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Diplomazia pontificia, un bilancio del 2022

Numeri, novità e curiosità della diplomazia pontificia nel 2022. Gli avvicendamenti dei nunzi. Le attività delle missioni permanenti

Bandiera della Santa Sede | La cupola di San Pietro e la bandiera del Vaticano | Bohumil Petrik / ACI Group Bandiera della Santa Sede | La cupola di San Pietro e la bandiera del Vaticano | Bohumil Petrik / ACI Group

Non c’è stato un grandissimo cambio generazionale all’interno del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Nel corso del 2022, sono stati scelti sette nunzi di prima nomina, di cui uno, il vescovo Noël Treanor chiamato a guidare la nunziatura presso l’Unione Europea, non proveniva da carriera diplomatica. L’idea è che ci saranno altri nunzi non provenienti da carriera diplomatica nel corso dell’anno, perché ci sono diverse nunziature che richiedono un ricambio generazionale.

Il focus diplomatico dell’anno in corso è stato per buona parte incentrato sulla guerra in Ucraina, e ha avuto il culmine con il viaggio dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, nel Paese. Il Papa ha inviato anche quattro volte il Cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, a portare aiuti umanitari, e una volta il Cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, al confine con la Slovacchia e Ungheria per definire in che modo la Santa Sede potesse aiutare sulla questione dei rifugiati e dei migranti.

La messa per i trenta anni di relazioni diplomatiche con l’Ucraina, celebrata dal Cardinale Pietro Parolin, ha avuto in questo senso grande significato, come la ha avuto la celebrazione per i 30 anni delle relazioni diplomatiche con l’Armenia. Tra gli anniversari da segnalare nel corso dell’anno, anche i 30 anni di relazioni diplomatiche con la Romania e con la Littuania.

Tra i viaggio dell’anno, va segnalato sempre il viaggio in Algeria dell’arcivescovo Gallagher per i cinquanta anni dei rapporti diplomatici, e quello in America Centrale, che ha portato ad avere contatti anche con il Nicaragua, in una situazione difficile che ha visto l’espulsione del nunzio Sommertag lo scorso marzo.

Lo stesso nunzio è stato destinato ad altro incarico a settembre, aprendo per una sua successione a Managua e gettando un simbolico ramoscello di ulivo al regime Ortega, che pure non si è fatto scrupolo di attaccare sacerdoti e vescovi, fino all’arresto del vescovo di Matagalpa Rolando Alvarez, che non è libero dalla scorsa estate.

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Da segnalare, infine, anche il viaggio “a casa” dell’arcivescovo Edgar Pena Para, sosttiuto della Segreteria di Stato, che in Venezuela ha anche avuto modo di incontrare il presidente Nicolas Maduro. È anche questa una presa di contatto, dopo varie tensioni e in una situazione particolarmente difficile. Tra le nunziature di un certo rilievo, quella di Caracas è da tempo rimasta senza rappresentante pontificio di alto livello.

                                                FOCUS NUNZIATURE

Le nunziature vacanti

All’inizio del 2022, erano vacanti circa il 10 per cento delle nunziature del mondo, tra le quali alcune particolarmente importanti. In Europa, erano senza nunzio le rappresentanze pontificie presso l’Unione Europea, di Bosnia Erzegovina, Paesi Bassi, Slovacchia, Serbia, Montenegro, Irlanda, Malta, Scandinavia, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia. Tutte, nel corso dell’anno, hanno ricevuto la provvista, con l’eccezione dell’Irlanda e della nunziatura di Norvegia / Finlandia / Danimarca. È diventata vacante l’importante nunziatura del Regno Unito, in quanto il nunzio, l’arcivescovo Claudio Gugerotti, è stato chiamato a guidare il Dicastero per le Chiese Orientali.

In Medio Oriente, resta senza nunzio: la Giordania (che è stata scorporata dalla nunziatura in Iraq).

