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Diplomazia Pontificia, la Santa Sede e la collaborazione con l’UE

Gli incontri del nunzio in Europa con i commissari europei. I viaggi di Gallagher e Parolin. La strategia con la Cina. Gli spostamenti in Curia

Arcivescovo Alain Lebaupin | L'arcivescovo Alain Lebeaupin, nunzio presso l'Unione Europea, con il commissario Janez Lenarcic al termine del loro incontro lo scorso 14 luglio | Twitter @JanezLenarcic
Arcivescovo Alain Lebaupin | L'arcivescovo Alain Lebeaupin, nunzio presso l'Unione Europea, con il commissario Janez Lenarcic al termine del loro incontro lo scorso 14 luglio | Twitter @JanezLenarcic

Dopo l’istituzione della Commissione Vaticana anti-Covid 19, è ripartito il dialogo tra Santa Sede e Unione Europea con una serie di incontri dell'arcivescovo Alain Lebeaupin, nunzio in Europa, con alcuni commissari europei.

La prossima settimana, il Cardinale Pietro Parolin, insieme all’arcivescovo Paul Richard Gallagher, saranno in Spagna per ordinare vescovo il nuovo nunzio in Sudan. Il responsabile dei viaggi papali sarà invece spostato in Portogallo come consigliere di nunziatura, ma il suo posto non sarà preso da nessuno, lasciando intendere che per un po’ non ci saranno viaggi internazionali del Papa. Atteso presto un altro incontro tra Santa Sede e Cina per rinnovare ad experimentum l’accordo confidenziale sulla nomina dei vescovi.

                                                FOCUS EUROPA

Santa Sede e Unione Europea

Il 14 luglio l’arcivescovo Alain Lebeaupin, nunzio presso l’Unione Europea, ha incontrato il commissario europeo Janez Lenarcic, che gestisce il portafoglio sulle gestioni della crisi. L’incontro, nella sede della Commissione UE a Bruxelles, ha fatto seguito alla videoconferenza che lo stesso arcivescovo Lebeaupin ha avuto lo scorso luglio con Dubravka Suica, vice presidente della Commissione Europea incaricata del portafoglio di Demografia e Democrazia.

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Dopo l’incontro, Lenarcic ha sottolineato in un tweet che “la solidarietà europea e globale, così come l’unità della comunità internazionale, sono essenziali per superare questa crisi, soprattutto per i più vulnerabili.

Suica ha invece sottolineato che i temi del dialogo sono stati sul recupero a seguito della crisi della pandemia, sulla demografia in Europa, la conferenza sul Futuro dell’Europa e l’importanza del dialogo tra l’Unione Europea e la Santa Sede.

Gli incontri sono frutto di una iniziativa del nunzio a seguito della creazione della Commissione vaticana anti-Covid 19, che è una commissione interdicasteriale e che unisce vari dicasteri, tra cui la Segreteria di Stato vaticana.

Il nunzio ha così informato la Commissione Europea dell’iniziativa del Papa, sottolineando che il tema della lotta alla pandemia può essere un tema di interesse per proseguire nel dialogo strutturato che era cominciato con la Commissione Juncker. Un dialogo che si era interrotto un po’ per il ritardo in cui era stata formata la commissione e un po’ per la crisi. Già a gennaio, comunque, l’arcivescovo Lebeaupin aveva avuto degli scambi con i gabinetti di Josep Borrell, Alto Rappresente UE per gli Affari Esteri, con Charles Michel, presidente del Consiglio Europea, con David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, mentre è previsto uno scambio con il gabinetto del presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

A seguito della lettera dell’arcivescovo Lebaupin, molti commissari europei hanno risposto. Un dialogo è stato instaurato con il vicepresidente Frans Timmermans, con il quale si è parlato anche del “green deal”, considerando che la commissione vaticana è presieduta dal Cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale – dicastero che è anche responsabile per l’ecologia integrale. Timmermans ha avuto un primo contatto con il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale.

Nicolas Schmit, commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, ha anche reagito prontamente allo stimolo.

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Questi scambi non sono parte dell’articolo 17 del Trattato dell’Unione Europea, che riguarda il dialogo aperto e trasparente tra l’Unione Europea e le Chiese. Sono piuttosto scambi che si inseriscono nelle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Unione Europea, che quest’anno festeggiano 50 anni.

