Il 2019 è stato l’anno della Dichiarazione della Fraternità Umana firmata ad Abu Dhabi da Papa Francesco, che è diventata uno strumento diplomatico privilegiato, tanto che Papa Francesco la regala ad ogni capo di Stato che gli va a fare visita. Ma è stato anche l’anno dell’attenzione per il Sud Sudan, con un incontro di preghiera in Vaticano e un insolito messaggio di Natale inviato dal Papa con il primate anglicano Justin Welby e il moderatore della Chiesa di Scozia John Chalmers, a testimonianza della forte volontà del Papa di un viaggio lì. Ed è stato l’anno del disarmo nucleare, un impegno che Papa Francesco ha preso da tempo e ha certificato con forza nel suo viaggio in Giappone.
L’anno scorso in Iraq, quest’anno in Georgia. Il Cardinale Pietro Parolin sembra aver deciso di dedicare gli ultimi giorni dell’anno ad un fronte caldo. Inizia oggi il suo viaggio in Georgia, e inizia proprio dai territori occupati, con un gesto diplomaticamente significativo.
Nel giorno di Natale, Papa Francesco si affaccia dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro e dà la benedizione alla città e al mondo (Urbi et Orbi). Si tratta di un appuntamento importante per la diplomazia della Santa Sede, perché il Papa guarda alle situazioni mondiali di maggiore interesse e le menziona. La benedizione è il primo dei due appuntamenti che danno il tono della diplomazia pontificia nel corso dell’anno. Il secondo è il discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico, che quest’anno si terrà il 13 gennaio.
È l'invito a rifiutare di “guardare all’altro come meramente un nemico da distruggere” quello che Papa Francesco invia, tramite il suo segretario di Stato, alla Quarta Conferenza di Revisione della Concenzione sulle Mine anti-uomo. E si tratta di un messaggio che entra sempre nel tema della deterrenza, una logica che per Papa Francesco va evitata sempre, sia che si parli di nucleare, sia che si parli di qualunque altro tipo di armi.
"Sì, verrò”. Papa Francesco ha risposto così al primo ministro montenegrino Dusko Markovic, il quale, al termine di una udienza di 35 minuti con due interpreti, ha ribadito l’invito a Papa Francesco a visitare la nazione. Ovviamente, la risposta del Papa va inquadrata nella consueta cortesia diplomatica. Restano, comunque, le possibilità di un viaggio di Papa Francesco nel Paese, a testimoniare il particolare interesse di Papa Francesco e della diplomazia pontificia riguardo i Balcani.
Ogni inizio dicembre, si tiene il Consiglio Ministeriale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), e l’intervento della Santa Sede è sempre tra quelli più attesi. Ma c’è stato anche Madrid il COP25, ovvero il 25esimo incontro tra le parti sul clima, un appuntamento cui la Santa Sede tiene molto, tanto che invia il Segretario di Stato vaticano a partecipare.
Saranno tre i primi ministri a visitare Papa Francesco nel corso del mese di dicembre. Dopo il mese di novembre, caratterizzato dalla visita di cinque presidenti, il mese di dicembre vede la visita dei primi ministri di Malta, Slovacchia e Montenegro. Sarà poi il mese del tradizionale urbi et orbi di Natale, in cui Papa Francesco delineerà lo Stato della diplomazia pontificia e le sue priorità nel mondo.
Il viaggio di Papa Francesco in Thailandia celebra anche i cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Paese, mentre sono 77 anni che Giappone e Santa Sede hanno legami bilaterali. Il viaggio si inserisce in un quadro diplomatico ben definito, con temi importanti.
Due ministri degli Esteri in Vaticano, varie iniziative delle ambasciate, un viaggio in Sud Sudan da programmare: la settimana diplomatica della Santa Sede è stata densa di avvenimenti.
