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Diplomazia pontificia, nuovi diplomatici con vista Cina

Una circolare della Segreteria di Stato vaticana assegna i nuovi incarichi di nunziatura. Continua l’attività diplomatica per l’Ucraina. Gallagher discute a largo raggio di diplomazia pontificia

Ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede | La bandiera di Taiwan sulla sede dell'ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede | Facebook / Ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede Ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede | La bandiera di Taiwan sulla sede dell'ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede | Facebook / Ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede

Non sono rimaste a lungo senza ufficiali di più alto rango la nunziatura di Taipei e la missione di studio della Santa Sede ad Hong Kong: le nuove nomine sono state annunciate in una circolare della Segreteria di Stato la scorsa settimana.

Prosegue l’impegno della Chiesa in Ucraina: c’è stata una visita dell’arcivescovo Gintaras Grusas, presidente del CCEE, e una di monsignor Bob Vitillo, segretario generale della International Catholic Migration Commission, che ha poi riferito anche al Parlamento Europeo.

In una lunga intervista, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher ha dipanato tutti i temi della diplomazia pontificia. Andiamo con ordine.

FOCUS NUNZI

Taiwan e Hong Kong, nominati i nuovi rappresentanti vaticani

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Non sono rimaste vacanti a lungo, la nunziatura di Taiwan e la missione di studio di Hong Kong legata alla nunziatura delle Filippine. Nel consueto giro di nomine e di spostamenti del corpo diplomatico di fine luglio, la Santa Sede ha nominato il nuovo incaricato di affari a Taipei (non c’è un nunzio a capo della missione da quando le Nazioni Unite non hanno riconosciuto Taiwan) e il nuovo responsabile della missione di studio di Hong Kong. Ne dà notizia il quotidiano Avvenire il 19 luglio, citando una circolare della Segreteria di Stato vaticana.

Il nuovo incaricato di affari ad interim di Taipei è monsignor Stefano Mazzotti, sacerdote dal 2001, che ha prestato servizio finora nelle Filippine, in Portogallo, In Francia, nella seconda sezione della Segreteria di Stato e dal 2020 in Egitto.

Ad Hong Kong arriva invece monsignor José Luis Diaz Mariblanca Sanchez, che ha lavorato in Indonesia, Algeria e Segreteria di Stato. La missione, dove dal 2007 sono assegnati due diplomatici, conta anche come numero 2 monsignor Alvaro Ernesto Izurieta y Sea, da Buenos Aires, che è ad Hong Kong dal 2020.

Altri trasferimenti: monsignor Andrea Ferrante viene trasferito dalla nunziatura di Francia a quella di Thailandia, come incaricato d’affari ad interim in Myanamr. Al suo posto, arriva a Parigi monsignor Andrea Francia, che proviene dalla nunziatura di Varsavia.

E poi: Giovanni Bicchierri si sposta dalla Colombia al Libano, Giuseppe Francone va dal Libano alla sede ONU di Vienne, Giuseppe Quirighetti dall’Australia a New York, Federico Boni dall’Ecuador a Papua Nuova Guinea.

Infine, una piccola anticipazione: il nuovo nunzio in Serbia dovrebbe essere l’arcivescovo Santo Rocco Gangemi, dal 2018 nunzio in El Salvador.                 

More in Mondo

                                                FOCUS UCRAINA

L’arcivescovo Morzycki: “Un disastro se il Papa visitasse la Russia e solo dopo l’Ucraina”

Mentre si parla sempre più insistentemente di un viaggio di Papa Francesco in Ucraina, l’arcivescovo latino di Leopoli Mieczyslaw Modkzycki ha detto che “sarebbe un disastro se il Papa visitasse la Russia prima e solo dopo l’Ucraina” in una intervista concessa il 15 luglio al quotidiano tedesco Tagespost.

L’arcivescovo Mokrzycki è andato persino oltre, sottolineando che “le frontiere ucraine sarebbero chiuse per lui se arrivasse dalla Russia”.

