Advertisement

Diplomazia Pontificia, la Santa Sede mediatore in Ucraina?

L’agenzia nazionale russa rilancia l’idea del ruolo della Santa Sede nella risoluzione del conflitto ucraino. L’arcivescovo Gallagher in Macedonia del Nord. La questione alimentare

Palazzo Apostolico Vaticano | Il Palazzo Apostolico Vaticano visto dal Cortile San Damaso | Twitter Palazzo Apostolico Vaticano | Il Palazzo Apostolico Vaticano visto dal Cortile San Damaso | Twitter

È il conflitto in Ucraina ad essere ancora al centro degli sforzi della diplomazia del Papa. Un articolo di Ria Novosti riapre alla possibilità di una mediazione della Santa Sede, mentre l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha sottolineato che non si deve cadere nella tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale ucraina.

Importante, in questa settimana, il viaggio dell’arcivescovo Gallagher in Macedonia del Nord. Nel frattempo, la Santa Sede ha cominciato a mettere sul tavolo un’altra delle conseguenze della guerra in Ucraina: il rischio di un problema alimentare, che potrebbe anche risolversi in una carenza di cibo nel 2023.

                                                FOCUS UCRAINA

Guerra in Ucraina, la Russia cerca la mediazione della Santa Sede?

Nel corso della settimana, l’agenzia governativa russa Ria Novosti ha diffuso la notizia che la Federazione Russa sostiene la mediazione della Santa Sede per la risoluzione della guerra in Ucraina. La notizia riportava dichiarazioni di Alexei Paramonov, direttore del primo dipartimento europeo del Ministero degli Esteri russo, il quale ha notato, in un cambio di tono molto significativo, che “la dirigenza vaticana ha più volte dichiarato la propria disponibilità a fornire ogni possibile assistenza per raggiungere la pace e fermare le ostilità in Ucraina. Queste osservazioni sono confermate nella pratica. Manteniamo un dialogo aperto e fiducioso su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria in Ucraina”.

Advertisement

Paromonov ha anche aggiunto che “tutte le iniziative della Santa Sede e di Papa Francesco che possono portare alla pace in Europa sono percepite con grande rispetto, e naturalmente possono essere richieste se si presentano i presupposti appropriati”. Allo stesso tempo, Paramonov ha detto che “in Ucraina abbiamo a che fare con persone estranee a qualsiasi autorità”.

Le parole di Paromonov sono un segnale positivo, ma accolte dalla Santa Sede senza particolari illusioni. Più che altro, sembra essere una apertura, più che ad un negoziato, ad una apertura di dialogo con la Santa Sede.

Il Papa ha fatto sapere che il presidente Vladimir Putin non ha mai accettato di entrare in contatto con lui, e ha anche detto che, nell’intervista al Corriere della Sera dello scorso 3 maggio, ha voglia di andare a Mosca per incontrare Putin.

Il Papa aveva anche detto di voler andare a Kyiv e lo ha ribadito ai bambini del Treno dei Bambini, dicendo che ci sarebbe stato un incontro con officiali del governo. Ma quell’incontro non era con officiali del governo, quanto piuttosto con un gruppo messo su da un certo Alejandro, un sacerdote argentino suo amico, con lo scopo di aiutare il Papa a comprendere perché le sue decisioni e le sue prese di posizione non fossero bene accolte da parte ucraina.

L’arcivescovo Paolo Pezzi, che guida l’arcidiocesi diocesi della Gran Madre di Dio (arcidiocesi che include il territorio di Mosca e di San Pietroburgo) ha detto al SIR che le parole di Paromonov sono “un segnale molto positivo, un segnale di apertura, un segnale di una certa disonibilità”.

Sempre nella sua intervista al SIR, l’arcivescovo Pezzi ha lodato alla posizione “umile, chiara e di affidamento alle mani di Dio” di Papa Francesco, che ha “certamente influito su questa apertura di cuori”.

More in Mondo

L’arcivescovo Pezzi ha anche detto che l’operazione militare in Ucraina determina, in Russia, “un crescere di dolore, di incertezza”, e per questo “è importante fare propria la posizione di essere certi che non solo i momenti di pace sono occasione di crescita del popolo di Dio, ma anche i momenti di sofferenza e di guerra possono essere trasformati se abbiamo fede in Dio, se abbiamo questa speranza che non delude per il dono dello Spirito. Allora possiamo vincere ogni atto distruttivo e volgerlo ad una ricostruzione”.

