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Diplomazia Pontificia, tre primi ministri dal Papa e il rapporto con la Cina

Gli appuntamenti diplomatici del mese in vista dell’Urbi et Orbi. Il tema del rapporto con la Cina

Cortile San Damaso | Il Cortile San Damaso, dove arrivano capi di Stato e premier in visita da Papa Francesco  | AG / ACI Group Cortile San Damaso | Il Cortile San Damaso, dove arrivano capi di Stato e premier in visita da Papa Francesco | AG / ACI Group

Saranno tre i primi ministri a visitare Papa Francesco nel corso del mese di dicembre. Dopo il mese di novembre, caratterizzato dalla visita di cinque presidenti, il mese di dicembre vede la visita dei primi ministri di Malta, Slovacchia e Montenegro. Sarà poi il mese del tradizionale urbi et orbi di Natale, in cui Papa Francesco delineerà lo Stato della diplomazia pontificia e le sue priorità nel mondo.

                                    L’AGENDA DI PAPA FRANCESCO

I tre primi ministri in visita da Papa Francesco

Il 7 dicembre, il Primo Ministro di Malta Josep Muscat è previsto in udienza da Papa Francesco. Si tratta di una visita spinosa, in quanto viene appena successivamente allo scandalo scoppiato a Malta riguardo l’uccisione della giornalista Daphne Caruana Galizia nel 2017. Nell’omicidio, sarebbero implicate anche persone del governo, e sebbene il premier non sia nemmeno indagato, alcuni hanno sollevato dubbi sulla opportunità di questo incontro.

Mentre molti esponenti del governo hanno già presentato le dimissioni per via dello scandalo, il premier Muscat e il suo entourage non hanno parlato, e alcuni in Vaticano temono il rischio che si utilizzi l’immagine del Papa per una indebita pubblicità del governo. C’è anche la possibilità che il premier Muscat si dimetta, travolto dallo scandalo. In quel caso, la visita non avrebbe luogo. Il premier Muscat ha già incontrato Papa Francesco il 24 giugno 2013, mentre il 16 settembre scorso Papa Francesco ha ricevuto in udienza il presidente maltese George Vella.

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Il primo ministro di Slovacchia Peter Pellegrini farà invece visita a Papa Francesco il prossimo 9 dicembre.

La Slovacchia è stata presidente dell’OSCE nel 2019, ed è stato questo uno dei temi dell’incontro di Papa Francesco con il presidente slovacco Kiska lo scorso dicembre. Le relazioni bilaterali sono buone, e si conta di portarle avanti.

La Santa Sede ha relazioni diplomatiche con Bratislava sin dalla costituzione dello Stato slovacco, nel 1994, ma in realtà si considerano le relazioni diplomatiche a partire dal 19 aprile 1990, quando la Repubblica Federale Ceca e Slovacca, pochi mesi dopo la “rivoluzione di velluto”, rinnovò le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, che erano rimaste interrotte per oltre 40 anni.

Sempre nel 1990, Giovanni Paolo II fece il suo viaggio apostolico in Ceccoslovacchia. Nel 1994, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca si sono separate, e la Santa Sede ha mantenuto rapporti con entrambe. I rapporti con la Slovacchia sono rinforzati anche da un accordo firmato il 24 novembre 2000, che garantisce la libertà all’attività della Chiesa Cattolica nel Paese e stabilisce le modalità di funzionamento nelle relazioni tra i due Stati.

Il 14 dicembre, Papa Francesco dovrà vedere il primo ministro di Montenegro Dusko Markovic. Dopo la visita del cardinale Parolin a Podgorica nel giugno 2018, Santa Sede e Montenegro puntano a rafforzare i rapporti, e il prossimo passo concordato è quello dell’apertura di una nunziatura a Podgorica. Nunzio in Montenegro è al momento l’arcivescovo nunzio Pezzuto, che è anche nunzio in Bosnia Erzegovina e ha la nunziatura e Sarajevo.

Santa Sede e Montenegro hanno aperto formali relazioni diplomatiche nel 2006, e il 24 giugno 2011 le due parti hanno stabilito un accordo che definisce le reciproche competenze e garantisce anche la libertà della Chiesa di erigere la sua gerarchia nello Paese, rispettando le reciproche competenze.