Secondo Mokrzycki, gli ucraini sono grati al Papa per aver accompagnato dall’inizio il popolo ucraino con le sue preghiere e appelli, ma lo sono meno per il fatto che “Francesco ha visitato prima l’ambasciatore russo a Roma e non ha mai chiaramente detto fino ad ora che la Russia sta invadendo l’Ucraina”.

Il sentimento di disapprovazione, ha detto l’arcivescovo latino di Lviv, è condiviso sia dalla Chiesa Greco Cattolica Ucraina che da quella latina.

La visita dell’arcivescovo Grusas in Ucraina

L’arcivescovo Gintaras Grušas di Vilnius, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, è stato in Ucraina la scorsa settimana, entrando dalla Polonia, celebrando Messa nel santuario panucraino di Berdychiv e arrivando a Kyiv da Lviv, fino a visitare le città martiri di Irpin e Bucha. Tra gli appuntamenti, la partecipazione al Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, che si è tenuto a Przemyśl, in Polonia.

Da subito, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa ha compreso la situazione in Ucraina, mettendo in guardia dalle drammatiche tensioni in un appello all’Europa diffuso dalla presidenza del CCEE il 21 gennaio 2022, ad un mese dall’inizio dell’aggressione russa. Gli episcopati europei si sono poi stretti in una rete di solidarietà per aiutare le vittime della guerra. 

Di particolare importanza è stato l’incontro che l’arcivescovo Grušas ha avuto il 18 luglio con il presidente del Consiglio ucraino Denys Shmyhal, avvenuto su iniziativa della Chiesa Greco Cattolica Ucraina.

Shmyhal ha ringraziato il popolo lituano e i cattolici lituani per il sostegno all’Ucraina, ha messo in luce il ruolo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina nel servire la popolazione in guerra, ha affermato che è importante che i cattolici in Europa e nel mondo conoscano la verità su ciò che sta accadendo in Ucraina”.

Da parte sua, l’arcivescovo Grušas ha assicurato che i cattolici d’Europa pregano per l’Ucraina e questa preghiera unisce tutti i vescovi del mondo, perché la comunità comprende non solo i cattolici dell’Unione Europea, ma anche di altri paesi, in particolare quelli post-sovietici.

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“La preghiera, da un lato, è una manifestazione di solidarietà e, dall’altro, è uno dei modi per sostenere e risvegliare la sensibilità dei cattolici in Europa alla tragedia che sta accadendo sul territorio dell’Ucraina”, ha detto il presidente dei vescovi europei.

Durante l’incontro, si è parlato anche dell’accoglienza e del sostegno agli sfollati e deli aiuti umanitari forniti dalla Chiesa. È stato firmato anche un accordo tra Caritas lituana, Caritas ucraina (della Chiesa cattolica di rito latino) e Caritas-Spes (della Chiesa Greco Cattolica Ucraina).

Il dialogo tra i due ha anche affrontato le sfide del prossimo autunno inverno, e si è parlato anche del lavoro congiunto che punta a garantire che Papa Francesco possa effettivamente visitare l’Ucraina.

 Il 15 luglio, parlando al Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, il presidente del CCEE ha ricordato il dramma della deportazione in Siberia, che avviene ancora oggi come succedeva dopo la Seconda Guerra Mondiale. “Gli orrori dello stare sotto la croce – ha detto – continuano ad essere conosciuti nel mondo di oggi. È proprio nei tempi più difficili che noi cristiani siamo chiamati ad essere segni di speranza, essendoci stata data la promessa della Resurrezione”.

L’arcivescovo Grušas ha sottolineato che “come lituano, comprendo davvero molto l’importanza della lotta per la libertà. Oggi, il mondo libero guarda all’Ucraina come un posto di lotta per la liberà e per la difesa dei valori democratici. Oggi vediamo una nazione fatta di un popolo che dà la sua vita, perché è meglio morire che vivere in cattività e con la dignità calpestata”.