L’arcivescovo Gallagher chiede di evitare compromessi sull’integrità territoriale ucraina

Parlando a margine di un colloquio sulle migrazioni alla Pontificia Università Gregoriana lo scorso 14 giugno, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha anche risposto a domande sull’Ucraina e chiesto di “resistere alla tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale dell’Ucraina”.

L’arcivescovo Gallagher era stato in Ucraina tra il 18 e il 21 maggio, in una visita rimandata di circa tre settimane causa del COVID contratto dal “ministro degli Esteri” vaticano. Già il 20 maggio a Kyiv, Gallagher aveva detto che la Santa Sede “difende l’integrità territoriale dell’Ucraina”.

Nelle sue dichiarazioni alla Gregoriana, l’arcivescovo Gallagher ha detto che “dobbiamo lavorare per la pace e sottolineare anche la dimensione ecumenica. Inoltre dobbiamo resistere alla tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale dell’Ucraina”.

Sono parole importanti, se lette in controluce con le dichiarazioni del Papa nella conversazione privata a Civiltà Cattolica, in cui aveva parlato anche del fatto che un leader occidentale aveva previsto la guerra dicendogli che la NATO stava “abbaiando al confine con l’Ucraina” – una tesi che lo stesso Papa aveva definito nella già citata intervista al Corriere della Sera del 3 maggio.

”Quando sono stato lì – ha detto l’arcivescovo Gallagher, riferendosi al suo viaggio – ho raccolto che c’è un appello verso la Santa sede a rimanere in contatto a mantenere la solidarietà. Alcuni paesi sono molto generosi ma c’è il pericolo che ci si stanchi, ma non dobbiamo pensare che il problema si risolve da sé”.

Come Chiesa, ha aggiunto, “dobbiamo lavorare per la pace e sottolineare anche la dimensione ecumenica. Inoltre dobbiamo resistere alla tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale Ucraina. Dobbiamo usare al contrario questo», quello della territorialità, «come principio di pace. Speriamo di poter iniziare presto un negoziato una trattativa per un futuro di pace”.

Interpellato a margine però sulla prospettiva concreta di un cessate il fuoco, Gallagher ha allargato le braccia aggiungendo che la sua “profezia” è quella di un “inverno che non dimenticheremo”.

                                                FOCUS BALCANI

L’arcivescovo Gallagher in Macedonia del Nord

Dal 16 al 19 giugno, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è in Macedonia del Nord. L’occasione della visita è la partecipazione al Prespa Forum 2022. Il Forum è una piattaforma di cooperazione e scambio nato per discutere del futuro dei Balcani occidentali anche nel contesto della sicurezza europea contemporanea. La Santa Sede tiene in grande considerazione il Prespa Forum, e lo scorso anno vi partecipò monsignor Miroslaw Wachowski, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.

Advertisement

Oltre all’arcivescovo Gallagher, partecipano al Prespa Forum quest’anno anche, ra gli altri, Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, e Borut Pahor, presidenet di Slovenia.

Il viaggio dell’arcivescovo Gallagher prevede anche una serie di incontri istituzionali. Il “ministro” degli Esteri vaticano si è incontrato con con Dimitar Kovacevski, primo ministro che è stato in Vaticano lo scorso maggio per la consueta visita annuale in occasione della festa dei Santi Cirillo e Metodio secondo il Calendario Giuliano, il 24 maggio. Si legge in una nota della presidenza del Consiglio di Skopje, "Durante l'incontro a cui ha partecipato il Ministro della Cultura, Bisera Kostadinovska-Stojcevska, è stato sottolineato che le relazioni diplomatiche tra la Macedonia del Nord e il Vaticano dall'instaurazione di questi rapporti segnano un continuo sviluppo, un alto livello di fiducia reciproca, comprensione e amicizia, mentre il coronamento di intense relazioni amichevoli è stata la visita di Papa Francesco nel nostro Paese nel maggio 2019".
Gli interlocutori hanno sottolineato che i legami spirituali tra la Macedonia del Nord e il Vaticano sono rafforzati dall'eredità e dai valori cristiani dell'opera di Madre Teresa e dei santi Cirillo e Metodio e si traducono in relazioni amichevoli tra i due Paesi, cosa molto importante per la regione. 

