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Diplomazia pontificia, ancora non è tempo per un nunzio solo per il Sud Sudan

Papa Francesco e Salva Kiir | L'incontro tra Papa Francesco e il presidente del Sud Sudan lo scorso 16 marzo | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco e Salva Kiir | L'incontro tra Papa Francesco e il presidente del Sud Sudan lo scorso 16 marzo | Vatican Media / ACI Group

Sebbene sia stata aperta una nunziatura in Sud Sudan, non è ancora tempo per un nunzio solo per il Paese. Come tradizione, infatti, “ambasciatore del Papa” a Giuba è stato nominato il nuovo nunzio in Kenya. Porterà avanti un compito delicato, e sarà chiamato anche eventualmente ad aiutare Papa Francesco a visitare il Paese, come desidererebbe.

Proseguono intanto gli incontri alle Nazioni Unite della commissione sullo status della donna. E il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede presenta la sue lettere credenziali.

Diplomazia pontificia, il nunzio in Sudan del Sud

Tra le nomine dei nuovi nunzi dello scorso 19 marzo, c’è stata quella del nuovo nunzio in Sud Sudan. Come tradizione, è stato scelto il nunzio in Kenya, l’arcivescovo Hubertus van Megen, nominato alla nunziatura di Nairobi lo scorso 21 febbraio. Si pensava che ci sarebbe stato un nunzio separato per il Sud Sudan, anche per via dello stabilimento della sede della nunziatura a Juba lo scorso giugno, nonché per la particolare attenzione che Papa Francesco ha sempre accordato al Paese. Per ora, però, si è deciso di rimanere secondo tradizione, mentre continua il lavoro diplomatico a favore del Sud Sudan.

Incontrando lo scorso 16 marzo il presidente del Sud Sudan Salva Kiir, Papa Francesco gli aveva reiterato la sua volontà di visitare il Paese, e questa volontà è stata significativamente espressa anche nel bollettino della Sala Stampa della Santa Sede che, come di consueto, aveva fatto seguito all’incontro.

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Dopo questo incontro, sono stati fatti passi avanti. Il 17 marzo, il presidente Salva Kiir e la sua delegazione hanno fatto ritorno in Sud Sudan, insieme al suo seguito, e il minstro Mayik Ayii Deng, incaricato della presidenza della Repubblica, ha detto ai giornalisti che il 21 marzo ci sarebbe stata una delegazione vaticana per verificare e analizzare le condizioni del Paese. La delegazione dovrebbe rimanere nel Paese per 5 giorni, ma non è stato specificato se questa presenza riguarda anche la possibilità di un viaggio.

Un viaggio che Papa Francesco voleva ecumenico, tanto che si pensava che sarebbe stato svolto con il Primate Anglicano Justin Welby, come Papa Francesco aveva rivelato il 26 febbraio 2017, parlando nella parrocchia anglicana di Ognissanti.

Se ci fosse una visita, si ipotizza potrebbe essere molto rapida, magari di ritorno da uno dei viaggi attesi da Papa Francesco in Africa in questo anno (si parla dell’Uganda a luglio, per i 50 anni del SECAM, e di Mauritus, Madagascar e Mozambico per settembre).

Il presidente Xi incontra Papa Francesco?

Non c’è ancora stata (e sembra non ci sarà) la visita del presidente cinese Xi Jinping da Papa Francesco. Nonostante i segnali di distensione, nati anche con l’accordo di settembre sulla nomina dei vescovi, per ora l’incontro non ha avuto luogo. Si sarebbe trattato comunque di un incontro privato, fuori dal Palazzo Apostolico, probabilmente a Santa Marta, anche perché Santa Sede e Cina non hanno relazioni bilaterali.

Xi è in Italia dal 21 al 24 marzo, mentre Hu Kintao, il suo predecessore, fu in Italia nel 2012. Anche allora si parlò di un possibile incontro privato con Benedetto XVI, che aveva dimostrato la sua disponibilità, ma questo incontro non ebbe luogo.

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Ora, dopo l’accordo, ci sono molte situazioni ancora da chiarire. L’arcivescovo Claudio Maria Celli, che da sempre si occupa di Cina, è stato in Cina a dicembre ed ha potuto anche visitare ufficialmente una diocesi.

