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Papa Francesco e il re del Marocco, “un incontro per sviluppare la fraternità”

Aicha Haddou | Aicha Haddou, direttore dell' Aicha Haddou | Aicha Haddou, direttore dell'"Interfaith & Peacebuilding Research and Training Center" della Rabita Mohammadia des Oulémas | Gianluca Teseo / ACI Group

Papa Francesco ha incontrato il re del Marocco e a fianco a lui ha indirizzato un discorso alle autorità civili del Paese, ha firmato una dichiarazione congiunta su Gerusalemme e ha poi visitato la scuola degli imam. E l’incontro tra questi due leader è per Aicha Haddou un modo di dimostrare che la fraternità è possibile.

Haddou dirige il centro di ricerca “Interfaith & Peacebuilding” che si trova nella Rabita El Mouhammadia degli Ulema. E porta avanti l’idea di un Marocco pluralista, aperto a tutte le religioni, dove si vive “l’Islam del Giusto mezzo”.

Quale è il lavoro e lo scopo della Rabita El Muahmadia des oulemas?

Si tratta di un istituto creato sotto Re Mohammed VI, con l’obiettivo di fare ricerca sull’Islam e le altre religioni sulla prospettiva dell’incontro religioso. Nella Rabita, che significa Lega, ci sono cinque centri di ricerca e 25 unità. Io sono a capo del centro che lavora sulla ricerca del consolidamento della pace.

La Rabita porta avanti una idea di dialogo interreligioso. Quanto è importante il dialogo interreligioso oggi?

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È sicuramente molto importante, perché ha la funzione, l’obiettivo di dialogare. Abbiamo oggi molto bisogno di dialogare, di osare un dialogo. Abbiamo bisogno di incontrarci con molte differenti culture religiose. Abbiamo bisogno di incontrarci perché viviamo in un periodo difficile, travagliato, di crisi, di passione. Viviamo l’espansione di una società dalla multipla identità. E per questo abbiamo bisogno di parlarci, di vederci, di incontrarci.

Davvero il dialogo è possibile?

Il dialogo non è un esercizio facile. È un esercizio che richiede una decentralizzazione, cioè l’impegno a fare un passo indietro rispetto ai propri punti di riferimento per provare a intendere quello che è stato detto e fatto. È un modo di sviluppare la nostra fraternità, e le religioni possono fare molto per sviluppare la fraternità.

Si nota uno sviluppo nel pensiero dell’Islam che è originato a Marrakech, con la dichiarazione del 2016 che ha stabilito per la prima volta il principio di cittadinanza. Da quella dichiarazione, è scaturita una conferenza in Libano, la Conferenza per la Pace del Cairo del 2017, la dichiarazione di Islamabad del 2018 e poi la dichiarazione di Abu Dhabi nel 2019. Lei pensa che la visita di Papa Francesco in Marocco sarà una ulteriore tappa in questo sviluppo del pensiero islamico?

Lo credo certamente. Specialmente in Marocco, che, benché sia un Paese islamico, è un luogo nel pluralismo e crede nel pluralismo. Le religioni sono parte dell’identità marocchina, il giudaismo è persino costituzionalmente parte dell’identità marocchina. E il Marocco ha una storia che include l’identità dell’Africa Subsahariana, ma anche la storia andalusa, l’Europa. È un pluralismo storico, che si combina con una situazione geografica che si confronta con la questione della pluralità.

Quanto è importante la visita di Papa Francesco in questa situazione?

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Papa Francesco si inserisce in questo dialogo. Nel videomessaggio inviato prima del viaggio al re Mohammad e al popolo marocchino, Papa Francesco ha parlato di fraternità e amore. C’è bisogno di rinforzare i valori di fraternità e amore.

Qual sono le vostre attese per la visita di Papa Francesco?

Abbiamo l’incontro tra Papa Francesco e il re del Marocco, che è capo dei credenti, dunque non solo dei musulmani, ma di tutte le persone che credono – ebrei, musulmani cristiani. Dunque, è l’incontro tra due grandi autorità spirituali, che parlano di comuni preoccupazioni: la questione della povertà, la questione dell’alterità, la questione del consolidamento della pace, la questione delle migrazioni, il tema del cambiamento climatico, su cui la Chiesa Cattolica si è molto impegnato. Ma si tratta soprattutto di un incontro di dialogo. Il messaggio che viene da Rabat è che il dialogo deve servire per andare oltre la crisi. Papa Francesco ha raccolto le sfide contemporanee, e questo insieme allo sviluppo di quella che io chiamo un “Islam del giusto mezzo”, potrà essere uno squarcio di luce in un mondo in crisi.