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Diplomazia pontificia, cosa ha detto la Santa Sede sull’accordo sulle migrazioni

Cardinale Parolin a Marrakech | Il Cardinale Parolin prende la parola durante uno dei dialoghi della Conferenza Intergovernativa di Marrakech, 10 - 11 dicembre 2018 | UN Photo/Karim Tibari Cardinale Parolin a Marrakech | Il Cardinale Parolin prende la parola durante uno dei dialoghi della Conferenza Intergovernativa di Marrakech, 10 - 11 dicembre 2018 | UN Photo/Karim Tibari

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha guidato la delegazione della Santa Sede all’incontro intergovernativo di Marrakech del 10 – 11 dicembre, che ha definito il “global compact” per le migrazioni. Dagli interventi del Cardinale Parolin si può comprendere la posizione della Santa Sede, che ha sostenuto l’accordo, espresso alcune riserve e difeso prima di tutto il diritto di ciascuno a rimanere nella propria terra, un principio della Dottrina Sociale della Chiesa.

È l’evento di maggiore rilievo di una diplomazia pontificia che sta per chiudere l’anno civile, e che avrà molto lavoro nel prossimo anno, anche per via dei viaggi di Papa Francesco che vengono via via confermati. Si è concluso anche il lavoro della delegazione pontificia a Katowice, per la Conferenza delle Parti numero 24, che ha visto anche la presenza iniziale del Cardinale Parolin.

Parolin a Marrakech: la posizione generale della Santa Sede

Sono stati quattro gli interventi del Cardinale Parolin a Marrakech. Il primo intervento ha avuto luogo il 10 dicembre. Il Segretario di Stato vaticano ha sostenuto che l’adozione dell’accordo globale giunge in “un momento critico della storia, dato che sempre più persone e famiglie vengono costrette da vari fattori a lasciare le loro case e intraprendere viaggi involontari, non sicuri e irregolari”.

Il global compact, ha detto il Cardinale Parolin, è una “cornice generale di buone pratiche e di strumenti politici” suggeriti per “accrescere la cooperazione internazionale e la condivisione di responsabilità”, cercando di “migliorare la gestione del fenomeno delle migrazioni per prevenire crisi e tragedie”.

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Il Cardinale Parolin ha poi sottolineato che la Santa Sede dà particolare attenzione alla questione dei migranti giovani e bambini, al diritto a rimanere, all’integrazione che deve essere un processo a due binari, e rimarcato ancora una volta che la visione della Santa Sede si basa sui quattro verbi delineati da Papa Francesco – accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

Parolin a Marrakech: il primo dialogo sull’integrazione

Sempre il 10 dicembre, il Cardinale Parolin ha preso la Parola al primo dialogo della conferenza, dedicato a “Promuovere l’azione e gli impegni del Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare”. Il Segretario di Stato vaticano, nell’occasione, si è focalizzato su pace, disarmo e integrazione. Parlando di pace e sviluppo, il Cardinale ha sostenuto la necessità di andare alle cause originarie dei flussi migratori, specialmente quando queste sono conflitti violenti, povertà estrema, disastri naturali e degrado ambientale.

Quello di cui c’è bisogno – ha detto il capo della diplomazia vaticana – è “un impegno per lo sviluppo umano integrale di ciascuna persona, notando che pochi lascerebbero se avessero accesso a lavori, salute, educazione, libertà religiosa, partecipazione politica e altri beni basilari”.

Per quanto riguarda l’integrazione, ha detto che “i migranti devono essere trattati con dignità, che significa giusti processi, protezione dai trafficanti, unità famigliare e rispetto per le loro credenze religiose e tradizioni”.

Parolin a Marrakech: i diritti dei migranti nel 70esimo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo

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Durante l’incontro di Marrakech si è tenuto anche un evento per commemorare il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, oggetto tra l’altro di due celebrazioni nella settimana, presso la Pontificia Università Gregoriana e presso la Pontificia Università Lateranense.