In Africa, mancavano ad inizio anno all’appello i nunzi di Tanzania, Senegal, Capo Verde, Guinea Bissau, Mali, Liberia, Gambia, Sierra Leone, Libia e Mauritania. Di queste, sono rimaste senza nunzio Libia, Gambia e Tanzania, mentre si è aggiunta la vacanza delle nunziature di Repubblica Centrafricana / Ciad e Costa d’Avorio e Camerun / Guinea Equatoriale, dato che i loro nunzi sono statti spostati ad altri incarichi.

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In Asia, ha rinunciato il nunzio in Bangladesh, e restano senza “ambasciatore del Papa” anche le nunziature di Thailandia / Cambogia / Myanmar / Laos, Emirati Arabi Uniti / Yemen, e quella di Kazakhstan / Takjikistan / Kirghizistan.

In America Latina, sono rimaste vacanti le nunziature di Nicaragua e Venezuela, mentre in Sudamerica l’Uruguay è senza ambasciatore del Papa da settembre, quando l’arcivescovo Luciano Russo è stato chiamato a dirigere la Terza Sezione della Segreteria di Stato.

Chi sono i nunzi di prima nomina

Sono sette i nunzi di prima nomina. Il vescovo Noel Treanor di Down e Connor è stato chiamato a guidare la nunziatura presso l’Unione Europea. Ha avuto esperienza come segretario generale della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, ma non viene dalla carriera diplomatica.

L’altro nome di rilievo nella batteria dei nunzi di prima nomina è quello dell’arcivescovo Luigi Roberto Cona, destinato alla nunziatura di El Salvador dopo aver speso un quinquennio come assessore della Segreteria di Stato.

Ci sono state anche due nomine che avevano fatto pensare ad un cambiamento dei rapporti diplomatici con la Cina. Il 31 gennaio, monsignor Arnaldo Catalanchargé d’affaires a Taiwan dal 2019, è stato nominato nunzio in Rwanda. Il 5 febbraio, Papa Francesco ha nominato monsignor Javier Herrera Corona, capo della missione di studio della Santa Sede ad Hong Kong, come nunzio nella Repubblica del Congo e in Gabon. Entrambi erano da poco nell’incarico in Cina, ma entrambi erano comunque in lista per una promozione. Molto rumore per nulla, alla fine.

La scelta dell’arcivescovo Mambé Jean-Sylvain Emien come nunzio in Mali dona alla Chiesa il primo nunzio apostolico proveniente dalla Costa d’Avorio, ed è stata l’occasione anche di un viaggio del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ad Abidjan.

Altri nunzi di prima nomina sono Walter Erbì, destinato alla nunziatura di Monrovia (in Liberia) che è sede anche per altri Paesi africani, e Tomasz Grysa, inviato nunzio in Madagascar.

Cronologia delle nomine di nunziatura

Il 17 gennaio, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Charles Daniel Balvo, che era nunzio in Repubblica Ceca, come suo ambasciatore in Australia.

Il 31 gennaio, monsignor Arnaldo Catalan è stato inviato, come detto, nunzio in Rwanda.

Il 2 febbraio è arrivata la nomina del primo nunzio apostolico proveniente dalla Costa d’Avorio, l’arcivescovo Mambé Jean-Sylvain Emien, destinato alla nunziatura del Mali, cui ha aggiunto il 12 novembre l’incarico di nunzio apostolico in Guinea.

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Il 5 febbraio, monsignor Javier Herrera Corona è stato inviato come nunzio in Congo e Gabon.

Il 14 febbraio, l’arcivescovo Marek Solczynky ha aggiunto al suo incarico di nunzio apostolico in Turchia quello di nunzio in Azerbaijan, secondo una nuova suddivisione delle nunziature che prevede che le competenze di Baku siano date alla nunziatura di Ankara, e non a quella di Tbilisi. Un cambiamento nato anche in considerazione delle crescenti tensioni tra Azerbaijan e Armenia.

