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Diplomazia Pontificia, i rapporti con la Romania, lo sguardo ad Est e al Sudamerica

Romania e Santa Sede  | La bandiere di Romania e della Santa Sede  | AG / ACI Group Romania e Santa Sede | La bandiere di Romania e della Santa Sede | AG / ACI Group

Il viaggio in Romania di Papa Francesco dà l’occasione per fare il punto sulle relazioni tra Santa Sede e il Paese. Ma sono molti i fronti su cui è impegnata la diplomazia pontificia. Il Cardinale Parolin sarà a Pristina per la consacrazione della nuova cattedrale nei prossimi giorni e continua a monitorare la situazione in Venezuela, mentre l’arcivescovo Gallagher ha avviato i colloqui per una revisione del concordato tra Bolivia e Santa Sede.

Come sono e che peso hanno le relazioni tra Romania e Santa Sede?

Papa Francesco è arrivato in un Paese ormai europeo, che ha buone relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Il picco di queste relazioni diplomatiche è stato caratterizzato dal viaggio di San Giovanni Paolo II nel 1999.

In realtà, le relazioni tra la Santa Sede e la Romania sono presenti già nel Medioevo, come testimonia la corrispondenza tra la Sede Apostolica e i sovrani delle terre romene.

I rapporti si stringono ancora di più tra il XIV e il XV secolo a causa del comune obiettivo della lotta dell’espansione ottomana e la volontà della Santa Sede di favorire una alleanza di Stati cristiani n Europa centrale e occidentale.

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Tuttavia, la prima ambasciata di Romania presso la Santa Sede viene stabilita l’1 giugno del 1920, sotto la guida di Dimitrie C. Pennescu, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Il lavoro diplomatico portò alla firma del Concordato tra Romania e Santa Sede il 10 maggio 1927, Entrato in vigore il 7 luglio 1929, il documento permise la riorganizzazione della Chiesa cattolica di rito latino.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’instaurazione del regime comunista in Romania, le relazioni bilaterali furono fortemente messe a rischio. All’inizio del 1946, il nunzio apostolico Andrea Cassulo viene dichiarato persona non grata, quindi viene denunciato il Concordato nel 1948 e nel 1950 si arriva alla totale rottura delle relazioni diplomatiche.

Dopo che nel dicembre 1989 un colpo di Stato fece crollare il regime comunista, i rapporti tra la Santa Sede e la Romania furono ripristinati, e Romania e Santa Sede decisero di riprendere le relazioni diplomatiche dal 15 maggio 1990, mentre nel 1998 la Romania riprende a concedere, come da tradizione, il diritto di decananza al nunzio del Paese.

Da allora, rapporti molto buoni, con il culmine della visita di San Giovanni Paolo II, che fu la prima visita di un Papa in un Paese a maggioranza religiosa cristiana e ortodossa in millenni.

Il Cardinale Parolin in Kosovo il 14 giugno

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Lo scorso 5 settembre, Papa Francesco ha elevato l’amministrazione apostolica di Pristina a diocesi e nominato come vescovo Dode Gjergj. Il 14 giugno, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, sarà a Pristina per consacrare una chiesa.

Un gesto di grande attenzione per il Kosovo, non riconosciuto come nazione da molti Stati, tra i quali appunto la Santa Sede.

Tuttavia, nel giorno della memoria di Madre Teresa, Papa Francesco ha ricostituito la diocesi di Pristina, che è però rimasta una circoscrizione ecclesiastica immediatamente soggetta alla Santa Sede. È dedicata a Madre Teresa anche la nuova cattedrale della città, consacrata due anni fa.

Il Kosovo si è reso indipendente dalla Serbia nel 2008. Su 2 milioni e 200 mila abitanti, i cattolici sono appena 64 mila e gli ortodossi 120 mila, mentre il 90 per cento della popolazione è di religione islamica.

La questione del Kosovo era stata anche toccata lo scorso luglio, durante la visita in Serbia del cardinale Parolin. Il segretario di Stato aveva incontrato il patriarca serbo ortodosso Irenej, con lui aveva affrontato la questione del Kosovo, e il Patriarca aveva lodato la posizione della Santa Sede, che ha deciso di non riconoscere unilateralmente Pristina come Stato e di svilupare una diplomazia del dialogo. .

