Advertisement

Diplomazia pontificia, la Santa Sede parla, Israele risponde. E poi precisa

Alcune dichiarazioni del Cardinale Parolin sono state definite “infelici” dall’ambasciata di Israele presso la Santa Sede. Ma la prima traduzione della dichiarazione era “deplorevole”; e ha fatto rischiare un caso diplomatico

Cardinale Parolin | Il cardinale Parolin con i giornalisti, 13 febbraio 2024 | Vatican News Cardinale Parolin | Il cardinale Parolin con i giornalisti, 13 febbraio 2024 | Vatican News

Parlando a margine del consueto bilaterale con l’Italia in occasione dell’anniversario della revisione dei Patti Lateranensi, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, aveva parlato della situazione a Gaza, condannando l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, ma anche stigmatizzando la sproporzionalità della risposta israeliana, che aveva provocato a Gaza 30 mila morti.

Dichiarazioni che avevano suscitato la pronta reazione dell’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, la quale in una nota aveva messo in luce come il conto dei morti fosse quello fornito da Hamas, aveva sostenuto che la risposta non era sproporzionata perché basata sul diritto internazionale, e aveva infine rimarcato che la proporzione di civili morti negli attacchi era infinitamente più bassa della media.

Restava però quell’aggettivo, “deplorevole”, traduzione in italiano dell’originale inglese regrettable, termine che non ha la connotazione di deplorevole, o comunque non ne ha tutta la forza semantica.

L’ambasciata di Israele ha poi chiarito che si trattava di un errore di traduzione, che la traduzione più corretta sarebbe “infelice”, in quello che è sembrato un atto dovuto: la Santa Sede, infatti, e il Cardinale Parolin in testa, non ha mai mancato di dimostrare solidarietà a Israele per gli orribili attacchi del 7 ottobre, e il Segretario di Stato è arrivato anche a fare una visita all’ambasciata di Israele, seguita da quella all’ambasciata di Palestina, per dare un sostegno umano e comprendere la situazione.

Il rapporto tra Israele e Santa Sede, insomma, resta saldo. Ma resta anche la differenza tra la filosofia diplomatica della Santa Sede e la filosofia diplomatica degli Stati. La Santa Sede, infatti, guarda alle persone, e dunque non può rimanere indifferente di fronte al numero di morti e alle difficoltà della popolazione, anche quando gli atti di guerra sono una reazione e anche quando lo scenario di guerra è profondamente inquinato dai terroristi – e anche da supporti al terrorismo insospettabili, con cellule di supporto individuate persino nelle agenzie delle Nazioni Unite.

Advertisement

Gli Stati devono difendere la loro esistenza da ogni possibile minaccia, ed è comprensibile la forza con cui Israele difende la sua posizione, considerando che è l’esistenza stessa dello Stato ad essere messa in discussione dal terrorismo di Hamas ma anche da una serie di attori (statali e non) che agiscono nello scenario mediorientale.

È stato questo il caso diplomatico di una settimana che è iniziata con la visita del presidente argentino Milei a Papa Francesco, in occasione della quale ha anche comunicato informalmente al Papa il nome del prossimo ambasciatore di Buenos Aires presso la Santa Sede.

C’è stato anche il consueto bilaterale Italia – Santa Sede in occasione dell’anniversario della revisione del Concordato, quest’anno un quarantennale, e alcuni dei temi di discussione sono stati affrontati proprio dal Cardinale Parolin a margine del bilaterale. Potrebbe essere stato anche l’ultimo bilaterale del cardinale Tscherrig, 77 anni: già si rumoreggia del suo successore come “ambasciatore del Papa” in Italia.

                                               FOCUS SANTA SEDE ISRAELE

Terrasanta, la posizione del Cardinale Parolin

A margine del bilaterale tra Italia e Santa Sede in occasione dell’anniversario della revisione del concordato, che ha luogo ogni anno, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, si è soffermato con i giornalisti affrontando varie tematiche. Parlando della situazione in Medio Oriente, il Segretario di Stato vaticano ha parlato di “sdegno” e “speranza”. Ha definito la situazione a Gaza, dove si sono contate 30 mila vittime, una “carneficina”, e ha chiesto una immediata soluzione.