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Tra i temi dell’incontro, anche quello dei rapporti con il mondo ortodosso. Anche in Montenegro ci sono pressioni per una autocefalia sul modello di quella ucraina, mentre la zona è considerata territorio canonico del Patriarcato di Serbia. Una situazione simile a quella che si è creata con l’autocefalia in Ucraina, in cui il Vaticano non vuole ovviamente entrare.

Altro tema è quello del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. La Santa Sede si è dimostrata sempre cortese con le autorità kosovare, ma ancora non ha riconosciuto ufficialmente lo Stato

Santa Sede e Montenegro hanno relazioni antiche. Quello siglato con il Principato del Montenegro nel 1886 è il primo accordo della storia tra la Santa Sede e un Paese cristiano prevalentemente ortodosso orientale. L’accordo, tra l’altro,

implicava la libertà di religione per i cittadini di fede cattolica romana, prevalentemente slavi e albanesi in Montenegro. L'allora papa Leone XIII che avrebbe dovuto consultare in futuro il sovrano montenegrino prima di nominare l'arcivescovo di Bar (arcidiocesi di Bar), per verificare "se ha ragioni o natura civile che si oppongono a questo ". Quindi, sebbene fosse direttamente subordinato alla Santa Sede, l’arcivescovo di Bar doveva giurare fedeltà al signore del Montenegro.

                                    DIPLOMAZIA PONTIFICIA

Il Cardinale Pietro Parolin all’Università Cattolica

Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha parlato della diplomazia della Santa Sede in una Lectio Magistralis all’università cattolica, tenuta il 28 novembre in occasione dell’apertura dell’anno accademico.

Nella sua lezione, il Cardinale ha tratteggiato la diplomazia pontificia come una “diplomazia veicolo di dialogo, cooperazione e riconciliazione”, e “capace di concorrere a costruire la pace sostituendosi all’uso della forza”, seguendo una metodologia “basata sulla conoscenza, la perseveranza e il discernimento”, essenziali nel mondo diplomatico.

Il capo della diplomazia vaticana ha sottolineato che “per i diplomatici del Papa, l’obiettivo della pace si scinde da una generica domanda di pace e si concretizza anzitutto nel prevedere i presupposti e le modalità che possono favorirla. Forse è anche per questo che le parti in lite nel fare appello a una vera e propria riconciliazione per porre fine ai conflitti, invocano un diretto coinvolgimento della Santa Sede”.

Il Cardinale ha parlato anche di una crisi della diplomazia, notando il rischio di “abbandonare la visione del bene comune per consentire a Paesi di rifugiarsi nelle chiusure individuali e in localismi più o meno mascherati che colorano ormai lo scenario di un mondo post-globale è palpabile”.

Il Cardinale Parolin ha quindi ribadito l’importanza dell’approccio multilaterale, perché “nelle Organizzazioni intergovernative, il percorso verso decisioni che coinvolgono i Paesi è sempre faticoso e spesso comporta di sacrificare l’ego del nazionalismo o l’impellenza dell’interesse particolare. Si rischia però di negare l’essenza della diplomazia se non si riconoscono i contesti multilaterali come l’unica possibilità per gli Stati di ritrovarsi simultaneamente per dialogare elaborare strategie, assumere decisioni e e trovare soluzioni a questione, come la pace, che sono necessariamente comuni”.

La Santa Sede si impegna dunque nel multilaterale, perseguendo “Il grande obiettivo della pace” o nelle mediazioni, come ha fatto per il processo di pace in Colombia, dove “la diplomazia pontificia non ha mancato di offrire un contributo”, o alla situazione in Nicaragua, che “vede il rappresentante del Papa nel Paese partecipare come osservatore ai colloqui per la riappacificazione nazionale”, o nei Paesi dell’Africa e in particolare in Mozambico.

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Il Cardinale si è anche soffermato sulla crisi di Hong Kong, sottolineando che chi ha scelto come metodo la violenza deve rinunciare.

                                                FOCUS ASIA

Il caso di Hong Kong e il rapporto con la Cina

E proprio il caso di Hong Kong è stato anche oggetto di una domanda a Papa Francesco nella conferenza stampa in aereo di ritorno dal viaggio in Thailandia e Giappone. Papa Francesco ha minimizzato il telegramma inviato ad Hong Kong, sottolineando che si tratta di un telegramma di cortesia inviato a tutti gli Stati. Hong Kong, tra l’altro, non è uno Stato, ma è sotto la Cina. Il Papa poi ha detto di amare la Cina.