Un’altra occasione di dialogo tra Santa Sede e UE è stato il documento che la Commissione dei Vescovi dell’Unione Europea (COMECE) ha pubblicato con il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madascar (SECAM) ad inizio giugno, chiedendo una partnership giusta e responsabile tra i due continenti. Il testo è stato inviato dal nunzio Lebeaupin, che partecipa alle riunioni della COMECE, a Charles Michel. Questi è stato direttamente interessato, e i l14 luglio ha avuto un incontro con il nunzio su questi temi. In ottobre ci dovrebbe essere un summit UE – Africa, e il testo COMECE – SECAM può essere un punto di riferimento.

Parolin e Gallagher in Spagna

Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, sarà il 25 luglio a Toledo, dove presiederà la celebrazione per l’ordinazione episcopale di monsignor Luis Miguel Munoz Cardaba, nominato nunzio apostolico in Sudan ed Eritrea. Sarà accompagnato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, in quello che sarà il primo viaggio all’estero dei vertici della Segreteria di Stato vaticana dalla crisi del coronavirus.

Il viaggio non sarà solo l’occasione dell’ordinazione episcopale di un nuovo nunzio, ma anche di una serie di incontri bilaterali tra i vertici vaticani e quelli del governo spagnolo.

Tra gli incontri previsti, quello con la vicepremier spagnola Carmen Calvo, che ha aperto da tempo un dialogo con la Santa Sede per le questioni riguardanti la tomba di Francisco Franco.

La visita di Parolin viene due settimane dopo il primo incontro tra la Chiesa e i rappresentanti del governo su questioni educative. Si è trattato di una riunione riservata, per non interferire in un processo complesso che potrebbe prevedere anche delle strumentalizzazini del governo.

Frattanto, monsignor Munoz troverà un Sudan dove, dopo 30 anni, è stato abolito il reato di apostasia. Non solo: sono state allentate molte restrizioni della shari’a (la legge islamica) in vigore nel Paese, incluso il consumo di alcool, e si parla anche di un radicale divieto di mutilazioni genitali.

Il tema del reato di apostasia in Sudan balzò alle cronache quando sui media si diffuse il caso della giovane Mariam Yehya Ibhahim Ishag, medico sudanese di fede cristiano ortodossa, che era stata condannata a morte nel maggio 2014 per, appunto, apostasia. Figlia di un musulmano e una cristiana, Mariam aveva deciso di seguire la religione della madre. Quando è stata condannata a morte, Mariam era incinta.

Le pressioni mediatiche internazionali portarono alla scarcerazione della donna il 23 giugno. Ma la donna fu arrestata di nuovo il giorno dopo all’aeroporto di Khartoum, mentre stava per lasciare il Paese. Solo nelle settimane successive, lei e la sua famiglia poterono lasciare il Paese per andare negli Stati Uniti, facendo tappa a Roma dove hanno incontrato Papa Francesco.

L’ambasciatore di Georgia presso la Santa Sede incontra il Cardinale Turkson

Khetevane Bagration de Moukhrani, ambasciatore di Georgia presso la Santa Sede, ha incontrato lo scorso 16 luglio il Cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale.

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Durante l’incontro – spiega una nota dell’ambasciata – l’ambasciatore ha posto l’attenzione sull’occupazione dei territori georgiani da parte della Russia e della violazione dei diritti umani nelle regioni occupate. L’ambasciatore ha anche notato che la situazione si è particolarmente esacerbata nel recente periodo.

La conversazione ha riguardato anche l’emergenza COVID 19, ed è stata enfatizzata l’efficacia dell’approccio della Georgia nel contrastare il virus. Alla fine dell’incontro, l’ambasciatore Bagrationi de Moukhrani ha donato al Cardinale un dipinto della “Cattedrale Movki in Abkhazia” da parte dell’artista georgiano Ketevan Davilanidtze.

La Santa Sede ha mostrato molta attenzione per la situazione georgiana. Significativamente, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha iniziato la sua visita nel Paese il 27 dicembre 2019 proprio dalla cosiddetta “Administrative Boundary Line”. .

Anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, era arrivato ai territori occupati nella sua visita dell’ottobre 2018.

Quest’anno, i legami tra Georgia e Santa Sede sarebbero stati ulteriormente rafforzati dalle celebrazioni per i 40 anni della prima visita del Patriarca Ilia in Vaticano, avvenuta il 6 giugno 1980. Papa Francesco aveva persino auspicato che, nel mezzo delle celebrazioni ci sarebbe potuta essere la presenza del Patriarca ortodosso. Ma tutto è stato annullato a causa del coronavirus.