More in Mondo

Il tema è entrato anche nei colloqui del bilaterale, tanto che il Cardinale ha sottolineato con i cronisti che “con il presidente della Repubblica e anche con il ministro degli Esteri si è fatta una panoramica un po’ su tutti gli scenari di crisi che attualmente sconvolgono il mondo e c’è una coincidenza di preoccupazioni da parte dell’Italia e della Santa Sede”.

Anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani aveva parlato, lo scorso 14 febbraio, di una reazione sproporzionata da parte di Israele nella Striscia di Gaza, seguendo quella che Parolin ha definito “una voce generale”.

Bisogna, ha detto il Segretario di Stato vaticano – “trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina. La Santa Sede l’ha detto fin dall’inizio: da una parte, una condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre, e qui lo ribadisco; una condanna netta e senza riserve di ogni tipo di antisemitismo, e qui lo ribadisco. Ma nello stesso tempo anche una richiesta perché il diritto alla difesa di Israele che è stato invocato per giustificare questa operazione sia proporzionato e certamente con 30 mila morti non lo è”.

Il Cardinale ha anche sottolineato che “non bisogna perdere la speranza”, nonostante la situazione del conflitto non sembri portare ad una conclusione rapida, anzi sembra al momento lontana”.

Parolin su Terrasanta, la risposta dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede

Dopo le dichiarazioni del Cardinale Parolin, l’ambasciata di Israele presso la Santa Sede ha diramato un comunicato stampa. L’ambasciata ha ricordato che “in occasione dell'anniversario dei Patti Lateranensi, Sua Eminenza it Segretario di Stato Card. Parolin ha affermato che i 30mila palestinesi uccisi a Gaza, secondo fonti di Hamas, indicano che la risposta di Israele al massacro del 7 ottobre sproporzionata”.

Nella prima traduzione diffusa si definiva questa come “una dichiarazione deplorevole” (regrettable nell’originale inglese). L’ambasciatore Rafael Schutz notava che “giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di tutte le circostanze e i dati rilevanti porta inevitabilmente a conclusioni errate”.

L’ambasciatore aveva sottolineato che “Gaza è stata trasformata da Hamas nella più grande base terroristica mai vista. Non c'è quasi nessuna infrastruttura civile che non sia stata utilizzata da Hamas per i suoi piani criminali, inclusi ospedali, scuole, luoghi di culto e molti altri”.

Inoltre, aveva aggiunto, “gran parte del progetto di Hamas” è stato “attivamente sostenuto dalla popolazione civile locale”.

L’ambasciatore rimarcava come i civili di Gaza avessero “anche partecipato attivamente all'invasione non provocata del 7 ottobre nel territorio israeliano, uccidendo, violentando e prendendo civili in ostaggio. Tutti questi atti sono definiti crimini di guerra”.

Schutz aveva poi ricordato che “in netto contrasto, le operazioni dell'IDF si svolgono nel pieno rispetto del diritto internazionale”, tanto che “secondo i dati disponibili, per ogni militante di Hamas ucciso hanno perso la vita tre civili. Tutte le vittime civili sono da piangere, ma nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze NATO o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista. Quindi, la percentuale dell'IDF nel tentativo di evitare la morte dei civili è circa 3 volte superiore, nonostante it campo di battaglia a Gaza sia molto più complicato, come già detto”.

La conclusione, per l’ambasciatore, non può che essere che “la responsabilità della morte e della distruzione a Gaza sia di Hamas e solo di Hamas. Questo viene dimenticato troppo spesso e troppo facilmente. Non è sufficiente condannare il massacro genocida del 7 ottobre e poi puntare il dito contro Israele riferendosi al suo diritto all’esistenza e all’autodifesa solo come un semplice atto dovuto e non considerare il quadro generale”.

