È stata la prima nazione a proclamarsi cristiana, ma la Santa Sede ha potuto allacciare le relazioni diplomatiche solo 25 anni fa, quando l’Armenia era definitivamente uscita dal blocco sovietico. Sono “nozze d’argento”, che vanno celebrate. E lo fa il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, in una Messa durante la quale definisce le relazioni tra le due nazioni “un dono di Dio”.
In quattro passi, la Santa Sede ha esposto alle Nazioni Unite i punti necessari per raggiungere una soluzione pacifica al conflitto che da tempo ormai sta martoriando la Repubblica Centrafricana. È questo il tema del primo intervento alla settimana delle Nazioni Unite, quella della 72esima sessione generale cui partecipa l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, e cui una volta ogni due anni partecipa anche il Segretario di Stato vaticano.
Russia, Cina e Iran: tre Paesi che la diplomazia della Santa Sede osserva con attenzione. Se in Russia, dopo la visita del Cardinale Parolin, cominciano a vedersi segni di speranza per la restituzione degli edifici sequestrati dall’Unione Sovietica ai cattolici, la Cina continua a rappresentare per la Santa Sede un luogo dove nulla accade secondo una logica precisa, e dove a momenti di apertura si succedono momenti di improvvisa chiusura. Infine, l’Iran, dove è stato in visita l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, con il quale i rapporti sono buoni, sebbene le comunità locali vivano momenti difficili.
Una economia che includa anche gli ultimi e che sia orientata alla persona: è questa la ricetta della Santa Sede per uscire dalla crisi economica, rilanciata ancora una volta nel momento in cui l’United Nations Conference on Trade and Development lancia il suo rapporto annuale.
È la settimana che precede la 72esima sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite, in una settimana di settembre che segna l’inizio dei lavori e che in generale vede la presenza del Segretario di Stato vaticano. Ma la linea della Santa Sede, su molti temi: dal Forum di alto livello sulla Cultura della Pace, alla questione del trapianto di organi e dello sviluppo degli habitat urbani, fino alla “responsabilità di proteggere”.
Per dimostrare quanto è attento al tema delle migrazioni, Papa Francesco ha istituito all’interno del nuovo dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale una sezione migranti e rifugiati, sotto il suo diretto controllo, con una squadra di studio e azioni che gli permette di avere gli occhi aperti sul tema.
Quali sono stati i più grandi risultati della Santa Sede nella diplomazia multilaterale? Sono risultati spesso invisibili, si trovano nelle pieghe di difficili negoziazioni dei trattati, e alla persona comune sembra a volte non si sia ottenuto niente. Eppure, in un mondo difficile e in una “dittatura del relativismo” che cerca di cambiare l’antropologia stessa dell’uomo, questi risultati rappresentano una piccola goccia al servizio del bene comune, da non sottovalutare.
Da monsignor Alberto Giovannetti, primo Osservatore Permanente della Santa Sede a New York, molte cose sono cambiate. La Santa Sede ha rafforzato il suo impegno nel campo della diplomazia multilaterale. Ha partecipato ai dialoghi che hanno portato alla fondazione dell’OCSE. È stato membro fondatore dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale di Energia Atomica. È recentemente diventata Stato membro dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), una scelta profetica considerando l’attenzione che oggi viene data a questo fenomeno.
Quale è il ruolo della diplomazia del Papa in era moderna? Se, da sempre, la Santa Sede ha avuto una sua rete diplomatica, con cui intratteneva rapporti con gli Stati, è nell’epoca moderna che la Santa Sede arricchisce il suo lavoro con le cosiddette relazioni “multilaterali”, quelle che si fanno all’interno degli organismi internazionali.
Una conferenza sul disarmo, con una particolare enfasi sul disarmo nucleare, si terrà in Vaticano il prossimo 10 e 11 novembre.
Le parole che il Papa ha pronunciato di fronte alla delegazione della diocesi di Ahiara sono state rese note dall’agenzia Fides il 9 giugno, e poi dalla Sala Stampa della Santa Sede. Ed è una presa di posizione durissima contro clero e fedeli che hanno rifiutato il vescovo nominato nella diocesi perché di etnia diversa a quella della regione.
L’intervento della Santa Sede alla 70esima assemblea mondiale della Sanità si è concluso con l’invito alle autorità presenti a partecipare alla Conferenza Internazionale “Affrontare le disparità globali in materia di salute” che si svolgerà in Vaticano dal 16 al 18 novembre.
La lotta al terrorismo, con una particolare sensibilità per la persecuzione dei cristiani, ma con lo sguardo ben puntato sulla situazione generale. Il lavoro diplomatico, necessario per aiutare le missioni sul territorio. Lo sforzo umanitario. Sono questi i tre poli sui quali si concentra la diplomazia pontificia, secondo la sintesi che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, ha fatto di fronte ai membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice lo scorso 20 maggio.
A cosa serviranno le nuove relazioni diplomatiche? Sicuramente, a migliorare lo status giuridico della Chiesa birmana, con l’apertura di un tavolo per riottenere le scuole nazionalizzate e confiscate nel 1962, una cinquantina di istituti in tutto.
Si può quantificare l’impegno della Chiesa nel conflitto siriano? Non si può in termini di sostegno alla popolazione, ma si può quantificare quanto è stato investito in aiuti. E le cifre le ha date il “ministro degli esteri” vaticano Gallagher, parlando alla conferenza su “Sostenere il futuro della Siria e della Regione”.
Il primo obiettivo è quello di “ricostruire il clima di fiducia” per permettere ai rifugiati di ritornare a casa. Lo racconta ad ACI Stampa l'arcivescovo Silvano Tomasi, segretario delegato del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, che è stato in un “pellegrinaggio” di 10 giorni in Libano, Giordania, Iraq, Grecia.
Nell’ambito di un dibattito al Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite sulla “Protezione delle Infrastrutture critiche contro gli attacchi terroristici”, la Santa Sede ha chiesto ha gran voce l’intervento della comunità internazionale per proteggere le infrastrutture civili dagli attacchi terroristici.
Ripercorrendo punto per punto il discorso di inizio anno di Papa Francesco al corpo diplomatico accreditato, la missone della Santa Sede alle Nazioni Unite rimarca l’importanza delle religioni nella promozione della pace nel mondo.
Tra Africa ed Oriente, i ranghi diplomatici della Santa Sede sono in viaggio con uno scopo: promuovere la pace. È stato questo il centro della “lezione” sulla diplomazia vaticana che il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha dato un Madagascar, dove è in visita fino a domani prima di recarsi in Congo. Ed è stato questo il senso del messaggio che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, ha lanciato durante la sua visita ad Hiroshima, dove fu sganciata la prima bomba atomica.
Fa il ritratto di una diplomazia vaticana “più attiva”, che ha assunto il ruolo di leader, che punta a “lottare contro la povertà, costruire ponti, lavorare per la pace”. Sottolinea la necessità di “ridare un’anima all’Europa”. E mette in luce la necessità di difendere la libertà religiosa. A Davos per il World Economic Forum, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, partecipa ad una conversazione, riportata da Radio Vaticana.