Un anno di missione, fuori dalla diocesi di origine, come parte del curriculum studiorum prima di entrare nel servizio diplomatico della Santa Sede: è quello che chiede Papa Francesco in una lettera all’arcivescovo Joseph Marino, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiatica. Una esperienza missionaria, nota Papa Francesco, che “tornerà utile non soltanto ai giovani accademici, ma anche alle singole Chiese con questi collaboreranno”.
Per la prima volta, Francesca Di Giovanni prende la parola ad un consesso internazionale nel suo nuovo ruolo di “viceministro degli Esteri” vaticano sul tema del multilaterale. È successo a Vienna, dove Di Giovanni ha parlato a nome dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati.
C’è anche un incontro che non è andato nell’agenda ufficiale di Papa Francesco, e che pure è avvenuto in questa settimana: è quello di Papa Francesco con il primo ministro del Bangladesh Sheikh Hasina, di cui hanno dato notizia i media bangladini.
Papa Francesco parla di “guerra” in Ucraina, affidandola alla protezione di San Martino di Tours. E parlando al Sinodo Greco Cattolico Ucraino lo scorso luglio, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, non aveva esitato ad utilizzare il termine “guerra” per descrivere la situazione. Ma nel comunicato finale della visita del presidente ucraino Zelensky da Papa Francesco e in Segreteria di Stato si parla più prudentemente di “conflitto”.
Agenda fitta per Papa Francesco a febbraio, che dovrebbe incontrare il presidente di Ungheria, quello di Bosnia – Erzegovina, quello di Ucraina e quello Azerbaidjan. Ma c’è anche un incontro con il principe ereditario del Bahrein, che potrebbe avere come oggetto proprio un viaggio nella nazione araba dove si sta costruendo una cattedrale dedicata a Nostra Signora di Arabia.
Piccoli spostamenti in Segreteria di Stato, parte delle normali rotazioni dei diplomatici vaticani. Il primo ministro di Croazia ha ricevuto a Zagabria i vescovi della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, mentre in Spagna il nuovo governo non si mostra tenero con la Chiesa. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente chiede che Gerusalemme Est sia proclamata capitale della Palestina indipendente. Sono questi i temi della diplomazia pontificia di questa settimana.
Dopo gli allarmi sulla cristianofobia in Europa, messi in luce dal rapporto dell’Osservatorio per le Discriminazioni e le Intolleranze Anti-Cristiane in Europa e da quello del Gatestone Institute, arriva, puntualissimo, il rapporto di Open Doors a ribadire che il cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo. È un rapporto di cui la diplomazia vaticana deve tenere conto.
I cinquanta anni della Santa Sede al Consiglio d’Europa sono stati celebrati con tre giorni di dialogo all’Università di Strasburgo, durante i quali l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “Ministro degli Esteri” della Santa Sede, è intervenuto proponendo una visione di Europa cristiana, ancorata ai diritti umani, legata alle radici.
Una volta, sulla tomba del Cardinale Pio Laghi nella cattedrale di Faenza, è stato trovato un biglietto di ringraziamento firmato “Algunas madres de Plaza de Mayo”. Le mamme di Plaza de Mayo sono le madri dei desparecidos argentini, di coloro che la dittatura militare di Buenos Aires aveva fatto scomparire e che si sono radunate in un movimento di protesta. E il Cardinale Pio Laghi era stato nunzio in Argentina proprio nei durissimi anni della dittatura, dal 1974 al 1980.
Dalla conversione ecologica all’attenzione per i conflitti “congelati”. Dall’appello pe la pace a quello per il disarmo. Dalla lotta agli abusi al Patto Globale per l’educazione. Dalla riforma del multilaterale, e in particolare del sistema ONU (già auspicata nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI) agli atti violenza sulle donne. Nel consueto discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco elenca le priorità diplomatiche della Santa Sede utilizzando la cifra dei suoi viaggi apostolici, ripercorsi uno ad uno per mostrare le tematiche principali, ricordando che “la diplomazia è chiamata ad armonizzare le peculiarità dei vari popoli e Stati per edificare un mondo di giustizia e di pace”, un po’ come fece Raffaello Sanzio, di cui quest’anno ricorre il cinquecentenario della morte.