Il presidente del CCEE ha anche messo in luce “le battaglie spirituali non viste” che imperversano dietro questa guerra, a partire dalla “guerra contro la verità nelle sue varie forme”, inclusa “l’ideologia del russkiy mir con consistente disprezzo della verità attraverso I mass media russi”.

Ma consiste anche in strutture di peccato che non sono esclusive di Russia e Ucraina, ma che si trovano “in ogni società”, e sono “corruzione, mancanza di rispetto per la vita umana incluse le diffuse pratiche di aborto, l’avidità per il denaro e il potere”.

“Siamo tuttti colpevoli di aver contribuito all’assenza di pace nel mondo – ha detto l’arcivescovo Grušas – e come vescovi dobbiamo continuare a chiamare alla penitenza e il rinnovamento in ogni società in Europa e in tutto il mondo”.

Monsignor Bob Vitillo parla dell’Ucraina al Parlamento Europeo

Monsignor Bob Vitillo, segretario generale dell’International Catholic Migration Commission, ha parlato lo scorso 12 luglio al Parlamento Europeo della situazione in Ucraina, dopo un viaggio fatto nel territorio. L’incontro è avvenuto sotto gli auspici dell’articolo 17 del Trattato Europeo, ed è stato organizzato dalla Commissione delle Conferenze Episcopali di Europa (COMECE).

Nel suo intervento, monsignor Vitillo ha sottolineato che Papa Francesco ha fatto, fino ad oggi, ben 64 interventi sulla guerra in Ucraina, e che i servizi di protezione e cura nei confronti delle vittime delle guerra sono stati frutto di uno sforzo locale, ma rafforzato dalle organizzazioni globali, regionali e nazionali europee attraverso la fornitura di fondi, beni materiali ed expertise professionale da tutto il mondo”.

Già a marzo, ha spiegato il segretario dell’ICMC, i leader delle organizzazioni cattoliche globali e regionali hanno formato “un gruppo di lavoro chiamato La risposta cattolica per l’Ucraina, e da allora rappresentanti di Caritas, Jesuit Refugee Service, ICMC e Stella Maris, così come del CCEE e della COMECE hanno partecipato in incontri regolari e continuano ad impegnarsi nell’affrontare i gap e bisogni attuali identificati dagli attori locali in Ucraina.

“Nessun rapporto delle attività – ha aggiunto monsignor Vitillo – potrà mai comunicare la lezione che ho imparato durante la mia visita in Polonia e Ucraina”, grazie a sfollati e rifugiati, ma anche grazie a tutti coloro che prestano loro assistenza.

“Senza eccezione – ha detto monsignor Vitillo – chi riceve questi servizi esprime profonda gratitudine per la gentile cura che hanno ricevuto. Una donna ha messo in luce che cibo e tetto non era abbastanza, dato che avevano anche bisogno di alleviare i loro cuori, menti e anime e che avevano trovato tanta cura amorevole al seminario dove avevano cercato protezione”.

Il Segretario dell’ICMC ha ricordato che molti dei membri del gruppo di lavoro si sono unite ad altre organizzazioni di tipo religioso per stabilire una Dichiarazione sull’arrivo dei rifugiati dell’Ucraina e l’applicazione della Direttiva di Protezione Temporanea. Il 17 giugno, la COMECE ha chiesto ai leader europei di “non terminare i loro sforzi al termine della guerra”.

Monsignor Vitillo al Sinodo Greco Cattolico Ucraino

Il 9 luglio, monsignor Vitillo ha parlato di fronte al Sinodo Greco Cattolico Ucraino.

Parlando del lavoro del gruppo “La risposta cattolica per l’Ucraina”, monsignor Vitillo ha suggerito che rapporti settimanali sono forniti ai membri del Gruppo di lavoro e ad altre parti, e che ci si incontra “su base bisettimanale” si collabora “in maniera stretta con rilevanti uffici della Santa Sede, inclusa la Segreteria di Stato, la Missione Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, e anche il Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale.

