanitari, tra cui “le molte organizzazioni religiose, che forniscono ospitalità ed assistenza in prima linea”.

La Santa Sede ha poi sottolineato cinque punti. Il primo: la preoccupazione per il modo in cui la pandemia “è stata usata per ignorare e persino mettere a rischio alcune norme fondamentali della legge dei rifugiati, in particolare il diritto di cercare asilo e il principio cardinale del non refoulment”, che è il principio per cui una nazione che riceve un richiedente asilo non lo può reinviare in nazioni dove sarebbe a rischio.

Il secondo punto: il bisogno urgente di “una genuina cooperazione nella comunità internazionale sugli sfollamenti interni”, un tema che alla Santa Sede sta molto a cuore e cui Papa Francesco ha dedicato anche l’ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati. La Santa Sede chiede “un approccio più coerente” della comunità internazionale sul tema, e per questo si riserva di leggere l’imminente rapporto sullo Sfollamento Interno del panel di Alto Livello del Segretario generale.

La Santa Sede – ed è il terzo punto che si vuole sottolineare – ha chiesto che “i campi rifugiati restino quello che originariamente erano, ovvero soluzioni temporanee di emergenza”, perché oggi situazioni che si sono protratte hanno portato i campi ad essere sovraffollati e con poca sicurezza, destando anche una particolare preoccupazione della Santa Sede “per gli abusi dei diritti umani e le deplorevoli condizioni sperimentate dai migranti e rifugiati detenuti in Libia”.

Come quarto punto, la Santa Sede ha sottolineato poi che non basta l’accetto alle cure sanitarie, ma è fondamentale l’accesso l’educazione, che è anche un modo di proteggere i bambini dal traffico di esseri umani e il lavoro forzato.

Infine, la Santa Sede ha chiesto di complementare e rafforzare le soluzioni esistenti in modo durevole, per “garantire il diritto di tutti alla vita”.

La Santa Sede all’ONU New York, contro i nuovi diritti

L’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, è intervenuto lo scorso 6 ottobre al dibattito generale del Terzo Comitato.

Concentrandosi sul tema dei diritti umani, l’arcivescovo Caccia ha sottolineato che “gli sforzi per raggiungere la promozione e protezione dei diritti umani deve cominciare con una corretta comprensione di questi diritti e di un largo impatto che rispetti l’impatto che i diritti umani hanno sulla società”.

L’arcivescovo Caccia ha messo in luce la “preoccupazione della Santa Sede sulla crescente pressione per reinterpretare le fondamenta dei diritti umani e compromettere la loro unità interna in modo spostarne il focus dalla protezione della dignità umana alla soddisfazione di interessi politici ed economici”.

In questo modo – ha notato la Santa Sede – si crea “una gerarchia di diritti umani che relativizzano la dignità umana e danno più valore e diritti ai più forti e sani, mentre scartano i poveri”.

Si tratta di una tendenza “visibile nel rifiuto di riconoscere il valore inerente di ogni vita umana ad ogni stadio”, che porta poi alla creazione di “gravi ineguaglianze ed ingiustizie”, che includono aborto o eutanasia.

La Santa Sede – ha aggiunto l’arcivescovo Caccia – “crede fermamente che la vita umana sia sacra e meriti rispetto. Crede anche che la dignità umana non viene persa nemmeno quando si compiono crimini efferati”.

Altra preoccupazione della Santa Sede è data dalle “manovre per sopprimere il posto della religione dalla vita pubblica”; manovre che vengono da “una nozione riduttiva di persona umana, ma soffoca anche lo sviluppo dell’autentica pace e giustizia”.

La Santa Sede ha ribadito che “la libertà di religione è un diritto umano inalienabile e universale”, e per questo “non è mai stato e non può mai essere” una concessione o un privilegio che gli Stati possono anche ritrattare, eppure si notano con preoccupazione i tentativi di alcuni di circoscrivere o ignorare questo diritto.

