Advertisement

Diplomazia pontificia, il Cardinale Parolin in Messico a metà giugno

Il segretario di Stato vaticano andrà a ordinare vescovo il secondo nunzio messicano della storia. Il Papa scrive al presidente del Libano. La questione colombiana

Cardinale Pietro Parolin | Il Cardinale Pietro Parolin durante un videomessaggio | Holy See Mission Cardinale Pietro Parolin | Il Cardinale Pietro Parolin durante un videomessaggio | Holy See Mission

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, sarà in Messico a metà giugno, per ordinare vescovo monsignor Fermin Sosa, nominato nunzio in Papua Nuova Guinea. Dopo il viaggio che non ha potuto avere luogo in Venezuela per la beatificazione di José Gregorio Hernandez Cisneros, il segretario di Stato riprende dunque a viaggiare.

In una lunga intervista, il nunzio in Colombia ha invece messo in luce temi e questioni dei dialoghi per la pace con la ELN. Papa Francesco invia una lettera al presidente del Libano.

                                                FOCUS AMERICA LATINA

Il Cardinale Parolin in Messico a metà giugno

I dettagli non sono ancora ufficiali, ma si sa che il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, sarà in Messico a metà giugno. Il segretario di Stato vaticano ordinerà arcivescovo Fermin Sosa Rodriguez il 19 giugno. Nomitato il 31 marzo nunzio in Papua Nuova Guinea, Fermin Sosa è il secondo nunzio messicano della storia, dopo l’arcivescovo Luis Roblez Diaz, che è stato nunzio per più di tre decenni.

Advertisement

Il Cardinale Parolin sarà dunque in Messico a metà giugno, ma ancora non c’è una agenda ben definita. Farà di certo tappa a Yucatan, regione di origine di Fermin Sosa, ma anche a Città del Messico, per un incontro con le autorità.

Colombia, una nuova crisi. Il lavoro della diplomazia vaticana

Riunita nella sua assemblea plenaria la scorsa settimana, la Conferenza Episcopale Colombiana ha sostenuto l’avanzamento dei dialoghi tra il governo e il Comitato nazionale dello Sciopero Nazionale per superare la crisi, sottolineando che “il dialogo è il cammino più adeguato per riconoscere ciò che deve essere sempre affermato e rispettato nella società”.

I vescovi hanno chiesto alla comunità cattolica di “pregare perché i dialoghi proseguano”.

Nel frattempo, proseguono anche i negoziati con la ELN, l’Ejercito di Liberacion Nacional. Dopo gli accordi di pace con le FARC, il governo è chiamato a parlare anche con gli altri attori della guerriglia. E i contatti con l’ELN durano da circa 17 mesi.

Ne ha parlato, in una intervista a El Espectador, l’arcivescovo Mariano Montemayor, nunzio apostolico a Bogotà.

More in Vaticano

Il nunzio ha parlato di un “dialogo aperto con ELN, con la loro delegazione a La Habana e con gli organi di ELN presenti in Colombia”, portato avanti a partire dal livello delle parrocchie “per ragioni di diritto umano”, mettendo però in luce con ELN “le conseguenze chiare della sua azione sia nei confronti della popolazione che nei confronti del diritto umanitario”, perché “se è un gruppo che guida una guerra contro lo Stato, non è semplicemente un gruppo criminale, è obbligato dal diritto di guerra”.

Il nunzio rivela che le ELN hanno inviato al Papa “due lettere molto importanti che arrivarono attraverso circuiti non ufficiali”, e per questo “abbiamo visto la necessità di mantenere un canale ufficiale con loro”, perché “il Papa desidera mantenere questa comunicazione, e questo ci facilita nel poter porre a ELN le nostre preoccupazioni”.

Il presidente – ha aggiunto l’arcivescovo Montemayor – non ha aggiunto condizioni “per la nostra gestione”, ma solo per il dialogo tra il governo e ELN, che è stato riaperto in maniera sorprendente”.

Il nunzio nota che “la pandemia ha pregiudicato moltissimo” i colloqui, perché noi “avevamo chiesto che il Papa mandasse un emissario a chiedere all’ELN se era veramente disposto a entrare in negoziati per la pace”, ma poi con la quarantena e tutti i problemi si è arrivati tardi.