L’1 maggio, l’arcivescovo Jude Thaddeus Okolo è stato spostato dalla nunziatura di Irlanda alla nunziatura di Repubblica Ceca, mentre il 13 maggio l’arcivescovo Luciano Suriani è stato trasferito dalla nunziatura di Serbia a quella di Bulgaria, incarico che include anche la guida della rappresentanza pontificia in Macedonia del Nord, incarico formalmente assunto il 21 maggio.

Il 14 maggio, l’arcivescovo Dagoberto Campos Salas è stato nominato nunzio apostolico a Panama.

Il 2 luglio, l’arcivescovo Nicola Girasoli è stato spostato dalla sede di Lima, in Perù, a quella di Bratislava, in Slovacchia, dove prende il posto del nunzio Ottonello, da poco andato in pensione.

Il 7 luglio è stato nominato il nunzio apostolico in Messico, nella persona dell’arcivescovo Joseph Spitieri, che era nunzio apostolico in Libano.

Il 16 luglio, la nunziatura in Thailandia si è resa vacante con la nomina dell’arcivescovo Paul Tschaan In-Nam a nunzio nei Paesi Bassi.

Sempre il 16 luglio, monsignor Walter Erbì è stato nominato ambasciatore del Papa in Liberia, incarico cui ha aggiunto quello di nunzio in Sierra Leone il 20 luglio.

Il 30 luglio, l’arcivescovo Santiago de Wit Guzman, che era nunzio apostolico in Repubblica Centrafricana e Ciad, è stato inviato come nunzio apostolico in Trinidad e Tobago, Antigua e Barbuda, Belize, Grenada, Repubblica Cooperativistica della Guyana, Saint Kitts e Nevis, St. Vincent e Grenadine, Suriname e Delegato Apostolico nelle Antille, cui ha aggiunto il 12 novembre l’incarico di nunzio in Bahamas, Barbados, Dominica, Giamaica e Santa Lucia.

Il nunzio in Madagascar, l’arcivescovo Rocco Gualtieri, è stato invece spostato alla sede di Lima, in Perù, il 6 agosto. Il 6 settembre, Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Senegal, Cabo Verde, Guinea Bissau e Mauritania l’arcivescovo Waldemar Sommertag. Era nunzio in Nicaragua, ed era stato espulso dal Paese il 12 marzo precedente, suscitando vibrate proteste della Segreteria di Stato.

Il 12 settembre, l’arcivescovo Santo Gangemi, fino a quel momento nunzio apostolico in El Salvador, è stato nominato da Papa Francesco nunzio in Serbia, mentre il 24 settembre è finita la breve vacanza della nunziatura in Libano con la nomina dell’arcivescovo Paolo Borgia ad “ambasciatore del Papa” a Beirut, il quale ha lasciato così l’incarico di nunzio in Costa d’Avorio.

Monsignor Tomasz Grysa è stato nominato nunzio in Madagascar e delegato apostolico alle Isole Comore il 27 settembre, mentre l’1 ottobre il Papa ha trasferito l’arcivescovo Francis Assisi Chullikat dalla guida della nunziatura in Kazakhstan, Kyrgyzstan e Tajikistan a quella di Bosnia ed Erzegovina.

Il 24 ottobre, l’arcivescovo Savio Hon Tai-Fai ha lasciato l’incarico di nunzio apostolico in Grecia, cui era arrivato dal posto di segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ed è stato destinato da Papa Francesco alla nunziatura di Malta.

Il 26 ottobre, il Papa ha promosso Roberto Luigi Cona, fino a quel momento assessore della sezione degli Affari generali della Segreteria di Stato, a nunzio apostolico in El Salvador. Al suo posto, come assessore, è stato nominato monsignor Roberto Campisi.Il 9 novembre, il Papa ha nominato l’arcivescovo Julio Murat come nunzio apostolico in Svezia e Islanda.

Il 26 novembre, Papa Francesco ha nominato il vescovo Noël Treanor come nunzio apostolico nell’Unione Europea, per sostituire l’arcivescovo Aldo Giordano, che ha occupato la posizione per pochissimo tempo prima di morire di COVID.