Il cardinale Parolin – che aveva tra l’altro consegnato un intervento alla Pontificia Università Gregoriana – ha centrato il suo intervento a Marrakech sul preambolo della dichiarazione, che stabilisce come alla base di pace, giustizia e libertà ci sia “il riconoscimento della dignità inerente e inalienabile e degli eguali diritti di ogni persona”. Questi diritti – ha detto – si applicano ad “ogni migrante”, perché “nelle nazioni di origine, di transito e destinazione, ogni persona ha diritto di essere trattata con dignità e rispetto e di avere accesso a servizi sociali di base. Ha anche parlato del diritto di rimanere e del principio di non refoulement (il principio per cui non si devono forzare rifugiati a tornare in Paesi in cui sarebbero perseguitati), chiedendo una integrazione degna, in modo che “ciascun migrante sia capace di contribuire alla buona salute della società”.

Parolin a Marrakech: le iniziative innovative sul tema migranti

Il secondo dialogo dell’incontro di Marrakech è stato centrato su “Partnership e iniziative innovative per il futuro”. Nel suo intervento, il Cardinale Parolin ha prima di tutto notato che le partnership dovrebbero essere composte di “istituzioni nazionali e locali, settore privato, sindacati, società civile, accademia, migranti”, ma anche “gruppi in diaspora e organizzazioni di tipo religiose”. Queste ultime – ha detto il Cardinale – hanno dato prova di essere particolarmente efficaci come primo mezzo di risposta.

Il Cardinale ha poi sottolineato che c’è bisogno di un approccio strategico che coinvolga l’intero governo e l’intera società, dando in entrambi i casi la priorità alla dignità inalienabile di ogni persona e allo sviluppo integrale.

Infine, il Segretario di Stato vaticano ha parlato della necessità di una azione innovativa nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti, magari attraverso l’uso delle nuove tecnologie e l’impegno dei media ad ogni livello.

La Santa Sede: necessarie urgenti azioni sul clima

Si è tenuta dal 3 al 14 dicembre, a Katowice, in Polonia, la 24esima “Coneferenza delle Parti” sul clima, conosciuta anche come COP24. Il Cardinale Parolin ha partecipato alle fasi iniziali della Conferenza, lasciando poi la delegazione vaticana per recarsi a Marrakech. Dopo l’accordo di Parigi, stabilito durante il COP21 del 2015, la Santa Sede ha continuato a promuovere la cura della casa comune a tutti i livelli.

Il 12 dicembre, monsignor Bruno-Marie Duffé, segretario del Dicastero vaticano per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale e coordinatore della delegazione della Santa Sede, ha ribadito ancora una volta che la Santa Sede richiede ambizione, azione e vera solidarietà per la cura della casa comune, reiterando ancora una volta il messaggio della Laudato Si, ovvero che si tratta di una sola crisi, che riguarda aspetti finanziari, economici e sociali, e che le nazioni dovrebbero ascoltare “attentamente al grido della terra”.

La delegazione della Santa Sede ha chiesto di non trascurare le evidenze scientifiche, che mostrano il devastante impatto dal cambiamento climatico nelle comunità di tutto il mondo.

Mercy Chirambo, rappresentante di Caritas Malawi, ha sottolineato nella stessa occasione che “il cambiamento climatico ha uno specifico impatto sulla vita delle donne”, mentre Joseph Sapati Moeno-Kolio, rappresentante dei Guerrieri del Pacifico per il Clima, ha sottolineato che “la differenza tra 1,5 e 2 gradi è la differenza tra noi costretti a lasciare le nostre isole per sempre e noi che rimaniamo.