Il Primo Ministro Kovacevski e l'Arcivescovo Gallagher hanno discusso anche dei preparativi per la firma di un Accordo tra la Macedonia del Nord e la Santa Sede per regolare lo statuto della Chiesa cattolica nel Paese, e ciò aprirà nuove possibilità di cooperazione in diverse aree di reciproco interesse.

Previsto anche un incontro con il presidente Svevo Pendarovski. Tra gli incontri a margine del forum, quello con il viceministro degli Esteri bosniaco Josep Brkic, che ha detto che in agenda, oltre alle relazioni bilaterali tra Bosnia e Santa Sede, c’era anche la situazione politica e le imminenti elezioni in Bosnia e la pace e stabilità regionale.

Domani, a Skopje, l’arcivescovo Gallagher celebrerà Messa nella Cattedrale.          

                                                FOCUS MIGRAZIONI

L’arcivescovo Gallagher sulle migrazioni

Il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale dei Rifugiati. Per l’occasione, la Pontificia Università Gregoriana ha organizzato una tavola rotonda intitolata “Con i rifugiati all’incrocio della storia”, che ha visto anche la partecipazione dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati.

L’arcivescovo Gallagher ha notato che la migrazione è un fenomeno da cui non si può sfuggire e che è inerente alla natura stessa dell’essere umano. Ha aggiunto che “non si può pensare di affrontare un problema così complesso senza volontà politica, generosità e uno spirito di solidarietà”.

Il ministro degli Esteri vaticano ha notato che ci si deve allontanare “dalla logica dell’emergenza e fornire invece un risposo strutturato ai fenomeni migratori”, e ha aggiunto che “anche in Europa, dove i principi democratici e il rispetto per la persona umana sono considerati pietre angolari, crescono incidenti di discriminazione, inclusi quelli contro persone che sfuggono da scenari di guerra”.

L’arcivescovo Gallagher ha ribadito che è diritto di ciascuno Stato di promulgare la propria legislazione per la gestione dei flussi migratori, ma ha commentato che è “necessario cominciare dal principio della dignità delle persone arrivando a realizzare che non abbiamo a che fare con numeri, ma con esseri umani”.

Per questo, è “necessario dare un nuovo impeto in società differenti verso un più grande senso di responsabilità per aiutarci l’un l’altro nell’affrontare questa situazione”.

L’arcivescovo Gallagher ha detto che “il dono della pace è sempre un dono che dobbiamo sapere accogliere, e quello che sta accadendo oggi in Europa ci deve spingere a rinnovare una cultura di coesistenza e la capacità di accettare l’altro in tutta la sua diversità”.

Secondo il diplomatico vaticano, questo è il solo modo “in cui possiamo tentare di fare i conti con la tempesta perfetta che ci chiama ad una azione di convincimento su quelli che guidano le nazioni, mai perdendo di vista i più vulnerabili.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra, discorso all’Organizzazione Internazionale del Lavoro

Il 6 giugno, la Santa Sede ha partecipato alla 110ma sessione della Conferenza de Lavoro Internazionale, e diffuso i suoi commenti a partire dal rapporto del direttore generale.

L’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, osservatore permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, ha notato che “come la pandemia ha dimostrato anche troppo drasticamente, non solo le nazioni meno sviluppate e altre nazioni in via di sviluppo sono colpite in maniera sproporzionata dalle crisi globali, ma anche all’interno delle stesse nazioni le persone più povere e più vulnerabili soffrono le conseguenze più gravi”.

Il rappresentante della Santa Sede mette in luce anche altre crisi contemporanee, da quella del clima alla pandemia fino al protrarsi di conflitti armati e violenza, incluso il più recente conflitto militare in Ucraina, che continua a minacciare la pace e la stabilità in tutto il mondo.

Parlando del conflitto in Ucraina, l’arcivescovo Nwachukwu sottolinea che questo sta avendo “devastanti conseguenze nel mondo”, colpendo maggiormente le nazioni in via di sviluppo, e suscitando una spirale che colpisce le persone più vulnerabili della terra.

In particolare, la Santa Sede nota che “dato che la scarsità di cibo diventa un problema ancora più serio, i valore dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sono oggi più importanti che mai”.