C’era stata anche un’altra possibilità di un incontro tra Papa Francesco e il presidente XI, nel 2015, quando il Papa in visita negli Stati Uniti e il suo discorso alle Nazioni Unite era previsto proprio durante il periodo di permanenza a New York del presidente Xi. Ma l’incontro non ebbe luogo.

Le diplomazie, comunque, lavorano incessantemente. Una ulteriore apertura si è registrata con la prefazione del Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, al secondo libro di Civiltà Cattolica dedicato alla Cina, parte del “Forum di Cina per il Dialogo tra Civiltà” sponsorizzato dalla rivista dei gesuiti e dall’università Georgetown.

Nella sua prefazione, il Cardinale Parolin ripercorre il dialogo tra Cina e Santa Sede dalla fine del 1980, e segnala che i livelli del dialogo sono espressione di “due fondamentali chiavi interpretative”, che riguardano la continuità ecclesiale e l’impegno pastorale, e ha sottolineato che è significativo che questa collezione monografica sia “pubblicata esattamente cento anni dopo” della Maxim Illud di Benedetto XV, l’enciclica sulle missioni che “era pervasa dalla proiezione di una proclamazione globale del Vangelo che aveva riconosciuto l’eroismo di molti missionari aveva accettato realisticamente i limiti del lavoro portato avanti per portare il Vangelo a tutti”.

Il Cardinale Parolin ha guardato alle raccomandazioni di maggiore dinamismo e cooperazione tra le congregazioni religiose, e avvisò i missionari sul pericolo di “coltivare sentimenti nazionalisti”, e ha ricordato che “era un messaggio destinato soprattutto alla Cina”.

Considerazioni che – ha sottolineato il Cardinale Segretario di Stato – a Roma furono ricevute con attenzione, e la Cina divenne un laboratorio “missionario”, dove un ripensamento e un rinnovamento del lavoro della Chiesa Cattolica iniziò.

Si trattò – ha aggiunto il Segretario di Stato vaticano – di un approccio missionario nuovo, che “maturò in Cina” e fu poi proposto a tutto il mondo”, nonostante una certa resistenza.

E questo riguarda anche l’attuale presenza in Cina – sottolinea il segretario di Stato vaticano – la cui evangelizzazione “rimane una sfida decisiva per tutti i cattolici oggi”, e “anche oggi, come un secolo fa, il caso cinese mostra che la sfida dell’evangelizzazione è necessaria prima di tutto per riunificare le persone”.

Nonostante i passi avanti, “restano molti problemi per la Chiesa in Cina”, l’accordo provvisorio “non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza”, e “il percorso verso l’unità non è ancora completo” e “la piena riconciliazione tra i cattolici cinesi e le loro rispettive comunità resta un obiettivo prioritario”, motivo per cui è necessario che in Cina “si avvii un processo di purificazione della memora”.

Il Cardinale Parolin ha anche notato che la Chiesa, “oggi come sempre”, non dimentica il sacrificio di molti dei suoi figli e figlie”, ma “proprio in virtù del loro esempio, la Chiesa cerca le vie più opportune di raggiungere quanti ancora non conoscono la Buona Novella”.

Insomma, l’accordo va letto nella prospettiva del bisogno di evangelizzare, che “permette di superare molte questioni particolare e sviluppare un approccio unificato, attraverso il quale teologia, diritto, lavoro pastorale e anche diplomazia si uniscono n maniera costruttiva e creativa”.

I vescovi del Salvador prendono posizione contro la legge di Riconciliazione nazionale

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L’arcivescovo José Luis Escobar Alas di El Salvador ha preso posizione lo scorso 17 marzo con il progetto di legge di Riconciliazione Nazionale, perché favorirebbe l’impunità”.

Il progetto, ha detto l’arcivescovo, sarebbe “una legge spuria come la legge dell’amnistia del 1993, totalmente ingiusta, che invece di proteggere e riparare le vittime, andrebbe a proteggere i carnefici, favorendo l’impunità”.