Sullo sviluppo sociale

Parlando dello sviluppo sociale, l’arcivescovo Caccia ha notato che la pandemia del COVID 19 ha messo i riflettori sulle più ampie malattie sociali che ignorano la dignità e la natura relazionale delle persone, cosa che ha “drammaticamente avuto un impatto sulla vita degli anziani e delle persone con disabilità”, per aiutare i quali – come ha dimostrato la pandemia – la società non è pronta.

La Santa Sede ha inoltre rimarcato che sia le persone disabili che gli anziani sono “colpiti in maniera non proporzionale dei pesi di povertà, malattia, isolamento sociale, violenza, abbandono, abuso e mancanza di accesso a cibo adeguato e tetto”, e che la pandemia ha causato anche durezza di condizioni “per altre persone in situazioni di vulnerabilità”, che hanno l’accesso alle cure mediche limitate.

L’arcivescovo Caccia ha anche chiesto di incoraggiare ed assistere sia le famiglie che le varie organizzazioni intermedia per “supportare le persone individualmente”.

L’avanzamento della donna

L’arcivescovo Caccia è poi intervenuto sul tema dell’avanzamento della donna. Si tratta di un tema cruciale, nell’anno in cui cade il 25esimo anniversario della Conferenza di Pechino.

In quella conferenza, ricorda l’arcivescovo Caccia, si poté focalizzare “l’attenzione del mondo sulla violenza contro le donne e le ragazze”, ed è questo un tema che resta una “emergenza globale che impedisce il pieno esercizio del ruolo unico e insostituibile delle donne nel mondo”.

Si tratta di un “fenomeno intollerabile”, che è il risultato di una visione “degradante e disumanizzante della persona umana che nega alle donne piena e inalienabile dignità” e che è si è esacerbato in tempi di coronavirus, come testimoniano gli ultimi dati.

Non solo. La pandemia ha anche “rallentato gli sforzi” per fermare pratiche dannose come l’infibulazione. Ma la Chiesa Cattolica – ha concluso l’arcivescovo Caccia – “attraverso le sue numerose istituzioni, molte delle quali sono gestite da donne religiose, lavorano con vigore per raggiungere le donne che soffrono violenza e degradazione e offrire loro tetti, accesso gratuito alle cure sanitarie ed educazione.

La promozione e la protezione dei diritti del bambino

Sempre nel corso dello stesso intervento, la Santa Sede ha toccato il tema della “promozione e protezione dei diritti del bambino. L’arcivescovo Caccia ha notato che è “drammaticamente cresciuta” la violenza contro i bambini, mentre la pandemia sta peggioranzo l’incidenza dell’abuso sessuale online, lo sfruttamento, la violenza tra pari e il cyber bullismo.

Allo stesso tempo, “milioni di bambini non possono al momento tornare a scuola”, e la maggioranza di loro è costituito da ragazze. La Santa Sede si è detta preoccupata, inoltre, che “alcune nazioni e istituzioni internazionali stanno promuovendo l’aborto come uno dei cosiddetti servizi sociali forniti nella risposta umanitaria alla pandemia.

La Santa Sede ha chiesto di stare particolarmente attenti ai bambini che sono negati dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

Attenzione alle popolazioni indigene

Per quanto riguarda i diritti delle popolazioni indigene, l’arcivescovo Caccia ha detto che i popoli indigeni “spesso assistono alla distruzione dei loro ambienti naturali, che rappresentano l’80 per cento della biodiversità terrestre, a causa di “norme, politiche pubbliche e pratiche che favoriscano l’espansione di aree di estrazione di risorse naturali e mega-progetti infrastrutturali per lo sviluppi” che insistono sugli ancestrali territori indigeni.

Una situazione che è stata solo accresciuta dalla pandemia, anche perché “a causa delle restrizioni sulla loro libertà di movimento, le popolazioni indigene non hanno potuto ricevere cibo ed altre necessità fondamentale, inclusa l’acqua potabile. Sono stati colpiti anche gli indigeni assunti nell’economia informale, e si sono praticamente visti sfumare almeno uno stipendio, se non tutto il salario.

Per questo, la Santa Sede ha sottolineato che “l’attuale crisi è una chiamata a svegliarci”, anche perché “non siamo i proprietari della natura, ma coloro che se ne devono prendere cura”.