Una delle proposte scaturite del gruppo è di attivare “una direttiva temporanea di protezione” per i rifugiati, introducendo “linee guida operative per la gestione del confine in modo da facilitare il passaggio di confine tra Union Europea ed Ucraina.

Ancora una volta, monsignor Vitillo ha parlato a lungo dell’umanità che ha incontrato. La sua convinzione, ha detto, è che “dobbiamo raddoppiare la nostra partnership umanitaria con le comunità di Chiesa in Ucraina nelle nazioni che ospitano ai confini”.

Servono, tra le altre cose, anche una cura psico-sociale e pastorale per coloro i quali hanno visto le loro vite distrutte a causa della guerra.

Ma è anche urgente, ha aggiunto, prevedere “un ritorno sicuro e volontario di rifugiati e sfollati” e la futura “riabilitazione della vita economica e sociale e lo sviluppo integrale in una Ucraina ancora più forte e determinata, che dovrà fiorire al termine di questa terribile guerra”.

L’ambasciatore Yurash: “Dubito che Papa Francesco possa andare a Mosca”

In una intervista a Catholic News Service, l’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede Andriy Yurash ha sottolineato il supporto di Papa Francesco per l’Ucraina, ha messo in luce la circostanza personale di un figlio in guerra, e ha detto che un viaggio del Papa in Ucraina potrebbe accadere, ma non si sa quando.

Il Papa – ha detto l’ambasciatore – “sta aspettando il momento in cui il suo impatto sarà di maggiore utilità e più visibile. Io credo il tempo sia ora”.

Yurash non crede invece che Papa Francesco riuscirà ad andare a Mosca, anche perché Putin “comprende perfettamente” che il messaggio principale del Papa “sarà concreto, enfatizzerà la responsabilità russa per la guerra e che si deve fare tutto per fermare la guerra. E Putin non vorrà rispondere positivamente. Così, i negoziati non potrebbero avere successo per nessuno”.

Per quanto riguarda la Chiesa Ortodossa Russa, molto allineata alla linea statale, ci sono, secondo Yurash, cambiamenti reali nella percezione del Patriarcato di Mosca da “diverse persone della Santa Sede”. L’ambasciatore spera anche che la Santa Sede avrà un posto speciale come mediatore se ci saranno mai negoziati tra Ucraina e Russia.

                                    FOCUS DIPLOMAZIA PONTIFICIA

Gallagher ad America su Cina, Ucraina e la diplomazia pontificia tout court

Nella settimana appena trascorsa, la rivista statunitense America, di proprietà dei gesuiti, ha pubblicato una lunga intervista in tre parti all’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati. L’intervista affronta vari temi di particolare interesse della diplomazia della Santa Sede.

La terza guerra mondiale a pezzi

Parlando del mondo in conflitto, l’arcivescovo Gallagher ha detto che oggi “ci si trova in una situazione di conflitto e polarizzazione senza precedenti”.

L’arcivescovo ha detto che in ogni parte del mondo c’è un conflitto, e che “certamente il vero pericolo è che ci sono centri di conflitto nel mondo, e che si prenda una sorta di infezione incrociata e tutti i punti si uniscano improvvisamente, e ci troviamo alla fine in un mondo in conflitto, non solo le regioni, le nazioni o i continenti, ma proprio il mondo”.

Insomma, non è la Terza Guerra Mondiale perché “per avere una guerra, ci vuole una dichiarazione di guerra”, ma di certo “ci si trova in una situazione molto pericolosa nel mondo”.

L’arcivescovo Gallagher ha anche detto di pensare che i recenti accadimenti abbiano “severamente debilitato” il multilateralismo, anche e alla fine “ci sono ancora le istituzioni, abbiamo ancora buona volontà”.

Ucraina

Lo scorso maggio, l’arcivescovo Gallagher è stato in Ucraina, ed era la sua prima volta. Ha detto di aver imparato moltissimo dal viaggio, ma di non aver “visto personalmente alcune cose che sono state descritte accadere in Ucraina in questi mesi”.

