Trenta minuti di colloquio con l’aiuto di un interprete, molta cordialità e uno scambio di doni all’insegna dei poveri. Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano Joao Lourenco, presidente dell’Angola, alla prima visita alla Sede Apostolica dopo la firma dell’accordo con la Santa Sede.
Settimana densa di avvenimenti diplomatici. La Santa Sede ha opposto un fragoroso “no” alla partecipazione al summit di Nairobi che puntava a celebrare i 25 anni dalla Conferenza del Cairo, sottolineando la sua contrarietà all’uso della terminologia “salute sessuale e riproduttiva”, un eufemismo che nasconde il diritto all’aborto.
Non ci sono conferme ufficiali ancora, ma dovrebbero essere cinque i presidenti che visiteranno Papa Francesco durante il mese di novembre. Se fosse confermato, si tratterebbe di una agenda particolarmente fitta, che si giustifica anche con il fatto che durante il Sinodo Speciale per la Regione Panamazzonica, Papa Francesco ha sospeso le udienze. I presidenti che dovrebbero venire in visita sono quelli di Lituania, Angola, Capo Verde, Cipro ed Estonia. Ognuna di queste visite ha un significato particolare.
La nomina del nuovo “viceministro” degli Esteri vaticano va a completare una casella cruciale per la diplomazia pontificia. Sono molti i dossier e i temi aperti di cui si dovrà occupare monsignor Miroslaw Wachowski, tra l’altro il secondo polacco in posizione apicale in Segreteria di Stato dopo l’arcivescovo Jan Romeo Pawlowski, che guida la terza sezione della Segreteria di Stato.
Lo scorso 8 ottobre, Papa Francesco ha nominato il nunzio Ortega a suo ambasciatore in Cile. Andrà a sostituire il nunzio Scapolo, inviato in Portogallo, in una situazione difficile per la Chiesa cilena, caratterizzata dallo scandalo degli abusi. Il nunzio Scapolo ha difeso la sua condotta in una intervista di congedo, mentre il nunzio Ortega ha inviato un messaggio alla Conferenza Episcopale del Paese.
Sono state molte le delegazioni governative in Vaticano in occasione del concistoro del 5 ottobre. Si è trattato di una occasione per poter avere incontri bilaterali e sviluppare scambi. Da segnalare, in particolare, la presenza della delegazione del Marocco e quella dell’Indonesia.
Il nuovo presidente della Accademia Ecclesiastica, la cosiddetta “scuola degli ambasciatori vaticani” è un americano di Birmingham, Alabama, che ha servito fino ad oggi come nunzio in Malesia. L’arcivescovo Joseph Marino prende il posto dell’arcivescovo Giampiero Gloder, destinato all’incarico di nunzio a Cuba.
Non sono state ancora rese note le destinazioni dei tre nuovi nunzi che Papa Francesco ha ordinato in San Pietro lo scorso 4 ottobre, ma solo perché non c’è stato il gradimento dei governi. Tutto è già deciso, mentre sembra ci vorrà tempo per la nomina di un nuovo sottosegretario per i Rapporti con gli Stati.
È presto per pensare che ci siano piene relazioni diplomatiche, perché troppi sono i problemi. Ed è presto anche per pretendere una rinnovata libertà religiosa. Ma, nella settimana che ha segnato il 70esimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese, mentre le chiese fedeli allo Stato prendevano i colori della festa (inclusa la cattedrale San Paolo di Macao), le relazioni Santa Sede e Cina sono state viste con ottimismo. Perlomeno dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.
È la settimana di inaugurazione della 74esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e la delegazione della Santa Sede è guidata dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che generalmente va ogni due anni. Erano però tre anni che il Cardinale non era presente ai lavori che danno inizio all’anno delle Nazioni Unite.
Riprende la stagione del multilaterale. Settembre è, per tradizione, il mese dove si apre l’assemblea generale delle Nazioni Unite, e quest’anno vi parteciperà il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Ma è anche la settimana in cui c’è la conferenza generale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica e in cui si discute l’implementazione della Dimensione Umana all’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa.