Advertisement

La precisazione sulle dichiarazioni

Dichiarazioni che avevano fatto particolare rumore, anche Oltretevere, dove, tra l’altro, si notava come la Santa Sede sia stata tra le prime a difendere Israele dalla minaccia esistenziale. Anzi, il 30 ottobre l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, in una conversazione telefonica con il suo omologo iraniano Hossein Amir Abdollahian metteva in luce come il conflitto scoppiato a Gaza non dovesse tramutarsi in una “minaccia esistenziale” per Israele.

Il 16 febbraio, dunque, una nuova nota dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede specificava che c’era stato una sorta di errore di traduzione, perché la dichiarazione di Parolin non erano giudicate “deplorevoli”, ma piuttosto “sfortunate”.

Infatti, ha spiegato la rappresentanza diplomatica, nel comunicato originale, in lingua inglese, c’era l’espressione :“It is a regrettable declaration”. “Nella traduzione in italiano – si legge nella nota - è stata scelta la parola deplorevole che poteva anche essere tradotta in modo più preciso con sfortunata”.

Nel dibattito è sceso in campo anche l’Osservatore Romano. Il direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione Andrea Tornielli ha sottolineato sull’Osservatore Romano che “per la Santa Sede la scelta di campo è sempre quella per le vittime”, israeliane, palestinesi, di qualunque popolo, nazionalità, religione. Per questo, “nessuno può definire quanto sta accadendo nella Striscia un danno collaterale della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina”.

Terrasanta, la posizione del Gran Maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro

In una intervista con La Stampa, il Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, chiede di “uscire dalla logica vendicativa, ed esorta: “Hamas liberi i prigionieri senza condizione e subito, e Israele interrompa i bombardamenti senza condizione, subito. La pace è nel riconoscere a Israele il diritto di esistere in pace, così per la Palestina a esistere egualmente nel pieno rispetto del suo territorio”.

Il porporato è appena stato in pellegrinaggio in Terrasanta. Risponde alle domande mentre si è creato il dibattito sulle dichiarazioni del Cardinale Parolin. Ma è anche vero che un gruppo di rabbini ha scritto a Papa Francesco per ringraziarlo della sua “Lettera ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele”.

Per il Cardinale, queste “scintille” devono far riflettere. “C’è – afferma - una guerra terribile nella Striscia di Gaza con ripercussioni gravi in Israele e in Palestina; c’è un sequestro inaccettabile di persone a seguito dell’assurda strage di civili, quella del 7 ottobre. Su questi eventi si sono inalberate politiche (di Israele e di Hamas) che finora non hanno trovato una soluzione a vantaggio di una popolazione inerme e che subisce conseguenze inimmaginabili, che la storia giudicherà senza perdoni”.

A questo, si aggiungono “gli strattonamenti diplomatici”, mentre “la gente muore e soffre, sia a Gaza, sia in Israele”. E allora, si chiede il cardinale,. “possiamo, senza essere indotti da equilibrismi o schieramenti di parte, guardare la realtà e non dimenticare il volto delle persone, l’angoscia di bambini, di anziani e malati o la sofferenza di chi è stato ucciso, nonché la disperazione di chi è dinanzi a un futuro che è un baratro? È ciò che ha chiesto il cardinale Parolin”.

Per il cardinale Filoni, “prima di tutto bisogna volere questa tregua”, e questo è “impossibile senza il rilascio degli ostaggi, perché la loro detezione non calma gli animi”, ma serve anche “mettere fine ad alcune dinamiche fonti di tensioni, per esempio, agli insediamenti dei coloni nelle terre palestinesi: anche questa situazione è causa di ostilità infinite. E noi lo abbiamo percepito anche durante alcuni viaggi”.