Parlando dell’ELN, il nunzio nota che questo “ha una base sociale importante, è presente in diverse organizzazioni sociali che partecipano alla protesta”, ma allo stesso tempo “si considera braccio armato e protettore di queste organizzazioni contro una oligarchia violenta che arriva ad ucciderci”. Per il nunzio, “l’ELN non ha pretesa di occupare lo Stato, ma si considera un braccio armato delle organizzazioni sociali che chiedono un cambiamento nella società colombiana”.

L’arcivescovo Montemayor dice che l’ELN è stato “disposto a trattare” molte precondizioni, come la liberazione dei sequestrati, quasi tutti lasciati andare.

“Sono gesti, come lo fu allo stesso modo il cessate il fuoco unilaterale che fecero durante tutto il mese di aprile e che ha avuto conseguenze chiarissime sulle operazioni nel territorio, incluse le forze di sicurezza”.

L’arcivescovo Montemayor ha anche parlato dell’ex presidente Uribe: ha detto di averlo incontrato a fine dicembre a Rionegro perché aveva una domanda del Papa per lui cui solo lui poteva rispondere. E la domanda era “se fosse contro i conttattti per la fine delle ostilità con ELN. E no, non è contrario. E questo abbiamo comunicato all’ELN”.

Il nunzio ha anche sottolineato che “il Santo Padre è un abile diplomatico”, che sa “andare ad appoggiare iniziative che vanno in linea con le sue grandi preoccupazioni universali come le migrazioni, e in particolare la migrazione venezuela che è un problema del Venezuela, ma anche della Colombia”.

Il nunzio ha dunque notato la “partecipazione massiccia di giovani” nelle proteste, che non riguardano solo i poveri, ma coinvolgono anche la classe media. In questo, agisce la pastorale sociale che “sta facendo bene il suo lavoro, e speriamo che le parti vanno verso una autentica negoziazione”.

I vescovi del Venezuela salutano il nunzio Giordano

L’agreament dell’Unione Europea per la nomina a nunzio presso l’Europa era arrivata a febbraio, ma la nomina dell’arcivescovo Aldo Giordano a Bruxelles è stata comunicata solo ad inizio maggio. È potuto così rimanere in Venezuela fino alla fine di aprile, quando ha potuto anche celebrare la beatificazione del medico dei poveri José Hernandez Cisneros. Ora, però, è tempo di partire. Così, il 20 maggio, l’arcivescovo Giordano ha incontrato la Conferenza Episcopale Venezuelana, per un congedo dopo sette anni da nunzio nel Paese. È stato un incontro in parte virtuale, in parte dal vivo, e ha visto i membri della Conferenza episcopale ringraziare il nunzio per il servizio nel Paese. In una lettera, il Cardinale Jorge Urosa Sabino ha messo in luce il lavoro diplomatico del nunzio come “un gesto di vicinanza verso tutti i venezuelani, nessuno escluso”.

Advertisement

L’arcivescovo Giordano ha detto che per lui “non è facile lasciare il Venezuela” perché “il popolo del Venezuela mi ha rubato il cuore”.

Honduras, presentato alla Santa Sede il Piano Nazionale di Ricostruzione Sostenibile

La commissione honduregna del Piano Nazionale di Ricostruzione Sostenibile dell’Honduras lo scorso 25 maggio ha presentato il progetto in Vaticano. La commissione era integrata dal Cancelliere Lisandro Rosales, dal segretario del Coordinamento generale del Governo Carlos Madero, dalla vicecancelliera Karen Najarro, dall’ambasciatore di Honduras in Italia Mariano Jimenez Talavera e dalla console generale Giselle Canahuati.

Il piano è stato presentato al Cardinale Pietro Parolin e all’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Durante l’incontro si è reiterata la richiesta di solidarietà per l’Honduras da parte della Santa Sede alla prossima conferenza delle Nazioni Unite sul cambio climatico (COP26), che avrà luogo a Glasgow. Papa Francesco potrebbe fare visita lì per la conferenza.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

Libano, Papa Francesco invia la sua solidarietà al presidente Aoun

Il sito della presidenza libanese ha riportato la scorsa settimana un breve messaggio in arabo di Papa Francesco, in cui il Papa esprime al presidente Michel Aoun la sua solidarietà per il Paese dei Cedri che sta attraversando una grave crisi economica e politica.