La richiesta è quella di rigettare il progetto e definire invece una nuova legge “di vera riconciliazione attraverso un esercizio di giustizia transizionale che protegga e porti riparo alle vittime”.

L’arcivescovo ha detto che la Chiesa sarà sempre a fianco delle vittime, e ha anche denunciato le ultime sparizioni, chiedendo alle autorità ad occuparsi dei casi di nuove scomparse.

Nicaragua, la presenza della Chiesa nella liberazione degli ostaggi

C’erano anche una ragazza di 12 anni e un ragazzo di 14 tra i 107 tenuti in custodia della polizia leale al presidente Ortega. Tra questi prigionieri, anche un sacerdote cattolico. L’arcivescovo Waldemar Sommertag, nunzio apostolico in Nicaragua, ha interceduto per la loro liberazione.

Tuttavia, la presenza dell’arcivescovo Sommertag al tavolo di dialogo nazionale dove non sono stati invitati i vescovi ha creato molte polemiche, ma lo stesso Sommertag è stato difeso anche dal Cardinale Leopoldo Brenes.

Da aprile, da quando sono iniziate le manifestazioni contro il governo di Ortega, più di 530 nicaraguensi sono stati assassinati, e la Chiesa cattolica ha sofferto aggressioni costanti sia alle chiese che ai fedeli che ai sacerdoti.

Il nunzio Sommertag ha lavorato incessantemente per il dialogo, ed è andato personalmente al carcere delle donne per intercedere per loro

Taiwan si dota di un ambasciatore per la libertà religiosa

Un direttore di seminario ambasciatore di Taiwan per la libertà religiosa. Lo scorso 12 marzo, la presidente di Taiwan Tasi Ing-wen ha nominato Pusin Tali, direttore del seminario e istituto teologico Yu Shan, ambasciatore per la libertà religiosa. Contestualmente, la presidente ha detto che Taiwan investirà 200 mila dollari l’anno per la difesa della libertà religiosa.

È la prima volta che Taiwan ha un ambasciatore per la libertà religiosa. Pusin Tali, 63 anni, dottorato in teologia conseguito alla Scuola Superiore di Teologia dell’Asia del Sud, è dal 2002 alla guida del seminario presbiteriano situato nel distretto di Hualien. La nomina fa seguito al piano di azione “Potomac” adottato lo scorso luglio a seguito della riunione ministeriale per l’avanzamento della libertà religiosa organizzata dagli Stati Uniti, riunione cui ha partecipato anche la Santa Sede. Pusin Tali rappresenterà così il governo e promuoverà il coordinamento per proteggere la libertà di religione e lottare contro la persecuzione nei confronti delle religioni.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York: valorizzare il lavoro non pagato

È dedicato alla valorizzazione del lavoro non pagato il side event che la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York ha sponsorizzato lo scorso 17 marzo a margine della 63esima sessione della Commissione sullo status della donna insieme al Catholic Women’s Forum of the Ethics and Public Policy Center.

Parlando all’incontro, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede, ha sottolineato che è importante che la comunità internazionale si impegni nel riconoscere e valorizzare le cure e il lavoro domestico, perché “per troppo tempo, il lavoro non remunerato non ha avuto la stima che merita”. Allo stesso tempo, ha notato come recenti documenti ONU sottolineino che la donna dovrebbe ridurre questi compiti e redistribuirli agli uomini e ad altri servizi sociali, perché considerati un peso. Questo porta l’osservatore a notare che a questo lavoro non pagato vene data in realtà poca considerazione, perché “parlarne come di un peso” si basa su tre assunti: che “il lavoro di una persona fuori casa ha molto più valore del lavoro n casa; che le donne non hanno doni più grandi nel prendersi cura dei loro amati degli uomini e di professionisti; e che c’è un protagonismo tutto da costruire nella relazione tra le donne e gli uomini e che il progresso delle donne arriva solo attraverso una redistribuzione di attività considerate un peso.

Si tratta – ha detto – di una situazione complessa. Allo stesso tempo, si dovrebbe cominciare a riconoscere l’oggettiva importanza del dare cure, e la necessità di riaggiustare le regole del mercato in modo che la società riconosca una grande importanza a quel lavoro.