Per canto suo, la Cina ha dimostrato di apprezzare le attenzioni del Papa, e due giorni dopo Geng Shuang, ministro degli Esteri, ha sottolineato che del Papa “la Cina apprezza l’amicizia e la gentilezza”, e per questo Pechino “guarda con apertura agli scambi reciproci con il Vaticano.

Nel suo itinerario di viaggio, Papa Francesco ha sorvolato Cina e Taiwan, e ad entrambi ha mandato un telegramma. Anche qui, i dettagli sono importanti: la Cina è stata salutata come “nazione”, mentre i saluti a Taiwan sono rivolti “al popolo di Taiwan”, nonostante la nunziatura a Taipei sia significativamente chiamata “nunziatura di Cina”.

Si è trattato, anche in questo caso, di un gesto forte nei confronti di Pechino. Dopo l’accordo con il governo sulla nomina dei vescovi a settembre 2018, Papa Francesco sembra voler fare passi avanti anche nel cercare di ripristinare le relazioni diplomatiche con Pechino. Questo, però, comporterebbe l’interruzione delle relazioni con Taiwan, che considera la Santa Sede un partner cruciale, dato che è uno dei 22 Stati al mondo che ne riconoscono la sovranità.  La Santa Sede non dà segnali di voler abbandonare la nunziatura di Cina a Taipei, ma alcuni ipotizzano che la presenza vaticana a Taiwan si abbassi a quella di semplice delegazione apostolica. Al momento, la nunziatura non ha un nunzio, ma un incaricato di affari, dato che Taiwan non è riconosciuta nella comunità internazionale. Per Taiwan, la Santa Sede è un partner cruciale, dato che è uno dei 22 Stati che ne riconoscono la sovranità. Sono sempre di più, invece, gli Stati che abbandonano le relazioni con Taipei per aprirle con Pechino. Negli ultimi tempi, questo è successo con le Isole Salomone, Burkina Faso, Panama, Repubblica Dominicana, Sao Tomé, Principe.

Un altro segnale favorevole a Pechino è stata la scomparsa, dalle foto ufficiali delle delegazioni alla canonizzazione di Newman e di altri santi il 13 ottobre scorso, dell’incontro tra Papa Francesco e il vicepresidente di Taiwan.

Corea del Sud, un invito a Papa Francesco perché vada in Corea del Nord

Secondo il giornale coreano Chosun, il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha chiesto più volte a Papa Francesco di incontrarsi con il leader nordcoreano Kim Jong-un nella zona demilitarizzata che separa le due Coree. L’invito sarebbe stato consegnato al Papa dall’arcivescovo Alfred Xuereb, nunzio apostolico in Corea e Mongolia.

Già una delegazione della Santa Sede aveva chiesto a Papa Francesco di mediare tra Trump e la Corea del Nord in occasione dell’incontro del Papa con il presidente degli Stati Uniti il 24 maggio 2017. In visita da Papa Francesco il 18 ottobre 2018, il presidente coreano aveva detto che avrebbe portato al Papa l’invito del presidente della Corea del Nord a visitare il Paese.

Visita che appare anche difficile, non solo per i problemi di libertà religiosa, ma anche per l’oggettiva difficoltà a comprendere quale sia la situazione dei cattolici nel Paese.

 

                                                FOCUS EUROPA

Il Cardinale Mamberti in Polonia per il 100esimo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Polonia

Lo scorso 24 novembre, il Cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica e già “ministro degli Esteri” vaticano, ha presiedutato l’Eucarestia nella cattedrale del Wavel, a Cracovia, a conclusione delle celebrazioni per il 100esimo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Polonia e Santa Sede.

Nella sua omelia, il Cardinale Mamberti ha menzionato la figura del Cardinale Achille Ratti, primo nunzio apostolico nella Polonia indipendente, la cui attitudine era quella di “ricordare che solo nella riscoperta delle radici cristiane, solo nei valori che vengono dalla persona di Gesù Cristo si può vedere una chance di costruire una pace reale”.

Hanno partecipato alla cerimonia anche l’arcivescovo Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in Polonia, e l’arcivescovo metropolita di Cracovia Marek Jedaszewski.

Le celebrazioni per il 100esimo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Polonia e Santa Sede è iniziato il 13 marzo di questo anno, in concomitanza con il 100esimo anniversario della Conferenza Episcopale Polacca. Per l’inaugurazione delle celebrazioni, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aveva celebrato una eucarestia. Il 20 maggio, si era tenuta una sessione pubblica all’Università di Varsavia con la partecipazione dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati.