Il presidente polacco Duda potrebbe fare il suo primo viaggio ufficiale in Vaticano

Dopo la vittoria delle elezioni presidenziali, il presidente polacco Andrzej Duda è andato a Czestochowa, a ringraziare la Madonna. E che il presidente voglia mostrare fortemente la sua fede cristiana è testimoniato anche dal fatto che il suo primo viaggio ufficiale da presidente rieletto potrebbe essere in Italia e in Vaticano.

La notizia della possibile visita a Roma di Duda è stata lanciata da Krzysztof Szczerski, aiuto presidenziale, in una intervista concessa il 14 luglio ad una radio polacca. Secondo Szczerski, il viaggio potrebbe avere luogo all’inizio dell’autunno.

La visita a Roma sarebbe anche collegata al centenario della nascita di San Giovanni Paolo II. Duda visitò Papa Francesco il 15 ottobre 2018, in occasione del 40esimo dell’elezione di San Giovanni Paolo II, e il 9 novembre 2015, all’inizio del suo primo mandato.

Il presidente FAFCE da Papa Francesco

Vincenzo Bassi, presidente della FAFCE (Federazione delle Associazioni Familiari cattoliche in Europa) ha incontrato Papa Francesco con la sua famiglia. L’incontro, in forma privata, è avvenuto il 20 giugno, ma ne è stata data notizia solo negli scorsi giorni. Bassi ha sottolineato di “aver colto l’opportunità di mettere in luce il ruolo delle associazioni famigliari in questo cambio epocale. Ho affermato che le nostre associazioni hanno una grande responsabilità nella nuova evangelizzazione, perché possono giocare un ruolo chiave nel connettere Chiesa e famiglia”.

Secondo Bassi, le associazioni famigliari sono “cruciali, perché sono reti di famiglie, devono avere la responsabilità di essere un villaggio per le famiglie”. Papa Francesco li ha molto incoraggiati ad andare avanti.

                                                FOCUS NUNZIATURE

L’organizzatore dei viaggi papali in Portogallo

La notizia è che non ci sarà, per ora, un nuovo responsabile dei viaggi papali. Monsignor Mauricio Rueda Beltz, da febbraio 2016 responsabile dei viaggi papali, sarà inviato in Portogallo, con l’incarico di consigliere di nunziatura.

Prima di diventare responsabile dei viaggi papali, Rueda Beltz era officiale della Seconda Sezione della Segreteria di Stato vaticana, dopo aver lavorato nelle nunziature di Cile e di Stati Uniti.

Per ora, monsignor Rueda Beltz non sarà rimpiazzato, perché semplicemente non si prevedono viaggi papali a breve. L’organizzazione dei viaggi richiede mesi, e la situazione è ancora più complessa ora in tempo di pandemia. In più, proprio a causa della crisi economica dovuta alla pandemia, i governi hanno meno possibilità di stanziare fondi per un viaggio papale. C’è quindi il problema delle folle, perché la presenza del Papa prevede sempre almeno una Messa con grande partecipazione.

Sono vari fattori, uniti all’età del Papa che avanza, che lasciano pensare che non ci saranno nuovi viaggi internazionali a breve.

Nei prossimi mesi, ci saranno anche vari avvicendamenti e nuovi nunzi. Tra le nunziature vacanti, ce ne sono alcune importanti, come quella in Ucraina.

                                                FOCUS ASIA

Aggiornamento Cina: la questione Hong Kong – Taiwan, i vescovi riconosciuti

È atteso in questo mese un incontro tra Santa Sede e Pechino, per definire la probabile estensione dell’accordo confidenziale sulla nomina dei vescovi. Siglato a settembre 2018 e in scadenza, la Santa Sede spera di prolungare l’accordo ad experimentum per almeno un anno. Non ci sono segnali che questo non accada, perché anche al “Dragone Rosso” è necessario il dialogo con la Santa Sede.

Di certo, si tratta di un accordo che non riguarda le relazioni diplomatiche tra Cina e Santa Sede. La Santa Sede e la Cina non hanno relazioni diplomatiche dal 1951, quando queste furono rotte da Pechino. La Santa Sede ha una “nunziatura di Cina” a Taipei, la capitale di Taiwan, ma questa non è retta da un nunzio da quando Taiwan non è più riconosciuta dalle Nazioni Unite.

