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Diplomazia Pontificia, il viaggio del Cardinale Parolin in Iraq

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Quattro giorni in Iraq per il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. In attesa di Papa Francesco, invitato più volte e ancora impossibilitato ad andare per ragioni di sicurezza, l’Iraq accoglie il numero due vaticano, che trascorre il Natale tra Baghdad, Erbil e Qaraqosh, tra incontri istituzionali e visite nei campi rifugiati, lì dove ci sono ancora coloro che non hanno potuto fare ritorno nelle loro case dopo la guerra mossa dall’ISIS e dove ci sono quelli che ancora non hanno fiducia a tornare.

Con il viaggio del Cardinale Parolin, la diplomazia pontificia mostra la volontà di essere lì dove c’è bisogno, con un particolare occhio ai cristiani perseguitati, menzionati da Papa Francesco anche nel suo urbi et orbi del giorno di Natale. In questi giorni di chiusura delle attività multilaterali, non cessa comunque l’impegno della Chiesa: ci sono elezioni in Congo, previste per il 24 dicembre e invece rimandate al 30, e la Chiesa guarda a queste elezioni con attenzione. Così come i vescovi del Nicaragua non cessano il loro impegno, nonostante gli attacchi che subiscono.

Parolin in Iraq: messaggio di Natale

Durante il suo viaggio in Iraq, il Cardinale Pietro Parolin ha avuto un incontro con il primo ministro Adil Abdul Mahd e gli esponenti del governo al Palazzo presidenziale. Nell’occasione, il Cardinale ha letto un messaggio di Natale, anche a nome di Papa Francesco.

“Il Figlio di Dio incarnato – ha detto il Cardinale – ci dona gioia e pace”, ed è “solo Dio che può donare pace e gioia non effimere, rafforzandole e consolidandole con il diritto e la giustizia”. Il Cardinale ha sottolineato che il messaggio del Natale, festa “per tutti”, è “indirizzata ad ogni uomo di buona volontà”, e per questo “come individui e come comunità, cristiani e musulmani siamo chiamati a illuminare le oscurità della paura e del non-senso, dell’irresponsabilità e dell’odio con parole e atti di luce, gettando a piene mani semi di pace, di verità, di giustizia, di libertà e di amore”.

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Il Cardinale Parolin ha invitato a vivere “in spirito di umiltà e di rispetto dell’altro, accettando le persone con le loro diversità, non utilizzando tali differenze per metterci gli uni contro gli altri”, perché “quanto ci accomuna e ci lega l’uno all’altro è più grande di quanto ci separa”.

Parolin in Iraq: la Messa della notte di Natale nella cattedrale caldea di Baghdad

C’era anche il Cardinale Raffael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, a concelebrare con il Cardinale Pietro Parolin la Messa della notte di Natale a Baghdad. Celebrata nella cattedrale Caldea di San Giuseppe. E, tra quanti hanno partecipato alla celebrazione, c’era il presidente della Repubblica Barham Salih, che lo scorso 24 novembre è stato in visita da Papa Francesco.

Nell’omelia, il Cardinale Parolin ha sottolineato che la notte di Natale è “una notte simile a tante notti insonni delle vostre famiglie, che in questi anni hanno attraversato la dura prova della sofferenza”, ma anche una notte in cui “l’annuncio diventa realtà, le promesse si complicano”.

Il Segretario di Stato vaticano ha ripercorso le letture della Messa, e, partendo dal brano di Isaia, mette in luce come solo Dio “può donare pace e gioia non effimere, rafforzandole e consolidandole con il diritto alla giustizia”, e lo fa ogni giorno, perché il coraggio di affrontare “la vita nei lati belli e nei lati oscuri” e “l’amore che tutto copre, che tutto spera, che tutto sopporta” e che ci fa vivere da fratelli è “la manifestazione, la concretizzazione della gioia e della pace che il Bambino Divino porta in dono a quanti lo accolgono con cuore aperto, semplice e umile”.

La pace annunciata dagli angeli alla nascita di Gesù “non è la pace che dà il mondo”, né “la pace che si ottiene con le armi e la vittoria militare o con gli interessi dell’economia globale”, ma è “la pace di Dio”, che “riflette l’amore di Lui verso di noi” e si “manifesta come capacità di volere il vero bene degli altri, superando quella che Papa Francesco chiama la cultura dello scarto e la cultura dell’indifferenza”.

