La guerra in Ucraina non cessa di essere al centro dei pensieri della Santa Sede, e l’arcivescovo Gallagher non ha mancato di ricordarla anche nel suo discorso ad un evento della Georgetown University a Roma.
Tre giorni in Ucraina per l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, in un viaggio che è andato da Lviv a Kyiv, ed è terminato significativamente con l’incontro con il suo omologo Dmytro Kuleba. Un modo per ribadire l’impegno della Santa Sede per la risoluzione del conflitto, ma anche quello per alleviare la crisi umanitaria, e per portare la vicinanza del Papa alle vittime della guerra.
Sarà a partire da mercoledì 18 maggio che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, sarà in Ucraina, per un viaggio che avrebbe dovuto avere luogo Lunedì Santo e che invece è stato rinviato di più di un mese a causa del COVID del Segretario per i Rapporti con gli Stati. Il viaggio è l’ennesimo gesto della Santa Sede che dimostra l’attenzione che si ha per la situazione in Ucraina.
In attesa di definire i contorni del viaggio a Kyiv dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, Papa Francesco è tornato a parlare di Ucraina. Lo ha fatto anche in una intervista, i cui toni hanno suscitato la reazione sia del Patriarcato di Mosca che del nunzio apostolico in Ucraina.
Un periodo di attività intensa per il Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, che dopo il viaggio in Messico della scorsa settimana si prepara a visitare la Costa d’Avorio nella prossima settimana, per poi recarsi in Croazia in quella successiva.
Continuano i passi avanti della Santa Sede verso lo stabilimento di un rappresentante residenziale ad Hanoi, in Vietnam, un passo che porterebbe a 12 il numero di Paesi che tuttora non hanno relazioni con la Santa Sede. Il Papa ha fatto sapere che non andrà a Kiev, ma neanche incontrerà il Patriarca Kirill di Mosca, così evitando ogni tipo di strumentalizzazione diplomatica mentre si cerca di essere mediatori. Lungo viaggio del Cardinale Pietro Parolin in Messico, per celebrare i 30 anni di relazioni diplomatiche, ma non solo.
Quaranta minuti di colloquio, e uno scambio di doni particolarmente simbolico, con un riferimento diretto alla guerra in Ucraina. Perché Papa Francesco, dando al primo ministro ungherese Viktor Orban la medaglia di San Martino, ritratto nell’atto di coprire il povero con il mantello, ha sottolineato che quella medaglia stava a simboleggiare proprio l’assistenza che gli ungheresi stanno dando ai rifugiati. Un impegno, questo, toccato con mano dal Cardinale Michael Czerny, che era stato in Ungheria a inizio marzo inviato da Papa Francesco proprio per supportare il lavoro al confine con l'Ucraina.
La diplomazia della Santa Sede non può scegliere quali sfide sono più urgenti. Deve essere ovunque ci sia bisogno, sia quando ci sono difficili scenari (come possono essere oggi lo Yemen e l’Ucraina), sia quando si tratta di difendere i cristiani dalla persecuzione più blanda dell’imposizione dei nuovi diritti.
Dalla guerra in Ucraina al Libano, “nazione messaggio”, Dagli scenari di guerra meno conosciuti, come lo Yemen, sempre nelle attenzioni del Papa, fino al consueto riferimento alla Terrasanta, dove di nuovo sono scoppiati disordini. L’Urbi et Orbi che Papa Francesco pronuncerà a Pasqua 2022 sarà particolarmente delicato perché è il primo, dopo almeno due decenni, che si celebra mentre una guerra imperversa nel cuore dell’Europa. E per la prima volta, dopo tanto, non guarderà alla Siria all’inizio della sua lista, Papa Francesco, ma all’Ucraina. E non mancherà, sicuramente, un riferimento all’Africa e al Sud Sudan che il Papa visiterà il prossimo luglio.
Le religioni danno un apporto fondamentale sul tema della promozione della pace. Tanto che, se si dovesse fare un documento ecumenico sulla falsariga di quello della Fraternità Umana, uno dei temi dovrebbe essere proprio quello della pace. Lo spiega ad ACI Stampa il Cardinale Pietro Parolin.