Nel suo messaggio, Papa Francesco "ha ribadito le sue preghiere affinché lo Spirito di saggezza sostenga il Presidente della Repubblica, Michel Aoun, e i suoi collaboratori, e illumini il loro cammino per guidare il Libano e metterlo sulla via della pace, della libertà e della felicità ", e ha espresso la sua "solidarietà al Libano, affidandola alla cura della Vergine Maria".

Il messaggio del Papa è una risposta a quello che il presidente Aoun ha inviato al Papa per la Pasqua.

Nello scorso mese, Papa Francesco ha scritto al presidente Aoun , sottolineando che il Paese del Cedro "non poteva perdere la sua identità", e reiterando  il desiderio di visitare presto il Libano, che sta attraversando una crisi socio-economica di portata senza precedenti. Papa Francesco ha già fatto sapere di voler visitare il Libano nel coros dell’anno.

Libano, il sostegno della COMECE

Proprio sulla crisi si è soffermata la COMECE (Commissione delle Conferenze Episcopali dell’UE), in un appello in cui si chiede all’Unione Europea di “sostenere

il popolo libanese nella sua lotta per il mantenimento dell'identità e del tessuto sociale del Libano di fronte alla multiforme crisi in corso nel Paese”.

La COMECE dà seguito ad una lettera indirizzata dalla Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici in Libano (APECL) al cardinale Jean-Claude Hollerich, Presidente della commissione. I vescovi si sono detti preoccupati “per i pericoli posti dall'attuale crisi politica, sociale, sanitaria ed economica che affligge la popolazione libanese”, ina una situazione così grave da mettere a rischio “l'identità stessa del Paese, forgiata da "incontro, pluralità e fraternità, che lo rende il luogo naturale del dialogo tra le diverse comunità religiose e culturali". 

Nella loro lettera, i Patriarchi e i Vescovi cattolici chiedevano anche di sostenere la presenza cristiana nella Regione. La COMECE ha anche portato queste preoccupazioni all’attenzione UE, descrivendo anche modi concreti per affrontare bisogni sociali, abitativi, sanitari ed educativi in un recente incontro con il Commissario europeo per il vicinato e l'allargamento, Olivér Várhelyi.

                                                FOCUS EUROPA

Van der Leyen, le dichiarazioni a Vatican News

Lo scorso 22 maggio, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha avuto la sua prima udienza privata con Papa Francesco. Una udienza nel segno dei cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Unione Europea, ma anche nell’ambito del 71esimo anniversario della dichiarazione Schuman che diede il via all’Europa, festeggiata dall’UE con un Iter Europeaeum per le chiese nazionali di Roma.

Parlando con Vatican News, Von der Leyen ha definito “eccellenti” le relazioni tra UE e Santa Sede, ha detto che “siamo sulla stessa lunghezza d’onda”, e che si condividono gli stessi valori, dall’impegno per la pace, alla solidarietà, alla dignità della persona. Seguiamo – ha detto von der Leyen - da vicino il Vaticano sul tema della globalizzazione della solidarietà, molto vicina al nostro cuore, e siamo riconoscenti per l’interesse manifestato per la Conferenza per il futuro dell’Europa. Già questi pochi elementi dimostrano quanto i nostri rapporti siano positivi e profondi”.

Von der Leyen si è dettato anche “gratta per il dono della Laudato Si”, ha sottolineato l’impegno dell’Europa nel Green Deal che porterà l’Europa ad essere “il primo continente ad avere la neutralità climatica nel 2050, mentre oggi abbiamo la prima legge europea sul clima”.

Parlando di radici cristiane d’Europa, von der Leyen nota che “il cristianesimo è profondamente radicato in Europa”, anzi “nei nostri argomenti quotidiani il cristianesimo e i valori sui quali poggia svolgono un ruolo importante. Inoltre, in tempi di polarizzazione, populismo, nazionalismi, la forza grande e unificatrice della religione che si impegna per la coesione e la riconciliazione ha un significato immenso. È l’elemento unificatore che dà la forza per affrontare la quotidianità e soprattutto gli impegni che ci aspettano”.