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È una pace che “sa vedere nell’altro il fratello da amare e da aiutare anche quando si dimostra nostro nemico”, che “passa per la purificazione del linguaggio da ogni espressione di odio e di violenza per la riconciliazione nelle menti e nei cuori”.

Il potere di Dio – ha ricordato il Segretario di Stato vaticano – è “il potere del servizio”, ed è “il contrario di quello che pensano gli uomini”, i quali “vedono la gloria nella forza, nel successo, nella superiorità verso gli altri”, e invece c’è bisogno di “accettare di cambiare noi stessi e di condurre una vita nuova, trasfigurata dall’amore”.

Il Cardinale ha ribadito che il messaggio del Natale è per tutti, cristiani e musulmani, e che tutti sono chiamati a “illuminare le oscurità della paura e del non senso, dell’irresponsabilità e dell’odio con parole e atti di luce, gettando a piene mani semi di pace, di verità, di giustizia, di libertà e amore”.

Il Segretario di Stato vaticano ha quindi messo in luce che “i cristiani sono donne e uomini che, nonostante le difficoltà, le contraddizioni e, a volte, persino il rifiuto e la violenza, rimangono ancorati in Dio”, e ricordato che il Papa “vi è vicino, vi porta nel cuore e sempre prega per voi”.

Parolin in Iraq: la Messa di Natale nella Cattedrale Siro-Catolica di Badghdad

C’è un’altra Messa della notte Natale del Cardinale Parolin in Iraq, ed è quella celebrata nella Cattedrale Siro Cattolica di Baghdad, in una comunità – ha sottolineato il Segretario di Stato vaticano – “profondamente segnata dalla sofferenza e dal dolore”, che ha però anche “conosciuto la visita di Dio ed ha sperimentato la sua consolazione”.

Quella cattedrale, dedicata a Nostra Signora della Consolazione, fu vittima il 31 ottobre 2010 di un attacco terroristico che causò la morte di 55 persone, e tra questi i due sacerdoti Thair e Wasim. Il Cardinale Parolin ha ricordato l’attentato, ma – facendo leva sulla celebrazione del giorno, con il rito del fuoco – ha anche sottolineato che “Dio si è fatto uomo, è entrato nella nostra storia per dirigere i nostri passi sulla via della salvezza”, e per questo “a partire dal mistero che stiamo celebrando in questa santa notte di luce, siamo chiamati a intravedere nell’oscurità della nostra storia la novità che ci raggiunge e l’inizio di un’umanità rinnovata”.

Il Cardinale Parolin ha sottolineato che la comunità siro cattolica ha “radici profonde in questa terra, e rimonta agli albori del cristianesimo”, una storia che ha avuto momenti di gloria e di patimento e buio, e affermato che “quando tutto sembra perduto, la mano potente di Dio dà a vita a ciò che agli occhi degli uomini appare sterile e senza frutto”.

Il Cardinale Parolin ha quindi rimarcato che “anche a noi, feriti dal dolore e dalla sofferenza, a volte scoraggiati e senza forza di andare avanti, il Signore dona conforto con la sua tenerezza, dona la sua pace e ci incoraggia a non avere paura”, e lo ricorda proprio l’icona di Maria della Liberazione cui è dedicata la cattedrale.

Parolin in Iraq: la Messa di Natale nella cattedrale latina

Nel giorno di Natale, il Cardinale Parolin ha invece celebrato nella cattedrale latina di Baghdad, ricordando la buona notizia della venuta di Gesù nella storia. “Siamo abituati – ha detto il Cardinale - a sentire cattive notizie. Nel mondo intero abbondano le difficoltà, si moltiplicano le sfide e diventano sempre più complesse”.

Il Segretario di Stato vaticano ha sottolineato “la tragica e ingiusta esperienza della violenza e del terrorismo” sperimentati dal Paese, una circostanza che rende necessario accogliere la buona notizia del Natale, che è il fatto che il Verbo si è fatto carne, ed è diventato un bambino nel quale “contempliamo la misericordia di Dio e il suo amore infinito nei nostri confronti”.

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Il Cardinale Parolin ha chiesto ai fedeli di essere spronati dal mistero del Natale a “offrire con generosità il vostro contributo a questo Paese che amate, a questa società alla quale appartenete come membri a pieno titolo e al mondo intero”, considerando che “la vostra presenza di cristiani qui nella vostra Terra e in Medio Oriente continui ad essere la presenza di Gesù”.