Il 2019 è stato l’anno della Dichiarazione della Fraternità Umana firmata ad Abu Dhabi da Papa Francesco, che è diventata uno strumento diplomatico privilegiato, tanto che Papa Francesco la regala ad ogni capo di Stato che gli va a fare visita. Ma è stato anche l’anno dell’attenzione per il Sud Sudan, con un incontro di preghiera in Vaticano e un insolito messaggio di Natale inviato dal Papa con il primate anglicano Justin Welby e il moderatore della Chiesa di Scozia John Chalmers, a testimonianza della forte volontà del Papa di un viaggio lì. Ed è stato l’anno del disarmo nucleare, un impegno che Papa Francesco ha preso da tempo e ha certificato con forza nel suo viaggio in Giappone.
L’anno scorso in Iraq, quest’anno in Georgia. Il Cardinale Pietro Parolin sembra aver deciso di dedicare gli ultimi giorni dell’anno ad un fronte caldo. Inizia oggi il suo viaggio in Georgia, e inizia proprio dai territori occupati, con un gesto diplomaticamente significativo.
Nel giorno di Natale, Papa Francesco si affaccia dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro e dà la benedizione alla città e al mondo (Urbi et Orbi). Si tratta di un appuntamento importante per la diplomazia della Santa Sede, perché il Papa guarda alle situazioni mondiali di maggiore interesse e le menziona. La benedizione è il primo dei due appuntamenti che danno il tono della diplomazia pontificia nel corso dell’anno. Il secondo è il discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico, che quest’anno si terrà il 13 gennaio.
È l'invito a rifiutare di “guardare all’altro come meramente un nemico da distruggere” quello che Papa Francesco invia, tramite il suo segretario di Stato, alla Quarta Conferenza di Revisione della Concenzione sulle Mine anti-uomo. E si tratta di un messaggio che entra sempre nel tema della deterrenza, una logica che per Papa Francesco va evitata sempre, sia che si parli di nucleare, sia che si parli di qualunque altro tipo di armi.
"Sì, verrò”. Papa Francesco ha risposto così al primo ministro montenegrino Dusko Markovic, il quale, al termine di una udienza di 35 minuti con due interpreti, ha ribadito l’invito a Papa Francesco a visitare la nazione. Ovviamente, la risposta del Papa va inquadrata nella consueta cortesia diplomatica. Restano, comunque, le possibilità di un viaggio di Papa Francesco nel Paese, a testimoniare il particolare interesse di Papa Francesco e della diplomazia pontificia riguardo i Balcani.
Ogni inizio dicembre, si tiene il Consiglio Ministeriale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), e l’intervento della Santa Sede è sempre tra quelli più attesi. Ma c’è stato anche Madrid il COP25, ovvero il 25esimo incontro tra le parti sul clima, un appuntamento cui la Santa Sede tiene molto, tanto che invia il Segretario di Stato vaticano a partecipare.
Saranno tre i primi ministri a visitare Papa Francesco nel corso del mese di dicembre. Dopo il mese di novembre, caratterizzato dalla visita di cinque presidenti, il mese di dicembre vede la visita dei primi ministri di Malta, Slovacchia e Montenegro. Sarà poi il mese del tradizionale urbi et orbi di Natale, in cui Papa Francesco delineerà lo Stato della diplomazia pontificia e le sue priorità nel mondo.
Il viaggio di Papa Francesco in Thailandia celebra anche i cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Paese, mentre sono 77 anni che Giappone e Santa Sede hanno legami bilaterali. Il viaggio si inserisce in un quadro diplomatico ben definito, con temi importanti.
Due ministri degli Esteri in Vaticano, varie iniziative delle ambasciate, un viaggio in Sud Sudan da programmare: la settimana diplomatica della Santa Sede è stata densa di avvenimenti.
Il negro Manuel, il servo originario di Capo Verde alla cui storia è legata nel Seicento l’origine della devozione alla Vergine di Lujan, l’immagine mariana più venerata dell’Argentina, a cui anche papa Francesco è molto legato. Ed è stato questo uno dei tempi dei colloqui tra il presidente di Cabo Verde e Papa Francesco prima e la Segreteria di Stato poi.