Santi Cirillo e Metodio, l’incontro del Papa con il presidente della Macedonia del Nord

Non ci sono stati comunicati della Santa Sede riguardo l’incontro di Papa Francesco con i presidenti di Bulgaria e Macedonia del Nord lo scorso 27 maggio. I presidenti guidavano le delegazioni che, come consuetudine trentacinquennale, erano a Roma per la festa dei Santi Cirillo e Metodio, che secondo il calendario giuliano cade il 24 maggio.

La presidenza macedone ha sottolineato che l'incontro ha evidenziato le eccellenti relazioni bilaterali tra la Repubblica della Macedonia del Nord e la Santa Sede, che si basano su legami storici profondi, valori e tradizioni spirituali e culturali condivisi. Il presidente Pendarovski ha ribadito l'interesse ad approfondire le relazioni con la Santa Sede in tutte le aree di comune interesse, sottolineando al contempo l'importanza della comunità cattolica nella Macedonia del Nord e il suo contributo alla società del Paese balcanico”, e ha enfatizzato la promozione del dialogo interreligioso e il rispetto della libertà religiosa.

Santi Cirillo e Metodio, l’incontro del Papa con il presidente di Bulgaria

Il presidente bulgaro Radev ha invece fatto sapere che il Papa ha rivolto un messaggio al popolo bulgaro per la salute, la prosperità e l'illuminazione”, e ha sottolineato che “il Papa vuole che le nostre Chiese si avvicinino ancora di più, abbiamo più di mille anni di storia nelle nostre relazioni, iniziate ai tempi del principe Boris e del battesimo dei bulgari nel IX secolo".
Il presidente ha donato a Papa Francesco una composizione preparata dallo storico bulgaro Rumen Manov che unisce icone e simboli bulgari a simboli cattolici su madreperla. Nella Biblioteca apostolica vaticana il presidente Radev ha esaminato frammenti del trattato "Sull'antichità della terra e delle opere bulgare" scoperto alcuni anni fa, scritto dall'arcivescovo Petar Bogdan Baksic, nato a Ciprovci.

FOCUS ASIA E OCEANIA

Il Cardinale Gregory incontra il presidente coreano Moon

In visita negli Stati Uniti, lo scorso 22 maggio il presidente sud-coreano Moon Jae-in ha incontrato il Cardinale Wilton Gregory, arcivescovo di Washington. I due hanno parlato di pace nella Penisola Coreana, armonia tra le etnie e della pandemia. Moon ha spiegato al Cardinale come sono andati i colloqui con il presidente USA Joe Biden il giorno precedente.

Moon ha anche lamentato i crescenti rapporti su crimini contro asiatici negli Stati Uniti, e messo in luce che lo stesso Cardinale ha sottolineato l’importanza dell’armonia razziale.

La Corea del Sud guarda agli Stati Uniti come un possibile mediatore con la Corea del Nord. Nel 2017, una delegazione della Corea del Sud venne in Segreteria di Stato alla vigilia della visita del presidente USA Donald Trump per chiedere alla Santa Sede di fare da mediatore, far partire il dialogo tra USA e Corea del Nord perché potesse cominciare il dialogo nella penisola coreana.

Lo scorso 15 febbraio, Lee Baek Man, che è stato ambasciatore della Corea presso la Santa Sede dal 2018 a quest’anno, ha rivelato che nel 2019 ha incontrato diplomatici della Corea del Nord a Roma, in un periodo in cui Papa Francesco aveva mostrato un certo interesse nel visitare la Corea del Nord.

L’ambasciatore ha rivelato il retroscena in Firenze’s Table, una pubblicazione Sud Coreana. L’incontro con l’ambasciatore nord coreano in Italia sarebbe avvenuto il 10 febbraio 2019, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, alla vigilia del secondo summit Stati Uniti – Corea del Nord che si teneva in Vietnam. L’incontro era anche una conseguenza della visita del presidente Moon Jae-in a Papa Francesco in Vaticano nel 2018, quando il presidente portò un invito informale a visitare la Corea del Nord e il Papa aveva dimostrato interesse a visitare la Corea del Nord.