Si congeda l’ambasciatore di Iraq presso la Santa Sede

Lo scorso 21 marzo, Karim Berzinji, ambasciatore di Iraq presso la Santa Sede, è stato ricevuto da Papa Francesco in visita di congedo. Lascia così l’incarico di ambasciatore presso il Papa dopo soli due anni – aveva presentato le lettere credenziali il 4 marzo 2017. Lo scorso 17 maggio, aveva annunciato la sua candidatura alla presidenza della Repubblica dell’Iraq.

Classe 1960, una lunga carriera da giurista come esperto di diritti umani alle spalle, è stato anche ambasciatore di Iraq in Libano dal 2009 al 2013, in Romania dal 2013 al 2015 e segretario per gli affari legali e le relazioni multilaterali del ministero degli Esteri di Baghdad dal 2015 al 2017.

Lascia l’incarico con il sogno di un viaggio d Papa Francesco in Iraq, per il quale c’è già stato un invito, e rafforzate relazioni bilaterali, che sembra puntino anche ad un prossimo accordo tra Santa Sede e Iraq. Santa Sede e Iraq hanno piene relazioni bilaterali dal 1966. Durante la seconda Guerra del Golfo del 2003, la Santa Sede fu l’unico Stato a lasciare il proprio rappresentante.

Il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede presenta le sue lettere credenziali

È l’ex portavoce del presidente turco Erdogan il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede. Designato già lo scorso settembre, Luftullah Goktas ha presentato il 22 marzo le sue lettere credenziali a Papa Francesco. Classe 1963, laureato in teologia e filosofia e con un master in storia delle religioni presso la Pontificia Università Gregoriana, ha lavorato a lungo in Italia come giornalista, prima come freelance e poi corrispondente per il canale tv NTV e per l’agenzia di stampa Anadolou Ajansu, prima della carriere istituzionale che lo ha portato alla direzione dell’ufficio stampa del Consiglio dei Ministri turco dal 2011 al 2014 e di quello della presidenza dal 2014 al 2019.

Nuovi nunzi in Mozambico e Slovenia

Il 19 marzo, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Piergiorgio Bertoldi nunzio apostolico in Mozambico. Prende il posto dell’arcivescovo Edgar Pena Parra, che da ottobre ricopre il ruolo di sostituto della Segreteria di Stato vaticana. L’arcivescovo Bertoldi ha lavorato nelle nunziature d Uganda, Repubblica del Congo, Colombia, ex Jugoslavia, Romania, Iran Brasile, e dal 24 aprile 2015 era nunzio apostolico in Burkina Faso.

L’arcivescovo Jean-Marie Speich è stato invece nominato “ambasciatore del Papa” in Slovenia e delegato apostolico per il Kosovo. Dal 1986 nel servizio diplomatico della Santa Sede, Speich ha prestato servizio nelle nunzature di Haiti, Nigeria, Boliva, Canada, Germania, Regno Unito, Egitto, Spagna e Cuba, e nel 2008 è stato nominato capufficio della sezione francese della Segreteria di Stato vaticana. Dal 2013 era nunzio apostolico in Ghana.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York su eguaglianza di gender e ideologia gender

Lo scorso 20 marzo, durante la 63esima riunione sulla Commissione dello Status della Donna, la Santa Sede ha promosso insieme alla Heritage Foundation un evento su “Eguaglianza di gender ed ideologia di Gender: Proteggere le donne e le ragazze”.

L’arcivescovo Auza, osservatore permanente della Santa Sede, ha ricordato che, quando la commissione ha cominciato a incontrarsi nel 1947, non “c’era motivo di discutere la questione basilare di chi fosse la donna, perché la risposta era ovvia a tutti”. Invece, il fenomeno della cosiddetta “identità di genere” e l’ideologia gender “hanno reso necessario di porsi la questione, perché quanti propongono l’ideologia di gender asseriscono che la natura ha niente di intrinseco con l’essere donna al di là del modo in cui il sesso è assegnato alla nascita”.