Quindi, argomenta, “c’è il tema giustizia, che viene a essere sistematicamente violata. E anche il diritto della gente che da sempre vive lì ad avere una propria terra, sulla quale portare avanti la propria vita. A una tregua si può arrivare, ma bisogna mettere delle condizioni che siano corrette e oneste per tutte e due le parti”.

Per il porporato, che ha anche una lunga carriera diplomatica alle spalle, “alla soluzione dei due Stati non c’è alternativa, e i due Stati possono coesistere, però a un tale equilibrio si può giungere solo attraverso trattative. I due Stati non si possono imporre dall’esterno, devono essere voluti dalle parti. L’auspicata riconciliazione si deve basare su due principi imprescindibili: il diritto di Israele a esistere in pace, non si può pensare che Hamas possa proclamare ‘bisogna distruggere Israele’; e il diritto dei palestinesi alla loro terra e a vivere in pace nella loro terra”.

                                               FOCUS SANTA SEDE – ITALIA

I temi del bilaterale tra Italia e Santa Sede

Dal 2020, ultimo in era pre-COVID, non c’è un ricevimento al termine del bilaterale tra Italia e Santa Sede e non ci sono stati comunicati. È stato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, a dispiegare con i cronisti alcuni dei temi di cui si è parlato.

Temi, ha detto, “soprattutto italiani”, che vanno dalla questione della famiglia e le misure pro – famiglia, con apprezzamento per l’assegno unico per i figli e anche il riconoscimento che “c’è sempre spazio per intervenire”.

Si è parlato anche delle scuole paritarie e dell’IMU, l’imposta sugli immobili che contempla alcune esenzioni per la Chiesa ma su cui si sono lamentate alcune applicazioni, e poi del fine vita, tema caldo in questi giorni in Italia. Abbiamo constatato – ha detto il porporato - che le regioni cercano di venire incontro a questa mancanza di legislazione da parte italiana per le problematiche di questo tipo ma soluzioni non ce ne sono". Il riferimento è al Veneto, dove si è discussa una legge sul suicidio assistito poi non passata.

Italia e Santa Sede hanno anche recentemente firmato un accordo che porterà al trasferimento della sede centrale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù negli spazi dell’ex ospedale Forlanini di Roma, con una dichiarazione di intenti firmata lo scorso febbraio. Una questione “solo accennata nel bilaterale”, così come si è solo accennato al Giubileo 2025, sia perché l’incontro è andato oltre i tempi previsti, sia perché ci sono già vari tavoli bilaterali che hanno luogo periodicamente e che coinvolgono esponenti al massimo livello del governo italiano e della Santa Sede.

"Certo – ha detto il Cardinale - i tempi sono molto stretti, dobbiamo riconoscerlo, ma speriamo che a qualche risultato si possa arrivare. Anche qui esprimiamo speranza".

La delegazione della Santa Sede al bilaterale era composta, oltre che dal Cardinale Parolin, dal Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana; dal Cardinale Emil Paul Tscherrig, nunzio apostolico in Italia; dall’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato; dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali; dall’arcivescovo Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI. Era presente anche il Cardinale Giovan Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio, che tra l’altro partecipò ai dialoghi per la revisione del Concordato. Si sono uniti poi all’incontro il Cardinale Gianfranco Ravasi, prefetto emerito del Dicastero della Cultura, il Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, e il Cardinale Leonardo Sandri, predecedessore di Gugerotti alla guida dello stesso dicastero.

Da parte italiana, oltre al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Primo Ministro Giorgia Meloni, erano presenti anche il vice-presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro per l’Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro per la Salute Orazio Schillaci, il Ministro per la Famiglia Eugenia Roccella, il ministro dell’Ambiente e del Merito Giuseppe Valditara. Erano presenti anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e l’ambasciatore di Italia presso la Santa Sede Francesco Di Nitto.

Verso un nuovo nunzio in Italia?