Papua Nuova Guinea, i vescovi dicono no alla riforma costituzionale

La proposta di modifica della costituzione della Papua Nuova Guinea per descrivere espressamente la nazione come “cristiana” è stata rigettata dai vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone. E questo perché – hanno scritto in una nota, diffusa dall’agenzia Fides – “la Chiesa cattolica ha lavorato e lavora per promuovere la fede, i principi, i valori e le pratiche cristiane in ogni provincia del Paese, sia prima che dopo l'adozione della Costituzione. La libertà religiosa non è negoziabile. Noi facciamo tesoro della nostra fede e la promuoviamo. È improprio che il governo spinga le persone, in modo diretto o indiretto, ad adottare credenze, valori o pratiche religiose”.

I vescovi sottolineano che la costituzione, nel preambolo, già si impegna “a salvaguardare e trasmettere i principi cristiani”, mentre la menzione in Costituzione porta con sé il rischio di interferenze da parte del governo.

La nota dei vescovi propone anche una dichiarazione pubblica di rinnovato impegno cristiano, promossa dalle Chiese in collaborazione con il Parlamento e il governo nel Giorno dell'Indipendenza, il 16 settembre di ogni anno, e chiede di riprendere la discussione dopo le elezioni generali del 2022, per “evitare qualsiasi inconveniente e comprensione”.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede all’ONU di Ginevra, il dibattito sulle migrazioni

Lo scorso 26 maggio, la Santa Sede ha partecipato al Dialogo Internazionale sulle Migrazioni dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Di questa organizzazione, la Santa Sede è membro, a testimonianza del particolare interesse dato proprio al tema dei migranti, e in temi non sospetti.

L’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevro, ha tenuto il suo intervento nel secondo panel, su “Comprendere le connessioni tra migrazione, ambiente e cambiamento climatico e salute dei migranti nel contesto del COVID 19”.

La Santa Sede ha notato che la pandemia ha messo in luce sia “l’interdipendenza della famiglia umana”, sia “il bisogno di considerare la salute come un bene comune”. L’arcivescovo Jurkovic ha rimarcato che il Papa ha fatto appello “per facilitare la distribuzione dei vaccini”, specialmente nelle nazioni più povere, e sostenuto che “giustizia, solidarietà e inclusione sono i principali criteri da seguire per affrontare le sfide poste dalla pandemia”.

Ricorda, la Santa Sede, che il global compact sulle migrazioni chiede proprio di “incorporare i bisogni sanitari dei migranti in politiche e piani nazionali e locali”, mentre il global compact sui rifugiati chiede agli Stati di “espandere e migliorare la qualità del sistema sanitario nazionale per facilitare l’accesso da parte dei rifugiati e delle comunità che ospitano”.

La Santa Sede ha partecipato attivamente alle negoziazioni dei due testi, che si rivelano oggi particolarmente attuali quando si parla di sanità. L’arcivescovo Jurkovic ribadisce che “più che un privilegio, la cura sanitaria dovrebbe essere accessibile per tutti, inclusi quelli in situazioni vulnerabili”, mentre l’accesso alla sanità “non dovrebbe mai essere strumentalizzato politicamente o ideologicamente”, ma dovrebbe piuttosto essere regolato attraverso “leggi, politiche e pratiche non discriminatorie e globali, fermamente radicate nell’inerente dignità della vita umana in ogni momento, da concepimento alla sua morte naturale”.

L’arcivescovo Jurkovic nota che è il cambiamento climatico sta certamente contribuendo alla decisione di molti di migrare, e dunque “ci dovrebbero essere pochi dubbi riguardo l’impatto del cambiamento climatico e della degradazione ambientale sulla salute”. Di certo, conclude, “le migrazioni avranno un ruolo sempre maggiori nella nostra società”.

La Santa Sede all’Onu di New York: la questione del Medio Oriente

Il 25 maggio, l’assemblea generale delle Nazioni Unite si è riunita in plenaria per discutere uno dei soliti incontri sulla situazione in Medio Oriente e la Questione della Palestina.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, osservatore della Santa Sede presso l’ONU a New York, ha ben accolto l’annuncio del cessate il fuoco tra Israele e la Striscia di Gaza, e ha detto che “il dialogo persistente e genuino, insieme al supporto della comunità internazionale, è essenziale per raggiungere la soluzione dei due Stati, a lungo attesa”.

Il nunzio ha anche detto che “riportare armi di guerra e mutua distruzione” non è un percorso di pace, e sottolineato che è importante che tutti gli attori giochino la loro parte per alleviare la esacerbata sofferenza delle popolazioni civili colpite.