Perciò – ha detto l’arcivescovo Auza – “molto dipende dalla questione di “chi è la donna” in termini di “legge, educazione, economia, salute, sicurezza, spor, linguaggio, cultura, antropologia di base, dignità umana, diritti umani, matrimonio e famiglia, paternità e maternità, benessere di donne, uomini e specialmente bambini”.

L’arcivescovo Auza ha citato le parole di Papa Francesco, che ha detto di amare quelli la cui “identità di genere” non corrisponde al sesso biologico, ma ha anche chiarito che Papa Francesco ha dato chiari avvertimenti sui danni che l’ideologia gender provoca a individui e società”. Il punto, ha detto l’arcivescovo Auza, è comprendere cosa è umano, cosa significa essere una donna, e quale è il modo migliore di trattare con compassione coloro la cui identità personale non corrisponde all’identità di genere.

La Santa Sede alle Nazioni Unite d New York: il tema della protezione della donna

Sempre nell’ambito della 63esima sessione della commissione sullo Status delle Donne, la Santa Sede ha promosso con il centro per la Famiglia e i Diritti Umani un evento su “Proteggere la femminilità e la dignità nelle politiche di promozione della donna ed eguaglianza di genere oggi”.

Monsignor Tomasz Grysa, vice dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unte, ha letto l’intervento preparato dall’arcivescovo Auza.

La Santa Sede ha sottolineato che le considerazioni pratiche riguardo l’accesso per donne e ragazze alla protezione sociale, i servizi pubblici e le infrastrutture sostenibili devono essere basate su una corretta antropologa. La Santa Sede nota che si parla sempre e solo della donna nei luoghi di lavoro, come si trattasse semplicemente di una mera forza lavoro di genere femminile.

La Santa Sede ha affermato che il vero rispetto della donna esiste quando si considerano tutti gli aspetti della sua umanità, inclusa la capacità di maternità e d una vita famigliare”, come riconosce la stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Per questo motivo, si deve dare maggiore protezione sociale alle donne che decidono d lavorare part time o dedicarsi full time alla famiglia.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York: il tema della Sindrome di Down

Il 21 marzo è la Giornata Mondiale per la Sindrome di Down, e la Missione della Santa Sede alle Nazioni Unite la ha celebrata con un evento alla Commissione sullo Status della Donna su “Protezione sociale per donne, ragazze e persone con Sindrome di Down.

Anche in questo caso, è stato monsignor Grysa a leggere l’intervento della Santa Sede. L’intervento ha notato come spesso la diagnosi prenatale della Sindrome è una sentenza di morte, perché molti genitori preferiscono abortire. Eppure, nota la Santa Sede, la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità protegge esplicitamente tutti i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti quelli che hanno handicap, e l’Assemblea Generale nel 2011 si è impegnata ad assicurare che quanti sono affetti da Sindrome di Down godano dei diritti e libertà.

La Santa Sede denuncia che alcune nazioni stanno cercando d eliminare la Sindrome di Down eliminando le persone con Sindrome di Down. “L’alternativa a questo trend eugenetico è l’amore”, ha sottolineato la Santa Sede, che ha messo anche in luce come le statistiche notano che le famiglie con bambini con Sindrome di Down sono tra le più felici.

Il Cardinale Parolin legato pontificio all’intronizzazione del re di Thailandia

È effettivamente re dal 2016, ma la cerimonia di intronizzazione di re Rama X di Thailandia si terrà ufficialmente solo dal 4 al 6 maggio. Papa Francesco ha nominato il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, come legato pontificio per la cerimonia.

Figlio di Rama IX, deceduto il 13 ottobre 2016, Vajralongkorn ha postiscipato la sua ascesa al trono per poter osservare il periodo di lutto, e ha accettato la nomina a sovrano solo l’1 dicembre 2016.

I cattolici in Thailandia rappresentano meno dello 0,5 per cento della popolazione. Evangelizzata da francescani e gesuiti nel XVI secolo, la Chiesa thailandese ha vissuto grande vitalità nel XX secolo, con lo stabilimento di una Caritas locale per aiutare i rifugiati provenienti dall’Indocina, ma soprattutto con la visita di San Giovanni Paolo II nel 1984.

Thailandia e Santa Sede hanno instaurato piene relazioni diplomatiche nel 1969.