Monsignor Duffé ha detto che ci vogliono “azioni urgenti e decisioni urgenti fatte ina una reale solidarietà globale”, e enfatizzato che “è importante ricordare che tutti i progressi della nostra storia non sono solo al livello di decisioni politiche. Abbiamo bisogno di loro, abbiamo bisogno di autorità internazionale, ma dobbiamo vedere e considerare gli impegni di tutte le persone e comunità”.

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Il progetto Rondine alle Nazioni Unite

Dopo aver incontrato il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, e aver presentato il loro progetto di convivenza tra persone delle nazioni in conflitto a Papa Francesco, il progetto Rondine Città della Pace è approdato alle Nazioni Unite per il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e sono stati protagonisti dell’evento su “Leader di Pace: l’appello dei giovani di Rondine per i diritti umani”.

L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, era a Katowice, ma ha inviato un intervento letto da monsignor Tomasz Grysa, della missione della Santa Sede. Nel suo intervento, l’arcivescovo Auza ha sottolineato che il progetto Rondine ha portato avanti il riconoscimento della dignità inerente di ogni essere umano con il suo progetto, che ha l’obiettivo di aiutare i giovani che provengono da situazioni di conflitto. Al cuore del metodo Rondine, ha detto, c’è l’idea di trasformare “nemici disumanizzati in fratelli degni”.

La Santa Sede a New York: cosa fanno le organizzazioni di ispirazione religiosa?

Sempre nell’ambito delle celebrazioni per il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, c’è stato un evento alle Nazioni Unite su “Diritti Umani e Trasformazione dei Conflitti: il ruolo delle Organizzazioni Religiose”. L’evento si è tenuto al Church Center. Anche in questo caso, il discorso dell’arcivescovo Auza è stato letto, questa volta da padre David Charters.

L’arcivescovo Auza ha spiegato i molti modi in cui le persone e le agenzie di ispirazione religiose lavorano per la pace, e ne ha specificati dodici: l’inculcare il rispetto della dignità di ogni persona come amata da Dio; lo sviluppo di una cultura dell’incontro, della solidarietà e della fraternità; l’apertura e la gestione di scuole che sono la testa e il cuore del pensiero critico; il predicare il perdono la riconciliazione; l’uso della preghiera come arma al posto delle armi di violenza; il vivere la Regola d’Oro; la condanna categorica del male; la formazione di costruttori di pace; la focalizzazione sullo sradicamento dei propri peccati; la promozione dello sviluppo umano integrale; il vivere criteri etici per intervenire; il dialogo interreligioso. Anche in questo caso, ha lodato il metodo di Rondine – Città della Pace.

Papa Francesco incontra il ministro indonesiano della pesca

La Santa Sede è in prima linea nel difendere i diritti dei pescatori e i lavoratori nel settore della pesca, soggetti spesso a vera e propria schiavitù, specialmente in Asia. L’impegno della Santa Sede è stato ribadito anche dall’arcivescovo Piero Pioppo, nunzio apostolico in Indonesia, alla conferenza Our Ocean di Bali. In quell’occasione, ha invitato in Vaticano Susi Pudjiastuti, ministro degli affari marittimi indonesiano noto per il “pugno di ferro” contro la pesca illegale.

L’incontro è avvenuto lo scorso 12 dicembre, nell’ambito dei baciamano al termine dell’udienza generale. La politica del ministro è quella di affondare centinaia di pescherecci, locali o stranieri, che pescano illegalmente nelle acque indonesiane. Da quando Pudjiastuti ha preso l’incarico, a ottobre 2014, sono state affondate almeno 448 navi, e nel solo agosto 2018 sono state distrutte 125 navi straniere in 11 località in Indonesia.

Secondo il ministro, Papa Francesco ha chiesto al ministro di continuare nel suo lavoro. Dopo l’incontro con il Papa, il ministro ha incontrato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati. I colloqui sono durati 30 minuti, e si sono concentrati sugli sforzi per combattere la pesca illegale e la schiavitù nell’industria della pesca.