In un tempo di tensioni internazionali in crescita, la Santa Sede chiede di riaffermare che “nessuno può essere lasciato indietro”, e che questo obiettivo si può raggiungere solo attraverso un impegno comune e universale di mettere le persone prima delle ideologie, di porre lo sviluppo umano integrale prima delle spese militari, di assicurare che l’interesse politico dei potenti non vada a pesare di più del bisogno e dei diritti dei vulnerabili”.

La Santa Sede a Ginevra, il rapporto dell’Alto Commissario per le Nazioni Unite

Il 14 giugno, si è tenuta la 50esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, e si è discusso anche rapporto annuale dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu ha sottolineato che “la Santa Sede continua a seguire con la più grave preoccupazione la situazione dei conflitti armati, incluso quello in Ucraina”, e che queste crisi “aggravano il già fragile contesto multilaterale, specialmente dopo più di due anni di pandemia”.

La Santa Sede chiede attenzione immediata e risposta adeguata alla questione ella sicurezza alimentare, sottolineando anche d’altro canto che è necessario “un impegno globale da parte della comunità internazionale” perché si arrivi “ad una soluzione pacifica e spedita dei conflitti in corso”.

La Santa Sede a Ginevra, all’Organizzazione Mondiale del Commercio

Dal 12 al 16 giugno, si è tenuta a Ginevra la conferenza ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. La Santa Sede, rappresentata dalll’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, ha notato che “la guerra in Ucraina” ha solo aggravato le sfide di ritornare ad un periodo post-pandemico, dato che la pandemia “ha alterato il nostro modo di vivere, e messo in luce l’umana fragilità dei nostri sistemi economici, sanitari e sociali.

L’arcivescovo Nwachukwu ha detto che “oltre alla tragica perdite di vite umane, le devastanti conseguenze umanitarie e il drastico sfollamento delle persone, il conflitto ha anche drammaticamente distrutto le catene globali alimentari, così mettendo ulteriormente a rischio la capacità delle nazioni, specialmente quelle meno sviluppate, di “sostenersi e rilanciare le economie”.

Le crisi che sperimentiamo, nota la Santa Sede, hanno “effetti deterrenti sul commercio internazionale”.

Se la pandemia, nota l’arcivescovo Nwachukwu, è sembrata “ravvivare un senso di famiglia globale”, questo spirito di fraternità a volte è “degenerato in una corsa per l’accesso alle cure in tempo record, con la tendenza di focalizzarsi esclusivamente nelle soluzioni nazionali”.

La Santa Sede nota che l’agenda commerciale vive ora una fase di stallo “nei negoziati multilaterali”, e dunque si richiede urgente azione per rivitalizzarla”.

L’arcivescovo Nwachukwu ha dettto che “salvaguardare l’Organizzazione Mondiale del Commercio è particolarmente importante per le nazioni in via di sviluppo o quelle meno sviluppate”, per le quali rimane ancora difficile, in molti casi, integrarsi in maniera efficace agli standard internazionali.

“Solo il sistema multilaterale di commercio – nota la Santa Sede – “offre agli Stati l’opportunità di partecipare nello sviluppo del sistema giuridico economico per una comprensione più piena tra i popoli, e per lo sviluppo economico e sociale”.

Il nunzio nota anche il legame tra il commercio e la questione ambientale. La denuncia della Santa Sede è che “gli Stati membri dedicato la loro attenzione alla discussione di temi quali la sostenibilità”, diventano più timidi quando si tratta di tenere in conto le emissioni di carbone.

La Santa Sede mette anche in luce che “mentre gli adattamenti climatici restano una priorità per le nazioni in via di sviluppo, le emissioni di gas serra in beni commercializzati e servizi impiega solo il 27 per cento delle emissioni globali di carbone”, cosa che indica che “la politica commerciale ha uno scopo consequenziale, ma limitato, nel contribuire a realizzare una agenda di crescita green”.

La preoccupazione maggiore, però, riguarda la possibile carenza di cibo, specialmente alla luce della guerra russo-ucraina, due nazioni che prima della guerra rappresentavano il 30 per cento dell’esportazione mondiale di grano.

L’abbandono dei capi agricoli a causa dell’aggressione militare e il danno enorme causato anche dall’assenza di lavoro agricolo a causa dello sfollamento di intere popolazioni non ha reso l’Ucraina del tutto isolata.

