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Papa Francesco, urbi et orbi di Pasqua: “La resurrezione è l’inizio del mondo nuovo”

Papa Francesco, Pasqua 2019 | Papa Francesco imparte la benedizione Urbi et Orbi, Piazza San Pietro, Pasqua, 21 aprile 2019  | Daniel Ibanez / ACI Group
Papa Francesco, Pasqua 2019 | Papa Francesco imparte la benedizione Urbi et Orbi, Piazza San Pietro, Pasqua, 21 aprile 2019 | Daniel Ibanez / ACI Group
Papa Francesco, messa di Pasqua 2019 | Papa Francesco durante la Messa del giorno di Pasqua, 21 aprile 2019 | Daniel Ibanez / ACI Group
Papa Francesco, messa di Pasqua 2019 | Papa Francesco durante la Messa del giorno di Pasqua, 21 aprile 2019 | Daniel Ibanez / ACI Group

Con la Resurrezione nasce un “mondo nuovo”, libero dal peccato. E Papa Francesco, ricordando il Cristo vivente, prega per un mondo nuovo che non lasci gli uomini indifferenti, in cui cessi il fragore degli armi e la corsa agli armamenti, e in cui gli uomini sappiano curarsi dei poveri e dei bisognosi e sappiano essere ponti, più che muri.

Papa Francesco non dice omelia nella Messa del giorno di Pasqua. Preferisce rimanere in silenzio, lasciando spazio per la riflessione in una piazza San Pietro gremita di persone e decorata, come al solito, con fiori olandesi, e in particolare con l’uccello del paradiso. Si rimanda, dunque, a quello che Papa Francesco ha detto nella notte di Pasqua, quando ha sottolineato che “il Signore non abita nella rassegnazione”.

Il riferimento all’attentato contro tre chiese cristiane e tre hotel in Sri Lanka, che ha causato un bilancio provvisorio di 150 morti e più di 500 feriti, viene incluso nell'augurio pasquale pronunciato al termine di un urbi et orbi di Pasqua che, come di consueto, rappresenta una panoramica dell’attenzione della Santa Sede per la pace.

Papa Francesco dice di aver "appreso con tristezza la notizia dei gravi attentati" in Sri Lanka, e manifesta la sua "affettuosa vicinanza alla comunità cristiana, colpita mentre era raccolta in preghiera, e a tutte le vittime di così crudele violenza. Affido al Signore quanti sono tragicamente scomparsi e prego per i feriti e tutti coloro che soffrono a causa di questo drammatico evento". 

Nel suo urbi et orbi, Papa Francesco denuncia il dramma dell’indifferenza per la situazione in Siria, parla del conflitto dimenticato in Ucraina e poi delinea uno scenario che va dal conflitto in Libia all’incertezza politica in Sud Sudan, dal Medio Oriente e dallo Yemen, passando per le difficili situazioni in Mali, Niger, Burkina Faso, Papa Francesco guarda a tutte le aree calde del mondo, anche alle difficili situazioni di Venezuela e Nicaragua. La preghiera è che “Dio ci faccia costruttori di ponti, e non di muri”.

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Il messaggio alla città e al mondo non rappresenta, però, un messaggio meramente diplomatico. Perché la diplomazia della Santa Sede, il suo appello per la pace e la riconciliazione, viene proprio dalla convinzione che Gesù è presente e risorto per tutti.

Papa Francesco riecheggia la sua esortazione apostolica post-sinodale sottolineando che “Cristo vive”, un messaggio “rivolto nello stesso tempo ad ogni persona e al mondo”, perché “la resurrezione di Cristo è principio di vita nuova per ogni uomo e per ogni donna”, dato che “ il vero rinnovamento parte sempre dal cuore, dalla coscienza”.

La Pasqua – dice Papa Francesco – è “l’inizio del mondo nuovo, liberato dalla schiavitù del peccato e della morte”, un mondo “finalmente aperto al Regno di Dio, regno di amore, di pace e di fraternità”.

Papa Francesco ricorda che Cristo vive “mostra la luce del suo volto di risorto” e “non abbandona quanti sono nella prova, nel dolore e nel lutto”.

Quindi, Papa Francesco rivolge lo sguardo al mondo. Prima della lista è la situazione in Siria. Papa Francesco invoca “il vivente” affinché “sia speranza per l’amato popolo siriano, vittima di un perdurante conflitto che rischia di trovarci sempre più rassegnati e persino indifferenti”. E invece – sottolinea Papa Francesco – “è il momento di rinnovare l’impegno per una soluzione politica che risponda alle giuste aspirazioni di libertà, pace e giustizia, affronti la crisi umanitaria e favorisca il rientro sicuro degli sfollati, nonché di quanti si sono rifugiati nei Paesi limitrofi, specialmente in Libano e in Giordania”.

Papa Francesco sposta il suo sguardo al Medio Oriente, “lacerato da continue divisioni e tensioni” e invita i cristiani della regione a “testimoniare con particolare perseveranza il Signore risorto e la vittoria della vita sulla morte”. Pensiero particolare per lo Yemen, e specialmente “per i bambini, stremati dalla fame e dalla guerra”. Più volte Papa Francesco ha fatto appelli per lo Yemen, e quello del 3 febbraio scorso sembrava aver aperto a una qualche soluzione.