L’1 dicembre, infine, Papa Francesco ha destinato l’arcivescovo Jan Romeo Pawlowski, che da settembre era senza incarico dopo aver terminato quello di segretario per le rappresentanze pontificie, come nunzio apostolico in Grecia.

                                    FOCUS INTERNAZIONALE

Le questioni più importanti dell’anno internazionale della Santa Sede

La guerra in Ucraina, cominciata il 24 febbraio con l’aggressione russa, è diventata un focus centrale della diplomazia della Santa Sede. C’è da dire che la Santa Sede da tempo era sul territorio, che già prima dello scoppio della guerra il Papa aveva fatto diversi appelli, incluso uno molto importante all’Urbi et Orbi di Natale.

Di particolare importanza è stato il viaggio dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, in Ucraina. Il “ministro degli Esteri” vaticano è stato nel Paese dal 18 al 20 maggio

Papa Francesco ha fatto più di cento appelli per la fine delle ostilità. Il 2 ottobre, ha dedicato l’intera preghiera dell’Angelus ad un appello per la fine del conflitto in Ucraina, cosa che aveva fatto solo in occasione della guerra in Siria nel 2013. La Santa Sede più volte si è proposta come tavolo di mediazione, e il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha proposto anche una “Conferenza Europea per la Pace”, ribandendo la vocazione multilaterale della Santa Sede.

Papa Francesco ha anche fatto il gesto di presentarsi presso l’ambasciata della Federazione Russa, il 26 febbraio, cercando un contatto con il presidente Vladimir Putin che non è mai arrivato. L’ultimo contatto tra Putin e il Papa risale, dunque, al 17 dicembre 2021, quando fu il presidente russo a chiamare per fare gli auguri di compleanno al pontefice, anticipando così una telefonata che stava per essere organizzata e con la quale il Papa avrebbe voluto chiedere conto dell’ammasso di truppe al confine con il territorio ucraino.

La guerra in Ucraina ha portato, comunque, anche ad un raffreddamento delle relazioni ecumeniche tra Santa Sede e Patriarcato di Mosca. Papa Francesco ha avuto una videoconferenza con il Patriarca Kirill di Mosca il 6 marzo. Il Papa ha poi raccontato, in una intervista, di aver sottolineato al Patriarca che “non siamo chierici di Stato”, un dettaglio che ha suscitato una certa insofferenza da Mosca. Nel frattempo, era in preparazione comunque un secondo incontro tra il Papa e il Patriarca a Gerusalemme, come corollario di un viaggio che il Papa pensava di fare in Libano.

Il viaggio in Libano non c’è stato, e nemmeno l’incontro a Gerusalemme. Papa Francesco ha sottolineato che si è pensato non fosse opportuno in quel momento, e queste parole hanno ulteriormente raffreddato i rapporti. Il metropolita Antonij, che preso il posto del metropolita Hilarion come capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ha messo in luce la non opportunità delle dichiarazioni del Papa. Il Patriarca Kirill ha poi annullato il viaggio in Kazakhstan, dove avrebbe partecipato, come il Papa, all’incontro mondiale dei leader delle Religioni e Tradizioni. Anche quella era una possibilità di incontro.

Il 2022 è stato anche l’anno in cui è stato rinnovato l’Accordo con la Cina per la nomina dei vescovi. L’accordo è stato definito “pastorale” a più riprese, e difeso dalla Segreteria di Stato vaticana. Il Segretario di Stato, il Cardinale Parolin, ha comunque confidato nella speranza del rinnovo di un accordo con qualche modifica, e non si sa se queste modifiche siano avvenute.

In quattro anni, l’accordo ha portato solo a sei nomine di vescovi in Cina, dove ci sono ancora una quarantina di diocesi vacanti. Inoltre, l’anno si è concluso con le vibrate proteste della Santa Sede nei confronti della Cina, che ha installato un vescovo ausiliare di una diocesi previsa nella suddivisione cinese, ma non in quella vaticana, violando “lo spirito” dell’accordo. Non a caso si è parlato di “spirito”, perché la suddivisione delle diocesi non rientrava nelle questioni toccate dall’accordo.