Il prossimo ottobre, scadrà l’accordo sulla nomina dei vescovi siglato da Santa Sede e Cina. Già rinnovato una volta ad experimenum, l'accordo ha portato finora a sei ordinazioni episcopali con la doppia approvazione di Santa Sede e Cina. Ora si dovrà decidere se rinnovarlo o meno. I termini dell’accordo sono confidenziali. Ma il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, spiega ad ACI Stampa che comunque spera che l’accordo possa essere modificato, anche se non spiega in che modo.
Potrebbe esserci un collegamento, tra un possibile viaggio di Papa Francesco a Kiev e un possibile viaggio in Libano. Il primo vede il mondo diplomatico vaticano sempre più possibilista, tanto che viene citato anche come eventualità nel comunicato stampa del Primo Ministro sloveno dopo che questi ha avuto una conversazione telefonica con il Cardinale Parolin. Il secondo, annunciato dal presidente libanese Aoun ma non dalla Santa Sede, potrebbe preparare in qualche modo all’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill. Tornando da Malta, il Papa ha detto che si pensa al Medio Oriente per l’incontro. E, al di là del Libano, l’altra opzione che circola in ambienti diplomatici è quella di Gerusalemme.
All’inizio del cammino di riforma, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, aveva proposto di stabilire in Segreteria di Stato un ufficio per le mediazioni pontificie. Questo ufficio, nella Praedicate Evangelium, non è previsto, ma non è detto che non si faccia in futuro, spiega il Cardinale.
Sin dalla crisi della Crimea, e poi con le situazioni del Donbass e Luhansk la Santa Sede ha fatto presente alla Russia la necessità di una soluzione negoziata, un tema che è stato presente in tutti i colloqui. Né la Santa Sede ha mai mancato di prendere una posizione netta, senza per questo subire contraccolpi diplomatici.
È un viaggio caratterizzato dal tema dell’accoglienza dei migranti, quello che Papa Francesco ha iniziato nell’isola di Malta questa mattina: lo sottolinea anche il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una intervista con Vatican News.
Dopo l’appello inviato al patriarca di Mosca Kirill perché si adoperi per la pace, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) riceve una risposta che non dà seguito alla richiesta di un impegno per la pace, ma certifica il divario tra Est ed Ovest.
Il Cardinale Pietro Parolin è volato a Dubai, dove avrà vari incontri bilaterali e dove sarà presente alla giornata della Santa Sede all’Expo. È una occasione anche per parlare con il governo di Abu Dhabi di alcuni temi cruciali, come la crisi ucraina e il ruolo dei rifugiati ucraini nel Paese.
Il Cardinale Parolin ha dettato la linea diplomatica della Santa Sede sulla questione ucraina in dichiarazioni che ha reso a margine di un evento di associazionismo cattolico. Il Cardinale ha lasciato intendere che potrebbe essere più lontano un incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, ha commentato la sua telefonata con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov dicendo che non ha ricevuto da questi garanzie, ha ribadito la speranza nel dialogo.
Quasi isolato dai confratelli ortodossi, colpito dalle prese di posizioni dei patriarchi di Georgia e Romania e del metropolita Onufry dalla Chiesa Ortodossa Ucraina – Patriarcato di Mosca – quest’ultimo divenuto destinatario degli aiuti inviati dal Patriarca serbo Porfirije, - il Patriarca di Mosca Kirill ha incontrato il nunzio apostolico Giovanni D’Aniello cercando di ridefinire il perimetro delle attività religiose a quello di moderatori e pacificatori, di fatto indirettamente giustificando il suo silenzio nei confronti delle azioni di Putin.
Il Cardinale Pietro Parolin ha chiesto pace in Ucraina in una dichiarazione resa a Vatican News, sostenendo la necessità di riprendere una via negoziale, mentre Papa Francesco è andato direttamente a parlare all’ambasciata russa presso la Santa Sede lo scorso 25 febbraio, sincerandosi della condizione della popolazione. Di certo, la guerra in Ucraina è un duro colpo per la diplomazia della Santa Sede, che fino a poco tempo cercava di mantenere rapporti cordiali con la Russia, come testimoniava un viaggio dell’arcivescovo Gallagher nel Paese a novembre 2021. Sarà da vedere se la guerra andrà anche a toccare l’incontro tra Papa Francesco e Kirill che si stava organizzando per i prossimi mesi.