Gallagher sottolinea che “è difficile vedere una soluzione all’orizzonte” della crisi ucraina, di prevedere “veri negoziatati in questo momento”.

Allo stesso tempo, il “ministro degli Esteri” vaticano ritiene che sia necessario “per la comunità internazionale di mantenere aperta la speranza del dialogo, la speranza del negoziato”.

Gallagher ha anche detto che non ci sono stati approcci da Mosca per una mediazione vaticana, anche se è stata apprezzata la “posizione della Santa Sede”, ma senza che ci fosse stato nemmeno un invito ufficiale per una visita del Papa a Mosca.

Nei suoi discorsi in Ucraina, l’arcivescovo Gallagher ha parlato del supporto della Santa Sede alla “integrità territoriale” dell’Ucraina, e ha sottolineato che “parlava a nome della Santa Sede”, e il Papa non lo ha corretto fino ad ora. Ma questa, ha notato, è una posizione “classica” della Santa Sede, che ha, per esempio, sempre rispettato la sovranità e l’integrità territoriale delle nazioni baltiche durante l’occupazione sovietica.

Per questo, la Santa Sede “non riconoscerebbe alcuna dichiarazione unilaterale di indipendenza” delle regioni di Donetsk e Luhansk.

Gallagher ha detto di non sapere ancora quando il Papa in Ucraina, ma che questi “è molto determinato” ad andare, anche senza che ci sia invito per andare a Mosca, anche perché le due cose non sono collegate”.

Cina

Capitolo Cina: proseguono i negoziati per il rinnovo dell’accordo con Pechino sulla nomina dei vescovi. Dopo quattro anni e un rinnovo ad experimentum di due anni, sono solo sei i vescovi nominati sulla base dell’accordo. Gallagher ammette che “Il bilancio non è particolarmente impressionante”, ma non è “senza risultati”, e l’accordo si sta sviluppando in un certo contesto, e questo contesto ha incluso anche la pandemia. L’idea è di avere presto un altro incontro. Gallagher ha ammesso che si è parlato anche di altri temi, come l’idea di un ufficio di un rappresentante della Santa Sede a Pechino, ma niente di definitivo.

Gallagher ha anche detto che il testo dell’accordo era stato redatto “prima che prendessi questo lavoro, e non è mai sostanzialmente cambiato da allora”, e che crede che “sin dal principio, si era deciso per consenso comune che il testo non sarebbe stato pubblicato finché non sarebbe stato firmato definitivamente”, anche perché “si sta cercando di migliorare il testo”.

Il 14 febbraio 2020, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato il ministro degli Esteri cinese, e nell’intervista con America sottolinea che c’è il desiderio di un altro incontro di alto livello, magari del Cardinale Parolin, Segretario di Stato, con qualcuno di livello più alto, ma non il presidente, con lo scopo di preparare un giorno un incontro tra Xi Jinping e il Santo Padre, e che crede che anche i cinesi vogliano passo dopo passo elevare il livello del contatto diretto.

Hong Kong

Parlando del recente arresto del Cardinale Zen, l’arcivescovo Gallagher ha detto che la Santa Sede ha guardato con preoccupazione la vicenda, ma che non era a conoscenza del fatto che fosse un membro dell’organizzazione 612 Humanitarian Relief Fund, o perlomeno che lui non lo sapesse.

L’arcivescovo Gallagher ha detto anche che, se Hong Kong, come ha scritto il vescovo Chow, sente preoccupazione per una diminuzione della libertà di espressione, la Santa Sede sarà di supporto.

Terra Santa

Per quanto riguarda la situazione in Terrasanta, Gallagher la descrive come “delicata”, sottolineando che ci sono state “debolezze istituzionali” da entrambe le parti, e ci sono “molte questioni pendenti” tra i palestinesi.

Il “ministro degli Esteri” vaticano ha ricordato anche la morte della giovane giornalista cattolica Shireen Abu Akleh, che “ha scioccato tutti”, un esempio “molto visibile dei problemi della Terrasanta”, per la quale la Santa Sede continua a proporre la soluzione dei due Stati, con status internazionale di Gerusalemme.