La Santa Sede ancora non ha riconosciuto il Kosovo, ma in questi ultimi mesi ci sono state almeno due visite in Vaticano da parte di ministri di Pristina.

L’incontro del Segretario di Stato vaticano con il Patriarca Irenej è avvenuto lo scorso 30 giugno. Nello stesso giorno, il Cardinale Parolin avea incontrato il presidente Serbo Alexander Vucic e il ministro degli Esteri Ivica Dacic. Anche in quel caso è stata apprezzata la posizione della Santa Sede sul Kosovo. Da parte sua, il Cardinale Parolin ha auspicato che, attraverso il dialogo tra Belgrado e Pristina, si giunga ad una reale soluzione di compromesso per il Kosovo, con la tutela della pace e della stabilità, e Vucic ha sottolineato che la Serbia è in cerca di un compromesso.

Venezuela, un incontro di Parolin

Lo scorso 23 maggio, il Cardinale Parolin si è riunito con Ellito Abrams, inviato speciale di Donald Trump per il Venezuela, e con il Cardinale Baltazar Porras, arcivescovo di Caracas.

Abrams e il Cardinale Parolin hanno cercato una strategia comune sulla crisi in Venezuela, mentre a Oslo i delegati di Nicolas Maduro e dell’autoproclamato presidente Juan Guaidò si stanno incontrano con la mediazione della Norvegia, appoggiata sia dal Vaticano che da gli Stati Uniti.

La Santa Sede ha tentato una mediazione per la crisi in Venezuela nel 2016, ma senza successo. Papa Francesco aveva inviato l’arcivescovo Claudio Maria Celli come inviato speciale, e poi – in un caso – l’allora nunzio in Argentina Emil Tscherrig, che ora rappresenta il Papa in Italia. La posizione della Santa Sede ha riassunta in una lettera del 2016 del Cardinale Parolin, che è stato nunzio in Venezuela. Il Cardinale Parolin chiedeva anche l’apertura di canali umanitari, oltre a libere elezioni.

L’arcivescovo Gallagher incontra il Cancelliere di Bolivia

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L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, si è incontrato lo scorso 29 maggio con il suo omologo di Bolivia Diego Pary. L’incontro era volto a portare avanti la definizione di un accordo tra Santa Sede e Bolivia. L’accordo – che in termini antichi potrebbe essere definito concordato – andrà a revisionare quello attuale. La revisione dell’accordo tra Bolivia e Santa Sede è in discussione dal giugno 2018, e il presidente Evo Morales ne parlò con Papa Francesco in un incontro avvenuto durante il concistoro dello scorso 29 giugno, quando fu creato cardinale anche il boliviano Toribio Ticona.

Il nuovo accordo andrebbe ad attualizzare i parametri delle relazioni diplomatiche. Durante la riunione, si è parlato anche – fa sapere il ministero degli Esteri boliviano – d come le relazioni sono migliorate “grazie alla vicinanza tra Papa Francesco e il presidente Morales”.

Il primo concordato tra Bolivia e Santa Sede fu stabilito il 29 maggio 1851.

Attualmente, la Santa Sede ha 214 tra concordati e accordi con 74 nazioni diverse. Di questi, 154 accordi sono stati stipulati con 24 nazioni europee.

Ucraina, verso un nuovo gesto di Papa Francesco

Ci sarà un’altra iniziativa di Papa Francesco per l’Ucraina, dopo “Il Papa per l’Ucraina”, che ha avviato una raccolta fondi di nuovo genere e ha avuto il prego d accendere i riflettori sul conflitto dimenticato. Lo annuncia la nunziatura di Kiev, in uno statement pubblicato sul sito ufficiale.