Parolin in Iraq, la visita ad Erbil

Il 26 dicembre, il Cardinale Parolin si è spostato ad Erbil, nella regione del Kurdistan, lì dove sono arrivati la maggior parte dei profughi fuggiti dalla Piana di Ninive. La cattedrale caldea di San Giuseppe è ad Ankawa, nella zona cristiana. Dopo aver portato i saluti di Papa Francesco, il cardinale Parolin ha ricordato “il virtuoso gesto di accoglienza che avete compiuto, specialmente in questi ultimi anni”, e in particolare nell’estate del 2014, quando “tante persone, forzate a fuggire dalle loro case, anno bussato alle vostre porte, trovandovi ammirevole ospitalità”, e così “all’odio e all’intolleranza si sono opposte la solidarietà e la prossimità di tanta gente qui sul posto e della Chiesa universale”, che ha sostenuto le azioni di accoglienza con aiuti e volontari.

Il Cardinale Parolin ha ricordato che “Gesù, il Figlio di Dio, Dio lui stesso, è venuto a condividere tutto con noi, tranne il peccato”, non ha “eliminato il dolore, ma lo ha trasformato con la forza di un amore più grande”. Nel giorno della festa dei Santi Innocenti, il Cardinale Parolin si è detto “senza parole” di fronte al dolore innocente”, ma ha anche sostenuto che è in questo dolore che si trova la Buona Novella dell’amore di Cristo”, e per questo “il sangue dei vostri martiri e la testimonianza di fede di tanti vostri fratelli e sorelle sono un tesoro per la Chiesa e un seme di nuova vitalità”. 

Il segretario di Stato vaticano ha invitato gli iracheni ad essere “artefici di comunione, fuggendo come peste le divisioni, le contese, le rivalità all’interno delle comunità”, per diventare piuttosto “operatori di riconciliazione e di pace in un mondo frantumato”, portando un “contributo fondamentale alla costruzione della società e del Paese insieme agli altri vostri concittadini”.

Infine, uno sguardo ai tanti profughi: in molti – ha detto il Cardinale – sono tornati nelle loro case, e la speranza è che molti possano seguire presto, perché “è responsabilità di tutti favorire questo ritorno, assicurando le condizioni adeguate affinché si possa riprendere una vita normale e tranquilla”.

Parolin in Iraq: la Messa a Qaraqosh

Qaraqosh è una delle città liberate dall’ISIS, che la ha occupata per molti anni. La Messa celebrata lì dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nella cattedrale siro-cattolica di Altahera ha dunque un forte significato simbolico, anche perché la cattedrale era stata completamente distrutta.

Nella sua omelia, il Cardinale ha messo in luce di trovarsi in una città “dove, dai tempi antichi, la comunità cristiana ha sempre vissuto la fede con intensità, anche in messo a difficoltà di ogni genere e persecuzioni”, e nemmeno agli abitanti di oggi sono state risparmiate “tribolazione, ingiustizia, tradimento, e la distruzione di quanto avevate di più caro, come questa cattedrale”.

Il cardinale Parolin ha lodato gli sforzi della comunità cristiana, che non ha rinnegato la fede, e ha piuttosto preso la strada dell’esilio, come fece la Santa Famiglia di Nazareth. Il Cardinale Parolin ha assicurato che “i sacrifici non rimarranno senza frutto”, ma allo stesso tempo ha chiesto di perdonare, perché “così fa Dio e vivere il perdono avvicina l’uomo a Dio. Attraverso il perdono, vinciamo il male con il bene e trasformiamo l’odio in amore e rendiamo così più pulito il mondo”.

Il Cardinale sottolinea che i cristiani sono “chiamati a offrire il loro valido contributo non solo alla Chiesa, ma a tutta la società, essendo artefici di riconciliazione e di pace”, e che per questo sono chiamati a “chiedere e offrire perdono, iniziando dalle nostre stesse case, dalle nostre famiglie, in seno ai presbiteri e alle parrocchie”.

È il momento “del ritorno dall’esilio”, quello della ricostruzione, e la cosa più difficile “non è la riedificazione materiale, ma la ricostruzione della fiducia, la ricomposizione del tessuto sociale lacerato dai tradimenti, dal rancore e dall’odio”.

