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Le Porte del Paradiso: I parte, una famiglia in Vaticano

Massimo Imolesi, con il cardinale della Chiesa a Bologna  |  | Famiglia Imolesi
Massimo Imolesi, con il cardinale della Chiesa a Bologna | | Famiglia Imolesi
Massimo Imolesi, familiare segreto |  | Famiglia Imolesi
Massimo Imolesi, familiare segreto | | Famiglia Imolesi
I miei nonni  |  | Famiglia Imolesi
I miei nonni | | Famiglia Imolesi

Quello che vi proponiamo è un racconto personale della storia di un famiglia in Vaticano. Una famiglia che ha vissuto nella semplicità del servizio ai Pontefici. Ringraziamo Adria Imolesi che ha voluto aprire il suo cuore e raccontare questa bellissima storia di vita.

Prima parte

Bologna, Via del Monte numero 3

Ho deciso di scrivere la storia della mia famiglia per onorare la memoria di mio padre Guido, perché non sono mai riuscita a dirgli quando era in vita “Babbo ti voglio bene”. 

Quando sono nata, sia lui che la mia mamma Armida non erano più giovanissimi per quell’epoca, e subito si sono ritrovati a fare i conti con certi miei problemi di salute che hanno affrontato con coraggio e profonda fede, uniti da un sentimento d’amore infinito che non è mai venuto meno.

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Sono stati quelli anni di grande sofferenza per i miei, sempre insieme nella buona e cattiva sorte, del sacro vincolo coniugale.

E si che il mio babbo la sofferenza l’aveva assaporata fin da ragazzino; infatti all’età di appena otto anni, la sua adorata mamma Giulia, un angelo l’aveva rapita per condurla in cielo. Fu un dolore immenso per il cuore di  un bambino così piccolo; dolore mai scomparso che riemerge di tanto in tanto nel corso della vita, specialmente nei momenti più bui della malattia.

Mio padre nacque a Bologna nel 1907 da una famiglia modesta e dignitosa, ricca di sani principi morali, suo padre Massimo lavorava alle dipendenze dell’allora cardinale Giacomo Della Chiesa, futuro Papa Benedetto XV.

Alla sua elezione al soglio pontificio,  l’intera famiglia Imolesi, composta dai miei nonni Massimo e Giulia e i loro tre figli: Giuseppe, Guido e Pia,  si trasferisce a Roma e precisamente nel Palazzo Belvedere nella Città del Vaticano, mio nonno Massimo assumerà l’incarico di familiare segreto di S.S. Santità Papa Benedetto XV; poco dopo nascerà l’ultimogenito Benedetto, così battezzato in onore del Papa.

Purtroppo tanta felicità e soddisfazione verrà a mancare nel 1918, con la scomparsa prematura di mia nonna Giulia,  appena trentaseienne; la sua morte lascerà l’intera famiglia nello sbigottimento e nel dolore.

Per mio padre l’ultimo ricordo di sua madre è quello di una splendida  donna alta e maestosa, con gli occhi scuri e brillanti, i capelli castani raccolti sulla nuca e fissati con un grande fermaglio, l’abito a fiori che scivolando elegantemente lungo il corpo snello ne esaltava la compostezza e raffinatezza delle forme.

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Dopo ogni tremenda disgrazia, la vita purtroppo continua e mio nonno Massimo, seppur addolorato, dopo qualche anno riprenderà moglie, per dare ancora un senso alla sua vita ed una nuova famiglia ai suoi figli; da questo secondo matrimonio nascerà una bambina, a cui verrà imposto il nome di Giulia.

Da allora sono trascorsi molti anni; i ragazzi sono cresciuti, sono diventati uomini e donne. Mio nonno Massimo morirà nel 1931 e mio padre Guido subentrerà in anticamera pontificia al suo posto. Seguirà questo percorso lavorativo per oltre quarant’anni in modo egregio, tanto da meritarsi, da parte di San Giovanni XXIII, l’appellativo di “Anima Fedele”.

Sono fiera di mio padre; da piccola ero molto introversa, ma crescendo la vita mi ha reso più disponibile ed incline a quella rispettosa ed affettuosa confidenza tra padre e figlia, sento la sua vicinanza e la sua guida nelle mie scelte e adesso che anche la mia dolcissima mamma Armida è in cielo si sentirà meno solo ed insieme proteggeranno questa loro figlia rimasta qui a battagliare !