Parlando di eliminazione del razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata, la Santa Sede si è detta “non indifferente alla gravità di questi fenomeni”, che condanna, ma anche notato che questi incidenti di discriminazione, xenofobia, razzismo e attacchi contro persone sono cresciuti allo scoppio della pandemia.

La Santa Sede ha notato che “molte persone e comunità sono regolarmente soggette a violenza, intolleranza e discriminazione, mentre le persone in movimento nel mondo hanno perso il loro lavoro, e in migliaia sono stati deportati di nuovo nelle loro nazioni.

“Noi – ha detto l’arcivescovo Caccia – dobbiamo ricordarci che l’umanità esiste come una sola famiglia umana, dove non c’è il concetto di superiorità razziale.

Traffico di esseri umani

Infine, la Santa Sede è intervenuta sulla prevenzione dei crimini, focalizzandosi in particolare sul traffico di esseri umani, il commercio illecito della droga e la corruzione.

Prima d tutto, il traffico di esseri umani: ci sono, ha notato l’arcivescovo Caccia, circa 41 milioni di vittime del traffico nel mondo, ma solo circa 12 mila sono stati indagati.

La Santa Sede si è anche detta preoccupata della sempre crescente diffusione dell’abuso di droga e del traffico di narcotici, e si è detta contraria alla legalizzazione della droga.

Il traffico di esseri umani resta “una responsabilità internazionale”, mentre la corruzione “fa degradare la dignità dell’individuo e frantuma tutti gli ideali buoi e belli”, per questo “tutta la società è chiamata a combattere il cancro della corruzione in varie forme”.

L’arcivescovo Caccia ha inoltre sottolineato che “il bene comune costituisce una risorsa che deve essere protetta per il beneficio di tutti” lo Stato è chiamato a “svolgere una indispensabile funzione di supervisione, sanzionando in maniera corretta le condotte illegali”.

Uso criminale dei fondi post-Covid?

La Santa Sede ha anche posto il problema del possibile uso criminale dei fondi messi a disposizione per superare la pandemia, sottolineando il rischio che quanti hanno maggiormente bisogno di supporto finanziario resteranno senza l’aiuto necessario”. Per questo, ha chiesto di “cercare soluzioni nuove e innovative per contrastare la corruzione”, cercando mezzi che non siano “divisivi, politicizzati o parziali”, ma che realmente cerchino il bene comune e lo sviluppo umano integrale di tutti”.

Verso il dopo pandemia

In conclusione, la Santa Sede ha sottolineato che “sia durante che dopo la pandemia, gli Stati dovrebbero considerare se esistano le condizioni elementari per assicurare una vita degna e libera”. Ha quindi messo in luce che “i diritti umani non saranno mai pienamente riconosciuti a meno che tutti gli Stati, specialmente quelli in conflitto, si impegnino in buona fede ed integrità con le organizzazioni internazionali, lavorando insieme per raggiungere questo obiettivo”, in quanto il consenso internazionale “richiede il mettere da parte i conflitti ideologici e le concezioni della persona umana in cui la dignità, i diritti e le libertà degli altri non sono rispettati”.

La Santa Sede alle Nazioni Unite: le domande di macroeconomia politica

Il 7 ottobre, la Santa Sede ha partecipato al dibattito del secondo comitato dell’Assemblea Generale riguardo le questioni macroeconomiche.

L’arcivescovo Caccia ha chiesto che il lavoro delle Nazioni Unite sul tema “valuti con cura le implicazioni etiche” di ogni decisione, in modo da “avere prosperità economica per tutti e permettere ad ogni persona di prosperare e alla nazioni di vivere in pace e stabilità”.

Secondo la Santa Sede, la pandemia del COVID 19 ha “colpito gravemente” l’inclusione sociale e lo sviluppo sostenibile, avendo un devastante impatto in tutto il mondo, e colpendo tutti, dagli Stati alle famiglie. Ma, sebbene la pandemia ci abbia colpito tutti, “l’impatto su alcune persone e nazioni sono stati molto più evidenti, sia nel lungo che nel breve termine”, come ad esempio è successo alle nazioni in via di sviluppo, che hanno avuto un impatto economico negativo triplo rispetto a quelle sviluppate.