Papa Francesco ha comunque mantenuto una porta aperta nei confronti della Cina, e, quando era in Kazakhstan, ha lasciato intendere una sua disponibilità a incontrare il presidente cinese Xi Jinping, anche lui ad Astana per degli incontri diplomatici.

Resta da comprendere in che modo la questione di Taiwan potrà impattare sui rapporti tra Santa Sede e Cina. La guerra in Ucraina ha anche aperto nuove preoccupazioni per la situazione nello stretto di Taiwan. La Santa Sede ha mostrato amicizia con Taipei, e i più alti officiali della Segreteria di Stato vaticana sono stati presenti alla festa nazionale del Paese organizzata a Roma. Tuttavia, ogni avvicinamento con la Cina rende incerta la posizione di Taiwan. L’ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede ha dato prova di grande iniziativa, mostrandosi pronta a sostenere la Santa Sede in molti interventi umanitari, a partire dalla pandemia di COVID 19.

La questione del Nicaragua è un altro tema che è stato centrale per la Santa Sede. Il 12 marzo, dopo che già era stato abolito il decano del corpo diplomatico, il governo Ortega ha espulso il nunzio Waldemar Sommertag. Nel corso dei mesi successivi, gli attacchi alla Chiesa sono proseguiti: non solo il governo ha chiuso dei media appartenenti alla Chiesa, ma sono cresciute le intimidazioni a fedeli e sacerdoti. Ad agosto, è stato arrestato il vescovo Rolando Alvarez di Matagalpa, insieme ad altri quattro sacerdoti. Il viaggio dell’arcivescovo Gallagher in America Centrale a fine giugno ha avuto un suo peso, perché testimonia una presenza ancora più forte della Santa Sede nell’area. Va considerato che il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato in Messico a fine di aprile per celebrare i 30 anni di relazioni diplomatiche in quello che è stato il secondo viaggio nel Paese in due anni.

Il Venezuela è ancora senza nunzio, ma è degno di rilievo il fatto che l’arcivescovo Edgar Pena Parra, è stato in Venezuela dal 12 al 18 novembre, incontrando anche il presidente venezuelano Nicolas Maduro.

Per quanto riguarda il panorama medio orientale e nel Golfo, il viaggio del Papa in Baherein lo scorso novembre ha anche contribuito a stringere migliori rapporti di dialogo con il mondo arabo, mentre la Santa Sede è sempre attenta riguardo la situazione in Libano, dove il Papa vorrebbe andare.

Annullato il viaggio in Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan lo scorso anno, il Papa andrà in questi Paesi tra il 31 e il 5 gennaio, inaugurando così l’anno dei viaggi papali.

Da seguire con attenzione, per la Santa Sede, è la questione del Caucaso, in particolare la situazione del Nagorno Karabakh, Artsakh secondo l’antico nome armeno Dopo il conflitto che ha portato ad una pace dolorosa, l’Azerbaijan ha chiesto la mediazione della Santa Sede e anticipato che rafforzerà la sua presenza a Roma stabilendo un ambasciatore residente. Da vedere se la Santa Sede accetterà di operare da mediatore, e quale posizione prenderà. Da una parte, c’è un rapporto con l’Azerbaijan di lunga durata e rafforzato anche dalle donazioni che la fondazione della moglie del presidente azero fa alla Santa Sede per il restauro delle catacombe. Dall’altro, il rapporto privilegiato con la prima nazione cristiana, e soprattutto la preoccupazione per i luoghi di culto cristiani. Diversi gli incontri in Vaticano sul tema, con un filo diretto tenuto dalla Segreteria di Stato.

Alla fine dell’Angelus del 18 dicembre, Papa Francesco ha nominato la situazione nel corridoio di Laichin.