La mia famiglia ha sempre vissuto nella Città del Vaticano, dove io stessa sono nata, dove mio nonno Massimo, nella Chiesa di S. Anna ai Palafrenieri, è sepolto assieme ad altri illustri cittadini vaticani e dove abbiamo vissuto  fino al pensionamento di mio padre nel 1974.

Tornando un po’ indietro negli anni, alla morte di mio nonno Massimo, la mia famiglia dovette uscire fuori del Vaticano, come prevede la normativa e trovò alloggio in un piccolo appartamento nelle vicinanze di Borgo Pio ed il  mio babbo si ritrovò ad essere il capo di casa con una grande responsabilità da sostenere, mandare avanti la famiglia composta dalla matrigna Michela, le sorelle Pia e Giulia e il giovane fratello Benedetto. Fortunatamente il primogenito Giuseppe era già coniugato e padre di un bambino Massimo, mio padre si adattò a fare tutti i mestieri più umili. Fece domanda anche per essere assunto in Vaticano come giardiniere; infatti di lì a poco arrivò la tanto sospirata chiamata e lui di buon grado accettò il lavoro.

A Pio XI piace il canto di papà

Una mattina mentre spazzava le strade dei giardini e puliva le aiuole, cantando perché da piccolo aveva fatto parte del Coro di Voci Bianche della Cappella Sistina, insieme al suo compagno di giochi Renato Ranucci, in arte Renato Rascel, non si accorse che poco distante stava passeggiando Sua Santità Pio XI.  Il Papa , incuriosito dalla bella voce di mio padre, lo fece chiamare dal segretario. Il mio babbo si prostrò alla vista del Sommo Pontefice che gli chiese subito come si chiamava e cosa stesse facendo lì; mio padre rispose che si chiamava Guido Imolesi e stava svolgendo le mansioni di giardiniere. Sua Santità, meravigliato, gli chiese se fosse parente del defunto Massimo e il mio babbo rispose ovviamente che Massimo era suo padre. Immediatamente il Pontefice ordinò al segretario che dall’indomani mattina il mio babbo era assunto in Anticamera Pontificia come Familiare segreto al posto del defunto padre Massimo.

Il ruolo di Familiare segreto ai tempi prevedeva il servizio notturno con appositi turni specie nel periodo della seconda guerra mondiale ed il soggiorno a Castel Gandolfo durante la permanenza estiva dei Pontefici.

Soltanto con il pontificato di San Giovanni XXIII i due servizi furono aboliti, mentre furono mantenuti i turni anche durante le festività.

Da quel momento in poi la famiglia Imolesi tornò compatta a vivere nel palazzo Belvedere . Il mio babbo assunse la responsabilità della famiglia, quando per le sorelle Pia e Giulia arrivò il momento del matrimonio, avvenuto per tutti i fratelli nella chiesa di S.Anna ai Palafrenieri, lui le accompagnò entrambe all’altare, comprò loro l’abito bianco, pensò al corredo, alla festa di nozze ed al mobilio di casa! Le mie zie ebbero tutto quanto avrebbe dato loro il padre, che purtroppo non c’era più.

Le mie zie amarono moltissimo il loro fratello maggiore  e fino all’ultimo gli furono sempre riconoscenti, anche le loro famiglie sono state sempre molto unite a noi. Ricordo con grande nostalgia mia zia Pia con i capelli castani raccolti sulla nuca, proprio come nonna Giulia, zio Alfredo suo marito e mia zia Giulia, il marito zio Vittorio ed i miei cugini gemelli Giovanna e Massimo venivano spesso a trovarci in Vaticano come pure mia cugina Giulia, figlia di zio Benedetto e  zia Velia, cosicchè, mentre i grandi parlavano tra di loro,  noi piccoli giocavamo allegramente. Con gli altri cugini più grandi Raffaella, Antonio, Massimo, figli di zia Pia e zio Alfredo, c’era molto affetto, ma  la frequentazione, ovviamente, era  diversa. Il cugino più grande Massimo, figlio di zio Giuseppe e zia Serafina, viveva con sua madre dopo che zio Giuseppe era morto e lei si era risposata. Solo dopo molti anni mio cugino Massimo si riavvicinò alla nostra famiglia.

(continua)

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