Il “ministro degli Esteri” vaticano si incontra con i ministri degli Esteri di Mongolia e Armenia

La scorsa settimana, come ogni anno, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati ha preso parte all’Incontro Ministeriale dell’OSCE, che si è tenuto il 6 e 7 dicembre a Milano. Nell’occasione, ha svolto anche due incontri bilaterali.

Il 6 dicembre, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato D. Davaasuren, Segretario di Stato del ministero degli Affari Esteri di Mongolia. Davaasuren ha espresso interesse a co-organizzare una mostra di documenti storici con l’obiettivo di sviluppare la cooperazione bilaterale nella cultura e l’educazione, e ha invitato un rappresentante vaticano alla “Conferenza Buddhista Asiatica per la pace”, che si terrà il prossimo giugno da Ulan Bator. L’arcivescovo Gallagher ha espresso soddisfazione per le relazioni di cooperazione che si stanno sviluppando tra le due nazioni. Mongolia e Santa Sede hanno stabilito legami diplomatici il 4 aprile nel 1992.

Il 7 dicembre, c’è stato un incontro bilaterale tra l’arcivescovo Gallagher e Zohrab Mnatsakanyan, ministro degli Affari Esteri ad interim di Armenia. Secondo una nota del ministero degli Affari esteri armeno, Santa Sede e Armenia hanno concordato nel prendere misure concrete per rinforzare ulteriormente il dialogo politico e arricchire le relazioni bilaterali. Il ministro Mnatsakanyan ha sottolineato la necessità di lavorare per prevenire i crimini contro l’umanità. I due interlocutori hanno anche parlato delle sfide attuali affrontate della minoranze etniche e religiose del Medio Oriente, e sugli sforzi della comunità internazionale per proteggerli.

Armenia e Santa Sede hanno relazioni diplomatiche dal 1992. Nel 2016, Papa Francesco è stato in visita nel Paese. Da allora, i rapporti bilaterali si sono accompagnati ad ottime relazioni anche sul piano religioso. Da quest’anno, c’è un rappresentante della Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, l’arcivescovo Khajag Barsamian.

L’ambasciatore delle Bahamas dall’arcivescovo Gallagher

Il 13 dicembre, hanno presentato le lettere credenziali gli ambasciatori di Svizzera, Malta, Bahamas, Capo Verde, Estonia, Islanda, Turkmenistan, Grenada, Qatar e Gambia. Sono tutti ambasciatori non residenti. Il ministero degli Esteri di Bahamas ha reso noto che il 10 dicembre, l’ambasciatore Basil W. Barnett ha anche avuto un incontro con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher in Vaticano.

Il nunzio in Liberia presenta le sue lettere credenziali

L’arcivescovo Dagoberto Campos Salas, nominato il 28 luglio nunzio in Liberia, ha presentato il 10 dicembre le lettere credenziali al presidente liberiano George Weah, noto al grande pubblico per i suoi trascorsi da calciatore con la maglia del Milan. Il presidente Weah ha notato l’impatto che hanno avuto le continue preghiere della Santa Sede per la pace e la priorità in Liberia, cosa che ha portato a stabilità ed Armonia nazionale. Weah ha detto che la Santa Sede è stata a fianco della Liberia sin dai giorni dello scomparso arcivescovo Michael Francis, e ha sottolineato che la Liberia ha ancora bisogno di preghiere per poter superare le sfide che riguardano la sua nazione e il suo popolo.

Da parte sua, il nunzio ha ricordato la straordinaria relazione tra Liberia e Vaticano ed espresso che le relazioni possano ulteriormente fruttificare durante il suo periodo da “ambasciatore del Papa a Monrovia”.

Oltre alla Liberia, l’arcivescovo Campos rappresenta la Santa Sede anche in Gambia e Sierra Leone, due nazioni da sempre associate alla nunziatura di Monrovia.