L’arcivescovo Claudio Gugerotti, nunzio in Ucraina ha avuto una udienza con Papa Francesco lo scorso 24 maggio, il quale ha voluto essere dettagliatamente informato sulla presente situazione politica del Paese” e “ha chiesto al Suo Rappresentante di ribadire al nuovo Presidente il Suo augurio, già trasmessogli, affinché l’Ucraina, grazie anche all’esplicita volontà di dialogo su tutti i fronti da lui espressa e che il Papa auspica ampiamente condivisa, conosca finalmente la pace e ulteriori, concrete misure che ne garantiscano lo sviluppo economico e sociale”.

Papa Francesco ha convocato vescovi e sinodo greco cattolico di Ucraina in Vaticano il 5 e 6 luglio, proprio perché potessero aiutarlo a dirimere il conflitto. Secondo la nunziatura di Kiev, “il Papa ha comunicato la Sua volontà di compiere a breve un nuovo gesto umanitario a favore dei bambini fisicamente colpiti dalla guerra, secondo modalità che saranno precisate”.

Ancora non sono state definite le modalità dell’incontro del 5 e 6 luglio in Vaticano.

Il re maori ha invitato Papa Francesco in Nuova Zelanda

Papa Francesco ha ricevuto lo scorso 26 gennaio il re maori Kiingi Tuheaita Potatau Te Wherowhero. Il re ha invitato il Papa a visitare la Nuova Zelanda.

Il re ha avuto anche incontri con il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano. I due hanno discusso dei problemi sociali e politici che i maori sono chiamati ad affrontare.

L’ultima visita di un Papa in Nuova Zelanda fu quella di San Giovanni nel 1986, quando il Papa santo celebrò messa ad Auckland.

Santa Sede a New York: una onorificenza per Aiuto alla Chiesa che Soffre

Lo scorso 22 maggio la fondazione Path to Peace ha onorato Aiuto alla Chiesa che Soffre nel suo gala annuale.

L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York, ha sottolineato che Aiuto alla Chiesa che Soffre ha lavorato per 72 anni per proteggere i cristiani e per promuovere il diritto alla libertà religiosa.

Secondo le statistiche, il 75 per cento di tutti gli atti di discriminazione religiosa nel mondo sono contro cristiani. Aiuto alla Chiesa che Soffre, nel solo 2018, ha finanziato più di 5 mila progetti in più d 140 nazioni.

L’arcivescovo Auza ha ringraziato Aiuto alla Chiesa che Soffre anche perché lui era stato un borsista della fondazione di diritto pontificio.

L’arcivescovo Auza ha poi ricordato che il 2 aprile scorso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che condannava “tutti gli attacchi terroristici contro luoghi di culto motivati da odio religioso, inclusa islamofobia, antisemitismo e cristianofobia. Era la prima volta che veniva usato il termine “cristianofobia”.

La Santa Sede a Ginevra: la salute di rifugiati e migranti

La Santa Sede partecipa anche ai lavori dell’Organizzazione Mondiale della Salute e in questi giorni si sta tenendo a Ginevra la 72esima Assemblea della Salute Mondiale. Uno dei temi di discussione è “Promuovere la salute di rifugiati e migranti”, durante il quale si discute anche di un piano di azione globale da applicare tra il 2019 e il 2023.

Il 27 maggio, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, ha tenuto un intervento, apprezzando lo sforzo dell’Organizzazione Mondiale della salute nel promuovere la salute di rifugiati e migranti e sottolineando che il Papa ha chiesto uno sforzo per aiutare queste persone che non sia basato sul calcolo, ma sulla cura delle persone, perché “una politica giusta è quella al servizio delle persone, di ciascuna persona coinvolta”, che fornisce soluzioni che possono dare sicurezza, rispetto dei diritti e dignità per tutti”.

Come al solito, anche in un documento sulle migrazioni, è stato inserito anche l tema dei cosiddetti “diritti riproduttivi”, un eufemismo che nei documenti delle Nazioni Unite nasconde un riferimento all’aborto.

La Santa Sede ha così dovuto ribadire che non considera “l’aborto o i servizi abortivi come una dimensione della salute riproduttiva o dei servizi riproduttivi”, e allo stesso modo “la Santa Sede considera i termini ‘salute sessuale e riproduttiva’ e ‘servizi di salute sessuale e riproduttiva’ solo se applicati ad un concetto olistico di salute”.