Questa proposta, ha detto, è stata messa da parte negli ultimi anni, ma “quali altre proposte ci sono sul tavolo?”

Gallagher ha detto che andrebbe in Terrasanta come officiale, anche perché non ci è mai andato nemmeno in maniera personale, ma che negli anni più recenti “c’è stata la tendenza a non inviare gli officiali di alto rango della Segreteria di Stato”, se non per accompagnare il Papa nei viaggi che ha fatto. E, in più, “da quando sono qui, non abbiamo ricevuto molti officiali di alto rango da Israele”.

Per quanto riguarda il ruolo degli Stati Uniti nella regione, l’arcivescovo Gallagher li ritiene un “attore chiave” nella regione, e ha lasciato intendere che, in un recente incontro con l’ambasciatore USA presso la Santa Sede Joe Donnelly, ha chiesto un maggiore impegno degli Stati Uniti nella regione.

Stati Uniti – Santa Sede

Riguardo i rapporti tra Santa Sede e Stati Uniti, il “ministro degli Esteri” vaticano si è soffermato sulle relazioni con gli Stati Uniti, definita “molto positiva” anche se a volte “non rispondiamo nel modo in cui vorrebbero”.

Ma – ha aggiunto – anche “con la precedente amministrazione c’era molto scambio, ma francamente non ci siamo visti faccia a faccia con la precedente amministrazione come facciamo con questa. Ovviamente abbiamo difficoltà con questa amministrazione, che sono conosciute. Ma ci sono altri temi su cui possiamo lavorare bene”.

Tra i temi, c’è quello delle migrazioni, anche se la Santa Sede esprime “preoccupazione di come a volte le persone vengono trattate, e anche di come persone che sono state negli Stati Uniti per molti, molti anni vengano deportate”.

La sfida climatica

L’arcivescovo Gallagher si è soffermato anche sulla questione della lotta al cambiamento climatico, cruciale per Papa Francesco. Recentemente, la santa Sede ha aderito alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, e questo è costato “un enorme sforzo”, tanto che l’obiettivo “è stato raggiunto solo dalla buona volontà dei vari dipartimenti della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano di lavorare insieme per renderlo possibile”.

La Santa Sede ora potrà partecipare alla 27esima Conferenza sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite di Sharm el Sheikh nel novembre 2022 come “Stato parte della convenzione e dell’accordo quadro”, dando così la possibilità a dare “un contributo più grande”.

Futuro della geopolitica

Cosa succederà nel mondo nel prossimo futuro? Gallagher dice che “vogliamo vedere la fine della guerra in Ucraina”, ma questo porta anche ad un’altra domanda, e cioè su quale sarà l’impatto di questa guerra in varie parti del mondo, in particolare in Nord Africa, e questa “è una grande preoccupazione”.

Gallagher spera anche soluzioni durevoli sul tema delle migrazioni, e in particolare sulla tratta e sulla crisi migratoria, ma non disdegna uno sguardo alla Terrasanta, e sottolinea che il Papa vorrebbe “vedere maggiore stabilità in America Latina”, e lui personalmente vorrebbe “una maggiore stabilità politica in Nicaragua, dove il nunzio è stato espulso”, e poi anche un restaurazione del regime democratico in Myanmar.

Nazioni Unite

Gallagher guarda anche al futuro delle Nazioni Unite. Ritiene quasi impossibile una riforma del Coniglio di Sicurezza (servirebbe l’ok dei cinque membri permanenti con diritto di veto), ma vede come possibile una riforma dell’Assemblea Generale. Allo stesso tempo, ha detto di essere cauti con le critiche alle Nazioni Unite, perché è vero che è una organizzazione che a volte ha trovato difficoltà a trovare soluzioni, ma è anche “l’organizzazione che porta le missioni di pace nel mondo”.