Quando l’allora arcivescovo Paul Emil Tscherrig fu nominato nunzio in Italia, era il primo “ambasciatore del Papa” a Roma non italiano, segnando così una forte discontinuità con la tradizione che c’era stata dall’inizio delle relazioni diplomatiche tra Italia e Santa Sede. Questa rottura, però, dovrebbe diventare continuità. Tscherrig, che era stato anche nunzio in Argentina e inviato speciale del Papa in Venezuela, è stato creato cardinale nell’ultimo concistoro, e compirà presto gli 80 anni. È tempo di pensione, e il suo posto dovrebbe essere preso, di nuovo, da un nunzio non italiano. Si tratterebbe (ma il condizionale è d’obbligo) dell’arcivescovo Peter Rajic, canadese di origine croata, attualmente nunzio in Lituania, Lettonia ed Estonia.

                                                           FOCUS ARGENTINA

Una delegazione argentina incontra il sostituto della Segreteria di Stato

Il 12 febbraio, a margine dell’udienza concessa da Papa Francesco al presidente argentino Javier Milei e del successivo bilaterale in Segreteria di Stato vaticana con il Cardinale Parolin e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, parte della delegazione argentina ha incontrato l’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato, e il prefetto della Segreteria per l’Economia Maximino Caballero Ledo.

In particolare, all’incontro con il sostituto ha partecipato il ministro degli Affari Esteri, del Commercio Internazionale e del Culto Diana Mondino, il segretario del Culto Francisco Sanchez, il capo di Gabinetto Federico Barttfeld, l’incaricata di affari dell’Ambasciata argentina presso la Santa Sede Sofia Sanchez Acosta.

Secondo un comunicato della Cancelleria di Buenos Aires, il dialogo del ministro Mondino con i “funzionari del Vaticano” è avvenuto “in un clima cordiale e costruttivo, mostrando il profondo significato attribuito all’essere ricevuti dal Santo padre dal presidente argentino e dalla sua delegazione”.

Nel corso degli incontri, prosegue il ministero degli Esteri argentino, si è parlato anche della “storica” canonizzazione di Mama Antula. Mondino ha messo in luce l’impegno del governo argentino a mantenere e rafforzare le relazioni con la Santa Sede e lavorare in maniera comune su progetti di interesse comune. Allo stesso tempo, ha trasmesso il desiderio di una visita del Papa nela sua terra, un viaggio che non è mai finora avvenuto in dieci anni di pontificato.

Si legge nel comunicato che “il ministro ha affrontato con i funzionari vaticani anche le sfide e le caratteristiche del programma economico e sociale del governo argentino”, e la conversazione ha toccato anche temi di agenda internazionale. L’Argentina – ha detto – “si impegna a collaborare per la pace in queste nazioni”.

Un nuovo ambasciatore argentino presso la Santa Sede

Sarà il diplomatico di carriera Luis Pablo Maria Beltramino il prossimo ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede. Lo ha comunicato lo stesso Milei a Papa Francesco durante l’udienza dello scorso 12 febbraio.

Perché la nomina sia effettiva ci vorrà l’agreamant vaticano. Se tutto andrà secondo procedure, Beltramino prenderà il posto di Maria Fernanda Silva, che il presidente uscente Fernandez aveva nominato nel 2020. Silva è tornata lo scorso 6 febbraio su ordine del governo argentino, lasciando la delegazione in mano a Sofia Sanchez Acosta, incaricata d’Affari.

Beltramino, sposato e padre di tre figli, è stato segretario del Cancelliere Guido Di Tella durante la presidenza di Carlos Menem e poi anche del cancelliere Adalberto Rodriguez durante la presidenza di Fernando de la Rua. Beltramino è figlio di un diplomatico che ebbe un ruolo importante negli accordi delle comunicazioni del 1971 con il Foreign Office britannico sulla questione delle Malvinas / Falkland.