La Santa Sede è l’unico Stato europeo a riconoscere Taiwan, e nel ristretto gruppo di Stati al mondo che lo fa. Tutti hanno deciso di riconoscere la Cina, che chiede sempre di rompere le relazioni con Taiwan come condizione prima di stringere qualunque relazione diplomatica.

La questione del rapporto con Taiwan, comunque, può essere problematica. Taiwan ha supportato le proteste di Hong Kong contro la Cina dopo la pubblicazione della legge di sicurezza, e il 17 luglio Taiwan ha annunciato che il suo rappresentante ad Hong Kong, Kao Ming-tsun, direttore dell’Ufficio Economico e Culturale di Taipei, è stato rimandato a casa a seguito di “ostacoli politici non necessari” che non sono stati chiariti. Secondo i media locali, questi avrebbe rifiutato di firmare una dichiarazione a favore di Pechino.

Il rappresentante era parte di un ufficio aperto da Taiwan nel territorio cinese per aiutare i cittadini che volevano trasferirsi nell’antica Formosa. L’ufficio, che mantiene legami non ufficiale, era privo di un capo da metà 2018, perché Hong Kong non aveva concesso il visto.

La nuova legge di sicurezza nazionale prevede che Pechino possa perseguire per legge crimini di sicurezza nazionale commessi all’estero, anche da stranieri. Questo ha creato la preoccupazione che gli abitanti di Taiwan e altri forestieri critici di Pechino potessero arrestati solo passando da Hong Kong durante un viaggio.

Il 16 luglio, Taiwan ha messo in luce che la Cina possa usare la nuova legge di sicurezza nazionale per una “diplomazia di ostaggio” e ha chiesto alle nazioni democratiche di unirsi contro “l’espansione autocratica di Pechino”.

Se Taiwan resta il convitato di Pietra nelle relazioni diplomatiche, prosegue la “normalizzazione” della Chiesa in Cina, dove Paolo Ma Cunguo, 49 anni, vescovo cattolico di Shuozhu, nella provincia dello Shanxi, è stato “legalizzato” nel suo ministero episcopale delle autorità cinesi lo scorso 9 luglio. La celebrazione è

stata guidata da Paolo Meng Ningyou, vescovo di Taiyuan, mentre don Giuseppe Yang Yu, vice-segretario della Conferenza episcopale cinese (organismo ancora non riconosciuto dalla Santa Sede), ha letto la lettera di approvazione alla presenza di altri confratelli vescovi, dei sacerdoti e di rappresentanti laici e religiosi della diocesi.

Quella di Ma è l’ultima di una serie di installazioni ufficiali di vescovi riconosciuti da Roma, ma non da Pechino. Il 22 giugno, era stata la volta di Pietro Li Huiyuan, vescovo cattolico di Fengxiang, mentre il 9 giugno è stato “ufficializzato” il vescovo Pietro Lin Jiashan molto anziano, che era considerato un vescovo “tenacemente clandestino” dalle autorità di cinesi.

Prima ancora, erano stati ufficializzati il 30 gennaio 2019 Pietro Jin Lugang, vescovo coadiutore Nangyang, e nel 2017, Giuseppe Han Zhihai, ordinato “clandestinamente” vescovo a Lanzhou nel 2003.

Classe 1971, cresciuto in una famiglia cristiana nella Rivoluzione culturale e colpito dal fervore apostolico dei sacerdoti negli Anni Ottanta, Paolo Ma è è stato nominato vescovo nel febbraio 2004, a soli 33 anni, fuori dalle procedure imposte dalla politica religiosa governativa. Il governo, in tutti questi anni, non lo ha mai riconosciuto ufficialmente come vescovo. Ma i funzionari hanno spesso tollerato che lui celebrasse messa in cattedrale, con le insegne episcopali.

Myanmar, i vescovi chiedono di cercare di tutti

Il Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, ha diffuso un appello a tutti i leader del Myanmar e ai leader religiosi “perché si ascoltino l’un l’altro e decidano di cercare il bene di tutti”, per porre fine ad una guerra che non sembra avere fine.

Nel messaggio, si legge che la mancata fine dei conflitti può essere attribuita a molti fattori (dalla belligeranza dell’esercito alla debolezza del governo civile; dai gruppi etnici che traggono profitto dal commercio di giada e droga ai leader religiosi troppo timidi per denunciare l’ingiustizia).