Il futuro dell’Asia

Gallagher afferma poi di auspicare che la comunità cattolica cinese in futuro possa davvero contribuire allo sviluppo della nazione, e di essere rimasto scioccato dall’assassinio dell’ex primo ministro Shinzo Abe.

Papa Francesco in Canada

Riguardo la visita di Papa Francesco, “è una visita delicata, porterà attenzione a chi soffre e ad alcune terribili situazioni che sono venute fuori dal passato”, ma “stiamo certamente sperando e pregando che la sarà un altro passo nel percorso di riconciliazione che la Chiesa Cattolica in Canada ha intrapreso per lungo tempo ora”.

I viaggi di Papa Francesco

Infine, il “ministro degli Esteri” vaticano ha detto che il Papa, se il viaggio in Canada andrà bene, riprenderà il progetto di vista in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, così come potrebbe pensare di andare in India, e di certo ha accettato “l’invito dal presidente del Kazakhstan di andare al Congresso Mondiale delle Religioni” a settembre, e “se il patriarca Kirill va, si suppone si incontreranno”, anche se “come si incontreranno e in quale contesto resta da vedere”.

FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Vienna, sulla questione dell’eguaglianza di genere

Il 21 luglio a Vienna il segretario generale dell’OSCE ha presentato l’annuale Rapporto sui Progressi riguardo l’implementazione dell’Action Plan 2004 dell’OSCE sulla promozione dell’eguaglianza di gender.

La Missione Permanente della Santa Sede è intervenuta con un discorso pronunciato da monsignor Simon Kassas, incaricato d’affari ad interim.

Nel suo intervento, monsignor Kassas ha notato che la Santa Sede supporta il principio della totale eguaglianza tra uomo e donna ed è convinta del fatto che le donne debbano essere valorizzate per le loro qualità.

Tuttavia, ha aggiunto, il primo passo per giungere a questi obiettivi è “riconoscere l’importanza della partecipazione delle donne e del loro impegno in tutti gli aspetti della vita pubblica, economica, sociale e culturale”, e la Santa Sede è convinta che ci sia “ampio spazio per un maggiore coinvolgimento delle donne”, considerando il loro “ruolo costruttivo e importante” che possono giocare soprattutto nella “prevenzione e risoluzione dei conflitti”.

La Santa Sede ha anche sostenuto gli sforzi per prevenire la violenza contro le donne, che includono “il garantire un posto di lavoro sicuro per le donne nella nostra organizzazione”.

In mezzo a tanti dati positivi, c’è però una questione che la Santa Sede affronta in maniera ferma: il fatto che il segretario generale dell’OSCE ha preso impegni a nome dell’organizzazione all’Equality Forum di Parigi, ma senza averne mandato. “Tutti gli Stati partecipanti – ha notato il rappresentante della Santa Sede – si affidano all’imparzialità e professionalità delle strutture esecutive OSCE”.

La Santa Sede a Vienna, i diritti delle vittime di tratta

Il 18 luglio, si è tenuto il Terzo incontro supplementare sulla Dimensione Umana, sul tema “Proteggere i diritti delle persone vittima di tratta”. La prima sessione affrontava il tema specifico dei bambini vittime di tratta.

Nel suo intervento, la Santa Sede ha notato come la protezione del miglior interesse del bambino proclamato in tutti i fora internazionali “non è tristemente sufficiente a proteggere i bambini dal diventare vittime di tratta”.

La Santa Sede ha sottolineato che la protezione dei bambini “richiede prima di tutto un rafforzamento della famiglia”. Quindi è importante un continuo aggiornamento di regolamenti internazionali e nazionali. Infine, c’è bisogno di una analisi costante di come la tratta si propaga.

“Vanno fatti tutti gli sforzi per assicurare che le vittime bambine possano vivere e recuperare in pace nel loro ambiente famiglia. La Santa Sede ritiene che ogni decisione dei bisogni del bambino, e ogni azione appropriata perché il bambino sia sicuro, non possa aver luogo senza rispettare il diritto primario e inalienabile dei genitori”, si legge nell’intervento.