Laureatosi come avvocato all’Università Cattolica Argentina, Beltramino lavora al Ministero degli Esteri dal 1991, ed ha avuto incarichi nel Consolato generale e Centro di Promozione a New York, nell’Ambasciata dei Paesi Bassi come capo della cancelleria, e quindi ambasciatore di Argentina in Vietnam,

La scelta di un diplomatico di carriera da parte di Milei gli permette di non dover passare dall’approvazione del Senato per la nomina. Gli ambasciatori politici invece necessitano dell’approvazione del Senato, e infatti sono al voto gli ambasciatori di Stati Uniti e Colombia, presentati a dicembre.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a New York, la commissione per lo sviluppo sociale

Il 12 febbraio, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato durante la 62esima sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale. La commissione aveva come tema principale “Supportare lo sviluppo sociale e la giustizia sociale attraverso policy sociali per accelerare i progressi nell’implementazione dell’agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e di raggiungere l’obiettivo dello sradicamento della povertà”.

L’arcivescovo Caccia ha sottolineato che quando si lavora per promuovere lo sviluppo sociale e la giustizia sociale, la comunità internazionale ha l’obbligo di guardare prima quelli che sono poveri e che sono in situazioni vulnerabili. Il nunzio ha chiesto prima di tutto politiche che possano alleviare le cause alle radici della povertà, e che includono sistemi di protezione sociale, accesso all’educazione per tutti i bambini e gli adulti e l’accesso a lavoro decente con una remunerazione adeguata.

Inoltre, l’arcivescovo Caccia ha messo in luce che stiamo celebrando il 30esimo anniversario dell’Anno Internazionale della Famiglia, e sottolineato la centralità della famiglia per la giustizia sociale e lo sviluppo sociale, affermando la necessità di politiche sociali che supportino la famiglia.

La Santa Sede a Ginevra, l’architettura finanziaria globale

Il 13 febbraio, si è tenuta la 75esima sessione del Board Commercio e Sviluppo dell’UNCTAD, l’agenzia ONU per il commercio. La Santa Sede è intervenuta commentando il Rapporto Commercio e Sviluppo 2023, intitolato “Crescita, debito e clima, riallineare l’architettura finanziaria globale”.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, ha messo in luce “grande preoccupazione” per i dati del rapporto che sottolineano come la crescita in tutte le ragioni tra il 2023 e il 2024 è destinata a scendere sotto la media” nel quinto anno post-pandemia, e ancora più preoccupante il fatto che “la diseguaglianza estrema resta una caratteristica primaria del mondo contemporaneo, mentre i mercati finanziari e le istituzioni con orizzonti a breve termine sono un catalizzatore per questi trend negativi”.

Inoltre, il rapporto “mostra l’urgenza di affrontare la crisi emergente dei debiti per le nazioni in via di sviluppo”, il cui debito pubblico è quasi duplicato”. La Santa Sede nota che “l’accumulazione di pesi debitori insostenibili, combinati con una mancanza di adeguati regolamenti finanziari, limita l’autonomia politica per le nazioni in via di sviluppo e la loro abilità di mobilitare risorse per rispondere ai crescenti costi delle sfide relative al clima”.

L’arcivescovo Balestrero afferma che è “inaccettabile” il fatto che 3,3 miliardi di persone vivano in nazioni dove il denaro è usato per coprire il debito più che per l’educazione o le spese sanitarie.

La delegazione della Santa Sede chiede dunque a UNCTAD, Stati membri e partner di “aumentare gli sforzi per affrontare l’inerente debolezza strutturale dell’architettura finanziaria internazionale, che contribuisce a rendere le diseguaglianze più profonde ed espone le nazioni in via di sviluppo alle conseguenze del debito e a instabilità finanziaria”.

Inoltre, nota l’arcivescovo Balestrero, “la crescente e complessa interconnessione tra rischi economici, climatici e geopolitici” richiede un approccio etico allo sviluppo, con “la visione di promuovere una nuova governance multilaterale che permette a finanza e mercati” di servire l’interessi di popoli e il bene comune dell’umanità.