La Santa Sede sottolinea che uno dei problemi sia stata proprio la perdita dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e un forum di negoziazione effettivo.

La Santa Sede alla FAO, richiesta per il cessate il fuoco in Ucraina

Dal 13 al 17 giugno, si è svolta la 170esima sessione del Consiglio della FAO. Monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, ha chiesto a nome della Santa Sede che “la famiglia delle nazioni si impegni in maniera decisa a favore della cessazione immediata dell’aggressione militare in Ucraina”.

La Santa Sede ha notato che il tema della sicurezza alimentare è “fortemente connesso a quello della pace e che gli ostacoli e impedimenti che l’Ucraina sta incontrando per esportare i suoi cereali sta generando una onda di preoccupazione e provocando complesse difficoltà ai Paesi che dipendono, almeno in parte, dei sovvenzionamenti esterni”.

Ricordando che la FAO è nata dopo la Seconda Guerra Mondiale anche con la consapevolezza che “la carenza di alimenti è stata nella storia la causa di maggiore instabilità”, la Santa Sede nota che “nei Paesi più poveri, già severamente colpiti dal cambiamento climatico e dalla scarsità di acqua, ma mancanza di fertilizzanti potrebbe accentuare la caduta della produzione, con il rischio di ridurre popolazioni intere al degrado e alla denutrizione”.

Monsignor Chica Arellano dice che oggi il problema è l’aumento dei prezzi degli alimenti, mentre nel 2023 “potremmo trovarci di fronte ad una tragedia globale che si materializzerà nel rischio di una crudele assenza di cibo”.

Concludendo, monsignor Arellano nota che la FAO “non può rimanere ferma alle dichiarazioni solenni”, ma deve fare di più, perché “quanti patiscono le conseguenze della guerra si sentano realmente aiutati”, considerando che investire per la pace “non è solo uno slogan”, e che “la soluzione ai problemi di oggi non si otterrà attraverso la forza militare, che può diventare una scalata ogni volta più insidiosa per tutti.

Per la Santa Sede, vanno cancellati gli interessi personali e va cancellata “la spirale di odio e morte nella quale stiamo cadendo”, unendo invece le mani per “coltivare i campi e curare la terra”.

                                                         FOCUS EUROPA

La COMECE contro il diritto all’aborto

Il possibile rovesciamento, da parte della Corte Suprema USA, della sentenza Roe vs Wade che ha aperto la strada all’aborto negli Stati Uniti ha portato il Parlamento Europeo ad una discussione su “Minacce globali sui diritti all’aborto. Il possibile rovesciamento dei diritti all’aborto negli Stati Uniti”.

In una dichiarazione diffusa il giorno prima della discussione, Padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della COMECE, ha sottolineato prima di tutto la sorpresa di una discussione del genere nel Parlamento Europeo, considerata una “inaccettabile interferenza nella giurisdizione democratica di uno Stato sovrano, una nazione che non è neanche uno Stato membro dell’Unione Europea”.

Se il Parlamento adottasse una risoluzione su queste premesse – ha continuato Padre Barrios – questo andrebbe a “discreditare l’istituzione”. Il segretario generale della COMECE ci iene a sottolineare che “nessuno Stato può essere obbligato a legalizzare l’aborto, o a facilitarlo, o ad essere strumentale alla sua realizzazione”, e l’Unione Europea dovrebbe perciò “rispettare le competenze legislative dei suoi Stati membri”.

In gioco, c’è anche l’idea di includere il diritto all’aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Era un impegno che aveva preso il presidente francese Emmanuel Macron, cui la COMECE aveva reagito con forza, sottolineando in una dichiarazione che “il tentativo di introdurre un supposto diritto all’aborto porterebbe ad una legge senza fondamento etico e destinata ad essere causa di conflitto perpetuo tra i cittadini dell’Unione Europea”.

La COMECE ha anche messo in luce “la negazione del fondamentale diritto all’obiezione di coscienza”

La COMECE chiede al Consiglio d’Europa di rinnovare gli sforzi per la pace in Ucraina

In una dichiarazione rilasciata venerdì 17 giugno 2022, la Commissione delle Conferenze episcopali dell'Unione europea (COMECE) esorta i leader europei riuniti per il prossimo Consiglio europeo a “rinnovare i loro sforzi per la pace in Ucraina e ad attuare un processo di allargamento dell'UE credibile”.