Cinque chilometri di strada, che permettono di fare arrivare da Erevan medicine, cibo, benzina e beni di prima necessità, che dal 12 dicembre sono stati bloccati per qualche giorno da centinaia di manifestanti ambientalisti, inviati dal governo dell’Azerbaijan.

FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York

.La Santa Sede ha lo status di Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite dal 1964. Non ha mai voluto lo status di Stato membro, nonostante questo fosse stato offerto più volte, per mantenere la propria libertà, evitare di votare (o non votare, che sarebbe comunque una presa di posizione) nelle risoluzioni sotto il Capo 7 della Carta ONU, che riguarda le dichiarazioni di guerra, e rimanere libera da qualunque politicizzazione.

Quest’anno, la Missione dell’Osservatore Permanente delle Nazioni Unite ha tenuto circa 50 interventi.

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato presente all’apertura dell’assemblea generale del 2022, e ha tenuto nell’occasione cinque interventi.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra

La missione di Ginevra è una missione di importanza centrale, perché non dedicata solo alle Nazioni Unite, ma anche all’UNCTAD, l’agenzia ONU per il Commercio; ma anche all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, tema cruciale per Papa Francesco; e al WIPO, l’Organizzazione Internazionale per la Proprietà Intellettuale dove si gioca la partita difficilissima dei brevetti dei vaccini.

Nel corso dell’anno, la missione di Ginevra ha tenuto 35 interventi, contro i 27 dello scorso anno.

La missione della Santa Sede a Vienna

La missione della Santa Sede a Vienna è casa del Rappresentante Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE), che la Santa Sede contribuì a fondare partecipando attivamente ai negoziati per il trattato di Helsinki nel 1975 e facendo includere in questo trattato il tema della libertà religiosa.

Questi è anche il rappresentante della Santa Sede verso l’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, di cui la Santa Sede è Paese fondatore.

Durante l’anno, l’Osservatore della Santa Sede, monsignor Janusz Urbanczyk, ha tenuto 22interventi.

La Missione della Santa Sede alla FAO

Osservatore Permanente alla FAO e alle altre agenzie delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione è monsignor Fernando Chica Arellano, che non manca di sottolineare il problema della fame del mondo in diversi articoli per l’Osservatore Romano.

Tra le iniziative, quella, lo scorso 12 dicembre, del Simposio “Il Messaggio della Montagna” presso Casina Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Il simposio era promosso dal Dicastero della Cultura e l’Educazione insieme al Segretariato della Mountain Partnership della FAO, ed ha visto anche la presenza di Qu Dongyu, segretario generale della FAO.

 

Il 27 ottobre si è tenuto poi il seminario "Non lasciare nessuno indietro: una migliore produzione, una migliore alimentazione, un ambiente migliore e una vita migliore per tutti". 

 

L'incontro, promosso dalla Missione permanente di osservazione della Santa Sede presso la FAO, l'IFAD e il PAM, dal Forum Roma di Ong d'ispirazione cattolica insieme a UNESCO Chair in Bioethics and Human Rights stabilita presso l'Ateneo Regina Apostolorum, aveva l'obiettivo di riflettere sull’urgente necessità di trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo, per noi stessi e per il nostro Pianeta, consapevoli che ciò richiederà una cooperazione senza precedenti. 

 

 

La rappresentanza della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa

La Santa Sede coopera con il Consiglio d’Europa dal 1962, e dal 7 marzo 1970 diventato Stato Osservatore. Al 2014, la Santa Sede aveva ratificato 6 convenzioni del Consiglio d’Europa e partecipato a diversi accordi parziali, sia come Stato membro che come Stato Osservatore.

La missione della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo ha lo scopo di intrattenere un dialogo costruttivo con i 47 Paesi membri del Consiglio e i 5 Paesi osservatori, allo scopo di appoggiare tutte le iniziative che puntino a costruire una società democratica fondata sul rispetto della dignità dell’essere umano.