Veniva da un incontro di legislatori cattolici il sottosegretariato di Stato sui cristiani perseguitati lanciato dall’Ungheria nel 2016. E un incontro di comunicatori cristiani sponsorizzati dal ministero degli Esteri ungherese, cui partecipava anche l’ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede Eduard Habsburg, è stato l’occasione per fare il bilancio del programma Hungary Helps, che tocca anche tanti temi di interesse della diplomazia pontificia.
La nomina di tre nuovi nunzi apostolici rappresenta anche un cambio di volto importante per la Segreteria di Stato vaticana, che perde due protagonisti degli ultimi anni. Ci sono, al momento, 13 nunziature vacanti, ma ancora i nuovi incarichi non sono stati assegnati. Di certo, quando tutte le nomine saranno completate, ci si troverà di fronte ad una Segreteria di Stato dal volto nuovo.
Ci sarà un ufficio della Santa Sede completamente dedicato all’Organizzazione degli Stati Americani. Il nuovo ufficio ha un grande significato, perché dimostra l’impegno della Santa Sede nel multilaterale. Un approccio certificato da Papa Francesco nel discorso di inizio anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e che troverà una applicazione concreta con la nomina in Segreteria di Stato di un sottosegretario per i rapporti con gli Stati dedicato solo alle relazioni multilaterali, previsto dalla riforma della Curia.
Oltre il progetto europeo, sono molti i poli di attenzione della Santa Sede questa settimana: proseguono gli incontri tra Vietnam e Santa Sede, che porteranno ad una prossima visita del Cardinale Parolin nel Paese ma anche allo stabilimento di un rappresentante permanente della Santa Sede ad Hanoi, sebbene non ancora un nunzio; il nuovo nunzio di Cuba è l’attuale presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, che viene inviato in uno scenario cruciale per la Chiesa; gli Emirati Arabi Uniti stabiliscono un comitato per implementare la dichiarazione di Abu Dhabi.
Alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Mozambico, sono stati conclusi gli accordi di pace che chiudono tensioni che si sono protratte per oltre 40 anni. Nel frattempo, le Chiese cristiane di Damasco si incontrano per parlare della situazione in Medio Oriente, i vescovi del Costa Rica affrontano i problemi sociali del Paese, in Spagna si discute una revisione del Concordato con la Chiesa cattolica e il Cardinale Turkson è inviato da Papa Francesco in Nord Kivu, per affrontare l’emergenza Ebola.
La beatificazione di sette vescovi greco-cattolici celebrata in Romania da Papa Francesco lo scorso 2 giugno era molto più di una Messa. Era il riscatto di un popolo, di una Chiesa che era rimasta ai margini e che doveva essere annientata. E proprio la Chiesa Greco-Cattolica era la prima vittima designata. Piccola, legata a Roma, simile alla Chiesa ortodossa per il rito, ma non legata allo Stato totalitario.
Trenta anni fa, il regime comunista nell’allora Cecoslovacchia viene smantellato da una settimana di crescenti proteste che porteranno all’emendamento della Costituzione e al primo leader non comunista del Paese dal 1948. È la rivoluzione di Velluto, ed è un evento che può essere paragonato, per la Repubblica Ceca, alla caduta del Muro di Berlino.
Vengono dal Baltico e dalla Turchia le principali notizie della diplomazia pontificia della settimana. I vescovi delle confessioni cristiane di Lettonia si sono incontrati con il nuovo presidente, mentre arriva finalmente la nomina del nunzio in Lettonia ed Estonia. In Turchia, da segnalare la costruzione di una chiesa assira, la prima chiesa cristiana costruita nella Turchia moderna.
Non si può comprendere l’Ucraina di oggi senza comprendere la lotta per l’indipendenza della nazione che si è tenuta dal 1917 al 1921. Si è trattato – ha detto Tetiana Izehvska, per più di dieci anni ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede – di “uno dei più complessi e drammatici periodi della moderna storia ucraina”, che ha “messo insieme diversi processi, incluso il consolidamento della nazione ucraina, del senso di uno Stato ucrain e della dichiarazione di indipendenza ucraina”.