La Santa Sede ha chiesto di dare particolare attenzione alle “micro, piccole e medie imprese”, ma anche quanti hanno un “lavoro informale”, perché quanti erano impegnati nel settore delle costruzioni, del cibo, dell’ospitalità, dei servizi domestici e delle occupazioni stagionali “non sono più capaci di sostenere gli affitti o mangiare”.

Molti di questi lavoratori, ha aggiunto l’arcivescovo Caccia, sono migranti “senza documentazione, e quindi impossibilitati a chiedere i bonus statali”, e per questo chiedono a “organizzazioni di carità e istituzioni religiose per sopravvivere mentre vivono alle periferie della società”.

La Santa Sede ha notato che “ci sono vaste prove che gli Stati in via di sviluppo, a causa del debito che hanno contratto e dell’impatto economico sulla pandemia, sono obbligati a spostare scarse risorse nazionali dai fondamentali programmi di educazione, salute e infrastrutture al pagamento dei debiti”, creando così un circolo vizioso che andrà necessariamente “minare lo sviluppo integrale, indebolire i sistemi sanitari e di educazione, ridurre la capacità degli Stati di creare le condizioni per la realizzazione dei diritti umani fondamentali”.

Così, “i diritti all’educazione, alla salute, ad una casa adeguata e al lavoro sono posti sotto minaccia o violati e in milioni affrontano condizioni di vita più povere ed estreme”.

La Santa Sede ha dunque incoraggiato la comunità internazionale di “affrontare i crescenti sbilanciamenti economici dagli Stati ristrutturando il debito”, ma anche eventualmente cancellando il debito.

La Santa Sede ha anche chiesto di mantenere in cima alle priorità lo sviluppo della “cooperazione internazionale per combattere i flussi finanziali illeciti”, i quali sono “una difficile sfida allo sviluppo in quanto, nello spostare risorse dalla spesa pubblica e nel tagliare i capitali disponibili per investimenti privati, privano le nazioni di risorse di cui hanno disperatamente bisogno per fornire servizi pubblici, finanziare programmi di riduzione di povertà e migliorare infrastrutture”.

La Santa Sede ha sottolineato che questi flussi illegali incoraggiano anche “l’attività criminale e minano lo Stato di diritto e la stabilità politica”, e la loro presenza “indicano, in realtà, la presenza di crimine transnazionale, corruzione, riciclaggio, evasione di denaro, istituzioni deboli e mancanza di responsabilità”.

Ma, ha concluso la Santa Sede, le operazioni macroeconomiche “non riguardano solo i numeri, perché vediamo subito nelle facce dei migranti rimasti senza lavoro la necessità di decidere tra un pasto la sera o l’inviare dei contributi alle loro famiglie”.

                                                FOCUS AMBASCIATE

L’ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede celebra la Festa Nazionale con l’Elemosineria Pontificia

Per la 109esima Festa Nazionale della Repubblica di Cina (Taiwan), l’ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede ha deciso di celebrare aiutando i bisognosi in collaborazione con il Cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità, con Caritas Roma e con la Fondazione Buddhista Tzu Chi.

L’ambasciata ha offerto un pasto taiwanese ad alcuni senza tetto, e ha regalato loro dei sacchi a pelo fabbricati a Taiwan. In collaborazione con Caritas Roma, invece, la fondazione buddista Tzu Chi ha distribuito scatolette di tonno e coperte ecologiche realizzate a Taiwan con bottiglie di plastica riciclate al 100 per cento.

La distribuzione delle scatolette è avvenuta il 7 ottobre presso la Casa Santa Giacinta di Caritas Roma, alla presenza di Padre Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma. L’8 ottobre, invece, il pasto taiwanese è stato offerto a Palazzo Migliori, l’edificio vaticano a due passi dal colonnato destinato ai senzatetto da Papa Francesco e gestito dall’Elemosineria in collaborazione con Sant’Egidio.

L’ambasciatore Matthew S.M. Lee ha sottolineato, con il suo gesto, di voler mettere in pratica l’incoraggiamento del Papa nell’enciclica Fratelli Tutti, perché “la fraternità non è una tendenza o una moda… ma è piuttosto la dimostrazione di atti concreti”.