Il 6 giugno scorso, era stato svelato il monumento dell’arcivescovo Achille Ratti nel giardino della nunziatura apostolica di Varsavia, mentre il 15 agosto l’arcivescovo Romeo Pawlowski, capo della Terza Sezione della Segreteria di Stato vaticanahttps://www.acistampa.com/story/ecco-come-e-stata-istituita-la-terza-sezione-della-segreteria-di-stato-7406, aveva celebrato una solenne eucarestia a Jasna Gora. Il 28 ottobre, infine, l’arcivescovo Mario Delpini di Milano aveva celebrato i 100 anni dell’ordinazione episcopale di Achille Ratti.

Santa Sede e Polonia ripristinarono le relazioni diplomatiche nel 1919, dopo 120 anni di interruzione.

FOCUS AFRICA

Repubblica Democratica del Congo, i vescovi chiedono di sostenere l’organizzazione delle elezioni locali

La Conferenza Episcopale della Repubblica Democratica del Congo ha inviato Padre Clement Makiobo come suo rappresentante al Secondo Forum delle Organizzazioni della Società Civile. E, nell’occasione, i vescovi hanno chiesto di sostenere l’organizzazione delle elezioni locali nella Repubblica Democratica del Congo.

I vescovi hanno notato che c’è il problema dei fondi, ha sottolineato che le realtà locali necessitano piani di sviluppo, ha sottolineato che le elezioni locali possono essere un volano per la riforma.

                                                MULTILATERALE

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York

Si chiamava “Ascoltare i sopravvissuti della persecuzione religiosa: il richiamo della libertà religiosa” l’evento sponsorizzato dalla Missione Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite che si è tenuto lo scorso 20 novembre al Palazzo di Vetro di New York.

Tra i testimoni, padre Neville Fernando, un francescano del Terzo Ordine Regolare che era sacerdote nella chiesa parrocchiale di San Sebastiano a Negombo, in Sri Lanka, chiesa oggetto degli attacchi terroristici di Pasqua.

“La nostra gente ha bisogno di guarigione – ha detto – e noi sacerdoti stiamo facendo il meglio che possiamo per accompagnarli nel loro dolore”.

Monsignor Fredrik Hansen della missione presso la Santa Sede ha notato che in un mondo in cui c’è una crescita in discriminazione, persecuzione e attacchi basati sulla fede, l’evento puntava a dare voce a quanti avevano sperimentato di prima mano cosa succede quando il rispetto per la propria religione crolla.

Tra le testimonianze, anche quella di monsignor Romeo Saniel, amministratore apostolico del vicariato di Joyo nelle Filippine del Sud, che è sopravvissutto ad un attentato contro la sua vita da parte di teenagers nella sua provincia di nascita. “Testimoniare Gesù e i valori del cristianesimo nelle persecuzioni è più facile a dirsi che a farsi”, ha detto. In particolare, si è soffermato a parlare di come il terrorismo si è diffuso a Mindanao e Jolo, e in particolare il jihadismo, le cui radici vanno incluse all’interno di un conflitto separatista che è durato 40 anni e che ha ucciso più di 120 mila persone.

In diretta video da Lahore, in Pakistan, suor Ghazia Akbar ha detto che la situazione dei cristiani nel suo Paese “spezza il cuore, è sofferta di più nelle comunità remote”. Suor Akbar ha condiviso diverse storie di persecuzione, violenza e terrore da parte dei cristiani, e ha in particolare raccontato la storia di una giovane coppia, Shabhaz Maseeh di 26 anni e Shama Bibi, 24 anni. Genitori di tre bambini, la donna era incinta quando la coppia è stata quasi uccisa a forza di botte e poi bruciata viva a causa di una falsa accusa di aver bruciato pagine del Corano.

La Santa Sede a Ginevra: intevernto all’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni

Già da prima che Papa Francesco mostrasse il suo particolare interesse sul tema delle migrazioni, la Santa Sede non aveva mai fatto mancare l’attenzione ai migranti. Tanto che aveva deciso di entrare nell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni non come Paese osservatore, ma paese membro.