Il Cardinale Parolin ha concluso sottolineando che la presenza dei cristiani in Medio Oriente è “la presenza di Gesù”, e si tratta di una missione “insostituibile e importantissima”.

Parolin in Iraq, l’incontro con il presidente della Repubblica

Prima di partire per Erbil, il 26 dicembre, il Cardinale Parolin ha incontrato il presidente della repubblica Barham Salih. Salih ha invitato Papa Francesco a visitare la città irachena di Ur per un summit interreligioso, che era poi il viaggio che San Giovanni Paolo II avrebbe desiderato fare già nel 2000.

All’incontro, il Cardinale Parolin era accompagnato dal Cardinale Sako. Secondo un comunicato dell’ufficio del presidente, Salih e il Cardinale Parolin hanno discusso dell’importanza che hanno religioni di tipo differente nel lavorare insieme per combattere l’ideologia estremista che “non riflette il credo e i valori del nostro messaggio divino e le norme sociali”.

Il comunicato sottolinea anche che i due leaders hanno discusso la situazione dei cristiani in Iraq, e hanno parlato di un possibile accordo che permetta di mantenere la loro presenza nella nazione aiutando la ricostruzione delle loro case e dei luoghi di culto e la ricostituzione dei loro affari.

Iraq, il Natale come festa nazionale

Proprio durante il viaggio del Cardinale Parolin in Iraq, il Consiglio dei Ministri iracheno ha stabilito che il 25 dicembre sarà festa nazionale. Ora si attende l’approvazione del Parlamento. Si tratta di una decisione storica per il Paese, visto che per la prima volta viene riconosciuta una festa dei cristiani che in Iraq sono minoranza. Solo nel Kurdistan il Natale è già considerato una festività.

Dagli Emirati Arabi Uniti, gli auguri del principe ereditario

Papa Francesco sarà negli Emirati Arabi Uniti, ad Abu Dhabi, dal 3 al 5 febbraio, per una conferenza sulla Fraternità sponsorizzata dalla casa reale. Lo sceicco Mohamed bin Zayed, principe eereditario di Abu Dhabi e vice comandante supremo delle Forze Armate, ha inviato un messaggio di Natale ai Cristiani, in spirito di tolleranza, amore e coesistenza.

Lo Sceicco Khalifa, presidente degli Emirati Arabi, ha annunciato che il 2019 sarà l’anno della tolleranza, e lo sceicco Nahyan bin Mubarak, ministro della Tolleranza, ha detto che gli Emirati Arabi si concentreranno il prossimo anno a promuovere la pacifica coesistenza e un dialogo aperto e rispettoso tra le diverse confessioni religiose presenti nel Paese. Il numero dei cattolici nel Paese è contato intorno al milione, circa il 10 per cento della popolazione della nazione. Molti di loro provengono dalle Filippine, dall’India e da diverse nazioni africane.

Verso le elezioni in Congo

In vista delle elezioni che dovrebbero finalmente avere luogo il 30 dicembre, dando così seguito all’accordo di San Silvestro del 2016, la cui non ottemperanza ha causato vari scontri nel Paese, i vescovi del Congo hanno preso una posizione.

Lo scorso 26 dicembre, la Conferenza Episcopale del Congo ha diramato insieme alla Chiesa protestante un comunicato per “Elezioni trasparenti, credibili e pacifiche”.

Nel comunicato si chiede di ricordare che il popolo congolese non tollererà nessun altro rinvio delle elezioni. I vescovi chiedono di facilitare l’accesso agli osservatori e ai testimoni nelle cabine elettorali, si dicono preoccupati “dall’intolleranza politica che si respira e per gli atti di violenza che hanno causato perdite di vite umane”, senza contare i numerosi feriti che si sono avuti in corso di campagna elettorale.

I vescovi chiedono “ai leader politici, e in particolare ai candidati alla presidenza della Repubblica, di lanciare un appello forte e pubblico ai partiti per invitare alla non violenza”; incoraggiano il popolo congolese a partecipare massivamente e attivamente alle elezioni; chiedono al governo, al fine di garantire trasparenza durante e dopo le elezioni, di vigilare sul funzionamento normale di internet e del sistema di messaggistica telefonica.