La COMECE si è rivolta ai leader europei riuniti nel Consiglio Europeo del 23 – 24 giugno. La dichiarazione si intitola “Europa, rinnova la tua vocazione a promuovere la pace”, e invita l'Unione europea a comprendere appieno l'importanza del suo ruolo per offrire una rinnovata visione strategica per la stabilità, la giustizia e la pace al continente europeo e al mondo.

Il vescovo Rimantas Norvila, presidente della Commissione Affari Esteri dell’UE della COMECE, ha esortato l’Unione Europea a “non cessare i suoi sforzi per porre fine alla guerra, con un’Ucraina libera, sicura e indipendente nei suoi confini riconosciuti a livello internazionale”.

Secondo la COMECE, questa nuova realtà data dalla guerra dovrebbe spingere l'UE e la comunità internazionale a dirigere i propri sforzi verso la costruzione di una nuova architettura di pace in Europa e nel mondo.

Oltre a chiedere l'elaborazione di una strategia di pace integrale dell'UE, la COMECE incoraggia anche gli Stati membri dell'UE a impegnarsi in modo responsabile e collaborativo sulla sicurezza sviluppando mezzi di difesa adeguati, garantendo nel contempo un rigoroso controllo pubblico del rispetto dei principi di proporzionalità, rispetto dei diritti umani, diritto internazionale e standard etici.

L'imminente riunione del Consiglio europeo dovrebbe discutere le prospettive future di adesione all'UE per i paesi europei che hanno presentato domanda.

A questo proposito, la COMECE chiede il rinnovo e l'attuazione di un processo di allargamento dell'UE credibile , compresa l'apertura dei negoziati di adesione con l'Albania e la Macedonia del Nord e la concessione dello status di candidato all'Ucraina.

COMECE, incontro con una delegazione interreligiosa ucraina di alto livello

Mercoledì 15 giugno 2022 una delegazione ad alto livello di leader religiosi dell'Ucraina ha visitato il Segretariato della Comece e ha scambiato con i rappresentanti delle Chiese e delle comunità religiose dell'UE le prospettive di pace nel loro paese dilaniato dalla guerra e i modi per sostenere la popolazione ucraina. 

L'incontro è stato organizzato in collaborazione con l'ufficio dell'UE della Konrad-Adenauer-Stiftung. La delegazione è stata ricevuta da p. Manuel Barrios Prieto, Segretario Generale della Comece, insieme all’arcivescovo Franco Coppola, Nunzio Apostolico in Belgio e Lussemburgo, nonché rappresentanti di organizzazioni cattoliche con sede a Bruxelles e di altre comunità religiose.

Tra i membri della delegazione ucraina c'erano Sua Beatitudine Epifanio (metropolitano di Kiev e di tutta l'Ucraina), il vescovo Vitalii Kryvytskyi di Kyiv-Zhytomyr, il Supremo Mufttì di Ucraina Sheikh Akhmed Tamim e Gennadii Bilorytskyi, Rappresentante dell'Unione delle Organizzazioni Religiose Ebraiche dell'Ucraina.

Il vicepremier di Ungheria conferisce onorificenze a Parolin, Gallagher

Missione a Roma per Zsolt Semjén, vice primo ministro di Ungheria, che lo scorso 8 giugno, presso il Pontificio Istituto Ungherese, ha consegnato al cardinale Pietro Parolin, all’arcivescovo Paul Richard Gallagher e ad altri officiali vaticani alcuni premi statali.

In riconoscimento del suo lavoro per promuovere le relazioni tra l'Ungheria e la Santa Sede e per facilitare la partecipazione di Papa Francesco alla Messa di chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest , il Cardinale Pietro Parolin è stato nominato Segretario Civile di Gran Croce dell'Ordine Ungherese di merito 

In riconoscimento del suo lavoro per promuovere le relazioni tra l' Ungheria e la Sede Apostolica e per facilitare la partecipazione di Papa Francesco alla Messa di chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest , l'Arcivescovo Paul Richard Gallagher , Segretario per le Relazioni Internazionali della Santa Sede.