Lo scorso 28 novembre, si è tenuta la 109esima sessione del Consiglio dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni di Ginevra e la Santa Sede, rappresentata dall’arcivescovo Ivan Jurkovic, ha tenuto un intervento centrato sul contributo che i migranti possono dare alle nazioni che gli ospitano, sottolineando perché che “quelli che arrivano dovrebbero anche essere disposti all’integrazione, al rispetto delle culture e dei valori delle nazioni che li ospitano”.

Nonostante i migranti siano di beneficio per le nazioni che li accolgono, ha sottolineato la Santa Sede, “il dibattito intorno alle migrazioni è spesso guidato da paura e stereotipi, che è spesso viatico per sfruttamento e abusi, facendo così eclissare i benefici effetti delle migrazioni.

La Santa Sede ha anche notato che nessuno Stato può affrontare da sola questo fenomeno complesso. Per questo, la Santa Sede considera l’accordo globale sulle migrazioni come “un importante passo avanti verso un efficace governance delle migrazioni”. Quindi, la Santa Sede sottolinea che è importante imbrigliare il potenziale dei giovani nel costruire società resilienti e sostenibile, e per questo è “importante investire in educazione accessibile e inclusiva”.

La Santa Sede poi nota che una delle cause delle migrazioni ha dato dai disastri ambientali.

Infine, la Santa Sede ha sottolineato di supportare l’intenzione di rendere l’OIM una organizzazione più forte.

Il Cardinale Turkson all’IMO

L’IMO è l’Organizzazione Marittima Internazionale, e in questa settimana si è riunita per la sua 31esima sessione. La Santa Sede era rappresentata dal Cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Nel suo intervento, il Cardinale ha detto che la Santa Sede apprezza l’impegno dell’IMO di sviluppare misure per controllare le emissioni dal settore navale, dato che è quello un settore “alla base degli sforzi di decarbonizzare l’economia globale e promuovere investimenti in energia pulita”.

Il Cardinale ha sottolineato che le emissioni di diossido di carboni accrescono l’acidità degli oceani, e per questo la Santa Sede loda i nuovi regolamenti dell’IMO che rendono obbligatorie benzine “pulite” per ridurre emissioni sulfuree.

Il cardinale parla poi del problema della plastica negli oceani, rimarcando che “gli oceani e i mari sono vitali per la vita nel pianeta”.

Il Cardinale sostiene che è un “imperativo morale” prendersi cura del nostro ambiente”, quindi riafferma l’importanza dell’ecologia integrale, una ecologia che si sviluppa tra l’uomo e nell’ambiente; infine, la necessità di “un approccio immediato per trovare soluzioni ai problemi che non sono solo ambientali, ma anche sociali”; il principio guida dell’educazione, fondamentale oggi; il principio del dialogo e della collaborazione, la necessità di portare acanti progetti e iniziative per promuovere la salute degli oceani e dei mari.

                                                            NOMINE

Parte per Roma il nuovo presidente dell’Accademia Ecclesiastica

L’arcivescovo Joseph Marino, nunzio apostolico in Malesia, ha lasciato il Paese il 17 novembre alla volta di Roma, dove prendere l’incarico di presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, la scuola dei nunzi.

In una Messa celebrata nella cattedrale di San Giovanni a Kuala Lumpur il 9 novembre, l’arcivescovo Marino si è congedato con la comunità cattolica di Malesia.

Il nunzio ha detto di “non poter nascondere la mia tristezza nel dirvi addio, non solo per le molte relazioni personali dalle quali sono stato benedetto in questi anni, ma specialmente per la testimonianza che avete dato nel vivere e manifestare la vostra profonda fede in Cristo”.

Al termine della celebrazione, l’arcivescovo Julian Leow di Kuala Lumpur ha ringraziato l’arcivescovo Marino per il suo ministero e gli presentato un dono come ricordo del suo tempo nella nazione.

Verso un nuovo ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede?

Alberto Fernandez ha vinto le elezioni presidenziali in Argentina, e ora si appresta a nominare i suoi ambasciatori. Sembra così volgere al termine il periodo da ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede di Rogelio Pfirter, amico di vecchia data di Papa Francesco di cui è stato alunno.

Indiscrezioni dall’Argentina hanno fatto sapere che il prossimo ambasciatore potrebbe essere Mario Cafiero, figlio di uno storico dirigente peronista e zio di Santiago Cafierom, che prenderà il posto di capo di capo di gabinetto. Suo padre, Juan Pablo Cafiero, è già stato ambasciatore in Vaticano durante la gestione di Cristina Kirchner.