Tuttavia, nota il messaggio, ci si trova in una triplice crisi globale, del coronavirus, del cambiamento climatico e delle relazioni razziali.

Il messaggio chiede: "Cosa possiamo fare per non tornare a divisioni insensate? Quale futuro vogliamo per i nostri giovani? Per decenni non hanno avuto opportunità in patria e così sono andati all'estero, spesso divenendo schiavi. Come possiamo dare salute, benefici e dignità alla nostra gente? Con quale coraggio e creatività possiamo rivendicare il nostro diritto al rispetto, all'uguaglianza, alla prosperità sostenibile e alla pace duratura per il Myanmar?"

Il messaggio nota che c’è un interesse dei Paesi vicini alle ricchezze del Myanmar, e che è tempo di “smettere” i conflitti, approfondire i negoziati, proteggere i diritti dei poveri, ascoltare il grido della Terra e non sfruttare le foreste, preparare i giovani.

Il messaggio ricorda anche che "buddisti, cristiani e musulmani del Myanmar possono vivere e testimoniare il messaggio che il mondo desidera ardentemente ascoltare, promuovendo un mondo pacifico, giusto e inclusivo".

                                                FOCUS AMERICA LATINA

Il Nunzio in Colombia parla del processo di pace

Lo scorso 11 luglio, l’arcivescovo Luis Mariano Montemayor, nunzio in Colombia, ha dato una intervista al giornale colombiano Semana, parlando del processo di pace. Ha sottolineato che “per ottenere riconciliazione, se ne deve avere l’intenzione, e credo che gran parte della Colombia la voglia”. Tuttavia, ha detto che la riconciliazione prevede una lunga costruzione, e anche condizioni materiali, come la presenza dello Stato in ogni regione per proteggere gli abitanti.

Il nunzio ha anche denunciato che la riconciliazione non è bloccata “solo dai politici”, ma “ci sono altri gruppi che non vogliono la pace”, e che hanno anche interessi “nell’economia illegale”.

L’arcivescovo Montemayor ha dunque affermato che si deve “imparare a superare il rancore storico”, perché “non tutti soffrono allo stesso modo, ma siamo tutti sulla stessa barca e alla fine, se la barca affonda, tutti facciamo del male a noi stessi”.

Uno dei problemi maggiori, per il nunzio, è “l’assenza dello Stato in molte regioni e la mancanza di controllo territoriale. Problema che non possiamo ignorare”.

La Santa Sede ha appoggiato l’accordo di pace in Colombia, tanto che il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, presenziò alla firma dell’accordo tra governo e FARC nel 2016. Dopo l’accordo, l’impegno della Chiesa sul territorio è stato importante, e anche il viaggio di Papa Francesco nel Paese nel settembre 2017 ebbe l’intenzione di rianimare la speranza in seguito agli accordi di pace.

Ecuador, i vescovi contro il ministro della Salute

I vescovi di 10 città dell’Ecuador hanno chiesto le dimissioni di Juan Carlos Zevallos, ministro della Sanità, in una lettera inviata al presidente Lenin Moreno. I presuli sono gli ordinari di Puyo, Loja, Ambato, Sucumbíos, Latacunga, Méndez, Aguarico, Napo, Galápagos e Santo Domingo de los Tsáchilas.

Nel documento, i presuli chiedono a Moreno anche le dimissioni di tutti i funzionari che si sono dimostrati "corrotti e inefficienti".

I vescovi chiedono inoltre l’autorizzazione di usare il biossido di cloro per curare il coronavirus, in quanto medicina alternativa che nei test si è dimostrata efficace, e affermano di di sentirsi oltraggiati dalle notizie di atti di corruzione in riferimento all'apparente consegna irregolare di documenti per le persone con disabilità o al presunto premio del prezzo nell'acquisizione di forniture per le case di cura.

                                                FOCUS AFRICA

Mali, i leader religiosi musulmani e cristiani chiedono dialogo

I leader religiosi musulmani e cristiani del Mali si sono riuniti in questa settimana, chiedendo dialogo per risolvere una tesa situazione sociopolitica che ha provocato alcuni morti e la furia e distruzione di autorità pubbliche e private.

Cherif Ousmane Madani Hadair, presidente dell’Alto Consiglio Islamico del Mali, ha invitato le popolazioni maliane alla calma, ma ha anche chiesto al governo di assumersi le proprie responsabilità, e di rilasciare i leader che sono stati arrestati a seguito delle manifestazioni di protesta.