In riconoscimento del suo lavoro per promuovere le relazioni tra l'Ungheria e la Santa Sede e per promuovere la partecipazione di Papa Francesco alla Messa di chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest,  Mirosław Stanisław Wachowski , Vice Segretario per le Relazioni Internazionali della Santa Sede.

In riconoscimento del suo lavoro per promuovere le relazioni tra l'Ungheria e la Santa Sede e per facilitare la partecipazione di Papa Francesco alla Messa di chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest, Daniel Pacho,  minutane per le relazioni con l’Ungheria della Segreteria di Stato della Santa Sede.

Papa Francesco incontra la presidente del Parlamento albanese

Lo scorso 6 giugno, Papa Francesco ha incontrato Lindita Nikolla, presidente del Parlamento albanese, insieme con il vicepresidente Agron Gjekmarkaj.

In un comunicato della presidenza del Parlamento si legge che

Papa Francesco, ha preso atto di alcuni valori del popolo albanese e ha sottolineato che segue con simpatia le conquiste e il progresso dell'Albania e i popoli laboriosi sono apprezzati per i loro sforzi. Apprezzando gli sforzi per promuovere la partecipazione delle donne e proteggerle dalla violenza, il Santo Padre ha sottolineato che le donne sono determinate e altruiste e che la società dovrebbe fare di più per loro”.

La Presidente del Parlamento, Lindita Nikolla, dopo aver ringraziato il Santo Padre per l'udienza, l'ha portata a conoscenza della situazione in Albania, dei valori europei e delle aspirazioni del popolo albanese ed ha espresso la sua profonda gratitudine ai fedeli cattolici e a tutti i cittadini per il Santo L'impegno del padre in Albania degli albanesi.

Nikolla ha detto al Papa che “l'Albania è un Paese di fraternità religiosa. La convivenza armoniosa e il rispetto tra le fedi hanno un'eredità storica. Noi albanesi non abbiamo mai conosciuto conflitti religiosi e questa caratteristica universale è un nostro orgoglio nazionale. I rapporti con la Santa Sede vanno oltre la diplomazia e la cooperazione religiosa. Sono potenti relazioni spirituali e una grande ispirazione per credenti e cittadini”.

Nikolla ha anche ricordato l’udienza concessa dal Papa ai leader della comunità musulmana albanesi, e ha sottolineato come questo sia un apprezzamento e un incoraggiamento alla tolleranza e al rispetto religioso in Albania”

Nikolla ha inoltre elogiato il contributo della Santa Sede attraverso iniziative e progetti culturali, educativi, sanitari, sociali e umani, nonché per il restauro e la protezione del patrimonio culturale e religioso in Albania.

Allo stesso tempo, ha espresso apprezzamento e gratitudine per il grande contributo dei fedeli e della Chiesa cattolica per aiutare i cittadini a far fronte alle conseguenze del terremoto e della pandemia, nonché per coltivare e proteggere i valori della amore, solidarietà e umanità.

Al termine dell'incontro, Papa Francesco ha rivolto al Presidente del Parlamento i migliori auguri per il popolo albanese, accompagnati dalla sua benedizione apostolica.

Dopo l'udienza con il Papa, Nikolla, e Gjekmarkaj, hanno incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede.

Durante l'incontro sono state rilevate le ottime relazioni tra l'Albania e la Santa Sede, nel 30° anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche, ed è stato espresso il desiderio di rafforzare la cooperazione.

Il presidente Nikolla ha ringraziato il Cardinale Parolin per il contributo dato dalla Chiesa cattolica, attraverso le sue istituzioni ecclesiastiche, educative e sanitarie in Albania. Parolin ha a sua volta elogiato la cooperazione di Nikolla e Gjekmarkaj e ha osservato che, nonostante le convinzioni e le posizioni politiche, la cooperazione parlamentare e politica dovrebbe basarsi sui valori comuni di umanità e solidarietà.

Nikolla e Parolin hanno anche discusso degli sviluppi in Albania, della situazione dopo la pandemia, dell'avanzamento del processo di integrazione europea, dell'elezione di un nuovo presidente e dell'impatto sull'Albania e sulla regione di guerra in Ucraina.