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Papa Francesco prega perché “la luce pasquale illumini tutti i governanti e i popoli del Medio Oriente, a cominciare da Israeliani e Palestinesi, e li sproni ad alleviare tante sofferenze e a perseguire un futuro di pace e di stabilità”.

Quindi, il focus va sull’Africa, e in particolare sulla Libia, “ dove persone inermi hanno ripreso a morire in queste ultime settimane e molte famiglie sono costrette a lasciare le proprie case”. Lì, una nuova guerra civile è cominciata, con l’attacco delle milizie di Khalifa Haftar alla volta di Tripoli, controllata dal Governo di Accordo Nazionale di al Sarraj. Papa Francesco esorta “le parti interessate a scegliere il dialogo piuttosto che la sopraffazione, evitando che si riaprano le ferite di un decennio di conflitti ed instabilità politica”.

Papa Francesco prega il Cristo vivente per la pace “in tutto l’amato continente africano, ancora disseminato di tensioni sociali, conflitti e talvolta da violenti estremismi che lasciano insicurezza, distruzione e morte, specialmente in Burkina Faso, Mali, Niger, Nigeria e Camerun”.

Sono tutte situazioni diverse, che però la Santa Sede guarda con attenzione e sulle quali i vescovi locali lavorano con intensità: in Camerun, nella cosiddetta crisi anglofona, è stata invocata persino la mediazione della Santa Sede, mentre il Cardinale Parolin è recentemente stato inviato di Papa Francesco per i 130 anni della chiesa maliana, e la Nigeria vive da anni attacchi alle chiese cristiane da parte dei militanti di Boko Haram.

Il Sud Sudan è diventato una priorità diplomatica della Santa Sede, in particolare con il ritiro spirituale dei leader dello Stato che è terminato con la richiesta di Papa Francesco di rimanere nella pace. Richiesta che il Papa rinnova “nel momento di incertezza politica” che si vive nel Paese.

Sempre parlando del Sud Sudan, Papa Francesco auspica quindi “che tutte le istanze possano trovare voce e ciascuno adoperarsi per consentire al Paese di trovare la libertà, lo sviluppo e il benessere a cui da lungo tempo aspira”, e che “il Signore risorto accompagni gli forzi compiuti dalle Autorità civili e religiose del Sud Sudan, sostenute dai frutti del ritiro spirituale tenuto alcuni giorni fa qui in Vaticano”, affinché “possa aprirsi una nuova pagina della storia del Paese, nella quale tutte le componenti politiche, sociali e religiose s’impegnino attivamente per il bene comune e la riconciliazione della Nazione”.

Nemmeno il conflitto dimenticato in Ucraina sfugge allo sguardo del Papa, che prega perché il Signore “incoraggi le iniziative umanitarie e quelle volte a perseguire una pace duratura”.

Quindi, il continente americano. Ci sono situazioni difficili, come quelle di Nicaragua e Venezuela. Il Papa prega per la popolazione, per chi “nel continente americano subisce le conseguenze di difficili situazioni politiche ed economiche”.

Il primo pensiero è per il Venezuela, dove c’è “tanta gente priva delle condizioni minime per condurre una vita degna e sicura, a causa di una crisi che perdura e si approfondisce”. Papa Francesco prega che il “Signore doni a quanti hanno responsabilità politiche di adoperarsi per porre fine alle ingiustizie sociali, agli abusi e alle violenze e di compiere passi concreti che consentano di sanare le divisioni e offrire alla popolazione gli aiuti di cui necessita”.

Altro fronte caldo, il Nicaragua. “Il Signore risorto – prega Papa Francesco- illumini gli sforzi che si stanno compiendo in Nicaragua per trovare al più presto una soluzione pacifica e negoziata a beneficio di tutti i nicaraguensi”.

Ma la preghiera è soprattutto affinché il Signore “non ci trovi freddi e indifferenti” davanti alle sofferenze dei nostri tempi, e “faccia di noi dei costruttori di ponti e non di muri”.

Ed è anche una preghiera perché cessi “il fragore delle armi, tanto nei contesti di guerra che nelle nostre città”, perché il Signore ispiri a “porre fine alla corsa agli armamenti e alla preoccupante diffusione delle armi, specie nei Paesi economicamente più avanzati”.

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La preghiera è perché il Risorto “apra i nostri cuori alle necessità dei bisognosi, degli indifesi, dei poveri, dei disoccupati, degli emarginati, di chi bussa alla nostra porta in cerca di pane, di un rifugio e del riconoscimento della sua dignità”.

Quindi, nei suoi auguri per il giorno di Pasqua al termine dell'Urbi et OrbiPapa Francesco ricoda che "settant’anni fa, proprio nella Pasqua del 1949, un Papa parlava per la prima volta in televisione": fu Pio XII, che parlò ai telespettatori della tv francese, "sottolineando come gli sguardi del Successore di Pietro e dei fedeli potevano incontrarsi anche attraverso un nuovo mezzo di comunicazione".

Questo dà l'occasione a Papa Francesco di "incoraggiare le comunità cristiane ad utilizzare tutti gli strumenti che la tecnica mette a disposizione per annunciare la buona notizia di Cristo risorto".

"Illuminati dalla luce della Pasqua - sottolinea il Papa - portiamo il profumo di Cristo Risorto nella solitudine, nella miseria, nel dolore di tanti nostri fratelli, ribaltando la pietra dell’indifferenza".