Da parte sua, la Santa Sede si impegna a continuare a lavorare con l’UNCTAD e altre organizzazioni internazionali “per promuovere una architettura finanziaria sostenibile, equa, resiliente e orientate allo sviluppo”, con un sistema che implica “la reale partecipazione della nazioni più povere e meno sviluppate nei processi decisionali”, nonché il loro accesso al mercato internazionale.

L’architettura finanziaria internazionale deve essere “inclusiva e innovativa”, delineata “secondo i bisogni e le priorità specifiche delle nazioni meno sviluppate, e capaci di supportare il loro sviluppo per il beneficio finale della intera comunità internazionale”, considerando che “la solidarietà resta a fondamento di un rinnovato impegno ad aiutare quanti hanno combattuto con sfide finanziarie per decenni, e una guida per quanti sono nuovi in questo campo”.

L’arcivescovo Balestrero conclude notando che “la ricerca di un adattamento climatico deve essere un’opportunità per riconciliare le priorità ambientali e di sviluppo”, in modo che questo si rifletta nel finanziamento di nazioni che sono disponibili allo sviluppo”. La Santa Sede supporta dunque gli sforzi per permettere alle nazioni in via di sviluppo “di usare spazi politici per una trasformazione strutturale e un adattamento climatico”.

                                                           FOCUS EUROPA  

Incontro COMECE con il Gruppo Santa Marta

Il 14 febbraio, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) e il Gruppo Santa Marta – che riunisce vescovi e legislatori sul tema del traffico di esseri umani – hanno organizzato una conferenza al Parlamento Europeo, evidenziando il contributo positivo che le Chiese e le organizzazioni religiose forniscono alla lotta contro la tratta di esseri umani. Il titolo della Conferenza era appunto “Il ruolo delle Chiese e delle Organizzazioni religiose nella lotta alla tratta di esseri umani”.

Kevin Hyland, direttore strategico del Gruppo Santa Marta, ha sottolineato che “è fondamentale rimuovere gli incentivi finanziari che fanno confluire enormi quantità di denaro contaminato dalla schiavitù umana nelle tasche delle bande criminali.

Ivonne van de Kar, co-presidente della RENATE (Religious in Europe Networking Against Trafficking and Exploitation), ha incoraggiato e le imprese ad essere consapevoli della tratta, mentre il Rev. William Kenney CP, vescovo ausiliare emerito di Birmingham e membro del Gruppo Santa Marta, ha rimarcato che “sebbene siano in vigore regolamenti e strutture legali, la loro attuazione è inefficace”.

Nel dibattito è stato sottolineato anche il legame tra la pornografia infantile e la tratta degli esseri umani, nonché l’importanza di creare alleanze e piattaforme per promuovere aiuti allo sviluppo e alla cooperazione per affrontare questo fenomeno.

                                                           FOCUS ASIA

Bangladesh, il nunzio si congratula con il nuovo ministro degli Esteri

L’arcivescovo Kevin Randall, nunzio apostolico in Bangladesh, si è congratulato lo scorso 5 febbraio con il nuovo ministro degli Affari Esteri di Dhaka, Hasan Mahmud. Il nunzio ha fatto una chiamata di cortesia al nuovo ministro degli Esteri.

Secondo un comunicato del ministero degli Esteri bangladino, durante l’incontro, Mahmud ha sottolineato che il Bangladesh è una nazione di pace, armonia religiosa e secolarismo e ha ribadito il fermo impegno del governo a costruire una nazionale pacifica, inclusiva e progressista.

Il ministro avrebbe anche fatto riferimento al protrarsi della crisi dei Rohingya, profughi di religione islamica sballottati tra Bangladesh e Myanmar e oggetto di vari appelli del Papa. Mahmud ha detto di cercare il supporto della comunità internazionale per trovare una soluzione sostenibile che porti a un ritorno sicuro nella loro patria dei Rohingya che hanno trovato rifugio temporaneo in Bangladesh.  

Il ministro degli Esteri ha anche auspicato una seconda visita del Papa nel Paese, dopo quella del 2017.