Tra le attività della missione della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, quello di fare da trait d’union con MONEYVAL, il Comitato che valuta la trasparenza finanziaria dei Paesi che decidono di sottoporsi alla sua valutazioni. La Santa Sede è entrata nel processo MONEYVAL dal 2011, facendo una serie di progressi nell’attività finanziaria che sono stati certificati anche nell’ultimo rapporto sui progressi del dicembre 2017. L’ultimo rapporto MONEYVAL è stato pubblicato ad aprile 2021.

La missione della Santa Sede all’UNESCO

Sembra essere più silenziosa, la missione della Santa Sede all’UNESCO, l’agenzia ONU per la cultura. E durante quest’anno non sono stati diffusi interventi presso le assemblee dell’organizzazione, che vengono distribuiti con parsimonia.

Di certo, la Santa Sede ha seguito con particolare attenzione l’invio di una missione UNESCO in Turchia per verificare il cambiamento di status di Santa Sofia, così come il fallimento della missione UNESCO in Nagorno Karabakh, che ha visto l’opposizione degli azeri.

Uno dei grandi successi diplomatici è stata la decisione dell’organizzazione di celebrare quattro personaggi cristiani nel prossimo biennio. Si tratta di Santa Teresa di Lisieux, di cui nel 2023 si celebrare il 150esimo della nascita; di Gregor Mendel, il padre della genetica, monaco, di cui si ricorderanno i 200 anni dalla nascita; e Copernico, di cui ricorre il 550esimo dalla nascita; e di Nerses il grande, il monaco armeno detto “il grazioso”, ricorre l’850esimo dalla morte.

Dal 2002, la missione era retta da monsignor Francesco Follo. Nuovo osservatore è stato nominato monsignor Eric Soviguidi, chiamato a portare avanti questo lavoro di cucitura.

L’Osservatore della Santa Sede all’Organizzazione Mondiale del Turismo

In pochi sanno che la Santa Sede ha un Osservatore anche all’organizzazione mondiale del Turismo. Dal 1988, si sono succeduti 6 osservatori, e l’ultimo, ancora in carica, è monsignor Maurizio Bravi, nominato nel 2016.

Lo scorso 11 settembre, monsignor Bravi è intervenuto alla firma del Protocollo di intesa fra le Romee Maggiori: Francigena, Romea Germanica e Romea Strata. In quell’occasione, monsignor Bravi ha sottolineato sottolineando il valore degli itinerari culturali europei, titolo di cui già si fregiano la Francigena e la Romea Germanica, mentre è in via di definizione per la Romea Strata. “Il primo itinerario ad essere certificato – aveva detto monsignor Bravi – fu il Cammino di Santiago. L’obiettivo degli itinerari certificati dal Consiglio d’Europa è promuovere quei valori che guidano la sua azione politica e che ne costituiscono l’identità (diritti dell’uomo, democrazia, stato di diritto, dialogo interculturale). Tra questi valori si situa anche l’espressione religiosa, in particolare quella cristiana, che ha impregnato nei secoli la storia dell’Europa” .

                                    FOCUS TRATTATI

Gli accordi della Santa Sede

Il 15 agosto, la Santa Sede ha firmato l’accordo con la Repubblica Democratica di Sao Tomé e Principe. L’accordo è il numero 215 della Santa Sede con uno Stato, e rientra nell’ampia casisti di accordi o condordati che la Santa Sede sigla con le nazioni con cui ha rapporti bilaterali per definire meglio il ruolo e le competenze della Chiesa nello Stato.

Per quanto riguarda accordi e concordati, si contano 261 accordi bilaterali della Santa Sede. Tra questi, alcuni sono modifiche di accordi, mentre altri sono accordi ancora in vigore. In tutto, secondo una relazione, ci sono 214 concordati e accordi tra la Santa Sede e 74 nazioni, e di questi 154 accordi sono stipulati con 24 nazioni europee.

L’accordo con Sao Tomé e Principe viene due anni dopo l’accordo con l’Angola, firmato il 13 settembre 2019 e ratificato il 21 novembre dello stesso anno.