Il Cardinale Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako, ha affermato che il Mali non merita la situazione che sta vivendo, ha deplorato la presenza di morti e ha rinnovato l’invito alla calma e al dialogo.

Il reverendo Nouh Yattara, presidente dell’Associazione dei Gruppi Ecclesiali e delle Missioni Evangeliche in Mali, ha affermato che “nessuno può essere indifferente a questa situazione”.

                                                   FOCUS MEDIO ORIENTE

Iraq, il Patriarca Sako chiede di rispettare i diritti dei  cristiani

Matrimonio e libertà sono i due temi principale del messaggio del cardinale Louis Raphael Sako, patriarca di Babiloonia dei Caldei, diffuso attraverso i canali ufficiali del Patriarcato, in cui chiede alle autorità irachene di "rispettare i diritti dei cristiani", i quali "sono abitanti originari dell'Iraq" e quindi "hanno doveri da rispettare e godono di diritti che devono essere rispettati".

 

In Iraq, in tema di diritto matrimoniale, viene applicato il diritto della tradizione islamica anche ai cattolici. A questo proposito, il cardinale ha riproposto il matrimonio cristiano, e ribadito il no alla poligamia e al divorzia, notando che una dichiarazione di nullità "spetta alla Chiesa sulla base di validi motivi". 

Il cardinale Sako ha anche ricordato che le donne hanno il diritto di ereditare tutto dai mariti,  e che hanno parità con gli uomini e gli uomini non possono pagare per ottenere una donna in spisa.

Il Patriarca ha chiesto che lo Stato legiferi "per istituire un sistema civile che sia indipendente dalle credenze e dalle affiliazioni religiose e settarie".

Quindi, il tema dell'apostasia, che nei Paesi di diritto islamico è passibile di morte. Sottolinea il Cardinale: "Crediamo che sia giunto il momento per una legge che rispetti la libertà di coscienza, cioè il diritto di cambiare dottrina e religione senza subire alcuna pressione. La coercizione è incompatibile con la libertà della persona, con i diritti umani e con il Corano. La fede nasce dalla convinzione interiore e dalla libertà personale. Il cristianesimo rispetta la libertà di una persona di cambiare la propria religione di convinzione ogni volta che lo desidera".

Infine, il Cardinale Sako ha chiesto alle autorità una clausola per indicare i "rituali religiosi o settari scelti dai contraenti per il loro matrimonio" e  di proclamare Natale e Pasqua "festività ufficiali per tutti gli iracheni". 

Libano, il cardinale Rai critica Hezbollah

Per il Cardinale Boutros Bechara Rai, patriarca dei Maroni, la crisi economica e finanziaria che sta colpendo da tempo il Libano è causata anche dalla politica di egemonia esercitata da Hezbollah. “Il Libano - ha sottolineato il cardinale il 16 luglio in una intervista ad un organo vaticano - è un luogo di incontro per religioni e sette che vivono in ordine e conformità alla Costituzione, al Patto nazionale e all’accordo di Taef. Quello che c’è di nuovo oggi è che vi è una sorta di egemonia da parte di Hezbollah sul governo e la politica, dovuta al suo coinvolgimento nelle guerre arabe e internazionali, e a eventi che il Libano per primo non vuole”. 

Per il cardinale, la nazione si può salvare solo attraverso un “sistema effettivo, positivo e impegnato in un’ottica di neutralità”. 

Da settimane, il Libano è teatro di proteste anti-governative. Nassif Hitti, ministro degli Esteri libanese, è stato in Vaticano il 7 luglio, dove ha potuto incontrare il Cardinale Parolin e l'arcivescovo Gallagher. L’attenzione della Santa Sede al Libano è stata costantePapa Francesco, lo scorso maggio, ha inviato 400 borse di studio di 200 mila dollari in Libano per sostenere la pace.

Il Cardinale ha anche denunciato l'abbandono dei Paesi Arabi da parte di Stati Uniti ed Europa, con la scusa che aiutandoli "aiuterebbero Hezbollah che controlla la nazione". 

Il Cardinale ha suggerito che uno o due membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite presentino una mozione al segretario generale per creare “un sistema di neutralità positiva ed efficace”. La questione andrà poi messa ai voti “contando su un ruolo effettivo della Santa Sede”.