Il premier algerino ha ricevuto la delegazione vaticana per la beatificazione dei martiri di Algeria

L’8 dicembre, il Cardinale Angelo Becciu, inviato speciale del Papa, ha celebrato ad Oran la beatificazione dei 19 martiri di Algeria. Il 9 dicembre il Cardinale, insieme agli altri membri della delegazione nominati dal Papa, è stato ricevuto dal primo ministro Ahmad Ouyahia, insieme a Mohamed Aissa, ministro degli Affari Religiosi.

Papa Francesco in Corea del Sud? Difficile

Nel corso della settimana, è stato riportato che la Santa Sede ha fatto sapere che un passaggio di Papa Francesco in Corea del Nord è molto improbabile. L’invito in Corea del Nord era stato portato a Papa Francesco dal presidente Moon, che durante la sua visita in Vaticano aveva anche partecipato ad una messa per la pace nella penisola coreana officiata dal Cardinale Pietro Parolin.

Ad ogni modo, un ufficiale della Santa Sede ha fatto sapere che, nonostante il necessario invito, a causa delle preparazioni e della agenda fitta del Papa, è improbabile che il viaggio arrivi nel prossimo anno.

Il presidente del Libano invia i suoi saluti di Natale a Papa Francesco

Michel Aoun, presidente del Libano, ha inviato il 13 dicembre i suoi saluti a Papa Francesco per le celebrazioni di Natale e Capodanno. Un comunicato della presidenza della Repubblica libanese ha sottolineato che, nella missiva, il presidente libanese ha sottolineato che “portando avanti, non senza difficoltà, l'impegno di costruire un futuro comune, giusto e unito in un mondo frammentato, il Libano vorrebbe esprimere a Sua Santità la sua gratitudine per il vigoroso sostegno che gli date. sostenere la vostra richiesta di una ‘buona politica al servizio della pace’, come da lei proposto nel tema della prossima Giornata Mondiale della Pace.

Papa Francesco, una delegazione speciale per la Georgia

Il 16 dicembre Salome Zourabichvili, presidente eletto di Georgia, inaugurerà il suo mandato a Telavi, Kakheti. Con l’occasione, Papa Francesco ha nominato una sua speciale delegazione. La delegazione sarà guidata dall’arcivescovo Claudio Gugerotti, nunzio apostolico in Ucraina. Saranno parte della delegazione l’arcivescovo José Bettencourt, nunzio apostolico in Georgia; il Consigliere della nunziatura, monsignor Miahiata Blaj. La delegazione sarà anche ricevuta in udienza dal Patriarca Ilia II.

L’impegno del governo USA per i cristiani perseguitati

Lo scorso 11 dicembre, il presidente USA Donald Trump ha firmato lo “Iraq and Syria Genocide Relief and Accountability Act”, legge che delinea come vittime di genocidio i cristiani e gli yazidi nel Medio Oriente, impegnando così il governo USA ad offrire loro assistenza umanitaria.

Quella di riconoscere il genocidio delle minoranze in Medio Oriente è una linea sostenuta dai Cavalieri di Colombo – che al tema avevano dedicato la conferenza internazionale “Sotto la spada di Cesare” – e anche da vari studi indipendenti. Al momento della firma, c’erano accanto a Trump Callista Gingrich, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Carl Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, e l’arcivescovo caldeo di Erbil Bashar Warda.

Già l’amministrazione Obama aveva tracciato la scelta di applicare la definizione di genocidio ai crimini perpetrati contro cristiani e yazidi in Iraq, in particolare quelli del sedicente Stato Islamico. Tra le altre cose, la legge permette al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di condurre indagini penali e arrestare quanti vengono identificati come autori di violenze e persecuzioni contro le minoranze religiose. La legge ha avuto consenso unanime e bipartisan di Camera dei deputati e Congresso, e permette anche ad organizzazioni di ispirazione religiosa di gestire progetti e finanziamenti a favore delle minoranze cristiane stanziate dal governo USA.