Da parte sua, l’arcivescovo ha informato delle sue visite in diverse parti della nazione, e ha detto di apprezzare l’unità che esiste tra popoli e comunità di fedi differenti nel Paese.

Il nunzio ha anche ricordato l’appello di Papa Francesco per combattere la crisi climatica, e argomentato sopra il tema della Giornata Mondiale della Pace, “Intelligenza Artificiale” e ha  chiesto il supporto del Bangladesh per un trattato globale contro l’applicazione dannosa dell’intelligenza artificiale.

Il riferimento è soprattutto alle cosiddette LAWS (Lethal Autonomous Weapons System), sistemi autonomi di armamenti che possono essere letali e che azzerano la responsabilità morale di coloro che le utilizzano. Anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha chiesto una Organizzazione Internazionale sull’Intelligenza Artificiale, mentre da Roma è partita la Rome Call for AI Ethics che chiede una etica da applicare all’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Il ministro degli Esteri bangladino ha concordato che l’intelligenza artificiale non debba essere usata per scopi che danneggiano l’umanità.

Santa Sede e Bangladesh hanno espresso anche preoccupazione per la guerra a Gaza, in particolare per l’uccisione di civili innocenti di attacchi su edifici religiosi.

                                                           FOCUS AMERICA LATINA

Colombia, una missione speciale del nunzio a Ocaña

Dal 15 al 18  febbraio, l’arcivescovo Paolo Rudelli, nunzio apostolico in Colombia, ha visitato la diocesi di Ocaña. L’agenda del nunzio include visite alle parrocchie della provincia a Sud del Cesar e nelle città di Abrego, Ocaña e San Martín. Ad Abrego, in particolare, il nunzio incontrerà sacerdoti e campesinos della comunità, mentre ad Ocaña il nunzio presiede una celebrazione solenne nella cattedrale di Santa Ana, visiterà il seminario e avrà un incontro con i sacerdoti che fanno parte della missione pastorale.

A San Martín, Rudelli benedirà la chiesa di Nostra Signora delle delle Grazie de la Torcoroma.

La visita del nunzio è considerata una missione speciale a nome di Papa Francesco. La diocesi ha preparato un programma speciale per ricevere il nunzio.

                                                           FOCUS AMBASCIATORI

Un nuovo ambasciatore del Perù presso la Santa Sede

Il 16 febbraio, Luis Juan Chuquihuara Chil ha presentato le sue credenziali come ambasciatore del Perù presso la Santa Sede. Classe 1953, sposato con quattro figli, si è formato presso la Pontificia Università Cattolica del Perù e quindi si è specializzato all’Accademia Diplomatica del Perù. Ha fatto studi di alto livello in Francia.

Tra i suoi incarichi, è stato Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Capo Gabinetto del Consiglio di Presidenza della Magistratura, Consulente politico del Ministro degli Affari Esteri della Repubblica. Ha inoltre ricoperto vari incarichi presso la Presidenza della Repubblica, la Presidenza della Magistratura, il Ministero degli Affari Esteri, l’Accademia Diplomatica, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Vita senza Droga.

Ha prestato servizio presso: l’Ambasciata del Perù in Francia (1983 - 1989), Console Generale nel Regno Unito (1996 – 2001), Ambasciatore in Belgio, Lussemburgo e presso l’Unione Europea con Sede à Bruxelles (2005 - 2007), Ambasciatore in El Salvador e Belize (2007 - 2010), Ambasciatore in Svizzera e Liechtenstein (2013 - 2016), Ambasciatore e Rappresentante Permanente presso le Organizzazioni degli Stati Americani (2016), Ambasciatore e Console Generale à Chicago (2017 - 2018), Ambasciatore e Rappresentante Permanente presso l’ONU e le Organizzazioni Internazionali con sede a Ginevra, Confederazione Svizzera, UNEP e UN-HABITAT, con sede a Nairobi, Kenya (2021-2024).