Il negro Manuel, il servo originario di Capo Verde alla cui storia è legata nel Seicento l’origine della devozione alla Vergine di Lujan, l’immagine mariana più venerata dell’Argentina, a cui anche papa Francesco è molto legato. Ed è stato questo uno dei tempi dei colloqui tra il presidente di Cabo Verde e Papa Francesco prima e la Segreteria di Stato poi.
Trenta minuti di colloquio con l’aiuto di un interprete, molta cordialità e uno scambio di doni all’insegna dei poveri. Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano Joao Lourenco, presidente dell’Angola, alla prima visita alla Sede Apostolica dopo la firma dell’accordo con la Santa Sede.
Settimana densa di avvenimenti diplomatici. La Santa Sede ha opposto un fragoroso “no” alla partecipazione al summit di Nairobi che puntava a celebrare i 25 anni dalla Conferenza del Cairo, sottolineando la sua contrarietà all’uso della terminologia “salute sessuale e riproduttiva”, un eufemismo che nasconde il diritto all’aborto.
Non ci sono conferme ufficiali ancora, ma dovrebbero essere cinque i presidenti che visiteranno Papa Francesco durante il mese di novembre. Se fosse confermato, si tratterebbe di una agenda particolarmente fitta, che si giustifica anche con il fatto che durante il Sinodo Speciale per la Regione Panamazzonica, Papa Francesco ha sospeso le udienze. I presidenti che dovrebbero venire in visita sono quelli di Lituania, Angola, Capo Verde, Cipro ed Estonia. Ognuna di queste visite ha un significato particolare.
La nomina del nuovo “viceministro” degli Esteri vaticano va a completare una casella cruciale per la diplomazia pontificia. Sono molti i dossier e i temi aperti di cui si dovrà occupare monsignor Miroslaw Wachowski, tra l’altro il secondo polacco in posizione apicale in Segreteria di Stato dopo l’arcivescovo Jan Romeo Pawlowski, che guida la terza sezione della Segreteria di Stato.
Lo scorso 8 ottobre, Papa Francesco ha nominato il nunzio Ortega a suo ambasciatore in Cile. Andrà a sostituire il nunzio Scapolo, inviato in Portogallo, in una situazione difficile per la Chiesa cilena, caratterizzata dallo scandalo degli abusi. Il nunzio Scapolo ha difeso la sua condotta in una intervista di congedo, mentre il nunzio Ortega ha inviato un messaggio alla Conferenza Episcopale del Paese.
Sono state molte le delegazioni governative in Vaticano in occasione del concistoro del 5 ottobre. Si è trattato di una occasione per poter avere incontri bilaterali e sviluppare scambi. Da segnalare, in particolare, la presenza della delegazione del Marocco e quella dell’Indonesia.
Il nuovo presidente della Accademia Ecclesiastica, la cosiddetta “scuola degli ambasciatori vaticani” è un americano di Birmingham, Alabama, che ha servito fino ad oggi come nunzio in Malesia. L’arcivescovo Joseph Marino prende il posto dell’arcivescovo Giampiero Gloder, destinato all’incarico di nunzio a Cuba.
Non sono state ancora rese note le destinazioni dei tre nuovi nunzi che Papa Francesco ha ordinato in San Pietro lo scorso 4 ottobre, ma solo perché non c’è stato il gradimento dei governi. Tutto è già deciso, mentre sembra ci vorrà tempo per la nomina di un nuovo sottosegretario per i Rapporti con gli Stati.
È presto per pensare che ci siano piene relazioni diplomatiche, perché troppi sono i problemi. Ed è presto anche per pretendere una rinnovata libertà religiosa. Ma, nella settimana che ha segnato il 70esimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese, mentre le chiese fedeli allo Stato prendevano i colori della festa (inclusa la cattedrale San Paolo di Macao), le relazioni Santa Sede e Cina sono state viste con ottimismo. Perlomeno dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.
È la settimana di inaugurazione della 74esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e la delegazione della Santa Sede è guidata dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che generalmente va ogni due anni. Erano però tre anni che il Cardinale non era presente ai lavori che danno inizio all’anno delle Nazioni Unite.