Regno Unito, l’arcivescovo Gugerotti tra i richiedenti asilo di Napier Barracks

La scorsa settimana, l’arcivescovo Claudio Gugerotti, nunzio apostolico nel Regno Unito, ha visitato Napier Barracks, una ex caserma nel Kent riadattata come centro di accoglienza per i richiedenti asilo, famigeratamente nota per le condizioni in cu isono trattati gli ospiti.

“Dopo una mia prima visita – ha sottolineato l’arcivescovo Gugerotti – ho scritto al Papa, che mi ha mandato una sua immagine, con la sua firma e benedizione, e mi ha chiesto di tornare a portarla agli ospiti di questo centro di accoglienza di rifugiati”.

Gugerotti ha raccontato che “per i richiedenti asilo di Napier Barracks, il messaggio del Papa ha rappresentato una ragione di vita, il motivo per continuare a resistere e aspettare la possibilità di una vita migliore senza persecuzioni”.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

Verso il viaggio di Biden in Medio Oriente

Chiese e comunità cristiane hanno cominciato a commentare il viaggio che il presidente USA Joe Biden svolgerà in Medio Oriente dal 13 al 16 luglio, durante il quale toccherà Israele, Palestina e Arabia Saudita. È un viaggio caldo, in un territorio in cui si sente messo a rischio lo status quo e in cui più volte le Chiese cristiane hanno denunciato quello che, a loro avviso, è un tentativo israeliano di colonizzare il Paese.

Tra i commenti, raccolti dall’agenzia del Dicastero per l’Evangelizzazione Fides, c’è quello di Theophilos III, Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, il quale ha voluto mettere in luce che le strategie perseguite da gruppi estremisti israeliani mettono da tempo sotto pressione la vita ordinaria delle comunità cristiane locali, e che sarebbe bene che le grandi nazioni del mondo, come gli Stati Uniti, manifestassero una presa di distanza rispetto alle organizzazioni estremiste”.

Anche l’Arcivescovo Yasser Ayyash, Vicario patriarcale della Chiesa greco- cattolica melkita per Gerusalemme, ha auspicato che il Presidente Biden inserisca nell’agenda della sua visita in Israele anche la questione delle intimidazioni perpetrate da gruppi estremisti ai danni di istituzioni e realtà cristiane presenti in Terra Santa, fenomeno che contribuisce ad aumentare l’esodo di cristiani di Terra Santa verso Paesi di occidente.

Hosam Naoum, arcivescovo della Chiesa anglicana a Gerusalemme, Giordania e Medio Oriente, ha ricordato che il Consiglio dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese di Gerusalemme lavora da anni per sensibilizzare la comunità internazionale in merito alle insidie che mettono a rischio la presenza cristiana a Gerusalemme. E in tutta la Terra Santa.
Venerdì 10 giugno Hadi Amr, funzionario del Dipartimento di Stato USA incaricato del dossier israelo-palestinese, aveva incontrato il Patriarca Theophilos. Questi, a nome dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese di Gerusalemme, gli aveva esposto i dati e considerazioni su fattori, processi e vicende strutturali e congiunturali che pesano in maniera negativa sulla vita ordinaria delle comunità cristiane locali.

Biden viaggia in Medio Oriente anche per ribadire il sostegno di Washington ad Israele, ma incontrerà anche i vertici dell’Autorità nazionale palestinese, e in tale occasione – ha aggiunto la portavoce Karine Jean-Pierre - potrà confermare “il sostegno di Washington per una soluzione ‘a due Stati’, che garantisca la sicurezza, la libertà e le pari opportunità al popolo palestinese”.
Nella tappa in Arabia Saudita, Biden incontrerà a Gedda anche i vertici del Paese che “negli ultimi 80 anni – ha rimarcato la portavoce della Casa Bianca - ha rappresentato un partner strategico fondamentale per gli Stati Uniti”.

                                    FOCUS AMERICA LATINA

Nicaragua, si accentua la pressione contro la Chiesa

Anche Michelle Bachelet, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, lo ha detto a chiare lettere: il governo di Daniel Ortega in Nicaragua sta accentuando la repressione contro la società civile, che ha cominciato nel 2018 una serie di proteste, ma soprattutto contro i sacerdoti cattolici.

Di fronte alla Commissione ONU per i Diritti Umani, Bachelet ha detto che il governo Ortega ha ripreso a prendere di mira i sacerdoti cattolici da maggio, “seguendoli ed intimidendoli insistentemente”.