L’appello per elezioni pacifiche è stato lanciato anche dall’arcivescovo Fridolin Ambongo di Kinshasa, che è succeduto al Cardinale Mosengwo Pasinya alla guida dell’arcidiocesi. Nella sua omelia della Messa nella notte di Natale, l’arcivescovo ha invitato tutti “in questo critico periodo nella storia della nazione” a “avere senso di responsabilità e di abbracciare la non violenza”, in modo che le elezioni del 30 dicembre avvengano “in pace e verità”.

L’impegno dei vescovi in Nicaragua

Nel giorno di Natale, il Cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza Episcopale di Nicaragua, ha invitato i cattolici a chiedere a Dio che cambi la storia del Paese, nel contesto della violenta crisi sociopolitica che colpisce il Nicaragua.

Il Cardinale ha chiesto di riscoprire l’unità alle famiglie nicaraguensi che si sono divise internamente a causa della drammatica situazione nazionale che ha portato alla perdita di centinaia di vite”.

Parlando con i giornalisti dopo la Messa di natale, il Cardinale si è detto preoccupato per la divisione creata dalla crisi socio politica.

La drammatica situazione del Nicaragua, iniziata lo scorso 18 aprile con una protesta sul nuovo piano di pensioni del governo, ha causato la morte di almeno 545 persone, causato migliaia di feriti, detenuti e dispersi. Papa Francesco più volte ha fatto appello per la pace nazionale nel Paese, mentre i vescovi del Nicaragua sono stati coinvolti nel Dialogo Nazionale, fallito, e poi sono stati messi sotto attacco dal governo, e il presidente della Repubblica Ortega ha addirittura accusato i vescovi di essere golpisti.

Il primo ministro di Giordania invia ai cristiani un messaggio di Natale

Il primo ministro giordano Omar Razzaz ha inviato un messaggio di auguri di Natale a tutti i cristiani di Giordania durante la sua visita alla Chiesa di Santa Maria di Nazareth a Sweifieh, ad Amman. Il primo ministro, accompagnato da un numero di ministri, ha detto che “le vacanze in Giordania hanno un gusto speciale, in un momento in cui molte nazioni nel mondo stanno vivendo guerre e violenza. Viviamo in armonia e pace”.

Il primo ministro Razzaz ha sottolineato la necessità di mantenere forti relazioni tra giordani e di consolidare l’unità nazionale nel Regno.

Da parte sua, il vescovo William Shomali, vicario del Patriarcato Latino, ha lodato l’impegno del governo giordano per creare nuovi posti di lavoro, incoraggiare il turismo, combattere la corruzione e promulgando nuove leggi desgnate a proteggere la sicurezza dei cittadino.

Il vescovo Shomali ha ricordato la presenza del Re Abdullah alle celebrazioni del Natale, insieme al presidente palestinese Mahmoud Abbas e da cristiani e musulmani, ha riconosciuto il lavoro del governo nel combattere la corruzione, e lodato il ruolo degli apparati di sicurezza.

Alle celebrazioni c’era anche il Patriarca emerito Fouad Twal, monsignor Mauro Lalli, primo consigliere della Nunziatura Apostolica ad Amman, e padre Rif’at Bader, direttore del Centro Cattolico per Studi e Media. Monsignor Lalli ha presentato il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2019 al primo ministro Razzaz. Quest’anno, il tema del messaggio è “La buona politica al servizio della pace”.

Colombia, il dono del nunzio per Natale

L’arcivescovo Mariano Montemayor, nunzio apostolico in Colombia, ha donato alla diocesi di Cucuta tre tonellate di alimenti. L’ambasciatore del Papa ha visitato la diocesi frontaliera nel fine settimana prima di Natale. La diocesi di Cucuta è tra le più esposte all’accoglienza dei migranti venezuelani. Durante la visita, il nunzio ha incontrato anche il vescovo Victor Manuel Ochoa Cadavid con il vescovo Mario del Valle Moronta, della confinante diocesi venezuelana di San Cristobal.

Il nunzio ha ascoltato la situazione, ha parlato con dei migranti, ha aiutato a servire i pasti e ha chiesto alla diocesi di non stancarsi a portare aiuto ai migranti. L’arcivescovo Montemayor ha poi aggiunto che “il Santo Padre ringrazia di cuore per il grande sforzo che state facendo, e ringrazia la Colombia per la sua politica di porte aperte… siamo tutti fratelli e sorelle. Come argentino, provo dolore nella mia anima per vedere un popolo latinoamericano così abbattuto come quello venezuelano”.