In entrambe le occasioni, l’Ambasciatore Matthew S.M. Lee ha servito personalmente i pasti caldi ai poveri e ai clochard della città.

Fin dallo scoppio della pandemia di Covid-19 in Italia, l’Ambasciata ha fornito apparecchiature mediche e dispositivi di protezione individuale fabbricati a Taiwan difficili da reperire a svariate istituzioni vaticane, ordini religiosi e ospedali cattolici al fine di raccogliere l’appello alla solidarietà lanciato dal Santo Padre.

                                    FOCUS ORGANIZZAZIONI CRISTIANE

Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra: la libertà religiosa in Turchia e Laos

Alla 45esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, si è discusso anche delle situazioni della libertà religiosa in Turchia e Laos. ADF International, una associazione cristiana di avvocati che si batte per la libertà religiosa, ha tenuto due interventi sul tema.

Per quanto riguarda il Laos, dove c’è tuttora un governo di tipo comunista, ADF International ha notato come il Laos abbia detto di voler assicurare l’accertamento di responsabilità per atti di violenza, discriminazione e persecuzione delle minoranze religiose ed etniche, ed ha anche accettato raccomandazioni riguardo la protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

ADF International, però, non ha mancato di notare come il Laos non abbia alcuna intenzione di “riconoscere le violazioni dei diritti umani sofferte nel suo territorio dai cristiani Hmong e Montagnard che scappano dalla persecuzione in Vietnam”.

Queste persecuzioni – ha aggiunto ADF International – includono “arresti arbitrari, violenze, persino rimpatri”.

ADF International ha sottolineato anche il Laos non ha voluto emendare il decreto sulla registrazioni dei gruppi religiosi, cosa che mette “i gruppi non registrati nella situazione di affrontare seri tagli della loro libertà di associazione”, mentre vengono riportati numerosi casi di abusi a livello locale.

Per quanto riguarda la Turchia, ADF International apprezza gli sforzi fatti dal Paese per garantire la libertà religiosa nel suo territorio, ma allo stesso tempo nota che Ankara non ha sollevate le sue riserve riguardo l’articolo 27 dell’Accordo Internazionale sui Diritti Civili e Politici, il che “mette a rischio i gruppi religiosi minoritari e limita lo scopo delle loro protezioni”. Un esempio è dato dal mancato riconoscimento dei gruppi Alevi e Protestanti, che “pone restrittive barriere legali sui loro luoghi di culto, la loro leadership spirituale e le loro pratiche pacifiche”.

Altro tema centrale è quello del seminario di Haiki: il governo turco ha espresso volontà di riaprirlo, ma questo non è avvenuto, e per questo ADF International ha detto di attendere l’implementazione pratica di questa volontà, con “pieno rispetto per i diritti e i bisogni della comunità greco ortodossa”.

ADF International ha chiesto alla Turchia anche di rispettare lo status unico di alcuni siti culturali religiosi, come le chiese di Hagia Sophia e di Chora, da poco riconvertite a moscha, che sono però “importanti per diverse tradizioni religiose”.

ADF International, infine, si è detta preoccupata per i report di “continui arresti arbitrari, detenzione e deportazione di dozzine di leader religiosi cristiani”.

                                                FOCUS AFRICA

Il dono del nunzio in Kenya all’Università Cattolica dell’Africa dell’Est

L’arcivescovo Hubertus van Megen, nunzio apostolico in Kenya e Sud Sudan, ha donato lo scorso 2 ottobre una collezione di libri all’Università Cattolica dell’Africa dell’Est, istituzione fondata dall’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Est Africa.

I libri donati dal nunzio, ha spiegato Stephen Mbugua Ngari, vicecancelliere dell’università, riguardano varie materie, e in particolare teologia, diritto canonico, diritto civile, relazioni internazionali, economia, educazione, liturgia e ambiente.

Padre Mbugua ha anche spiegato che il nunzio ha supportato il piano di trasformazione dell’università, che ha anche ricevuto alcune donazioni per la digitalizzazione, e anche donazioni per l’area marketing.